Visualizzazione post con etichetta Rizzoli. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Rizzoli. Mostra tutti i post

lunedì 5 novembre 2018

DESTINO - Raffaella Romagnolo

Il destino è un mistero. La stessa guerra non è la stessa guerra. I soldati americani avevano gallette, dolcetti, zucchero, caffè solubile; ai Leone mancava il pane. Assunta ha fatto il possibile, ora Giulia lo sa. Non ci sono conti da aggiustare, non c'è niente da perdonare. Facciamo tutti il possibile, amica mia.


Mio padre era originario di Bosio, un paesino abbarbicato sull'appennino ligure ma ancora in Piemonte, in provincia di Alessandria. In realtà era di una frazione di poche case e poche anime, che porta proprio il mio cognome. Oltre a Ponassi, fa parte del comune di Bosio anche Capanne di Marcarolo, un agglomerato di case che oggi ha ben ventotto abitanti e un parco naturale omonimo, conosciuto in tutta Italia perché lì, nel 1944, c’è stata la strage della Benedicta: fascisti e tedeschi hanno ammazzato settantacinque partigiani.
Sono stata sui luoghi della strage solo una volta, da bambina, un giorno in cui eravamo a Bosio e i miei genitori hanno deciso di portarci. Dopo tanti racconti sentiti dai parenti e gli amici più anziani, da chi ha vissuto da vicino quegli anni o ha perso un proprio famigliare in quell'eccidio, era giunto anche per noi il momento di andare a rendere omaggio.

Perdonate la lunga premessa, ma quando ho aperto per la prima volta Destino, il nuovo romanzo di Raffaella Romagnolo da poco uscito per Rizzoli, e ho visto che era dedicato proprio “Ai ragazzi della Benedicta”, la mia mente è subito tornata a quel giorno e a tutti i racconti che ho sentito nel corso degli anni. Poi mi sono accorta anche che Borgo di Dentro, uno dei due luoghi protagonisti del romanzo, è Ovada, altro paese che ho sempre sentito nominare in casa, e ho capito che Destino, io, lo avrei amato.
Conoscevo già la scrittura di Raffaella Romagnolo, grazie a quel piccolo capolavoro di La figlia sbagliata, ed ero davvero curiosa di leggere qualcosa di nuovo di questa autrice (di cui, secondo me, si parla davvero troppo poco). Certo, però, non mi aspettavo di leggere qualcosa di forse ancor più bello e più intenso.

Destino racconta la storia di due amiche e delle loro famiglie nella prima metà del ‘900. Giulia Masca e Anita Leone sono nate e cresciute a Borgo di Dentro: entrambe lavorano alla filanda del paese, insieme a tante altre donne.  Poi, a un certo punto, le loro strade, i loro destini, si dividono. Giulia molla tutto, il lavoro, la casa, la madre Assunta e parte per l’America e approda a New York, dove con fatica si fa una nuova vita insieme a un altro immigrato italiano. Anita, invece, resta e, insieme alla sua numerosa famiglia, vive sulla sua pelle l’arrivo della Prima Guerra Mondiale e della chiamata alle armi degli uomini di casa, poi dello squadrismo e del Fascismo, della Seconda Guerra Mondiale, delle lotte partigiane e della resistenza agli orrori che si ritrova ogni giorno a vivere.

Il vuoto lasciato da Giulia non si riempì, ma la vita aggirò l’ostacolo e riprese a scorrere. Prima rivoli e zampilli – una partita a carte, un pomeriggio tutti insieme, il ballo a palchetto sul far dell’estate, il nome di Giulia che, davanti a un testo di polenta, qualcuno pronuncia senza scandalo – poi con flusso invincibile, capace di superare d’un balzo la morte di nonno Domenico, nel sonno, e quella della stessa Luigina, tre mesi dopo, di malinconia.

Sono due donne forti, Anita e Giulia, anche se in modi diversi. E sono soprattutto due amiche, che a un certo punto si sono perse per strada ma non hanno mai smesso di pensare l’una all’altra e alle scelte diverse, ugualmente difficili, che entrambe hanno compiuto e che riacquistano forza e intensità quando Giulia, dopo tanti anni, ritorna a Borgo di Dentro. Non sa cosa aspettarsi; non sa cosa è successo alle persone che amava e ha paura di quello che potrà, o non potrà, trovare. 
Attorno ad Anita e Giulia ruota una serie di personaggi (in mezzo a cui l’autrice ci aiuta a districarci inserendo, all'inizio di ognuna delle tre parti di cui si compone il libro, gli alberi genealogici) altrettanto intensi e ben caratterizzati: i fratelli di Anita, Giuseppe Garibaldi e Nino Bixio; i figli e i nipoti; i vicini di casa; i padroni dei terreni e della fabbrica, la bella e tenace Adelaide... tante vite che si mescolano, che vivono, da uno schieramento o dall'altro, mostrando coraggio o paura, quello che la storia del Novecento mette loro davanti, appoggiandosi alle piccole gioie quotidiane per resistere e sopravvivere a un destino più grande contro cui non possono nulla.

La ragazza si scosta seccata, poi si alza e lo guarda. A Nico sembra più alta, il volto duro, una riga netta tra le sopracciglia. «Ti odio» dice e gli dà uno schiaffo.
Nico rimane di stucco, poi si riprende, le afferra il polso e la tira a sé. Lei cerca di colpirlo ancora. «Ti odio» singhiozza, mentre Nico la stringe, le bacia il volto in lacrime, le chiude le labbra con le labbra. «Anch'io» le soffia in bocca, poi sente il pianto in gola e si abbandona, la bacia e intanto piange, lei invece smette di singhiozzare, la sente sorridere, poi proprio ridere, e allora ride anche lui e pensa: Oddio, la felicità.

Destino è un romanzone, in cui io ho trovato tutto quello che spero sempre di trovare in un libro: la Storia, quella con la S maiuscola, raccontata dal punto di vista umano, di chi è morto in una trincea e di chi era a casa ad aspettare, di chi è stato fucilato insieme ad altri ragazzi come lui e di chi è andato a recuperare i corpi, di chi ha mollato tutto e ha attraversato l’Oceano in cerca di se stesso e di chi invece è rimasto dov'era e ha vissuto con quello che aveva; di chi è tornato e di chi non se n’è mai andato. Tutto questo con personaggi ben caratterizzati (il mio prossimo animale domestico lo chiamerò Gelida Manina), momenti molto teneri e pieni d’amore, speranza e altruismo, e altri carichi di rabbia, ingiustizia e tanto, tanto dolore. Proprio com'è la vita.
Si capisce subito quando, nel lezzo e nella confusione, una donna riconosce un figlio. Tutto si ferma per qualche secondo, il ronzare delle mosche crepita come un falò. Rita siede su un masso, fissa il ruscello e non dà una lacrima, immobile. Qualcuno scende da Cascina Benedicta portando a braccia travi annerite da fumo e parti dell’impiantito. I pezzi di legna ch’erano tavoli, sedie e solette, vengono appoggiati delicatamente sui corpi già ripuliti, bare improvvisate. Anita toglie il fazzoletto che porta al capo, lo straccia e ne ricava due pezzuole. Inzuppa la prima nell’alcol, s’inginocchia accanto a un ragazzo e lo ripulisce, poi un altro, poi un altro, fino a contarne cinque. Poi si alza, raggiunge il ruscello, sciacqua la pezzuola nell’acqua torbida, cerca la ragazza con l’alcol e ricomincia.

Raffaella Romagnolo ha scritto un romanzo incredibile, in cui si vedono tutte le ricerche e gli studi che ha compiuto, tutta l’attenzione nel raccontare qualcosa di così difficile e al tempo stesso tutta la passione che ci ha messo nello scrivere, che emerge in ogni personaggio, in ogni gesto, in ogni singola riga di ogni singola pagina. Un libro semplicemente stupendo.


Titolo: Destino
Autore: Raffaella Romagnolo
Pagine: 397
Editore: Rizzoli
Anno: 2018
Prezzo: 21€
Acquista su Amazon:
formato cartaceo: Destino
formato ebook: Destino

venerdì 15 dicembre 2017

SOGNANDO LA LUNA - Michael Chabon

"Anch'io voglio andare sulla Luna" disse la nonna. "Mi porti con lei."
"Ma certo" rispose il nonno. "Un modo lo trovo."

Purtroppo, non ho avuto la fortuna di conoscere i miei nonni. Solo uno, il mio nonno paterno, era ancora vivo quando sono nata, ma è mancato pochi anni dopo. Di lui ho qualche ricordo confuso, qualche immagine: lui che fa la maionese a mano, lui che si toglie la dentiera sul muretto di fronte a casa, lui che monta la panna e poi ci sparge sopra il cacao, lui seduto sulla poltrona con la flebo al braccio negli ultimi mesi di malattia e poi lui la mattina in cui è mancato. So poi qualche cosa che mi è stata raccontata, su di lui e sugli altri tre nonni, ma ne ho sempre sentito un po’ la mancanza. Mi sarebbe piaciuto che mi raccontassero la loro storia (mio nonno materno, per esempio, durante la Seconda guerra mondiale è tornato dalla Russia attaccato a un camion) e la loro vita: come si sono conosciuti, come si sono innamorati, quanto è stato difficile vivere in tempo di guerra e dopoguerra, cose così. Sono rimpianti inutili e senza soluzione, mi rendo conto, però ogni tanto mi capita di pensarci. Così come mi capita di pensare che i miei futuri ipotetici figli non potranno conoscere mio padre e già mi dispiace per loro.

