Visualizzazione post con etichetta Pasi P.. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Pasi P.. Mostra tutti i post

lunedì 14 marzo 2016

L'ERA DI CUPIDIX - Paolo Pasi

Ci vuole poco a capire se una storia ha senso o meno, molto di più a uscirne. Quando ti innamori della persona sbagliata, puoi restarci dentro anni. E io non ho la vocazione al martirio.



Credo che sia capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di pensare «Quanto sarebbe bello poter prendere una pillola per potermi innamorare» (o far innamorare qualcuno di me). O forse, ancor più spesso, «Quanto sarebbe bello se esistesse una pillola che mi facesse smettere di soffrire per un amore passato, che mi facesse dimenticare i ricordi e mi permettesse di innamorarmi di nuovo». Poi magari se esistessero davvero non le prenderemmo, questo no, però il pensiero, almeno una volta, ha sfiorato tutti.

In L’era di Cupidix di Paolo Pasi, edito da Edizioni Spartaco, queste pillole esistono eccome. E, una volta lanciate sul mercato, hanno un successo strepitoso. Si parte con il Cupidix, la pastiglia che fa innamorare.

"Cupidix, la pillola per essere sempre innamorati.
[...] Cupidix era il sogni di una passionalità prolungata, e avrebbe risolto tanti problemi. Coppie scoppiate, eterni adolescenti, persone dall'animo sensibile ma dall'aspetto terrificante, romantici caratteriali, meteoropatici, depressi di tutte le generazioni, delinquenti abituali e maniaci occasionali. Un mercato senza confini. Bastava solo raggiungere in clienti."

Subito dopo arriva la pillola Disamor, per cercare di raggiungere quelli che il Cupidix non lo vogliono prendere perché troppo feriti dalla vita amorosa passata. 
Le due pillole si diffondono capillarmente nella società. Nessuno litiga più, vivono tutti d’amore e d’accordo. E se si è sofferto per amore, via, un bicchiere d’acqua e un Disamor e si è pronti per una nuova relazione. A poco a poco, però, qualcosa sembra incrinarsi, le due pillole stanno sviluppando degli effetti collaterali non tanto sulle persone quanto sulla società, che le rendono pericolose e difficili da gestire, tra movimenti di donne cornificate e una sorta di piattume affettivo, in cui tutti si amano e tutti si accoppiano, non necessariamente con il proprio partner. Finché non si pensa a una terza pillola, che dovrebbe riuscire a mettere d’accordo tutti.

Le vicende vengono raccontate attraverso tre storie: quella di Carlo, infermieri precario amante della musica, che a causa della sua tendenza a lasciarsi trascinare dalla passione non riesce a tenere in piedi una relazione stabile nel tempo; quella di Ada, che vorrebbe innamorarsi di nuovo ma proprio non riesce a dimenticare il suo ex che tanto l’ha fatta soffrire, e quella di Giovanni, che fa il pubblicitario proprio nell’azienda che produce le pillole miracolose, senza però averle mai provate.

L’era di Cupidix è un libro intelligente e molto originale, che da un lato mostra quanto difficile sia per le persone lasciarsi andare ai sentimenti e all'amore, superando ricordi dolorosi e difficoltà, e dall'altro che cosa succederebbe se davvero questo sentimenti si potessero stabilizzare con delle pillole. Un effetto devastante, come è facilmente immaginabile.

Di Paolo Pasi avevo già letto e apprezzato molto sia Memorie di un sognatore abusivo sia, soprattutto, Il sabotatore di campane, entrambi pubblicati da Edizioni Spartaco. Mi piace il modo in cui scrive, mi piace il suo modo di immaginare un futuro un po' distorto ma, pensandoci bene, possibile visto come si stanno evolvendo le cose oggi, e gli effetti devastanti che avrebbe sul mondo se si avverasse. E L'era di Cupidix forse mi è piaciuto ancora di più. Sarà che parla d'amore...
Insomma, consigliatissimo!


