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martedì 22 maggio 2018

D'AMORE E BACCALÀ - Alessio Romano

In questo una *tasca* è davvero una piccola metafora di Lisbona con il suo traffico folle e viuzze in salita: tutto così piccolo e tutto sempre così affollato. Ma il caos assoluto di Lisbona non ha nulla a che fare con quello delle altre metropoli occidentali, non riesce mai a stressarti perché ha sempre un che di gioioso. È un caos che non imbruttisce le persone, perché è il caos del gioco, della gioia di vivere.

Non sono mai stata a Lisbona ma la sogno ormai da un po’.  Dalle foto, dalle immagini, dai racconti di chi ci è stato ho la certezza quasi assoluta che mi piacerebbe da matti. Forse è anche per questo, per questa voglia di andarci e questa certezza, che D’amore e baccalà di Alessio Romano, nuovo volume della collana Allacarta di EDT, mi ha attirato fin dalla prima volta che ne ho sentito parlare. Ok, anche il titolo alquanto buffo e la copertina hanno avuto un loro ruolo. E aggiungiamoci pure che i libri di questa collana dedicata agli scrittori e al cibo del mondo che ho letto finora mi hanno sempre dato grandi soddisfazioni. Insomma, questo libriccino lo dovevo proprio leggere.

Alessio Romano ci parla di quello che ha mangiato nella sua permanenza di un mese a Lisbona, ma anche di molto di più. Tra baccalà, pasteis de nata e sardine, lo scrittore descrive una città letteraria e cinematografica, dove si ritrova a inseguire un amore che forse è solo una botta in testa. E così si ritrova a parlare con Pessoa e Tabucchi; così va a mangiare in una locanda con un pianista d’eccezione; così si ritrova a camminare per la città, a vivere una vita magica e misteriosa, accompagnato dalla musica fado e inseguito dal Tram 28.

"Il fado è il tentativo riuscito di trovare una perfetta alchimia tra poesia e musica. Ma in una *tasca* è anche connesso con il cibo: è l'ultimo senso, il suono, che rende perfetta la percezione di un piatto che ha già sapore, odore, aspetto ed è caldo o freddo, ma non emette alcun rumore. E poi c'è il sentimento. Un bravo fadista canta e suona sempre come se quella fosse l'ultima canzone della sua vita."

Alessio Romano ha fatto forse di più di quello che questa collana richiedeva. Non si è limitato a parlare del cibo, a fare un mero elenco di cosa ha mangiato e dove, ma ha creato una storia che, nella sua semplicità, incanta e descrive al meglio molte delle caratteristiche di Lisbona e del popolo portoghese. E forse si sarebbe meritata un romanzo più lungo, tutto per sé. (La scena dell’incontro con Pessoa, Camões e Tabucchi, per esempio, vale già da sola tutto il libro e richiama un po’ Midnight in Paris di Woody Allen, anche se in un’atmosfera completamente diversa).
Ho letto molti dei libriccini che compongono la collana Allacarta. Alcuni mi sono piaciuti molto (My Little China Girl di Culicchia, per esempio, che mi ha fatto molto ridere), altri un po’ meno (Marco Malvaldi con il suo La famiglia Tortilla forse poteva sforzarsi un po’ di più), ma D’amore e baccalà di Alessio Romano credo sia in assoluto il più bello che ho letto.

"È un'impressione o per un attimo vedo dietro di noi il Tram 28? A bordo ci sono tutti quanti. Mi stanno salutando dai finestrini aperti. Amália, Pessoa, Chiado, Camões, Tabucchi, Pereira, Ingrid Bergman e il vecchio Sam. E alla fine del Tram, abbracciati insieme, Ulisse e Ofiusa, finalmente serena. Al posto di guida c'è un enorme Squalo in divisa da autista.
Sbatto le palpebre.
E il Tram 28 non c'è più."

E ora sogno ancora di più Lisbona. Sogno il baccalà (sì, anche se il pesce non mi piace), i pasteis de nata e, soprattutto, le strade, la gente, i profumi, i colori e gli incontri, reali o meno, con tutti i misteri e le magie di quella città. 


Titolo: D'amore e baccalà
Autore: Alessio Romano
Pagine: 162
Anno di pubblicazione: 2018
Editore: EDT
Prezzo di copertina: 8,90€
Acquista su amazon:
formato brossura: D'amore e baccalà

mercoledì 18 aprile 2018

MAESTOSO È L'ABBANDONO - Sara Gamberini

Lucia mi spiegava che quello in cui credono tutti a noi non doveva interessare. Fino ai miei venticinque anni mi ha chiamato noi. Il suo colore preferito era il viola, era femminista, narcisa, sessantottina e cercava un po' di salvezza. Lucia era cresciuta di malavoglia e aveva conservato intatta la sua fede nell'onnipotenza di qualcuno. Negli anni era stato onnipotente suo padre, l'ex marito, mio padre, un prete, l'amante, Bertinotti, il femminismo, la pranoterapeuta, il comunismo. Quando la accompagnavo al parco ad abbracciare gli alberi, mi spiegava come i desideri dovessero sempre trovare la strada della realizzazione. A qualunque costo? Molto più facilmente che a qualunque costo, mi rispondeva.

Questa recensione di Maestoso è l’abbandono di Sara Gamberini, da poco uscito per Hacca edizioni, sarà una recensione inutile. Lo dico subito, per anticipare quelle che saranno molto probabilmente le considerazioni di chi la leggerà una volta arrivato alla fine. Quindi se state cercando un parere per decidere se leggere o meno il libro, passate oltre perché qui non lo troverete.
Sarà una recensione inutile, e aggiungo che mi dispiace molto, perché questo libro si meriterebbe sicuramente molto ma molto di più di quello che io sono in grado di scrivere.

Non so spiegarvi perché, ma la sensazione che mi ha accompagnata per tutta la lettura e anche una volta finita, quando mi sedevo al pc per cercare di buttar giù due righe, è stata l’inadeguatezza: temo di non essere in grado di capire e apprezzare i romanzi introspettivi come dovrei. Forse è una questione di sensibilità, in me carente o semplicemente diversa, che di fronte a protagoniste che si raccontano attraverso i propri pensieri, elaborandoli e rielaborandoli, quasi vivendo solo attraverso di essi, a me viene solo voglia di entrare nel libro e scuoterle, per poi ritrovarmi però dopo a pensare che forse la mia praticità (apparente, più che altro) è solo un risvolto della stessa medaglia, e che forse se anche io mi lasciassi andare ai pensieri, anziché cercare di zittirli il più possibile, vivrei meglio.