Per questo, libri come Sognando la luna di Michael Chabon, pubblicato da Rizzoli con la traduzione di Matteo Colombo, mi piacciono molto, ma al tempo stesso mi intristiscono anche un po’.

Il romanzo, infatti, è la storia del nonno e della nonna di Chabon, che lo scrittore ha ascoltato direttamente da suo nonno, quando è andato a fargli visita a casa della madre, dove l’uomo si trovava per trascorrere gli ultimi istanti della sua vita. I potenti antidolorifici che il medico gli ha prescritto lo hanno reso molto loquace e si ritrova quindi, in una settimana, a raccontare al nipote tutta la sua vita affinché la scriva.

«E comunque è una gran bella storia» dissi. «Devi ammetterlo.»«Sì?» Appallottolò il kleenex, cancellata la lacrima solitaria.«E allora prenditela. Te la regalo. Quando non ci sarò più scrivi tutto. Spiega. Trova un significato. Usa tante belle metafore come piace a te. Metti tutto in un bell’ordine cronologico, senza mescolarlo a casaccio come faccio io. Parti dalla sera che sono nato. 2 maggio 1915. Quella notte ci fu un’eclissi lunare, lo sai cos’è?»«Quando la Terra proietta la sua ombra sulla Luna.»«Molto significativo. Di sicuro è la metafora perfetta di qualcosa. Comincia da quella.»

Una vita travagliata, quasi picaresca, dai tempi della guerra fino alla conoscenza con sua nonna, ragazza madre che non è mai riuscita a liberarsi dei traumi del suo passato da donna ebrea; ma anche il racconto della vita dopo la morte della moglie nel residence per anziani in cui si è rifugiato, dei suoi mesi in guerra e di quelli trascorsi poi in galera, senza mai dimenticare il suo sogno di una vita di conquistare la luna.

Quello che ne viene fuori è un memoir romanzato, in cui realtà e finzione sono mescolati non si sa esattamente in quale misura, che racconta settant'anni di storia d’America, dalla guerra e i suoi strascichi alle missioni spaziali; ma soprattutto una storia d’amore, che ha resistito e superato grandi avversità.
"Secondo te sono mai stati felici?"
"Assolutamente" risposi.
"Assolutamente?"
"Senza dubbio."
"Lei ha dato di matto. A lui è fallita l'azienda. Figli loro non sono riusciti ad averne. Lui è finito in galera. A lei la terapia ormonale ha fatto venire il cancro. Io ho sparato a suo fratello in un occhio e sposato l'uomo che gli è costato l'azienda. Quand'è che sono stati felici?"
"Tra una cosa e l'altra" dissi.
"Tra una cosa e l'altra"
"Sì."


Sognando la luna è un libro davvero molto bello, che alterna momenti commoventi e drammatici (la storia del passato della nonna e dei fantasmi che l’hanno perseguitata per tutta la vita è qualcosa di davvero duro), ad altri divertenti. E il nonno di Chabon doveva essere un vero fenomeno, che non ha mai abbandonato i suoi sogni, ma al tempo stesso ha saputo metterli da parte quando si è trovato di fronte a cose per lui più importanti, come il bene di sua moglie e sua figlia, ma anche quello di un gatto. 

Non conoscevo Michael Chabon prima di questo romanzo. Sì, lo so, è uno scrittore americano molto conosciuto e molto stimato, che nel 2001 ha vinto il premio Pulitzer con Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay, eppure non aveva ancora incrociato il mio cammino di lettrice. Lo ha fatto ora, con un libro dolce e intenso, drammatico e divertente, e molto, molto commovente, da cui traspare tutto l’amore dell’autore per la scrittura e le parole come mezzo per raccontare storie e vite, ma anche, e soprattutto, quello di un nipote per suo nonno.


TITOLO: Sognando la luna
AUTORE: Michael Chabon
TRADUTTORE: Matteo Colombo
PAGINE: 526
EDITORE: Rizzoli
ACQUISTA SU AMAZON
formato cartaceo:Sognando la luna
formato ebook: Sognando la luna

martedì 4 aprile 2017

IL GRANDE MIAO - Paul Gallico

Oggi presto per la prima volta il blog a Luca, che vi racconta della sua lettura di Il grande miao di Paul Gallico ma, soprattutto, del suo rapporto con Luna, la gattina più adorabile (e viziata) del mondo.


La fanno facile, quelli a cui piacciono i cani. Ci avete mai fatto caso? Quando a uno di loro dite che avete un gatto, il ritornello è più o meno sempre lo stesso:

"Eh, ma con i gatti è comoda, non fanno altro che mangiare e dormire, stanno lì, ti guardano, sempre zitti, al massimo rompono un po' quando hanno fame e poi spariscono di nuovo. Il cane sì, lo devi portare fuori, lo devi far giocare e tutto il resto. Il cane è impegnativo. Mica come il gatto."

Il cane è impegnativo, certo come no. Mica come il gatto.

Il fatto, vedete, è che loro proprio non sanno. E quindi non capiscono.

Non sanno che questa cosa del mangiare e dormire, stare lì, guardarti, i silenzi, i mugugni, le improvvise sparizioni sono tutte mosse di guerra. Una costante e quotidiana guerra di posizione e logoramento, fatta di tattica e strategia, assalti e ritirate, diktat incrollabili e concilianti concessioni, ridefinizione di equilibri e stravolgimenti di qualsiasi eventuale struttura gerarchica governasse la casa prima del loro arrivo. O meglio, prima della loro conquista.

Con i gatti non c'è proprio niente di facile, cari i miei cinofili. Con i gatti c'è un unico motto: "Mi casa es mi casa". Solo che non sarete mai voi, a pronunciare quel motto.

Il grande Miao di Paul Gallico non è l'autobiografia di un gatto, come recita (non si capisce bene perché) il sottotitolo italiano: è più un manuale, come infatti lo definisce il sottotitolo originale. Ma non un semplice manuale: è un manuale di guerra, e pure di alto livello. È tipo, non so, il Sun Tzu dei gatti, ecco.

Il libro è preceduto da una breve introduzione in cui Gallico, giornalista sportivo e sceneggiatore americano, racconta di aver ricevuto il manoscritto da un suo vicino di casa, editor di testi scolastici per un'importante casa editrice. Abituato a essere sommerso di testi consegnati in modi bizzari, il vicino non si stupisce quando, andando alla porta a rispondere al campanello, non aveva trovato nessuno sulla soglia, tranne un grosso plico arrotolato a cilindro lasciato sullo zerbino. Lo stupore, però, era arrivato aprendo il plico: che conteneva un testo scritto non in inglese e nemmeno, apparentemente, in nessun'altra lingua conosciuta, ma in un codice a prima vista senza senso che mischiava in modo illogico lettere, numeri e segni di interpunzione. Perciò, conoscendo la passione di Gallico per codici e crittografia, il vicino pensò bene di portarlo a lui per vedere di capirci qualcosa.

Dopo parecchi tentativi e altrettanti fallimenti, Gallico ha un'illuminazione. Quello non è un codice! Per incredibile che potesse sembrare, l'unica spiegazione possibile di quella sequenza illogica di segni era un'altra: Gallico era di fronte
al pasticcio che potrebbe venir fuori se a premere o battere sui tasti non fosse un indice a una zampetta a cinque dita, che, nel tentativo di centrare, poniamo il caso, la A, si allarga fino a prendere la Q, la W o la S; così che, alla fine, al posto della vocale desiderata, sul foglio ci finisce una di queste lettere.
E certo che quel manoscritto era scritto in modo assurdo: l'aveva scritto un gatto! Anzi, una gatta (che, come sa chiunque ne abbia una, è tutta un'altra storia).

Trovata la chiave, Gallico procede alla decifrazione integrale del manoscritto. Quello che si trova davanti a lavoro concluso è un manuale incredibilmente dettagliato e preciso, scritto in prima persona da una gatta domestica per trasmettere ad altri gatti (giovani, selvatici o senzatetto) trucchi e stratagemmi per conquistare con facilità una casa e sottometterne gli abitanti. Assicurarsi l'appoggio di uno degli umani di casa, mettere uomini contro donne o donne contro uomini a seconda delle occasioni, sfruttare le insicurezze dei maschi a proprio vantaggio, giocare d'astuzia e d'inganno per far credere ai propri umani di averla avuta vinta loro e poter così ottenere ancora più vizi di quelli che si cercavano.

Prendiamo il cibo, per dire. Non c'è nessun cibo che un gatto ben addestrato nelle tattiche di guerriglia domestica illustrate nel libro non possa ottenere, e loro lo sanno.
Cosa vi va? Cosa vi piace di più? Il granchio, in scatola o fresco? Un filettino di sogliola? Meglio il rombo? Il fegato di vitello? I fegatini di pollo? I rognoncini di vitello? Le uova di trota? Quelle di salmone. Addirittura il caviale? Non c'è nulla che non possiate avere, tutto sta nel reclamarlo nella maniera giusta. Certo, le cosine che ho elencato qui sopra costano care, però i bipedi non se ne privano, quindi non si capisce perché dovreste privarvene voi.
Alternando azioni di sfinimento a irresistibili ruffianerie, strusciate, fusa e pose languide a musi e borbottii, l'autrice del Grande Miao passa in rassegna tutto ciò che un gatto domestico può desiderare e tutti i modi più furbi per ottenerlo. Fino, appunto, al Grande Miao, il colpo di grazia nella nobile impresa della sottomissione umana: un Miao muto, silenzioso (in originale è appunto Silent Meow), irresistibile e letale, da piazzare al termine di una serie di miao di supplica che non fallirà in nessun caso l'obiettivo finale, e cioè far sentire il proprio umano in colpa al punto tale da costringerlo a capitolare a qualsiasi richiesta felina.