Titolo: L'era di Cupidix
Autore: Paolo Pasi
Pagine: 108
Anno di pubblicazione: 2015
Editore: Edizioni Spartaco
Prezzo di copertina: 10,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura:

lunedì 30 settembre 2013

Interviste rampanti: PAOLO PASI

Protagonista dell'intervista rampante di questa settimana è Paolo Pasi, giornalista, scrittore e musicista milanese. Ho conosciuto i suoi romanzi per puro caso, quando la casa editrice che li pubblica, la Spartaco edizioni, me li ha gentilmente inviati. Mi trovo sempre in difficoltà quelle (rare) volte in cui una casa editrice mi propone libri in lettura, perché ho sempre paura di trovarmi di fronte a libri brutti e quindi a quell'ovvio imbarazzo nel doverli stroncare. 
Ma questo con i romanzi di Paolo Pasi non è successo. Memorie di un sognatore abusivo e, soprattutto, Il sabotatore di campane, sono state due vere rivelazioni. Due libri molto belli, ben scritti e molto, molto attuali che consiglio caldamente a tutti. Segno che anche le case editrici piccole e meno diffuse hanno tanti libri e tanti autori di qualità.
Oltre ai due romanzi sopra citati, Paolo Pasi ha pubblicato con la casa editrice Spartaco anche la raccolta di racconti E il cane parlante disse bang, con la casa editrice ExCogita Ultimi messaggi dalla città, Storie senza notizia e Le brigate carosello (con prefazione di Fernanda Pivano), e con la casa edirice Tullio Pironti Editore il romanzo L'estate di Bob Marley.
Ovviamente ringrazio tantissimo Paolo per aver accettato l'intervista e per le risposte che mi ha dato.


Da bambino dicevi “da grande farò lo scrittore”?
No, in realtà volevo fare il pompiere. O l’astronauta perché ero soggiogato dalla luna. Forse era la dimensione del viaggio ad attirarmi, nonostante godessi di un’infanzia serena e adorassi la mia casa. Lavoravo molto di fantasia, questo sì, come spesso accade ai bambini. Immaginavo storie di ogni tipo, e quell'impronta mi è rimasta dentro. 

Dopo il mondo utopistico, ma forse neanche poi tanto, in cui chi sogna viene tassato, che hai presentato ne “Memorie di un sognatore abusivo”,  nel tuo ultimo romanzo,“Il sabotatore di campane”, presenti invece  una realtà, quella di Roccapelata e dei suoi abitanti disposti a tutto pur di apparire, che si avvicina molto a quella attuale. Pensi davvero che la situazione in Italia da quel punto di vista sia così disperata?
Che dirti? Spero che non sia così disperata, e in fondo non voglio crederlo, ma la sua rappresentazione mediatica si avvicina molto a Roccapelata. Abbiamo finito per credere di più alle suggestioni delle apparenze e meno alla nostra esperienza diretta, soprattutto quando mette in discussione le nostre certezze. Oggi l’anima che si esprime nella musica, nella scrittura, nell’arte sembra considerata un optional rispetto all’ossessione di un palcoscenico. Esserci conta più che essere,  e la cosiddetta realtà di fatto, che si esprime nei dati statistici, prevale sui sogni. C’è un aspetto comune che lega Il sognatore abusivo e Il sabotatore di campane. La libertà costa, e spesso scegliamo di barattarla in cambio di presunte sicurezze. Crediamo a torto che sia meglio non confrontarsi con le rivelazioni talvolta scomode e inquietanti dei nostri sogni. 

Come sei stato scoperto (o come sei riuscito a farti scoprire) dalla casa editrice che ti ha pubblicato?
Ho scoperto la casa editrice Spartaco qualche anno fa, alla rassegna Galassia Gutenberg di Napoli. Fui attratto subito dai loro titoli, e d’istinto parlai loro del romanzo che avevo cominciato ad abbozzare. Era appunto la storia dell’anarchico sabotatore… Tra l’altro alcuni testi pubblicati da Spartaco si sono rivelati importanti per la stesura del libro: ad esempio l’Autobiografia mai scritta di Errico Malatesta e il bellissimo romanzo La suora anarchica di Antonio Rabinad. 

Qual è il tuo rapporto con i critici professionisti e con i book blog?
Non molto stretto, ma non per scelta ideologica. In generale non sono bravo a promuovermi attraverso pubbliche relazioni, ma quando avviene un incontro che mi colpisce, magari durante una presentazione o una rassegna editoriale, allora scelgo di coltivare il rapporto.