Maestoso è l’abbandono è la storia di una donna e dei suoi addii, del suo distacco dal mondo ma anche della sua immersione totale in esso. Inizia con una decisione drastica, la scelta della protagonista, Teresa all’anagrafe […], Maria per i familiari, di non frequentare più lo studio del dottor Lisi, suo psicologo per tanti anni, con cui si è creato un rapporto strano, una soggezione mista a dipendenza reciproca. È una decisione sofferta, difficile da prendere, come sembrano esserlo quasi tutte quelle che la donna si ritrova a prendere nel corso della vita. 
Invidio le persone che se ne vanno sfumando, quelle che scompaiono lentamente solo quando le inviti ad andarsene. Con loro tutto ha inizio con una presenza luminosa, talvolta altissima, talvolta smarrita, fino all'accadimento dell'evento irreparabile, l'evento cruciale delle cui origini nessuno saprà niente nei secoli a venire, dai secoli passati. Essi scivolano in un luogo senza tempo, risucchiati da una scia polverosa che fa scomparire le vocali, un piede, le parole, gli abbracci; da questo luogo tendono le braccia, allungano le dita per attaccarsi alla terra ma il vapore e l'indicibile li catturano per lanciarli nel silenzio selettivo, nello spazio senza tempo. In principio sfumano le manifestazioni concrete, rimangono l'amore universale e le risposte gentili a chiusa secca. Si resiste, si fa l'abitudine al finale sgarbato e tutto sembra tornare a posto.
E forse è proprio per compensare questa sua difficoltà a decidere il da farsi, che spesso su altre cose si lascia semplicemente andare, si affida alla corrente e al suo flusso di pensieri, da cui si fa guidare e trascinare. E così si ritrova quasi all'improvviso ad abbandonare la sua casetta di campagna per trasferirsi in città, pur non amandola. E in una relazione con un suo collega, che è nata e proseguita così, senza troppe decisioni, senza troppo pensarci, ma rivelandosi poi molto più grande di quello che, almeno leggendo, traspare.
"Lorenzo tornava sempre. Quando si torna è vero amore?"
Al presente si alternano, poi, i ricordi del passato, che sono stati forse la mia parte preferita. I ricordi di quella madre ingombrante e forse un po’ egoista, che però la protagonista ha amato e ancora ama tantissimo, al punto da scriverle delle lettere, anche ora che non c’è più, pur sapendo che non le leggerà mai.

Maestoso è l’abbandono non è scritto bene, di più: ha un linguaggio poetico, ricercato, elegante ma al tempo stesso semplice, perfetto per trasformare in parole tutti gli stati d’animo e i pensieri della sua protagonista. Così come intense sono molte delle riflessioni che fa nascere.
Eppure, leggendolo, in me non è arrivato dove pensavo sarebbe arrivato e dove sicuramente arriva a chi ha un sensibilità diversa dalla mia. 
Ma non sto dicendo che non mi sia piaciuto, intendiamoci. È una sensazione molto più complessa di così. Al punto che anche adesso, mentre sto scrivendo, sento quasi un magone, inspiegabile persino a me stessa.  Perché mi dispiace non aver capito, mi dispiace non essere entrata in sintonia con la protagonista e con i suoi mille pensieri.

Questa è una recensione inutile, vi dicevo all'inizio, e direi che se siete arrivati fin qui ne avete avuto la conferma. Forse avrei anche potuto evitare di scriverla, vista la fatica che mi è costato sedermi qui e provare a mettere insieme delle parole di senso compiuto. Eppure, una parte di me mi dice che un libro che mi fa stare così, che mi fa sentire così, provare questa sensazione inspiegabile, da qualche parte invece è arrivato, qualcosa dentro di me ha toccato. Magari mi ci vorrà un po’ per capire cosa. Magari è un libro che dovrò riprendere con il tempo, di cui mi verrà in mente qualche passaggio in futuro e allora tornerò a cercarlo. E chissà che l'inadeguatezza non sarà sparita e riuscirò a scrivere una recensione un po' più utile.

Titolo: Maestoso è l'abbandono
Autore: Sara Gamberini
Pagine: 236
Anno di pubblicazione: 2018
Editore: Hacca
Prezzo di copertina: 15,00 €
Acquista su Amazon:
formato cartaceo: Maestoso è l'abbandono

mercoledì 3 maggio 2017

DIECIMILA. Autobiografia di un libro - Andrea Kerbaker

Il 5 aprile ha fatto il suo ingresso nella mia collezione il volume numero 10.000. Nell'occasione, uno di loro ha chiesto la parola; voleva rievocare la sua ultima sosta in una libreria. Questa è la storia che ha raccontato.

Quando mi viene chiesto come mai i libri mi piacciano così tanto, una delle risposte che mi ritrovo a dare più di frequente è “per le storie che raccontano”.
Non solo quella o quelle che contengono, ma anche tutte quelle che fanno da contorno. La storia dell’autore che l’ha scritto, per esempio. La storia della sua pubblicazione, di chi ci ha lavorato oltre all’autore, di chi con il furgone l’ha portato in libreria, del libraio che l’ha messo sui suoi scaffali e poi, ovviamente, quella di ogni singolo lettore che lo legge.
Tutte queste storie, tutte queste vite gravitano attorno a ogni singolo libro che esce in commercio. A volte in modo più profondo e marcato, altre solo in un fugace passaggio.

Questo processo si amplifica con i libri usati. Un libro usato racconta la storia che contiene ma anche quella di tutte le mani che lo hanno sfiorato nel corso, a volte, di tanti, tantissimi anni. Ed è proprio partendo da questa idea che Andrea Kerbaker, uno dei più grandi bibliofili italiani, ha scritto Diecimila. Autobiografia di un libro, da poco ripubblicato da Interlinea edizioni.

Con l’ingresso nella sua collezione del volume numero 10.000, Andrea Kerbaker ha voluto dare voce a uno dei suoi libri, perché raccontasse la sua storia, prima di approdare nei suoi scaffali.
E così, questo libro di cui non si dice mai il titolo racconta della sua ultima esperienza nella libreria antiquaria che temeva sarebbe stata la sua ultima spiaggia. La libraia che l’ha acquistato, infatti, ha dato a lui e ad altri suoi compagni di scaffale un ultimatum di un mese, scaduto il quale sarebbero stati destinati al macero. Il libro è un po’ preoccupato, ma cerca di non darlo troppo a vedere, mettendosi a raccontare la storia dei suoi proprietari passati per attirarne uno nuovo. Sarebbe il suo Numero Quattro e vorrebbe tanto che fosse una donna. Perché, dopo l’emozione di essere sfogliato dalla moglie del suo Numero Uno, le sue pagine non sono mai più state accarezzate da una mano femminile. 