A ogni pagina di questo manualetto (bellissimo e terribile, a leggerlo dal punto di vista umano), rivedevo me stesso e la mia convivenza ormai decennale con la mia gattina. Il fatto che non ci sia in pratica nessun angolo di casa che non sia prima suo e solo poi nostro. Le miriadi di scatolette aperte (spesso contemporaneamente) e di cibi buttati ancora integri nella spazzatura, prima di trovarne uno che Sua Signoria gradisca. La mania per cui non le si può passare davanti camminando, altrimenti si offende. Le assurde posizioni da fachiro che ormai assumo in automatico nel letto per non disturbarla mentre dorme esattamente al centro dello spazio in cui io metto le gambe. Gli sguardi silenziosi che ci scambiamo, anche per diversi minuti, quando ognuno dei due sta pensando ai fatti suoi. Decine, centinaia di situazioni in cui Luna ha conquistato ogni spazio, ogni momento della mia esistenza, mettendo al centro prima se stessa e poi tutto il resto.

Tranne quando sono io ad avere bisogno di lei. A quel punto le cose cambiano parecchio. Mi riferisco a quel sentimento che, da qualche parte di questa strana e buffa guerriglia di posizione tra uomo e gatto, se ne sta lì, in fondo a tutto, a sovrintendere a ogni cosa: l'amore, nonostante tutto. Quel particolare e indefinibile tipo di amore che si crea a partire dal primo momento in cui un gatto, tra tutti gli umani a disposizione, sceglie (perché sono sempre loro, ovviamente, a scegliere) proprio te.
Non si può vivere con gli esseri umani per un certo periodo di tempo senza accorgersi che tolta qualche bella qualità, sono in linea di massima delle creature stupide, frivole, testarde, distratte, spesso subdole e anche false. Dicono bugie palesi; sostengono una cosa e ne pensano un'altra; promettono e non mantengono, e poi sono egoisti, avidi, sconsiderati, possessivi e pieni di contraddizioni, vigliacchi, invidiosi, inaffidabili, dispotici, insofferenti, irrequieti, ipocriti e trasandati. Eppure, nonostante tutti questi inconvenienti, hanno questa cosa potente e meravigliosa che chiamano amore, e quando loro vi amano e voi li amate è come se non contasse più nient'altro [...] Succederà qualcosa nei loro occhi, il modo in cui vi accarezzano cambierà; e allora, volenti o nolenti, voi comincerete con le fusa e le vostre zampe faranno la pasta come quando eravate piccoli e ciucciavate il latte, cioè quando eravate felici.
Ecco, quest'ultimo è un grande momento. A casa nostra succede più o meno tre o quattro volte al giorno, di solito sulla trapunta del letto. La cosa curiosa è che, quando Luna si mette a fare la pasta sforacchiando la trapunta, si mette sempre vicino a me e mai vicino a Elisa. Come se sapesse che io sono completamente in suo potere e che non la sgriderò mai per i buchi che fa con le unghie sul tessuto; come se mi capisse quando Elisa dice: "Ma non vedi che sta bucando tutta la trapunta?" e io rispondo, in estasi: "Ma dai, è tutta contenta, al massimo poi ne compriamo un'altra".

Ma non può essere, no? Non può essere così furba.

In fondo, è solo un gatto.


TITOLO: Il grande Miao
AUTORE: Paul Gallico
TRADUTTORE: Barbara Bonadeo
PAGINE: 176
EDITORE: Rizzoli
ANNO: 2016
ACQUISTA SU AMAZON

lunedì 6 marzo 2017

OGNI VOLTA CHE MI BACI MUORE UN NAZISTA - Guido Catalano

Ci sono tantissimi validi motivi per tenere duro.
Per fare bene ciò che si è capaci.
Per resistere al brutto.
Per ingannare la morte.
Per smettere di piangersi addosso.
Per non porgere l'altra guancia.
Per ascoltare buona musica.
Per innamorarsi.


Non avevo mai letto nulla di Guido Catalano prima di questa sua ultima raccolta di poesie, Ogni volta che mi baci muore un nazista, da poco pubblicata da Rizzoli. Certo, lo conoscevo di fama e mi è capitato diverse volte di leggere alcuni stralci delle sue poesie e alcune riflessioni sulla sua pagina Facebook, ma senza che mi decidessi mai a procurarmi qualcosa di suo. 
Quest’ultima raccolta, però, vuoi per il titolo molto bello vuoi per i teneri disegni in copertina (soprattutto quello sulla quarta, in realtà), mi attirava molto. E quindi mi è sembrata un buon punto di partenza.

Ogni volta che mi baci muore un nazista si compone di 144 poesie bellissime. In realtà, come Catalano stesso rivela nella buffissima introduzione (che da sola vale tutto il libro, secondo me) sono di più e si dividono in alcune categorie ben precise: ci sono poesie per fare innamorare, ma anche Poesie di Fine Rapporto (le PFR) da leggere quando invece l’amore sta per finire (se non è già finito); ci sono dei ritratti di donne, quattordici, che potrebbero però essere una sola, e ci sono dei dialoghi di coppia. Ci sono gioia e amore, ma anche dolore e tristezza, dice lui, perché quando si è tristi a volte fa bene leggere cose tristi.
Ho iniziato a leggere questo libro con aspettative altissime, galvanizzata anche dalla buffissima introduzione di cui vi parlavo sopra, eppure, man mano che procedevo con la lettura un po’ di questo entusiasmo iniziale è scemato, lasciando spazio alla perplessità. Intendiamoci, alcune poesie sono davvero bellissime, tipo quella che ho citato all'inizio, o questa qui:
È che dicevi le cose giuste

quando avevo bisogno

di parole giuste

e quando sorridevi

mi scardinavi l'anima
o quello che ne resta
poi
dormirti addosso
succedevano alcune cose
alcune meraviglie
tipo
che la mattina
ritenevo plausibile
l'implausibile
tipo quelle robe da film
da romanzo
tipo l'amore
tipo far colazione assieme
tipo un mondo migliore.

Però, ecco, in alcuni casi mi sembrava che mancasse qualcosa. Non so se in me, da scarsa lettrice di poesie quale sono da sempre e quindi poco abituata a coglierne i sensi e la musicalità, o proprio nei testi di Catalano.

Il caso ha voluto che, proprio nei giorni in cui stavo leggendo Ogni volta che mi baci muore un nazista, alla libreria Namastè di Tortona fosse in programma un incontro con l’autore. In una libreria stracolma di persone (ma quanto è bello vedere le librerie indipendenti così affollate di persone per incontrare uno scrittore? Brave, bravissime Elisa e Francesca, le due libraie che sono riuscite a creare tutto questo!), ho capito dove stava il problema nella mia lettura.
Queste poesie, più che lette, vanno ascoltate. Solo così io sono riuscita a comprenderne appieno il senso, ma soprattutto a godere anche dello stile dell’autore. 


Durante l’incontro, Guido Catalano ha letto diversi componimenti di questa raccolta. Li ha letti nel modo in cui li ha scritti, permettendo a chi era presente di cogliere il senso di ogni pausa, di ogni a capo, di ogni ripetizione e di ogni emozione. E non per niente questo autore riempie i teatri con i suoi reading: parte della sua poesia, almeno per quanto mi riguarda, sta nell'interpretazione che lui ne dà. Al punto che, quando sono uscita dall'incontro, il primo pensiero è stato che questo libro dovrebbe avere in allegato l’audiolibro, per chi, come me, da solo non riesce a cogliere tutto.

Guido Catalano alla Libreria Namastè
In ogni caso, sono felice di aver letto Ogni volta che mi baci muore un nazista. Di essermi tolta la curiosità di leggere un libro di Guido Catalano (anche se mi sarebbe piaciuto ci fossero stati più disegnini all’interno!) e, soprattutto, di essere andata a sentirlo dal vivo.

Allora, lo consiglio? Sì, certo. Anche se l’aver potuto sentirlo dal vivo, come dicevo prima, ha contribuito un po’ a cambiare il mio giudizio. Nel caso aveste ancora qualche dubbio, comunque, lascio che a rispondere a questa domanda sia una sua poesia, la più bella in assoluto di tutta la raccolta:

Ci sono questo ragazzo
e questa ragazza
mi sono seduti davanti
qualcosa di più di vent'anni
l'uno accanto all'altra
il treno ci porta da sud a nord
e lei ha i capelli biondi, corti
e lui porta occhiali pesanti, scuri.
Leggono
ma non leggono due libri diversi, leggono lo stesso libro.
Il fatto però è che non sono due copie dello stesso libro.
I due ragazzi, seduti l'uno accanto all'altra leggono
da una sola copia
dello stesso libro.
È lei che lo tiene in mezzo
e gira le pagine
lentamente
e sono davvero sincronizzati bene
questi due ragazzi seduti davanti a me
in questo treno regionale lento
concentrati, silenziosi e sincronizzati
e molto vicini.
 