Qual è la cosa più bella che è stata detta riguardo a un tuo romanzo? E la più brutta?
La più bella viene da tutte quelle persone che mi hanno detto una frase di questo tipo: .  Penso poi alle belle parole di Fernanda Pivano scritte nella prefazione al mio terzo libro, Le brigate Carosello.
Il ricordo più brutto, invece, è la bocciatura dei miei primi racconti da parte di un agente letterario. Usò parole dure e, secondo me, immotivate, con riferimenti alla storia molto approssimativi. Pensai che avesse letto un altro libro, ma subentrò presto in me la consapevolezza che le strade dell’immaginazione sono ardue, e che avrei potuto migliorare lo stile insieme alle idee. Tra l’altro da quell’episodio ho ricavato una canzone, L’editore, che fa parte del mio cd Fuori dagli schermi.

Hai qualche mania come scrittore?  Che so,  riesci a scrivere solo in un posto preciso o a una particolare ora del giorno o della notte?
Ho molte manie. Le abitudini, del resto, ci confortano e attenuano il senso di insicurezza. Di solito scrivo su carta per poi ricopiare il testo su pc e farne dunque una prima revisione. Orari privilegiati non ne ho più da quando sono padre di una meravigliosa bimba. Quando posso scrivo di sera, tarda sera, ma ogni momento è buono se c’è l’ispirazione. Tendo soprattutto a mantenere una cadenza regolare se sto lavorando a un romanzo, per non perdere il ritmo della storia. Una delle manie, dunque, è imporsi una disciplina, non troppo ferrea però…  Quanto ai luoghi, ho necessità del totale isolamento. Devo essere solo con me stesso per scrivere. Stare a contatto con il mare, sicuramente, mi aiuta, ma vivendo a Milano devo adattarmi alla quotidianità. 

Io ho un’ossessione per le copertine dei libri, condizionano tanto la mia decisione di leggere o meno un’opera. Hai avuto voce in capitolo nella scelta di quella dei tuoi libri?
Sì, a volte con successo, altre volte no. Ne L’estate di Bob Marley, per esempio, Tullio Pironti ha scelto una copertina che sulle prime non mi convinceva. Ma un editore come lui ha un’esperienza tale che i fatti gli hanno dato ragione. Quanto all'ultima copertina, ne ho discusso molto con gli amici di Spartaco, e alla fine abbiamo condiviso la scelta. 

Cosa consiglieresti a un aspirante scrittore ?
Di vivere la propria passione in modo sano. Scrivere ciò che emoziona, non ciò che conviene, ricavare puro godimento dalla stesura senza preoccuparsi troppo di ciò che penseranno amici, familiari, critici o editori. Uno stile che ci appartiene è sicuramente meglio di una vittoria ottenuta bluffando. Le sconfitte e le delusioni fanno parte del tragitto che passa anche attraverso la fatica, mentre l’unica ricompensa certa viene dall'immaginazione. Per molti ne vale la pena, e anche per me. 

Cosa pensi dell’editoria a pagamento? E dell’autopubblicazione?
Sono molto scettico sulla prima. Un editore che si fa pagare non è disposto a rischiare, e dunque non credo possa sostenere con convinzione un libro che pubblica. Meglio allora pubblicarsi a proprie spese, a patto che un autore creda fermamente in se stesso e abbia energie sufficienti per farsi conoscere. 

Ebook o cartacei?
Entrambi, anche se io propendo per i cartacei. Per me il libro è ancora un oggetto dotato di  fascino e magia, di suggestioni perfino olfattive e tattili. Le pagine segnate, fitte di note, i brani sottolineati rappresentano la mappa di un viaggio. Va detto però che quando affrontiamo un viaggio reale,  l’e-book ci apre meravigliose possibilità. Possiamo portarci dietro un mucchio di libri senza appesantire il bagaglio. Credo perciò che le due facce del libro, quella cartacea e quella elettronica, siano destinate a convivere anche in futuro. 

Qual è il romanzo, non tuo, a cui sei più legato? E tra i tuoi invece?
Chiedi alla polvere di John Fante. Scritto con l’anima, commovente, toccante, bellissimo e coinvolgente come gran parte dei romanzi e dei racconti di Fante. Ho scoperto questo grande scrittore in un momento poco felice della mia vita, e  mi ha restituito slancio ed entusiasmo. Quanto ai miei libri non saprei dirti. Ciascuno rimanda a un periodo particolare della mia vita cui sono legato. Sono tutte creature che amo. 

Un autore/autrice italiana che stimi tantissimo? Consigliaci un suo libro.
Adoro Luciano Bianciardi, autore controcorrente che considerava il successo solo come il participio passato del verbo succedere. Considero il suo romanzo La vita agra un capolavoro, perché mette a nudo le ipocrisie del boom economico ma sa andare oltre quel periodo e assume una valenza più ampia. 