Attraverso il suo racconto, che abbraccia quasi un secolo, di cui è spettatore delle evoluzioni culturali e sociali tramite tre tipologie di proprietari e lettori diversi, scopriamo quali sono le emozioni che i libri provano: soffrono, per esempio, se le loro sovracoperte vengono danneggiate o scompaiono nel tempo (e ancora di più se succede qualcosa alle loro pagine!):

La mia sovracoperta era a brandelli, da medicare con nastro adesivo. Ci deve aver pensato, probabilmente: ho visto che la considerava con un certo riguardo. Dieci secondi, forse; poi ha scosso la testa con un sospiro e l’ha buttata nel cestino di vimini. So che è la fine che attende quasi tutte; per la mia era troppo presto, e in ogni caso è stata una fitta lacerante. Nessuno mi ha mai strappato una pagina, per fortuna; suppongo si provi un dolore analogo: una puntura forte che non lascia intatta neppure una fibra della carta. Di colpo mi sono sentito anziano e infinitamente meno attraente; una sensazione che non mi ha mai abbandonato.

Scopriamo che i libri, quando sono sulle mensole delle librerie, tra di loro si parlano, si raccontano le proprie storie e cercano un po’ di consolarsi quando le cose non vanno tanto bene. E tutti hanno paura di quel triste destino che è l’essere dimenticati. O peggio, trasformati in una scatola da imballaggio.
Dopo, riciclo. Per divenire, magari, cartone da imballaggio, con l’immagine del bicchiere e le scritte This side up; oppure una scatola di aspirina; o di dentifricio. Forse questo è il destino peggiore: trasformato in un parallelepipedo leggero e sostanzialmente inutile, affollato di indicazioni paramediche che nessuno legge mai, neppure per errore. Comprato in un supermercato e sbattuto in un carrello tra formaggio e insalata; appena a casa, gettato in un cestino insieme ai fazzoletti sporchi. Il sacco nero della spazzatura; l’inceneritore o la discarica. Capolinea. Voi non ci crederete, ma qui giace un romanzo a suo tempo di una certa fama.

Per fortuna esiste chi riconosce il valore di certi libri e, proprio come Andrea Kerbaker, li salva.

Diecimila. Autobiografia di un libro è una piccola perla, che ogni amante dei libri (soprattutto di quelli usati, ma anche di quelli nuovi) dovrebbe leggere e conservare nella sua libreria. 
A me ha fatto molto sorridere, anche perché io da sempre immagino i miei libri che parlano tra di loro quando io non li vedo e che magari mi maledicono per averli messi vicino a qualcuno con cui non vanno d’accordo. E leggere il racconto in prima persona di questo libro mi ha anche un pochino commossa: perché lui, alla fine, è stato salvato (il libro protagonista, ma anche Diecimila stesso, pubblicato nel corso degli anni da tre editori diversi: All'insegna del Pesce d'oro di Vanni Scheiwiller, Frassinelli e ora da Interlinea) ma molti altri di altrettanto valore invece no: giacciono dimenticati da qualche parte o sono stati trasformarti in scatola di dentifricio.

E adesso sicuramente farò ancor più attenzione alle sovracoperte e, soprattutto, a tutti i sentimenti che i miei libri possono provare.


TITOLO: Diecimila. Autobiografia di un libro
AUTORE: Andrea Kerbaker
PAGINE: 76
EDITORE: Interlinea edizioni
ANNO: 2017
ACQUISTA SU AMAZON

martedì 19 gennaio 2016

IL NUOVISSIMO GALATEO DEL BORZACCHINI - Giorgio Marchetti

Coloro i quali un tempo si scaccolavano al semaforo in attesa del verde, hanno dismesso la libido del rito venatorio che aveva appagato generazioni di audaci pionieri delle narici, per sperperare la loro straordinaria attitudine alla manualità nella corriva digitazione  del Telefonino Cellulare

Uno dei tanti motivi per cui amo i libri è che, oltre alla storia che contengono, la maggior parte delle volte ne hanno anche un'altra. Anzi, forse più di una. C'è la storia di come l'autore o l'autrice ha scritto un libro. La storia di come questo libro è arrivato all'editore e di come è stato pubblicato. E poi c'è quella che forse mi piace di più, ovvero del modo in cui il libro è arrivato nelle mani del lettore. Ognuna di queste storie aiuta a far grande un libro per qualcuno. 

Il Nuovissimo Galateo del Borzacchini di Giorgio Marchetti mi è arrivato dalle mani della figlia Elena. Ha letto un post qui sul mio blog, mi ha raccontato un pezzo della sua storia e proposto di leggere qualcosa di suo padre, che ora non c'è più. Per me questa motivazione sarebbe già stata sufficiente a convincermi, devo essere sincera. Ma se in più aggiungiamo una bellissima copertina, a opera di Federico Sardelli, il fatto che Malvaldi ha dichiarato pubblicamente che il Borzacchini è una sua fonte di ispirazione e, particolare non da poco, il fatto che io adori i libri comico-satirici, beh, capite anche voi perché ora sono qui a parlarvi di questo libro.

La prima cosa da dire è che, ahimè, Il Nuovissimo Galateo del Borzacchini tanto nuovissimo non è più. Non è certo colpa sua se è stato scritto nel 1996, però è un fatto che un pochino influenza la lettura, perché la satira di costume è figlia del suo tempo e, se la togli dal contesto, perde  un po' della sua efficacia.
Il libro è appunto un galateo per l'uomo moderno, per aiutarlo a comportarsi come si confà a questi nuovi tempi e a queste nuove mode, prendendo anche spunto dalle pubblicità e dai nuovi modelli che la tv trasmette.

L'idea è, indubbiamente, geniale e alcuni consigli di comportamento fanno davvero sbellicare. Però io nel 1996 avevo solo 9 anni e alcune cose di allora, purtroppo, non me le ricordo. Certo, mi ricordo Ambrogio e i Ferrero Rocher (anche se ero troppo giovane e ingenua per cogliere l'ambiguità nella pubblicità... e, cavolo, pensandoci ora...). Così come mi ricordo le distese di grano della Mulino Bianco sparse per le città, i pazzi che partivano al salvataggio di cose strane e poi brindavano con un amaro. Per non parlare poi dell'arrivo dei telefonini e di come hanno cambiato le priorità al semaforo. Però, e mi spiace davvero molto, alcune cose purtroppo non sono riuscita a coglierle e questo mi ha tolto un po' di gusto alla lettura.