Ed io li guardo
non riesco a non guardarli
sono affascinato
da questo loro modo intimo di leggere
da questa lettura di coppia
che non mi sembra di aver mai visto
e faccio mente locale
e in effetti, nei locali della mia mente
non trovo nulla di simile
trovo sì due ragazzini che si dividono gli auricolari
trovo sì me stesso che guardo un film
accanto a una donna
sdraiati sul mio letto
come è difficile concentrarsi
senza toccarti
baciarti
farsi.
E a un certo punto lei fa per voltare pagina
e lui le sfiora la mano
è in ritardo di qualche riga
lei si ferma, sorride impercettibilmente
ma io quel sorriso lo percepisco.
Pochi istanti e
lui la sfiora di nuovo
ora può andare avanti
girare pagina.
 
E che bella cosa
che stanno facendo
questi due innamorati
perché io me li immagino innamorati
mi è impossibile pensare che non lo siano
lo sono.

Titolo: Ogni volta che mi baci muore un nazista
Autore: Guido Catalano
Pagine: 322
Editore: Rizzoli
Anno: 2017
Prezzo: 18 €
Acquista su Amazon:

venerdì 10 giugno 2016

IL RUMORE DELLE COSE CHE INIZIANO - Evita Greco

Per Ada ci sono rumori che meritano più attenzione di altri. Il rumore che fa un’orchestra quando gli strumenti vengono accordati, un attimo prima che il concerto inizi. Quello che fanno le foglie quando si alza il vento. E anche quello che fanno le tazzine quando i baristi le sistemano sopra le macchine del caffè.
Ada sa che ci sono cose che, quando iniziano, fanno rumore. E quando sente quel rumore, si ferma e ascolta. Ascolta il rumore delle cose che iniziano.


Io sono una persona che fa sempre caso agli odori e ai profumi presenti nell’aria nel momento in cui sta vivendo qualcosa di particolare.  Ogni anno, per esempio, quando vado al mare, scelgo una crema solare diversa così da poter dire, anni dopo, “questo è il profumo di Corsica, questo di Spagna, questo di Toscana”. Oppure, non riesco più a usare una particolare marca di deodorante, perché la associo a un momento brutto della mia vita e ogni volta che mi capita di sentirla sto quasi male. Credo sia una cosa abbastanza comune, in realtà, sentire un odore e ricordare qualcosa. 
Con i rumori, invece, non sono così ferrata. Ci ho sempre fatto poco caso. E questo è forse uno dei motivi per cui quando la gentilissima Evita Greco mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto leggere il suo libro ho accettato. Perché Il rumore delle cose che iniziano è un titolo, ma soprattutto un’idea che trovo fantastica.

Il romanzo, uscito qualche mese fa per Rizzoli, racconta la storia di Ada e di sua nonna Teresa, che di lei si è occupata fin da quando era bambina, dopo che la madre ha deciso di non volerla più. Una nonna un po’ speciale, che ama ballare e non esce mai senza rossetto, e che ha insegnato alla sua nipotina ad ascoltare i rumori delle cose che iniziano e a non distrarsi mai, perché possono iniziare nei momenti più inaspettati. Come per esempio la storia di Ada con Matteo, iniziata nel bar dell’ospedale in cui Teresa è ricoverata e da cui tutti sanno, anche se nessuno vuole dirlo, non uscirà più. Ada è una ragazza particolare e la storia con Matteo riflette questa sua particolarità: lei ama in modo un po’ ingenuo, inizialmente senza farsi domande, nemmeno di fronte ai continui viaggi e alla strana distanza che il ragazzo sta piano piano mettendo. Sarà Irene, l’infermiera che segue sua nonna, a farle aprire gli occhi e a farle scoprire, suo malgrado, la verità.

Quando ho detto che stavo leggendo Il rumore delle cose che iniziano, in diversi mi hanno risposto “che strano, non lo facevo un libro per te”. Ed effettivamente, pensandoci, non è assolutamente uno dei libri che leggo di solito e, probabilmente, se lo avessi aperto qualche anno fa lo avrei liquidato dopo poche pagine. Ma l’ho letto adesso e, devo dire, mi è piaciuto tantissimo. Perché è tutta una storia d’amore. Quella dolcissima tra Ada e la nonna Teresa, che ha fatto del suo meglio e che è fiera di avere una nipote così, all'apparenza ingenua ma in realtà in grado di vedere il mondo diverso e di apprezzare, appunto, le piccole cose. Quella complicata, tra Ada e Matteo, con questo non poter fare a meno l’uno dell’altra, nonostante tutto. Quella abitudinaria, tra Irene e il suo compagno. Quella tra Irene e Ada e sua nonna, perché l’affetto che si crea tra infermieri e pazienti a volte è qualcosa di incredibile. Tutto questo romanzo è una storia d’amore.

Leggendo Il rumore delle cose che iniziano mi sono commossa parecchio. Per Ada, soprattutto, per il suo candore, per il suo modo di affrontare la vita e il mondo, che a tratti forse è un po’ esasperato ma che rende bene il suo personaggio e il contrasto con gli altri. 
Mi è piaciuto, mi è piaciuto proprio tanto. Forse perché è un periodo in cui mi piace concentrarmi sulle piccole cose e sono alla ricerca di cose che inizino. Forse perché avevo bisogno di un bel lieto fine, di sapere che se perdi qualcosa poi qualcos'altro arriva e un po’ compensa.

E sì, sicuramente da oggi porrò più attenzione anche ai rumori, oltre che agli odori.


Titolo: Il rumore delle cose che iniziano
Autore: Evita Greco
Pagine: 328
Anno: 2016
Editore: Rizzoli
Acquista su Amazon:
formato brossura: Il rumore delle cose che iniziano

martedì 22 settembre 2015

Ci vedo, e se non ci vedessi metterei gli occhiali... ovvero piccola invettiva contro i libri scritti a carattere 18 per farli sembrare più lunghi.

Ieri, mentre ero in coda dal medico, tra un pettegolezzo di una vecchina e un informatore saccente, ho letto Miracolo in libreria di Stefano Piedimonte.

Sul merito del libro entrerò in seguito, perché il fastidio provato per l’edizione, l’impaginazione e l’aspetto grafico in generale hanno preso un po’ il sopravvento sulla mia percezione del libro. Al punto che forse dovrò addirittura rileggerlo.
Miracolo in libreria è un racconto, che sono riusciti a spalmare su 77 pagine con espedienti differenti: l’aggiunta di qualche capito di un libro citato nel racconto sul fondo, un carattere enorme, un’impaginazione bislacca che fa sembrare il testo una lunga colonna. Prezzo di copertina: 7€. Che ci sta anche, perché se si pensa ai costi della copertina, della stampa, etc etc, tutto sommato non è una cifra così elevata.

È che a me, queste cose fanno un po’ arrabbiare. Visto che se lo impaginate normalmente e lo scrivete con un carattere normale, il racconto sarebbe venuto si e no di 20 pagine, non si poteva o aspettare che l’autore ne scrivesse un altro o aggiungerlo in calce a un romanzo, come contenuto extra?
La risposta, ovviamente, è no, perché loro ci guadagnano meno.


Il caso più clamoroso che io ricordi è sempre della Guanda, quando ha fatto uscire Tutti mi danno del bastardo di Hornby in un volumetto a 9€, quando in lingua originale era uscito solo in ebook a 0,99€. Mi ero arrabbiata anche se lo avevo comprato in originale e in ebook, perché capisco che Hornby è un nome che attrae e che quindi in molti lo avrebbero comprato, ma al tempo stesso viene mancare, secondo me, il rapporto di fiducia con i lettori che un po’ si sentono presi in giro. (Anche perché quel racconto funzionava solo come ebook  o dentro a una raccolta, da solo no).
Guanda comunque non è l’unica a fare questi giochetti. Mi viene in mente Rizzoli e il libro dei Carofiglio brothers, che per compensare avevano aggiunto in fondo delle ricette di cucina,  e/o con un Carlotto , per citare solo i casi in cui io ci sono cascata come una pera. Ma penso che tutti gli editori almeno una volta lo abbiano fatto.

Io, da lettrice, lo trovo irritante. È non è solo una questione economica. Cioè, anche sì, sarebbe inutile negarlo. Ma è il concetto in sé che trovo sbagliato. Devi fare cassa? Ok, ma dato che il lettore è chi ti permette di farla, magari dagli qualcosa in più di un libro scritto a carattere 18 e con margini enormi. Perché di fronte a una presa in giro tanto evidente, secondo me, ne rimette anche il contenuto del libro. Può essere un capolavoro, può essere riconosciuto come tale dal lettore meno irritabile come me, ma un pochino di amaro in bocca, pensando ai caratteri giganti o ai margini, rimarrà anche di fronte al libro più bello.

Lo so, in parte è anche colpa mia e, più in generale, di chi lo compra. Perché vuol dire che comunque, per quanto sia una presa in giro, funziona. Soprattutto con i  nomi che attirano, di cui magari si aspetta per anni un libro (ed è il caso di Hornby, ad esempio) o verso i quali si ha una certa curiosità o entrambe le cose (tipo il libro dei fratelli Carofiglio… ormai di Gianrico si venderebbe anche la lista della spesa).