Hai letto le Cinquanta Sfumature?
No, né prevedo di colmare la lacuna.

Qual è Il tuo colore preferito?
Ahi, domanda difficilissima, da non porre a un indeciso che vorrebbe tanti colori… Tra i preferiti ci sono sicuramente il verde e il rosso, guarda caso i colori delle copertine dei miei ultimi due romanzi con Spartaco. 

domenica 5 maggio 2013

IL SABOTATORE DI CAMPANE - Paolo Pasi


Sindaco e assessori sono preoccupati: la popolazione diminuisce di anno in anno e loro rischiano la poltrona se il comune verrà declassato a frazione. Un orologiaio anarchico, meglio conosciuto come il «sabotatore di campane», accenderà i riflettori su Roccapelata. Da tempo Gaetano Gurradi è in cammino per spegnere la voce di Dio in ricordo di un eccidio dimenticato. Stavolta, proprio quando sta per mettere a segno il «colpo», viene scoperto sul fatto dal parroco che, dopo una colluttazione, scivola giù per le scale e muore. L’anarchico si costituisce. Nessuno gli crede. Uno dopo l’altro i paesani sfilano davanti all’ambizioso magistrato che coordina le indagini, Astolfo Carugis, autoaccusandosi e svelando scheletri nell’armadio pur di ottenere notorietà. Gli aspiranti colpevoli richiamano così l’attenzione dei media sul paese moribondo.

Ci sono dei libri che ti lasciano semplicemente senza parole e che per quanto tu ti possa sforzare sai che non riuscirai mai a mettere per iscritto tutto quello che ti hanno trasmesso e ti hanno lasciato. Non succede tanto spesso, non tutti i libri hanno questo potere. Ci si accorge di trovarsi di fronte a uno di essi già mentre si legge, dopo poche pagine. Ci si ritrova immersi, diventa impossibile staccarsene e si arriva alla fine con uno strano senso di tristezza.
"Il sabotatore di campane" di Paolo Pasi è stato per me uno di questi libri. Sto cercando di fare chiarezza nei miei pensieri, di dare un senso logico a questa recensione che vorrei potesse essere all'altezza del libro, per paura di non riuscire a dargli il giusto merito. Sono decisamente spiazzata e un po' in difficoltà perché, devo ammetterlo, non me l'aspettavo proprio.

Dopo "Memorie di un sognatore abusivo", in cui Paolo Pasi portava il lettore in un mondo utopistico in cui l'unica tassa che i cittadini devono pagare è quella sui sogni, l'ambientazione di questo romanzo purtroppo di utopico ha poco o nulla. Siamo a Roccapelata, un piccolo paese governato da un sindaco e due assessori, in cui non succede mai nulla e per questo destinato a breve a scomparire. La gente se ne va o muore, bambini non ne nascono... insomma, bisogna inventarsi qualcosa.
Una notte giunge in paese Gaetano, un anarchico che porta avanti da anni una missione speciale: sabotare tutte le campane delle chiese, per impedire loro di suonare. Un gesto simbolico affinché nessuno dimentichi il terribile eccidio avvenuto nel '44 da parte dei fascisti, in cui solo il prete si è salvato proprio perché li aveva favoriti. Arrivato a Roccapelata però qualcosa va storto, il sacerdote lo scopre e, durante una collutazione, scivola, batte la testa e muore. Gaetano si dichiara subito colpevole. Ma il paese non vuole lasciarsi sfuggire un'occasione del genere. Un fatto di cronaca nera così grave è proprio ciò di cui ha bisogno per far parlare di sé a livello nazionale. Così a poco a poco tutti rivelano, chi in questura, chi direttamente ai giornali, fatti e testimonianze che, oltre alla confusione, portano il 90% degli abitanti nel registro degli indagati. E l'unico, solo, vero colpevole non viene tenuto in considerazione.