Lo stile di Giorgio Marchetti è fenomenale (ma io forse sono anche di parte, adorando tutto quel che è toscano, dal cibo alla lingua) e deve aver sicuramente fatto scuola (anche in Malvaldi, sì!) per la sua incredibile capacità di giocare con le parole e con il linguaggio. Certo, se l'avessi letto nel momento giusto, lo avrei apprezzato ancora di più, ma per chi ha voglia di fare un tuffo nel passato, ama Il Vernacolierie e vuole farsi due belle risate, Il Nuovissimo Galateo del Borzacchini è comunque un libro consigliato.

Titolo: Il Nuovissimo Galateo del Borzacchini
Autore: Giorgio Marchetti
Pagine: 195
Anno di pubblicazione: 1996
Editore: Ponte alle Grazie
Acquista su Amazon:

lunedì 27 luglio 2015

PRENDI LA DELOREAN E SCAPPA - a cura di Andrea Malabaila



Quando è uscito il primo film della saga di Ritorno al futuro di Robert Zemeckis io ero appena nata. Già, ho la stessa età della DeLorean, di Doc e di Marty McFly.
Non mi ricordo esattamente quando ho visto il film per la prima volta. Avevamo una cassetta, registrata dalla tv come si usava tantissimo fare negli anni ’90, e ricordo me e mio fratello bambini che d’estate lo guardavamo a ripetizione, insieme al secondo e al terzo e a tutta una serie di altri film che sono diventati cult per una generazione (ET, Indiana Jones, Guerre Stellari… accompagnati da altri che probabilmente guardavamo solo noi, come Altrimenti ci arrabbiamo e tutti i film di Adriano Celentano). Ora che siamo cresciuti, entrambi abbiamo in casa il cofanetto con l’intera trilogia in bluray, un anno gli ho regalato la DeLorean di Lego che vedete nella foto e credo che ci ricordiamo ancora quasi tutte le battute a memoria (“Scappa Marty!I terroristi! I libbbbbbici” detto con più b possibile).

Quando la Las Vegas edizioni ha pubblicato Prendi la DeLorean e scappa, una raccolta di diciotto racconti curata da Andrea Malabaila, per festeggiare il trentennale del film il primo pensiero è stato “Cavolo, già trent’anni?”, il secondo “questi saranno pazzi come noi” e il terzo “devo assolutamente avere quel libro”.
E sì, a lettura conclusa, confermo che è un libro che tutti gli appassionati di Ritorno al futuro dovrebbero leggere.
Premesso che tutti sono scritti molto bene, come sempre succede nelle raccolte di racconti, che siano di uno stesso autore o di autori diversi, ce ne sono alcuni che mi sono piaciuti più di altri, forse perché costruiti proprio intorno al film o molto vicino ad esso che non una sua rielaborazione.
I miei preferiti in assoluto sono: Mutando di Daniele Vecchiotti, piazzato proprio in apertura e fonte di una grande rivelazione per chi non ha mai visto il film in lingua originale (mi ricordo il momento in cui ho fatto questa incredibile scoperta per la prima volta…); Il futuro non è ancora scritto di Gianluca Morozzi, in cui il protagonista trova un modo molto intelligente per far fruttare l’invenzione della macchina del tempo; Carlo Biffa e il banco formaggi del Bennet di San Martino Siccomario (PV) di Roberto Gagnor e Michela Cantarella, perché mi fa impazzire il titolo e perché mi ha dato molto, moltissimo di cui pensare; e  L’ultimo lettore di Christian Mascheroni e dal titolo non credo serva che vi spieghi perché.

Ma tutti i racconti di questa raccolta sono belli. Più o meno divertenti, più o meno intensi, tutti centrati sul tema dei viaggi nel tempo, argomento su cui il film aveva dato e ancora da’ molto da discutere.

Bella davvero l’idea di questo tributo letterario a un film che ha fatto la storia e che è una presenza fondamentale per alcune generazioni (quella precedente la mia, che l’ha visto al cinema appena uscito, la mia, che lo ha scoperto qualche anno dopo, e, spero, anche qualcuna dopo, sebbene le repliche in tv del film scarseggino un po’). Assolutamente da leggere!

Titolo: Prendi la DeLorean e scappa
Autore: Davide Bacchilega, Marco Candida, Eva Clesis, Vito Ferro, Roberto Gagnor e Michela Cantarella, Enzo Gaiotto, Manuela Giacchetta, Elia Gonella, Andrea Malabaila, Christian Mascheroni, Gianluca Mercadante, Claudio Morandini, Gianluca Morozzi, Daniele Pasquini, Giorgio Pirazzini, Giuseppe Sofo, Daniele Vecchiotti, Paolo Zardi.
Pagine: 170
Editore: Las vegas edizioni
Acquista su Amazon:
formato brossura: Prendi la DeLorean e scappa

sabato 4 aprile 2015

STORIE D'ALTRE STORIE - Giovanni Arpino

Mi capita spesso, quando termino un romanzo, di domandarmi che cosa succederà da quel momento in poi ai suoi protagonisti. Noi lettori vediamo spesso (non sempre, che ci sono romanzi che prendono un protagonista dalla nascita alla morte) solo uno stralcio della loro vita, il momento che l’autore ha deciso di raccontarci. E dopo, però, che succede? 

Molti scrittori, del passato e del presente, hanno provato a rispondere a questa domanda, giocando con i romanzi che li hanno formati e con i lettori appassionati. Tra questi c’è anche Giovanni Arpino con il suo Storie d’altre storie.