(© Paweł Jońca)
Considerando anche le difficoltà del mondo dell’editoria e, soprattutto, di quello dei lettori, sempre più in calo (poi una volta o l’altra parleremo anche di nuovo di #ioleggoperché, eh…) secondo me espedienti del genere non andrebbero utilizzati, perché rischiano di allontanare ancora di più.

La cosa buffa è che io sono una grandissima amante dei racconti. Leggo tantissime raccolte, soprattutto monoautore, ma mi è capitato anche antologie. Quindi questa mia avversione non è assolutamente per il genere, ma per il modo in cui spesso viene presentato. E in parte secondo me l’avversione per questo genere è dovuta anche al fatto che spesso i singoli racconti vengono venduti e presentati da soli, come libri a se stanti, per cui si crea un effetto di aspettative-delusione, perché troppo corto, perché mi aspettavo più approfondimento da un libro singolo, etc etc…

Mi spiace davvero per Miracolo in libreria di Stefano Piedimonte, per essere stata l’origine (o forse la goccia…) di questo post. Anche perché tra un irritazione e l’altra, la storia in sé non mi è dispiaciuta per niente. Sicuramente lo rileggerò, anche perché ci vanno meno di venti minuti.


Mi rendo conto che questo post è in realtà una polemica molto personale, perché se io detesto questi libricini c’è magari chi invece li adora e quindi lo troverà completamente inutile. Però, ecco, volevo comunque condividere questo mio disagio.

mercoledì 22 luglio 2015

TUTTA LA LUCE CHE NON VEDIAMO - Anthony Doerr



Tutta la luce che non vediamo di Anthony Doerr ha vinto il Premio Pulitzer 2015 per la narrativa. Un premio di cui, a differenza di molti altri tutti italiani, mi fido ciecamente, perché finora non ho avuto nessuna delusione con i vincitori che ho letto.
Probabilmente se non avesse vinto il premio nemmeno ci sarei mai arrivata a questo libro. E altrettanto sicuramente non mi ci sarei poi avvicinata con così tante aspettative. 

Tutta la luce che non vediamo è ambientato in parte in Francia in parte in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale. Da un lato abbiamo Marie-Laure, che è diventata cieca quando era bambina e che ora, a dodici anni, è costretta a lasciare Parigi insieme al padre per rifugiarsi a Saint-Malo, in Bretagna, a casa di un lontano zio. Insieme a loro viaggia qualcosa di importante, che il padre custodisce gelosamente. Dall’altro lato c’è Werner, che vive in un orfanotrofio della Germania nazista e adora montare, smontare e giocare con le radio insieme alla sorella. Un giorno la sua abilità viene notata ed entra a far parte della Gioventù hitleriana. Un addestramento difficile, violento, che un giorno neanche sedicenne lo porterà in guerra. Le vite di Marie-Laure e Werner corrono parallele. Entrambi si chiedono spesso chi siano i buoni e chi i cattivi. Entrambi sentono addosso la paura e la voglia di libertà. Finché, per un momento, le loro vite si incontrano.

Sì, è un altro, l’ennesimo forse, libro sulla Seconda Guerra Mondiale. Ed è difficile oggi avere ancora qualcosa da dire di originale su quel periodo. È difficile ambientare una storia in quegli anni senza risultare ripetitivo e dare l’impressione del già letto. Anthony Doerr riesce quasi completamente a superare questa difficoltà, offrendo un doppio punto di vista diverso dal solito. Quelli di due ragazzini di due fazioni contrapposte che non hanno mai nemmeno ben chiaro perché o per cosa stanno combattendo. Ci aggiunge la violenza dei campi di addestramento nazisti, in cui si viene addestrati a fare del male, e la poesia che solo la radio, i libri e il mare riescono a portare anche nei momenti più bui.

C’è quel quasi, però. Un quasi che per me è durato circa fino a metà libro. Ci ho messo un po’ a non trovare fastidioso questo continuo passaggio da un personaggio all'altro. L’intenzione era quella di mostrare la contemporaneità delle due storie, ma ho avuto un po’ di difficoltà a non perdermi in quelle mezze pagine, in quei capitoli troppo brevi. Quando la storia entra nel vivo, i capitoli si allungano, e forse Doerr acquisisce una maggiore sicurezza del suo stile e della sua bravura, tutto diventa più semplice, più scorrevole, più intenso.

Ho letto Tutta la luce che non vediamo principalmente di sera tardi e di notte. Non so se semplicemente per il caldo che mi impediva di riuscire a concentrarmi di giorno, o se per una qualche strana forma di empatia verso la cecità di Marie-Laure e le sue attività necessariamente notturne con il suo favoloso zio Etienne. O ancora, se è perché per leggere di un periodo così nero, così buio della nostra storia, è necessario che non ci sia luce fuori. 

Tutta la luce che non vediamo è un libro molto bello. Forse un po' lento nella prima parte, questo sì. Ma poi diventa un libro indimenticabile. L'ennesimo ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, sì. Ma uno dei pochi che racconta un punto di vista diverso. Assolutamente da leggere.

Titolo: Tutta la luce che non vediamo
Titolo originale: All the light we cannot see
Autore: Anthony Doerr
Traduttore: Daniele A. Gewurz e Isabella Zani
Pagine: 510
Editore: Rizzoli
Acquista su Amazon:


venerdì 12 dicembre 2014

IL CARDELLINO - Donna Tartt

Credo di avervi  già comunicato più e più volte il mio amore per gli scrittori e i libri che hanno vinto il premio Pulitzer. E’ un amore abbastanza recente, ma che aumenta in modo sconsiderato ogni volta che mi capita tra le mani uno dei libri premiati. 
Ammetto  però che di Il cardellino di Donna Tartt, che ha vinto il premio quest’anno, avevo un po’ paura. In parte per lo spessore, sicuramente, perché per leggere un libro con più di 600 pagine deve essere il momento giusto, o il rischio di rimanere incagliata a metà diventa molto alto. E poi ne avevo timore anche perché leggendo commenti e pareri, ancor prima di comprarlo in realtà, mi sono trovata di fronte a reazioni molto discordanti. C’è chi parla di un romanzo meraviglioso e chi di un romanzo carino, ma forse un po’ sopravvalutato, chi lo ha divorato in pochi giorni e chi lo ha abbandonato a metà, senza alcun rimpianto.
 Ho aspettato quindi arrivasse il momento giusto, non ho più letto commenti di altre persone e, via, l’ho iniziato. Nei primi due giorni ho divorato più di cinquecento pagine. E non perché leggo veloce, ma perché davvero non riuscivo a metterlo giù.

Il cardellino racconta la storia di Theo, che a soli tredici anni sopravvivere a un attentato terroristico in un museo di New York. Mentre sta uscendo, da solo e stordito, dal museo, decide portare con sé un quadro, Il cardellino appunto, perché non è sicuro che la madre, nella confusione delle esplosioni, sia riuscita a vederlo. La madre, però, a casa non torna più e Theo si ritrova così solo, con un padre in ritracciabile e dei nonni che non lo vogliono. Viene ospitato dalla famiglia di un suo compagno delle elementari, Andy. Una famiglia molto ricca in cui Theo si sente incredibilmente solo.  E poi passano gli anni, Theo cresce, ritrova suo padre e poi lo perde di nuovo, si innamora perdutamente e inizia a drogarsi e a bere, conosce  Boris, un ragazzo problematico e un po’ teppista, l’unico con cui però si sente davvero a suo agio, e impara il mestiere di antiquario. Il cardellino e il ricordo doloroso della madre rimangono negli anni il suo punto fisso. Poi però qualcosa va storto e Theo si ritrova immischiato in qualcosa di pericoloso e molto più grande di lui.

Potete immaginare anche voi quanto difficile possa essere riassumere la trama di un libro di novecento pagine. Succedono tante cose, grandi e insignificanti, che è inutile tentare di parlarvene. Onestamente, non so nemmeno dirvi che cosa mi abbia tenuta incollata così saldamente alle pagine di questo libro. Lo stile di Donna Tartt, certo, che riesce a rendere perfettamente la tristezza,  la solitudine e il ricordo che attanagliano e torturano Theo, ma anche a caratterizzare perfettamente tutto i personaggi che gli ruotano intorno. La trama, anche, molto più avvincente di quanto la quarta di copertina lascerebbe presagire. Ma anche qualcosa di più, in Theo e nel suo dolore, nel suo senso di colpa che lo sta a poco a poco annientando e che non sa come combattere. L’ho trovato molto vero, molto forte e commuovente.

Sicuramente anche con un centinaio di pagine in meno il romanzo sarebbe stato lo stesso molto bello, perché a volte si è dilungato un po’ troppo in momenti in cui non era necessario.
Non che abbia faticato a leggerle, per carità, però forse avrebbero potuto anche non esserci (così come il finale, proprio le ultime cinquanta pagine, avrebbero potuto essere, non so, diverse, più all’altezza di tutto il resto del romanzo… ma forse qualunque finale, dopo una storia così, sarebbe stato deludente).

Insomma, mi schiero dalla parte di chi ha amato il libro, di chi lo considera un capolavoro. E vorrei davvero stringere la mano a chi assegna i premi Pulitzer, perché fa davvero un grande, grandissimo lavoro per il mondo della letteratura.