E' un libro molto particolare, che si divide in due livelli: da un lato c'è la storia di Gaetano e di Roccapelata dal momento del tentativo di sabotaggio e della "follia" che questo scaturisce in tutti gli abitanti. Dall'altro c'è il passato dell'uomo come anarchico che permette al lettore di capire come sia arrivato lì.
Il primo livello inizialmente fa sorridere, è grottesco. Ma a un certo punto diventa impossibile non fermarsi un attimo a riflettere, per scoprire quante similitudini, sebbene qui sicuramente marcate, ci siano con la vita reale, con i giornali e le televisioni che si trasformano in sciacalli di fronte agli omicidi e con la mania di protagonismo che troppo spesso colpisce anche le persone più impensabili, disposte a tutto per due minuti di fama. La storia del passato di Gaetano invece fa commuovere. Il rapporto con il padre, vero fautore del suo pensiero anarchico, quello con gli altri anarchici, la voglia di innamorarsi ma l'impossibilità di fermarsi in un posto per sempre. La stanchezza che viene con gli anni, l'incredulità di fronte all'ignoranza di certe persone, che preferiscono nascondere la verità e cercare la soluzione più conveniente. La voglia di non arrendersi, anche quando non ce la si fa più, e il bisogno di avere accanto qualcuno che ci sostenga e che, se non ci crede, almeno ci riesce a capire.

Il risultato finale è semplicemente incredibile. Davvero, non riuscivo a smettere di leggere e anche adesso, a distanza di qualche ora dalla fine del libro, sento ancora il bisogno di aprirlo, di leggere qualche pagina, di ritornare per un attimo a Roccapelata per rendermi conto dell'assurdità verso cui sta tendendo il mondo, o di leggere qualche pensiero di Gaetano, dei suoi ideali, condivisibili o meno, ma comunque molto forti.
Come vi dicevo all'inizio, non me l'aspettavo. E credo che questo libro mi seguirà per un bel po'.
Assolutamente consigliato!

"Sabotare una campana non è così difficile. Occorrono pochi attrezzi, tempismo e capacità di adattamento alle circostanze. Agire di notte, in primo luogo. Spesso è sufficiente calarsi sotto la bocca della campana e allentare i bulloni che reggono il batacchio, l'ugola di Dio, come la chiamava Libero. Oppure si può liberare il batacchio tranciando la striscia di cuoio che lo assicura all'asola della campana. Nelle situazioni più difficili, quando il tempo scarso o la rimozioni impossibile, si può sempre optare per uno straccio avvolto attorno all'ugola. [...].
Sono sempre scappato prima che il paese si svegliasse, ma sempre avrei voluto fermarmi per godermi la scena."

Titolo: Il sabotatore di campane
Autore: Paolo Pasi
Pagine: 199
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Edizioni Spartaco
ISBN: 978-88-96350-32-4
Prezzo di copertina: 12,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Il sabotatore di campane

mercoledì 23 gennaio 2013

MEMORIE DI UN SOGNATORE ABUSIVO - Paolo Pasi

Io sogno troppo e, in una Comunità dove i sogni sono tassati, questo significa essere nei guai. Lavoro per quattro soldi e neanche mezza sicurezza, eppure sono un grande contribuente. Nessun modo di fregare il fisco. Ti devi sistemare le ventose prima di addormentarti, e se non lo fai il microchip sottocutaneo segnala alla polizia onirica lo stato di sonno non connesso. Il resto lo fa la macchina collegata, giunta alla sua diciannovesima versione, e quindi ribattezzata x-19. Rivela numero e qualità dei sogni, li trasmette alla Centrale onirica, e ce li restituisce sotto forma di imponibile. Questa notte, per esempio, ho fatto due sogni di categoria A e tre di categoria B. Sono le aliquote più alte". L'anno è il 2035: il governo impone una tassa sui sogni dei cittadini. L'ivo (Imposta sul Valore Onirico) colpisce i sogni dei poveri per esentare l'insonnia dei ricchi. Ma c'è chi si ribella. E se cambiare il mondo finisce per essere la vera illusione, l'anelito alla libertà riesce a sopravvivere solo grazie al sogno che alimenta la speranza.

Sognare è una delle poche cose che ci accomuna tutti, senza distinzione di razza, età, sesso, aspetto, soldi. Certo, sono diverse le cose che si sognano, così come lo è la probabilità che queste si avverino. Però insomma, chi più chi meno, chi con vergogna chi con passione, chi con speranza chi con rassegnazione, sogniamo tutti.
E questa uguaglianza vale anche per quando si dorme, anche se non tutti al mattino si ricordano di averlo fatto e  soprattutto, anche se quello che sogniamo quando siamo a letto non sempre ha una logica o un senso.