Un libricino sottile sottile, quasi troppo viene da pensare una volta chiuso, che si compone di racconti che hanno come protagonisti alcuni dei personaggi più importanti della letteratura mondiale. Personaggi cresciuti, cambiati, diversi da come noi lettori abbiamo imparato a conoscerli e amarli. C’è Cappuccetto rosso ormai adulta e sposata, che è stufa della sua vita da casalinga ma soprattutto di quel vecchio tappeto di pelo di lupo che attira la polvere in salotto. C’è Sandokan, che ora si guadagna la vita come può. Ci sono Faust e Casanova, un po’ invecchiati e un po’ più insicuri. C’è una Lolita ormai adulta, che non riesce a smettere di indossare quei calzini bianchi che, da bambina, tanto l’hanno resa felice. Ci sono Sancho e Don Chisciotte fuori dal loro contesto ma sempre l’uno la spalla dell’altro. Tarzan e Jane analizzati dalle scimmie. Un Frankestein un po’ mammone e una fantastica Alice invecchiata nel corpo ma non nella mente. E ancora don Rodrigo, Achab, Marlowe e Falstaff in cerca di mecenate, per poi arrivare a Pinocchio, che forse forse preferiva essere un burattino, che almeno non sentiva mal di pancia e dolori.

Trovo l’idea alla base del libro davvero geniale. Così come lo sono alcuni racconti: divertenti (quello di Cappuccetto rosso e di Pinocchio), poetici (Alice, semplicemente incredibile) e anche un po’ tristi (il futuro di Lolita è esattamente come me l’ero immaginato una volta terminato il libro). Quello che traspare in ogni parola è la conoscenza profonda ma anche la passione e l’amore di Giovanni Arpino per i personaggi di cui ha parlato. Ed è bello vedere dei tributi così grandi di scrittori ad altri scrittori.

Ora, dopo tutto questo entusiasmo, arriva il mio piccolo però. Che nulla ha a che vedere con il libro, in realtà, ma che riguarda principalmente me stessa. Per apprezzare al meglio tutti questi racconti è necessario avere una conoscenza profonda delle opere da cui sono tratti. Conoscenza che, in alcuni casi (non in tutti per fortuna), purtroppo a me manca. Non ho mai letto Sandokan. Non ho mai letto le storie di Marlowe e Falstaff. E, lo confesso, nemmeno Moby Dick. Delle lacune che questo libro e questi racconti un pochino ammetto mi hanno fatto pesare, perché non mi hanno permesso di apprezzarlo del tutto. Che sia giunta l’ora di rimediare a queste lacune?

In ogni caso, se siete appassionati di letteratura classica, se anche voi vi siete chiesti spessi “e ora che succede?” alla fine di un libro, se avete voglia di farvi due risate ma anche di riflettere un po’ e, soprattutto, se volete conoscere uno scrittore italiano forse poco ricordato e considerato nella storia della nostra letteratura (anche qui, devo ammettere di nuovo con somma  franchezza, che prima di questo libro non conoscevo Giovanni Arpino, anche se ha vinto diversi premi, tra cui uno Strega e un Campiello nel corso della sua carriera), che meriterebbe invece molta più attenzione… beh, Storie d’altre storie fa sicuramente per voi.


Titolo: Storie d'altre storie
Autore: Giovanni Arpino
Pagine: 104
Editore: Lindau
Acquista su Amazon:
formato brossura:Storie d'altre storie

giovedì 1 agosto 2013

KARIMA- Enrico Pandiani (You Crime 2013 - Vol. tre) ... più una piccola introduzione su cosa penso del progetto

Non so se in questi giorni avete sentito parlare di You Crime, il contest sperimentale di co-publishing digitale a tema noir, promosso dalla casa editrice Rizzoli e dal Corriere della Sera.
Dodici autori emergenti (qualcuno autopubblicato, qualcuno con pubblicazioni presso case editrici più piccole) sono stati invitati a scrivere un racconto breve, noir, che il lettore potrà  leggere, scaricare e votare, a partire dal 17 luglio fino al 30 settembre. L'autore che riceverà più voti (che si conteggiano in condivisioni sui social network) vincerà una pubblicazione con la casa editrice Rizzoli.
Questi dodici racconti sono poi stati divisi in gruppi da tre, a ognuno dei quali è stato abbinato il racconto inedito di una firma del giallo italiano: Sandrone Dazieri, Simone Parasso, Enrico Pandiani e Paolo Roversi. Ogni gruppo compone un ebook, scaricabile al prezzo di 1,99 € ciascuno. (per una spiegazione più dettagliata e precisa vi rimando alla pagina sul sito del corriere)

Devo ammettere che non avevo mai considerato, nella mia misera esperienza editoriale, l'idea della co-pubblicazione, anche se pensandoci non è poi così diversa dalla pubblicazione di antologie di racconti cartacei. E l'idea di questo concorso e di associare a ognuno di questi gruppi di autori emergenti un nome di punta non mi sembra affatto male.
Un po' più controverso è forse il sistema di votazione: tutta la promozione viene fatta dai singoli autori, che devono sapersi "vendere" sui vari social network, guadagnando così il maggior numero di condivisioni possibile, che possono avvenire però indipendentemente dalla lettura dell'ebook (anche se c'è effettivamente una distinzione nella classifica tra condivisioni ricevute e vendite). Il rischio di cadere nello spam quando ci si auto-promuove è molto alto, così come lo è quello di essere condivisi solo da parenti e amici, indipendentemente dalla qualità del proprio racconto.

Questa premessa è assolutamente doverosa per questo post, perché sto per parlarvi proprio di uno di questi ebook, che mi è stato segnalato da uno degli autori emergenti che partecipano al contest. Ovviamente si tratta di un autore che conosco, Gabriele Santoni, di cui ho letto il primo libro e diversi racconti e di cui conosco il livello letterario.Mi ha parlato di questa iniziativa, chiedendomi se mi andava di leggere l'ebook ed eventualmente votarlo. E io ho detto sì, senza impegno, senza garantirgli condivisioni né pubblicità, né recensioni positive se il racconto non mi fosse piaciuto. Come se fosse (perché alla fine lo è) un libro di qualunque altro autore.

E quindi veniamo a questo ebook, KARIMA, che prende il titolo dal racconto di Enrico Pandiani, posto ovviamente in apertura alla raccolta. Non essendo io una grande appassionata del genere, ammetto che non conoscevo questo autore se non solo ed esclusivamente di nome.
Un racconto particolare, questo Karima, che farà sicuramente la gioia di chi invece Pandiani lo conosce e lo segue da sempre, perché si tratta di una sorta di prequel in cui viene spiegato come è nato il gruppo di Les Italianes, una squadra di poliziotti di origine italiana in forza a Parigi. In Karima il gruppo non si è ancora formato, due di loro sono colleghi e amici alla buoncostume e si ritrovano a indagare sulla sparizione di due prostitute, probabilmente invischiate in qualcosa molto più grande di loro. Per una ormai è troppo tardi, ma Karima ha ancora qualche speranza di riuscire a salvarsi, forse anche grazie all'amore.
Ho letto questo racconto d'un fiato, appassionandomi alla storia e ai due investigatori, Jean-Pierre Mordenti e Alain Servandoni. Devo ammettere però che avrei voluto una storia un po'più lunga, un po' più articolata e approfondita. Ma questi sono i soliti limiti dei racconti brevi... e Karima è riuscito a farmi venire voglia di conoscere meglio il suo autore e i suoi romanzi su Les Italiens.