Titolo: Il cardellino
Autore: Donna Tartt
Traduttore: Mirko Zilahi de' Gyurgyokay
Pagine:893
Editore: Rizzoli
Anno: 2014
Acquista su Amazon:
formato brossura: Il cardellino

giovedì 10 luglio 2014

VOLI ACROBATICI E PATTINI A ROTELLE - Fannie Flagg

Quanto mi era mancata Fannie Flagg. E' una scrittrice che adoro, di cui ho letto tutti i romanzi e che non mi stancherei mai di leggere, rileggere e consigliare. 
Mi era mancata tanto, vi dicevo, sebbene il suo ultimo romanzo, Miss Alabama e la casa dei sogni, sia solo di tre anni fa. Non mi era piaciuto molto, se devo essere onesta, non perché fosse particolarmente brutto ma perché nei confronti di questa scrittrice ho aspettative alte, altissime che non me l'hanno fatto apprezzare come avrei voluto.
All'inizio non mi ero nemmeno accorta fosse uscito questo nuovo romanzo, Voli acrobatici e pattini a rotelle. Ma tempo una settimana da quando l'ho scoperto è finito nella mia libreria e poi in lettura. Mi ha tenuto compagnia in ogni ritaglio di tempo che ho avuto a disposizione negli ultimi tre giorni. E ho cercato di averne tanti, perché è uno di quei romanzi che non riesci mai a smettere di leggere.

La storia si divide in due momenti distinti ma, ovviamente, collegati tra loro. Nel presente seguiamo la vita di Sookie Poole di Point Clear,  che vive in Alabama, ha un marito adorabile, quattro figli, di cui tre sposatesi di recente, una passione per gli uccellini che popolano il suo prato, e, soprattutto, un'anziana madre, Lenore esibizionista, sicura di sé e molto, molto invadente. Una madre che l'ha cresciuta sottolineando ogni giorno l'importanza di essere all'altezza del cognome che porta: i Simmons sono sempre state persone importanti e nessuno in famiglia può essere da meno. Un giorno però Sookie riceve una lettera dalla figlia della ex governante di sua madre, morta di recente, a cui erano stati affidati dei documenti importanti. Sconvolgenti, per la vita di Sookie, che la riporteranno, e riporteranno il lettore indietro nel tempo, negli anni '40, a conoscere e incontrare la fenomenale Fritzi e tutta la sua famiglia di origine polacca, che ha aperto una pompa di benzina, la Wink's Phillips 66, in California, nel Midwest. Fritzi è una ragazza forte, che impara a pilotare aerei e insegna anche alle sue sorelle a farlo. Finché non scoppia la guerra e si ritroveranno prima a gestire la pompa di benzina, che ben presto diventerà la più famosa della zona, e poi ad arruolarsi nelle WASP (le Women Airforce Service Pilots) per dare il loro contributo al secondo conflitto mondiale.

Voli acrobatici e pattini a rotelle, nonostante il titolo un po' farlocco, è un libro bellissimo. Forse il migliore di Fannie Flagg dopo il celebre Pomodori Verdi Fritti al Caffè di Whistle Stop (che, credo che anche Fannie lo sappia, è inarrivabile). L'ho letto con entusiasmo, con passione, affezionandomi a tutte le protagoniste che popolano queste pagine. Protagoniste femminili, come succede quasi sempre nei romanzi di questa autrice, di una forza e un carattere incredibili. Adoro il modo in cui l'autrice le caratterizza, non nascondendo mai nulla, lasciando bene in vista ogni loro stranezza, ogni loro particolarità, senza mai giudicare nessuno (e devo ammettere che Lenore, per quanto alla lunga fastidiosa, è davvero fortissima!).
E adoro anche lo stile, di questa per me grandissima scrittrice, che riesce a raccontare anche le situazioni più complesse e difficili con la giusta dose di ironia e, soprattutto, di speranza.
Sono contenta di aver scoperto delle WASP, di cui non avevo mai nemmeno sentito parlare, e di averlo fatto tramite un romanzo che dà loro tutto il merito che spetta loro.

Insomma, credo che si sia capito che questo libro mi è piaciuto molto, che Fannie Flagg mi piace molto e che dovreste davvero leggere  questo ma anche tutti gli altri romanzi di questa bravissimi autrice.


Titolo: Voli acrobatici e pattini a rotelle
Autore: Fannie Flagg
Traduttore: R. Zuppet
Pagine: 393
Anno di pubblicazione: 2014
Editore: Rizzoli
ISBN: 978-8817075510
Prezzo di copertina: 18,50 €
Acquista su amazon:

lunedì 7 aprile 2014

MARY POPPINS - P.L Travers


Sono anni che non leggo un libro per bambini. E probabilmente non lo avrei fatto nemmeno stavolta se un paio di settimane fa non fossi andata al cinema a vedere Saving Mr. Banks, se non mi fosse piaciuto e, soprattutto, se non stessimo parlando del libro della "praticamente perfetta sotto ogni aspetto" Mary Poppins. La mitica Mary Poppins, la tata che tutti vorremmo aver avuto da bambini, quella che ti porta dentro ai quadri o a ballare sui camini.

Peccato che la versione che tutti conosciamo e amiamo sia ben diversa da quella scritta da P.L Travers. La Disney, come spiega bene il bellissimo film che vi accennavo sopra, ne ha fatta una sua versione, più disneyana appunto, un po' più magica, più educatica e togliendo o comunque appiattendo molto tutti i difetti che la tata invece aveva nel libro. Eppure, leggendo il libro di Mary Poppins si riesce comunque a percepire la forza e la magia di questo personaggio. E pazienza se la casa in viale dei Ciliegi non è una vera e propria reggia, se i figli dei Banks in realtà sono quattro e non due, e, soprattutto, se Mary Poppins è un tantino (ok, ammettiamo, parecchio) antipatica. Perché la magia del film si ritrova anche tra le pagine. In modo diverso forse, ma c'è eccome. C'è nelle passeggiate che Giovanna e Michele (terrificante la traduzione italiana dei nomi... lo so) fanno in giro per la città, negli incontri bizzarri che fanno e nel loro interrogarsi su quello che succede. C'è in Mary Poppins e nel suo modo di comportarsi, nel suo essere perfetta, bellissima e parecchio vanitosa. C'è in ogni singolo episodio che poi si ritrova nel film, anche se usato in modo diverso e con un significato forse diverso.

Comprendo perfettamente il successo che il libro ha avuto quando è uscito tra i bambini inglesi. Così come comprendo perfettamente il senso di stupore e delusione in chi ha letto il libro solo dopo aver visto il film. Eppure, nonostante lo shock iniziale, il libro mi è piaciuto molto, e mi è piaciuta molto anche questa strana Mary Poppins e il suo rude carattere.

L'edizione italiana del libro andrebbe sicuramente un po' rivista. I bellissimi disegni di Mary Shepard non bastano a distogliere l'attenzione dalla traduzione antiquata, che rende la lettura un po' faticosa (per me che mi accorgo di queste cose, ma credo anche per un bambino di oggi).

Titolo:  Mary Poppins
Autore: P.L. Travers
Traduttore: L. Bompiani
Anno di pubblicazione: 2014
Editore: Rizzoli
ISBN: 978-8817075572
Prezzo di copertina: 10 €
Acquista su amazon
formato brossura:Mary Poppins

domenica 30 marzo 2014

LA CASA NEL BOSCO - Gianrico e Francesco Carofiglio

"Ho avuto un'idea geniale!"
"Cioè?"
"Perché non chiediamo a Gianrico Carofiglio e a suo fratello di scrivere un libro insieme?"
"Un libro su cosa?"
"Non importa, tanto con i loro nomi qualunque cosa scrivano venderà di sicuro".
"Bravo, mi sembra davvero un'idea geniale!"

Nella mia mente immagino che sia andata davvero così. Che qualche mese fa, un paio di editor di una casa editrice abbiano avuto questa idea, abbiano chiesto ai fratelli Carofiglio di scrivere qualcosa, una cosa qualunque, sicuri che avrebbe venduto in ogni caso. E poi immagino che i due fratelli abbiano accettato, si siano visti, abbiano parlato un po' tra loro e deciso, senza nemmeno pensarci troppo, che cosa scrivere. Poi migliaia di lettori, fan dell'uno o dell'altro fratello, se non di entrambi, hanno visto questo volumetto in libreria. Magari hanno storto un po' il naso per lo scarso spessore, ma alla fine lo hanno acquistato (oppure, come nel mio caso, sono riusciti a farselo regalare). Sono poi arrivati a casa, i più ligi hanno finito quel che stavano leggendo, gli altri hanno messo da parte ogni altra lettura, e hanno incominciato questo romanzo dei fratelli Carofiglio. 