Non è quindi per niente difficile immaginare come riesca a sopravvivere e a prosperare un Comunità in cui sono state abolite tutte le tasse tranne una: quella sui sogni. Siamo nel 2035, anno in cui le macchine hanno poco a poco preso il sopravvento in ogni aspetto della vita e in cui le persone hanno un microchip impiantato sotto pelle, che controlla ogni tuo movimento: ti tiene lontano dai cibi che non ti piacciono o ti potrebbero far male, ti apre la porta di casa quando arrivi e soprattutto si assicura che la sera, prima di metterti a letto, ti sia sistemato le ventose sulla fronte, così che i tuoi sogni possano essere monitorati, classificati e tassati attraverso un complesso macchinario che fa capo alla Centrale onirica.
Facile ritrovarsi in debito e perseguitati dal fisco se, come il protagonista, si è un sognatore incallito. Il suo misero lavoro come dipendente al "Chi paga, rompe", dove la gente va a rompere le cose vecchie o desuete per trarne soddisfazione, non gli consente di far fronte alle tasse arretrate che deve pagare e ha persino dovuto separarsi dalla moglie perché, insieme, sognavano troppo. Lei adesso si è risposata  e conducono una vita da amanti clandestini
Nessuna pillola per dormire, nessuna bevanda rilassante riesce a distrarlo e a fargli smettere di sognale. La sua unica speranza è riuscire a mettersi in contatto con Il Fronte di Liberazione Onirica, un gruppo di ribelli, che ha progettato una macchina che riesce a ingannare quella del governo e che concede sogni senza che vengano conteggiati. E ben presto riusciranno a prendere il sopravvento e a sconfiggere il governo e il Presidente in carica, andando però a creare una nuova realtà forse ancora peggiore della prima. Dove i sogni, ancora una volta, vengono usati nel modo sbagliato.

Credo di aver già detto diverse volte che ho una passione smodata per i romanzi utopici. Romanzi ambientati  in un futuro, non poi così lontano in questo caso, che effettivamente potrebbe davvero realizzarsi. Non per niente 1984 di Orwell è uno dei miei romanzi preferiti. E qui l'eco di questo grande autore è piuttosto evidente, senza che però arrivi a disturbare più di tanto la lettura. D'altronde credo sia impossibile scrivere un romanzo come questo senza fare riferimenti e senza lasciarsi un po' ispirare.
Il mondo che ha creato Paolo Pasi è assolutamente credibile e angosciante al punto giusto. Certo, forse il protagonista è un po' troppo passivo, non compie mai gesti eclatanti di ribellione se non nel finale, anzi, quasi si lascia trascinare dentro a qualcosa in cui lui stesso sa di non credere veramente. Però credo che anche questa sua passività sia voluta, sia frutto della stanchezza, della difficoltà nel dover controllare i sogni e di come questi, che dovrebbero essere cioè che ci fa andare avanti ogni giorno, possono diventare un ostacolo non indifferente.
E poi, c'è quel colpo di scena finale, che un pochino mi aspettavo ma che mi ha comunque lasciata senza parole, per la sua genialità (ma non ve ne posso parlare, o vi svelo tutto).

Insomma, si tratta sicuramente di un buon romanzo, ben costruito e con tanti spunti di riflessione interessanti. Grazie anche all'utilizzo di capitoli brevi che scorrono veloci uno dietro l'altro, riesce a tenerti incollato alle sue pagine senza mai stufarti (direi che quasi ti toglie il sonno... ma non vorrei offendere il protagonista).

Decisamente una bella scoperta!

Ettore ha ragione. Ognuno è libero di sognare ciò che vuole. Suonare come Mozart, incontrare i grandi del passato, volare su Marte, scoparsi la star del momento, rivedere affetti scomparsi, gettarsi in un'impresa disperata e avvincente. Ci sono sogni per bambini, per coppie in crisi, sogni di gruppo, sogni sadici o estatici. [...] La rivoluzione ha vinto. La gente corre ad acquistare le proprie catene. Paghiamo per dormire tante vite parallele, ma viviamo sedati. Temiamo le cattive sorprese dell'inconscio. La trama imprevedibile e sminuzzata di una notte senza connessioni ci inquieta. Preferiamo consumare la massima libertà di scelta.
Ma i sogni, quelli veri, chi li insegue più?


Titolo: Memorie di un sognatore abusivo
Autore: Paolo Pasi
Pagine: 214
Anno di pubblicazione: 2009
Editore: Edizioni Spartaco
ISBN: 978-8896350072
Prezzo di copertina: 14,00 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Memorie di un sognatore abusivo