Ma veniamo agli emergenti, nei confronti dei quali, lo ammetto, ero parecchio titubante. Se si segue l'ordine sull'ebook, il primo racconto che si incontra è Odore di buio di Christina Anagnos. Un racconto che parla di violenza sulle donne, da un punto di vista davvero particolare e, per questo, secondo me molto efficace: il letto del reparto di rianimazione in cui è ricoverata Francesca, dopo l'ennesima violenta lite con il marito che, questa volta, l'ha ridotta in fin di vita. Eppure Francesca sembra quasi contenta, non vede l'ora di svegliarsi, di rimettersi, perché sa che questa è stata davvero l'ultima volta. Dalle voci attorno a lei, quella dei medici, degli infermieri e della sua migliore amica accorsa al suo capezzale, si rende conto che forse le cose sono più gravi di quanto sembrano e soprattutto che forse qualcosa non è andato come aveva previsto.
Un racconto decisamente ben scritto, che non fa sconti alla brutalità e che apre gli occhi sulla violenza domestica e sulla difficoltà di uscirne per chi la subisce.

Dal letto della rianimazione di Francesca, si cambia drasticamente ambientazione con il racconto Club suicidio di Federico Negri. Un racconto dei tempi moderni, che è anche una piccola critica all'uso eccessivo dei social network che forse stanno facendo perdere un po' di vista la realtà: basti vedere quante persone depresse e vittime del male di vivere sono iscritte alla app Club suicidio, formata da semplici algoritmi in grado però di interagire con gli utenti, conoscendone tutta la vita privata, gli stati d'animo del momento, per poterli mettere in contatto con le persone giuste. Il problema sorge però quando, all'improvviso, una decina di utenti di questo social network decidono di incontrarsi, in due gruppi diversi, e suicidarsi per davvero. A indagare se sia davvero colpa del Club suicidio e se possa essere accusato di istigazione c'è la dottoressa Viola Zagato che, con le sue domande scomode, arriverà a mettere in pericolo anche se stessa.
Questo racconto mi ha convinta un po' meno del precedente, forse perché avrebbe avuto bisogno di maggiore spazio narrativo. Per quanto scritto bene e appassionante (ma anche un po' angosciante, se si pensa all'influenza che effettivamente hanno i social network nelle nostre vite), è tutto forse un po' troppo rapido e sbrigativo.

A chiudere l'ebook c'è Morire due volte, il racconto di Gabriele Santoni, senza il quale, come vi dicevo all'inizio, probabilmente non avrei mai letto questa raccolta. In un paesino di provincia in cui non succede mai niente, una mattina una giovane suora viene trovata morta accoltellata sul pavimento della cucina. A indagare sul delitto ci sono  il commissario Sperti e il collega Mascagni, che ben presto scoprono che le ragioni dietro a questo omicidio sono ben più sconvolgenti di quanto pensassero.
Ancora una volta ci troviamo di fronte a un racconto ben scritto e appassionante, che riesce a scansare all'improvviso l'effetto di prevedibilità in cui avrebbe potuto facilmente cadere. Avendo già letto qualcosa di Gabriele Santoni, sono rimasta stupita dalla sua capacità di cambiare genere narrativo senza mai perdere credibilità, cosa sicuramente non da tutti.

Insomma, sono tre racconti noir molto diversi tra loro, eppure tutti ugualmente ben scritti e originali e che promettono grandi cose da tutti e tre gli autori. Magari con un po' di spazio in più a disposizione!

Ora, come vi spiegavo all'inizio, potete scaricare l'ebook (questo, ma anche gli altri tre della serie Youcrime) da qualunque negozio online, leggerlo e, se vi va, poi votare il vostro racconto preferito. Su se e chi votare, non vi dico nulla, ma sul leggerlo posso assicurarvi che, anche se non siete grandi amanti nel genere, almeno nel caso di KARIMA (che è il volume 3!) ne vale la pena.


Titolo: Karima: You Crime 2013 - Vol. tre
Autore: Enrico Pandiani ( Christina Anagnos, Federico Negri, Gabriele Santoni)
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Rizzoli Lab
Prezzo di copertina: 1,99€
Acquista su Amazon:
formato ebook: Karima: You Crime 2013 - Vol. tre

venerdì 2 novembre 2012

EVA CONTRO EVA - Carola Prosperi

Una giovane ambiziosa e spregiudicata coltiva il disegno di scalzare dall'apice del successo una grande attrice, e vi riesce, con l'ipocrisia l'astuzia il vittimismo e la falsa bontà, in tutto e per tutto, a teatro, in amore e nell'amicizia, quasi in una rapina di identità che lascia l'avversaria svuotata di sé, come una crisalide. Dal film, nel 1951, Carola Prosperi trae questo romanzo. Ma "Eva contro Eva" di Carola Prosperi, il libro dal film, segue il percorso opposto, non figlio del consumismo, ma al contrario della sua penuria.

Se tendo ad avere una certa diffidenza per le trasposizioni cinematografiche dei libri, l'operazione contraria, ovvero scrivere dei romanzi o racconti tratti dai film, mi lascia ancora più perplessa, al punto che credo mi sia capitato di leggerne molto raramente. E anche in questo caso, mi sono ritrovata questo libro in mano per caso: avevo sì sentito parlare del film, ma non conoscevo questo libro né questa scrittrice. Poi il padre del mio ragazzo ( da oggi, "il suocero rampante") mi ha messo in mano questo libricino, dicendomi di leggerlo.
Come dicevo prima, ho sentito parlare del film, uscito nel 1950 e vincitore di numerosi premi, anche se credo di non averlo mai visto, se non quando ero troppo piccola per ricordarmi. Mi sono informata e ho scoperto che è stato tratto da un racconto di Mary Orr. Quindi il film, che già era stato tratto da un racconto, e da cui Carola Prosperi, scrittrice e giornalista conosciuta per i suoi romanzi d'amore,ha dato vita a un altro racconto. Credo sia facile comprendere la mia titubanza alla lettura ma alla fine ho voluto ugualmente provare.