Da qui, questo mio parlare in generale si deve per forza interrompere. Non posso certo sapere cosa abbiano provato gli altri lettori una vola arrivati alla fine. Posso dire che io l'ho chiuso, un paio di giorno dopo, ma mi sarebbero bastate due ore se solo avessi avuto più tempo a disposizione, con una sensazione di rabbia, unita a  un bel po' di delusione e con un "mi sono fatta fregare" che mi risuona in testa da quando l'ho terminato. Avete un fratello o una sorella? Un amico o un'amica con cui siete cresciuti? Sapete scrivere in italiano? Ecco, se sì questo libro lo potevate scrivere anche voi. Lo avremmo potuto scrivere un po' tutti, perché tutti abbiamo dei ricordi del nostro passato che meriterebbero di essere raccontati. Tutti abbiamo ricordi di quando eravamo bambini, di quelle banali avventure che per noi erano grandiose. Tutti abbiamo avuto (o abbiamo ancora) una madre o una nonna cuoca provette, di cui ancora ricordiamo e un po' rimpiangiamo le ricette. Certo, non tutti facciamo Carofiglio di cognome e quindi, se scrivessimo una storia così,  anche se magari il vostro racconto in realtà è anche più bello, più intenso ed emozionante di queste poche pagine messe insieme quasi di fretta e altrettanto frettolosamente concluse che, alla fin fine, non dicono nulla, difficilmente verremmo pubblicati.
Peccato, perché l'idea poteva essere bella. Prendi due scrittori che sono parenti e mettili insieme a lavorare  su una storia, lasciando ovviamente che siano loro a decidere quale, e vedi cosa ne viene fuori.  Un'idea che mi piaceva molto anche perché, se seguite questo blog, sapete quanto io ami Gianrico Carofiglio (soprattutto quel gran fico dell'avvocato Guerrieri), e, sebbene non abbia mai letto nulla del fratello Francesco, poteva essere un buon mezzo per scoprirlo.

Immagino che ora in quella casa editrice si stiano sfregando le mani, che le cose siano andate come previsto e il libro stia vendendo parecchio. Così come immagino ci siano tanti, tantissimi lettori soddisfatti da questa lettura.
Personalmente, io salvo solo le ricette finali (e nemmeno tutte).


Titolo: La casa nel bosco
Autore: Gianrico e Francesco Carofiglio
Pagine: 185
Anno di pubblicazione: 2014
Editore: Rizzoli
ISBN:978-8817654425
Prezzo di copertina: 14 €
Acquista su amazon

lunedì 18 novembre 2013

IL TANGO DELLA VECCHIA GUARDIA - Arturo Pérez-Reverte

Mi piacerebbe tantissimo imparare a ballare il tango. Così come mi piacerebbe tantissimo anche andare in Argentina o saper giocare a scacchi.
Tra le cose che invece non mi piacciono per niente ci sono i romanzi troppo d'amore e i romanzi troppo d'avventura. Tendono ad annoiarmi, sia l'uno sia l'altro genere, a meno che non siano in qualche modo molto originali.

Leggendo questo libro ho avuto l'impressione che Arturo Pérez-Reverte sapesse tutte queste cose di me. Della mia passione mai manifestata per il tango e per l'Argentina. Di me che da bambina giocavo a scacchi con mio fratello muovendo puramente a caso i vari pezzi sulla scacchiera. Di me che non sopporto le storie d'amore troppo melense né quelle troppo avventurose. Sapeva tutto questo e mi ha messo davanti questo suo ultimo romanzo. 
Che è un romanzo d'amore, ma anche di avventura. Che parla di tango ed è ambientato in Argentina. Ma anche di scacchi e a Sorrento, passando un po' per la Francia e un po' per il mare.

Protagonista è Max, che ci viene presentato come una sorta di ballerino gigolò che, durante una traversata dall'Europa al Sud America sulla nave per cui lavora, conosce Mecha Inzunza, un'affascinante e bellissima dama spagnola, e suo marito Armando de Troeye, grande compositore che sogna, per scommessa, di comporre il tango perfetto. Mecha balla con Max un tango appassionante e tra i due si crea così uno strano legame, intrigante e ambiguo, sotto gli occhi di Armando, che sembra orgoglioso di questo feeling. Forse perché ha un piano ben preciso, forse perché è attratto da storie un po' torbide e ha trascinato in questa sua passione la moglie. Max ne rimane completamente invischiato.
Poi passano gli anni, i due si perdono di vista per ritrovarsi, durante la Guerra Civile Spagnola, a Nizza. Rifugiata politica lei, sempre furfante e sempre gigolò lui. Si ritrovano, continuano ad attrarsi e poi, di nuovo, si perdono. 
Gli anni passano ancora. Max è invecchiato, non fa più la vita dissoluta di un tempo e lavora come autista a Sorrento, città al momento in trepidazione perché sta per ospitare un'importante sfida di scacchi. E lì, Mecha, inaspettatamente riappare. E chiede a Max un enorme favore.

Il termine che ho visto più volte utilizzato per descrivere questo romanzo è feuilleton. Un romanzo d'appendice insomma, un melodramma con l'amore e la passione a fare da sfondo.
Ed effettivamente Il tango della Vecchia Guardia lo è: c'è amore, c'è passione, c'è gelosia, c'è sesso, c'è avventura e il lettore non può fare a meno di leggere, di chiedersi cosa succederà dopo, cosa separerà di nuovo i due innamorati e, soprattutto, se tra guerre, furti, omicidi, allontanamenti e anni che passano, i due alla fine riusciranno a coronare il loro amore.

Lo so, forse raccontato così potrebbe sembrare un libro un po' banale, un po' scontato. Qualcosa di già letto e già sentito. Ma vi assicuro che non lo è. Arturo Pérez-Reverte è bravo a raccontare, a creare quella giusta dose di mistero e di ambiguità, a mischiare amore e avventura, tango e scacchi, passione e disincanto, ma anche a offrire un ritratto della società nei vari periodi in cui il romanzo è ambientato. La sua scrittura è particolare, mi verrebbe da definirla elegante, garbata, anche se non so se si riesca a capire cosa intendo.
Non è sicuramente un capolavoro, non è sicuramente alta letteratura, ma si legge che è un piacere, ci si appassiona e si arriva a immaginarsi là, su quella pista da ballo, a sognare di ballare con Max il Tango de la Guardia Vieja e lasciarsi trasportare.

Consigliato!

Titolo: Il tango della Vecchia Guardia
Autore: Arturo Pérez-Reverte
Traduttore: Bruno Arpaia
Pagine: 492
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Rizzoli
ISBN: 978-88-17-06613-6
Prezzo di copertina: 18
Acquista su Amazon:

venerdì 25 ottobre 2013

IL BORDO VERTIGINOSO DELLE COSE - Gianrico Carofiglio

Credo che ogni lettore abbia un autore di cui vorrebbe leggere anche la lista della spesa. Un autore di cui si ha letto praticamente tutto e di cui si aspetta con ansia l'uscita di ogni nuovo libro. Lo so, questa cosa l'avevo già detta per Marco Malvaldi (e forse anche per Jonathan Coe), eppure sento di doverla ripetete anche in questo caso. Perché per me  anche Gianrico Carofiglio è uno di questi autori. Mi piace il modo in cui scrive, mi piace come caratterizza i personaggi e come li fa riflettere su se stessi e sul mondo. 
Ovviamente questo mio amore nei suoi confronti genera delle aspettative molto alte e lascia un senso di iniziale smarrimento quando sembra che queste aspettative vengano disattese.

Con Il bordo vertiginoso delle cose la sensazione di smarrimento, non appena ho terminato il libro, è stata molto, molto forte. Non riuscivo a decidere se mi fosse piaciuto o meno, né tanto meno a capire da cosa dipendesse questa mia indecisione.

Il romanzo racconta la storia di Enrico, in un alternarsi tra passato ambientato nei banchi di scuola e narrato in prima persona, e presente, ambientato a Bari una trentina di anni dopo e narrato in seconda. Una scelta molto particolare quella di dare del tu al lettore, che ti trascina immediatamente dentro il libro e dentro il personaggio. Enrico da giovane era un liceale come tanti, un po' solitario, con una grande passione per la scrittura e per la musica. La sua vita cambia quando nella loro classe arriva Salvatore, un ragazzo più grande, già bocciato due volte, e soprattutto politicamente impegnato, che un giorno decide di insegnare a Enrico a difendersi contro gli attacchi dei bulli. 
E' lo stesso Salvatore che trent'anni dopo viene ucciso durante una rapina a mano armata e che riporta Enrico a Bari, in cerca di qualcosa, di un passato rimasto in sospeso che non gli permette di vivere il presente. E' uno scrittore di successo che non riesce più a scrivere, con una vita sentimentale disastrata e un senso di insoddisfazione che non riesce a placare. 

E' un romanzo che parla di adolescenza quindi, un'adolescenza vissuta negli anni '70, che segna inevitabilmente chi la vive, senza che riesca a superare quello che è stato. Enrico da adulto si ritrova un po' in sospeso, a guardare appunto le cose da un bordo vertiginoso su cui si tiene in equilibrio, tormentato dalla paura di cadere ma allo stesso tempo attratto dal vuoto. E' un scrittore di successo che ha scritto un solo libro (una figura che forse sta diventando un po' un cliché), è un uomo che è fuggito dalla sua vita e dal suo passato e che ora deve ritrovare se stesso.
Riflettendoci bene, il difetto maggiore di questo libro è che si arriva alla fine senza accorgersene. Può suonare un po' strano, perché di solito questo vuol dire che è scritto talmente bene ed è talmente coinvolgente che si divora senza difficoltà. Il fatto è che qui arrivi alla fine e pensi che non dovrebbe essere finito, che ci sono troppe cose lasciate in sospeso, concluse quasi di fretta, che ti fanno pensare a qualcosa di incompleto. Manca qualcosa. Manca nel passato di Enrico (possibile che si lasciasse davvero trascinare così tanto dagli eventi?), ma manca soprattutto nel presente. Si chiude il libro e non si può fare a meno di domandarsi: "E quindi che succede adesso?".