Protagoniste di questo racconto lungo sono due donne, Margo Channing, attrice teatrale di successo, e Eva Harrington, giovane promessa disposta a tutto pur di raggiungere il successo e la fama. Eva entrerà in contatto con Margo grazie a Karen, moglie di un commediografo, che si lascia intenerire dalla triste storia della vita della ragazza. Eva a poco a poco invaderà ogni aspetto della vita dell'attrice con l'unico obiettivo di prendere il suo posto. E alla fine ci riuscirà, ma con un prezzo alto, altissimo, da pagare.
Due protagoniste femminili molto forti e molto ben caratterizzate, che rendono la storia assai credibile, dando molti spunti di riflessione.

Non avendo visto il film né letto il racconto di Mary Orr, non so dire se questo libro sia fedele (che poi, nei film tratti dai libri si cerca fedeltà, ma vale anche il contrario?) o se sia una rivisitazione della storia. Di sicuro riesce nel suo intento di mostrare quanto superficiale e triste possa essere l'ambizione se non si è in grado di gestirla: si diventa perfidi, disposti a tutto pur di brillare a scapito di altri, si rinuncia a rapporti sinceri, alla vita vera, per poi trovarsi di colpo a ruoli invertiti, con qualcun altro con più ambizioni, più giovane e pronto a prendere il tuo posto. Forse è proprio per questo che gli attori, di cinema e di teatro, vengono chiamati "stelle", perché per quanto bravi arriverà sempre un momento in cui qualcuno brillerà più di loro.

E' un libricino che si legge in fretta e che comunque appassiona, sebbene sia scritto con un linguaggio un po' vecchio (Carola Prosperi ha scritto questo racconto nel 1951) che a volte rende un po' faticosa la lettura. Sicuramente cercherò di vedere il film, perché l'argomento trattato è davvero interessante e fa riflettere su un mondo che forse non poi sempre così incantato.


Titolo: Eva contro Eva
Autore: Carola Prosperi
Pagine: 152
Anno di pubblicazione: 2002
Editore: Sellerio
ISBN:  978-8838917622
Prezzo di copertina: 8,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Eva contro Eva

lunedì 10 settembre 2012

SE UNA NOTTE D'INVERNO UN VIAGGIATORE - Italo Calvino

Il libro è formato da dieci capitoli inseriti all'interno di una cornice: i singoli capitoli in realtà sono costituiti da dieci incipit di altrettanti romanzi. La storia della cornice, che si sviluppa parallelamente alla lettura dei diversi incipit, narra invece del Lettore (chiamato esplicitamente Lettore) e Ludmilla (la Lettrice), e della loro storia d'amore, che segue uno schema narrativo tradizionale in cui non manca il lieto fine.

Ho sempre un po' di timore quando devo recensire i classici, ancor più quando si tratta di quelli di autori italiani per i quali nutro una stima infinita. E Italo Calvino appartiene senza ombra di dubbio a questa categoria. E' un autore che più o meno indirettamente mi accompagna da tutta la vita. Da bambina, per farmi addormentare, una delle favole che mio papà mi raccontava più spesso era "L'orco con le penne", tratta dalla raccolta "Fiabe italiane" di Calvino uscita nel 1956. Alle medie ho divorato la trilogia de "I nostri antenati", innamorandomi perdutamente del visconte dimezzato; in seconda liceo ho partecipato a una rappresentazione teatrale in cui interpretavo il cavaliere inesistente, con tanto di elmo ricavato dalla scatola del pandoro. E poi, beh, c'è l'influenza più evidente, ovvero il titolo di questo blog. Volevo qualcosa che richiamasse la letteratura italiana, preferibilmente un libro che ho amato. Ed ecco che "I nostri antenati" mi sono di nuovo venuti in aiuto: e così da "Il Barone Rampante" è nata "La Lettrice Rampante".

Eppure, spesso capita che anche gli autori che amiamo di più, d'improvviso e solo in certi momenti, ci diventino particolarmente ostici e per poter leggere qualcosa di loro ci viene richiesto uno sforzo sovraumano. A me è successo con "Se una notte d'inverno un viaggiatore". Ho tentato di leggere questo "romanzo" tre volte nella mia vita, tutte e tre senza successo. Poi, sono finalmente riuscita ad arrivare alla fine. Anche se, anche in questo caso, devo ammettere che si è trattata di una lettura davvero faticosa.

La genialità di Calvino nel pensare e nello scrivere questo libro (un romanzo? un saggio?) è sicuramente evidente. Un Lettore inizia a leggere il primo capitolo di un romanzo, poi però, a causa di un errore di impaginazione, si ritroverà a leggere sempre la stessa pagina. Si reca allora in libreria per reclamare e gli viene dato il volume sostitutivo, che inizierà a leggere, finché non si renderà conto che anche in questo caso c'è qualcosa che non va. E così via, per altre 10 volte... Attorno a questi 10 romanzi, di cui ci viene solitamente fornito solo il capitolo iniziale, c'è una cornice in cui si narra del Lettore e di Ludmilla (la Lettrice) e della loro storia d'amore, inframmezzata da qualche colpo di scena sui romanzi che l'uomo sta cercando di leggere e a cui la donna è collegata.

Dopo un incipit semplicemente esaltante sulle abitudini di lettura di noi lettori (il romanzo è volutamente scritto in seconda persona singolare), ho faticato parecchio a lasciarmi conquistare da questo gioco di Calvino: la trama della cornice a un certo punto si ingarbuglia troppo, con il Lettore che si ritrova ad indagare su un'assurda organizzazione segreta che falsifica i libri d'autore. E anche dei dieci romanzi inseriti, alcuni sì sono appassionanti, altri invece noiosi.

Certo, ammetto di essermi davvero stupita alla fine, quando si svela in qualche modo il legame tra tutti i romanzi che il Lettore sta cercando di leggere, e ho davvero apprezzato il colpo d'ingegno dell'autore. Ma questo non è bastato a farmi piacere come avrei voluto e sperato quest'opera di Calvino, pur essendo senza ombra di dubbio un grande inno in onore dei libri e della lettura.
I tre tentativi falliti e il fatto di aver aspettato così tanto per riprovare, avrebbero forse dovuto farmi capire che questo romanzo non fa per me.


Ma poco male, tornerò ad arrampicarmi sugli alberi.