In ogni caso, Carofiglio la penna la sa usare eccome (ripeto, trovo la scelta della seconda persona singolare davvero azzeccata, se ne leggono pochi di libri con questa forma perché credo che non sia da tutti riuscire a gestirla in questo modo) e riesce sempre a creare immagini e situazioni all'apparenza normali e banali, che nascondono invece verità più profonde. Ed è forse per questo che mi piace così tanto il suo modo di scrivere e di portarti dentro le storie.
Se non conoscete l'autore e non avete mai letto nulla di suo, direi che è ora di rimediare. Con questo, volendo, ma  anche con tutti gli altri. Qualcosa Carofiglio ti lascia sempre.
E ora ovviamente aspetterò con ansia il prossimo.

Titolo: Il bordo vertiginoso delle cose
Autore: Gianrico Carofiglio
Pagine: 315
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Rizzoli
ISBN: 9788817068581
Prezzo di copertina: 18,50 €
Acquista su Amazon:

giovedì 1 agosto 2013

KARIMA- Enrico Pandiani (You Crime 2013 - Vol. tre) ... più una piccola introduzione su cosa penso del progetto

Non so se in questi giorni avete sentito parlare di You Crime, il contest sperimentale di co-publishing digitale a tema noir, promosso dalla casa editrice Rizzoli e dal Corriere della Sera.
Dodici autori emergenti (qualcuno autopubblicato, qualcuno con pubblicazioni presso case editrici più piccole) sono stati invitati a scrivere un racconto breve, noir, che il lettore potrà  leggere, scaricare e votare, a partire dal 17 luglio fino al 30 settembre. L'autore che riceverà più voti (che si conteggiano in condivisioni sui social network) vincerà una pubblicazione con la casa editrice Rizzoli.
Questi dodici racconti sono poi stati divisi in gruppi da tre, a ognuno dei quali è stato abbinato il racconto inedito di una firma del giallo italiano: Sandrone Dazieri, Simone Parasso, Enrico Pandiani e Paolo Roversi. Ogni gruppo compone un ebook, scaricabile al prezzo di 1,99 € ciascuno. (per una spiegazione più dettagliata e precisa vi rimando alla pagina sul sito del corriere)

Devo ammettere che non avevo mai considerato, nella mia misera esperienza editoriale, l'idea della co-pubblicazione, anche se pensandoci non è poi così diversa dalla pubblicazione di antologie di racconti cartacei. E l'idea di questo concorso e di associare a ognuno di questi gruppi di autori emergenti un nome di punta non mi sembra affatto male.
Un po' più controverso è forse il sistema di votazione: tutta la promozione viene fatta dai singoli autori, che devono sapersi "vendere" sui vari social network, guadagnando così il maggior numero di condivisioni possibile, che possono avvenire però indipendentemente dalla lettura dell'ebook (anche se c'è effettivamente una distinzione nella classifica tra condivisioni ricevute e vendite). Il rischio di cadere nello spam quando ci si auto-promuove è molto alto, così come lo è quello di essere condivisi solo da parenti e amici, indipendentemente dalla qualità del proprio racconto.

Questa premessa è assolutamente doverosa per questo post, perché sto per parlarvi proprio di uno di questi ebook, che mi è stato segnalato da uno degli autori emergenti che partecipano al contest. Ovviamente si tratta di un autore che conosco, Gabriele Santoni, di cui ho letto il primo libro e diversi racconti e di cui conosco il livello letterario.Mi ha parlato di questa iniziativa, chiedendomi se mi andava di leggere l'ebook ed eventualmente votarlo. E io ho detto sì, senza impegno, senza garantirgli condivisioni né pubblicità, né recensioni positive se il racconto non mi fosse piaciuto. Come se fosse (perché alla fine lo è) un libro di qualunque altro autore.

E quindi veniamo a questo ebook, KARIMA, che prende il titolo dal racconto di Enrico Pandiani, posto ovviamente in apertura alla raccolta. Non essendo io una grande appassionata del genere, ammetto che non conoscevo questo autore se non solo ed esclusivamente di nome.
Un racconto particolare, questo Karima, che farà sicuramente la gioia di chi invece Pandiani lo conosce e lo segue da sempre, perché si tratta di una sorta di prequel in cui viene spiegato come è nato il gruppo di Les Italianes, una squadra di poliziotti di origine italiana in forza a Parigi. In Karima il gruppo non si è ancora formato, due di loro sono colleghi e amici alla buoncostume e si ritrovano a indagare sulla sparizione di due prostitute, probabilmente invischiate in qualcosa molto più grande di loro. Per una ormai è troppo tardi, ma Karima ha ancora qualche speranza di riuscire a salvarsi, forse anche grazie all'amore.
Ho letto questo racconto d'un fiato, appassionandomi alla storia e ai due investigatori, Jean-Pierre Mordenti e Alain Servandoni. Devo ammettere però che avrei voluto una storia un po'più lunga, un po' più articolata e approfondita. Ma questi sono i soliti limiti dei racconti brevi... e Karima è riuscito a farmi venire voglia di conoscere meglio il suo autore e i suoi romanzi su Les Italiens.

Ma veniamo agli emergenti, nei confronti dei quali, lo ammetto, ero parecchio titubante. Se si segue l'ordine sull'ebook, il primo racconto che si incontra è Odore di buio di Christina Anagnos. Un racconto che parla di violenza sulle donne, da un punto di vista davvero particolare e, per questo, secondo me molto efficace: il letto del reparto di rianimazione in cui è ricoverata Francesca, dopo l'ennesima violenta lite con il marito che, questa volta, l'ha ridotta in fin di vita. Eppure Francesca sembra quasi contenta, non vede l'ora di svegliarsi, di rimettersi, perché sa che questa è stata davvero l'ultima volta. Dalle voci attorno a lei, quella dei medici, degli infermieri e della sua migliore amica accorsa al suo capezzale, si rende conto che forse le cose sono più gravi di quanto sembrano e soprattutto che forse qualcosa non è andato come aveva previsto.
Un racconto decisamente ben scritto, che non fa sconti alla brutalità e che apre gli occhi sulla violenza domestica e sulla difficoltà di uscirne per chi la subisce.

Dal letto della rianimazione di Francesca, si cambia drasticamente ambientazione con il racconto Club suicidio di Federico Negri. Un racconto dei tempi moderni, che è anche una piccola critica all'uso eccessivo dei social network che forse stanno facendo perdere un po' di vista la realtà: basti vedere quante persone depresse e vittime del male di vivere sono iscritte alla app Club suicidio, formata da semplici algoritmi in grado però di interagire con gli utenti, conoscendone tutta la vita privata, gli stati d'animo del momento, per poterli mettere in contatto con le persone giuste. Il problema sorge però quando, all'improvviso, una decina di utenti di questo social network decidono di incontrarsi, in due gruppi diversi, e suicidarsi per davvero. A indagare se sia davvero colpa del Club suicidio e se possa essere accusato di istigazione c'è la dottoressa Viola Zagato che, con le sue domande scomode, arriverà a mettere in pericolo anche se stessa.
Questo racconto mi ha convinta un po' meno del precedente, forse perché avrebbe avuto bisogno di maggiore spazio narrativo. Per quanto scritto bene e appassionante (ma anche un po' angosciante, se si pensa all'influenza che effettivamente hanno i social network nelle nostre vite), è tutto forse un po' troppo rapido e sbrigativo.

A chiudere l'ebook c'è Morire due volte, il racconto di Gabriele Santoni, senza il quale, come vi dicevo all'inizio, probabilmente non avrei mai letto questa raccolta. In un paesino di provincia in cui non succede mai niente, una mattina una giovane suora viene trovata morta accoltellata sul pavimento della cucina. A indagare sul delitto ci sono  il commissario Sperti e il collega Mascagni, che ben presto scoprono che le ragioni dietro a questo omicidio sono ben più sconvolgenti di quanto pensassero.
Ancora una volta ci troviamo di fronte a un racconto ben scritto e appassionante, che riesce a scansare all'improvviso l'effetto di prevedibilità in cui avrebbe potuto facilmente cadere. Avendo già letto qualcosa di Gabriele Santoni, sono rimasta stupita dalla sua capacità di cambiare genere narrativo senza mai perdere credibilità, cosa sicuramente non da tutti.

Insomma, sono tre racconti noir molto diversi tra loro, eppure tutti ugualmente ben scritti e originali e che promettono grandi cose da tutti e tre gli autori. Magari con un po' di spazio in più a disposizione!

Ora, come vi spiegavo all'inizio, potete scaricare l'ebook (questo, ma anche gli altri tre della serie Youcrime) da qualunque negozio online, leggerlo e, se vi va, poi votare il vostro racconto preferito. Su se e chi votare, non vi dico nulla, ma sul leggerlo posso assicurarvi che, anche se non siete grandi amanti nel genere, almeno nel caso di KARIMA (che è il volume 3!) ne vale la pena.


Titolo: Karima: You Crime 2013 - Vol. tre
Autore: Enrico Pandiani ( Christina Anagnos, Federico Negri, Gabriele Santoni)
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Rizzoli Lab
Prezzo di copertina: 1,99€
Acquista su Amazon:
formato ebook: Karima: You Crime 2013 - Vol. tre