Titolo: Se una notte d'inverno un viaggiatore
Autore: Italo Calino
Pagine: 304
Anno di pubblicazione: 1979
Casa editrice: Mondadori
Acquista su Amazon:
formato brossura: Se una notte d'inverno un viaggiatore

domenica 15 gennaio 2012

FALLO -Demetrio Tondella

Il protagonista di quest'avventura in Francia sei tu. Se saprai metterti in discussione potrai viaggiare, parlare una nuova lingua, riscoprire un'amicizia e crearne di nuove, distinguere l'amore dall'infatuazione e ritrovare la grinta, la speranza e il sorriso. Puoi darti un'opportunità di riscatto, perché non farlo? E allora FALLO.

E' la prima volta che mi capita di leggere un libro di cui conosco personalmente l'autore.
E devo ammettere che questo mi crea qualche difficoltà nello scrivere la recensione. Da un lato ho paura di non essere imparziale e di fare un commento super positivo solo perché conosco Demetrio e perché trovo semplicemente fantastico il fatto che sia riuscito a realizzare il sogno, che io e sono sicura molti altri hanno, di scrivere un libro. Dall'altro ho paura che per questa mia paura di non essere imparziale la mia recensione venga fuori troppo acida o troppo puntigliosa.
Insomma, è difficile.
Cercherò di non pensare ai primi anni di liceo, al periodo in cui capitava di uscire tutti in gruppo. Cercherò di non pensare che il Demetrio Tondella autore di questo libro è lo stesso con cui un'estate abbiam fatto il bagno nel Lago Sirio a Ivrea o che salutavo sempre con un sorriso quando capitava di incrociarlo per Torino. Insomma, cercherò di parlare solo ed esclusivamente del libro.

"Fallo" non è proprio un vero romanzo. Lo classificherei più come il diario di un venticinquenne alla ricerca del proprio futuro. In un momento di dubbi e di scelte, il protagonista (che è il lettore, perché è tutto scritto in seconda persona) decide di partire per la Francia, per imparare il francese in vista del test di ingresso di un master che si svolgerà a Parigi. Ma non prenota un albergo o affitta una casa, no. Sceglie invece due modi di viaggiare particolari, che ammetto di non aver mai sentito nominare prima di leggere questo libro: il "couchsurfing", ovvero girare il mondo "di divano in divano", facendosi ospitare da chi aderisce a questa iniziativa, e il "woofing" ovvero offrire il proprio lavoro in cambio di vitto e alloggio in fattorie biologiche.
Demetrio ci racconta la sua esperienza diretta, i rapporti che si creano con chi ospita, la fatica del lavoro ma anche la soddisfazione nell'andare d'accordo con i propri host. Certo, il suo vivere in campagna (ad Andrate, un paesino sperduto sulla Serra eporediese) in questo lo aiuta molto. Ci racconta del bello e del brutto di questa pratica: degli host collaborativi che apprezzano il tuo lavoro e di quelli che invece ti sfruttano e basta, snaturando la vera funzione del woofing. Ci racconta di nuovi incontri, di sbandate e innamoramenti, in un viaggio per trovare sé stessi.

Certo, il libro è un'opera prima, autopubblicata, che quindi non ha alle spalle editor e correttori di bozze professionisti, che da un lato lasciano all'autore la spontaneità della narrazione ma dall'altro non evitano qualche refuso che si trova qua e là.
La scrittura è una scrittura di getto, senza troppa attezione allo stile, cosa che si rispecchia nell'alternarsi di frasi semplicemente geniali ad altre un pochino scadenti (personalmente, ho trovato l'unica scena di "quasi" sesso un pochino imbarazzante per come è stata descritta, ma forse in questo caso il conoscere l'autore un pochino ha influito).
Anche la scelta della narrazione in seconda persona a tratti è risultata macchinosa, ma forse perché mi conosco e so che non avrei mai lo spirito d'avventura e il coraggio di girare la Francia di divano in divano e di fattoria in fattoria.

Detto questo, il libro ha sicuramente del potenziale. Anche perché si fa leggere bene, si partecipa con le avventure e le disavventure del protagonista, si parteggia per lui quando ci sono host antipatici e si apprezza la simpatia di quelli che invece lo accolgono bene. Anzi, a volte si avrebbe voluto saperne di più, conoscere ancora più aspetti dei protagonisti, leggere magari qualche scambio di dialogo, perché, almeno in me, è nata una curiosità molto forte di sapere come si riesce a vivere per un paio di giorni, ma anche per settimane, in casa di persone che non si conoscono, cosa si riesce a dire.
E sarebbe bello anche riuscire a vivere all'insegna della "serendipity", cosa che al protagonista del romanzo riesce proprio bene: l'idea di vivere le cose come vengono, senza stupirsi, di godersi le situazioni e gli eventi che capitano, perché la felicità si può trovare quando meno se lo si aspetta, anche mentre se si sta cercando altro.

E quindi, lasciatemelo dire, Demetrio ha fatto un grande lavoro, mettendo per iscritto le sue sensazioni, le sue avventure, la sua ansia da futuro e le sue indecisioni, condividendo con i lettori questi sentimenti, perché alla fin fine sono cose in cui ci possiamo trovare tutti (l'ansia da futuro nei venticinquenni credo sia molto diffusa)
In parte provo anche un po' di invidia, non posso negarlo, perché scrivere un libro è un sogno che porto nel cassetto da un po' (e quando ho conosciuto Demetrio ero nella fase più creativa della mia vita, scrivevo racconti a raffica... che poi ho mollato lì).
E sono contenta che almeno lui sia riuscito a realizzare questo sogno.


Per acquistare il libro in formato e-book: FALLO
Per acquistare il libro in formato cartaceo: Fallo, di Demetrio Tondella
Per maggiori informazioni su Demetrio e il suo libro: www.DemetrioTondella.com

giovedì 24 novembre 2011

LA FORTUNA NON ESISTE- Mario Calabresi

"Non importa quante volte cadi. Quello che conta è la velocità con cui ti rimetti in piedi." Come si esce da una crisi, come si supera una perdita, un insuccesso, un fallimento? C'è chi ha avuto la forza di rimettersi in piedi dopo che l'azienda in cui lavorava ha chiuso, chi ha rifiutato di arrendersi dopo che la recessione lo aveva costretto a vendere la casa in cui viveva e a partire per chissà dove, chi ha ritrovato la forza di andare avanti dopo che un lutto sembrava avergli tolto una ragione per vivere. Due anni in viaggio attraverso l'America, trentasei Stati, l'elezione presidenziale più emozionante che si ricordi e tante vite di gente comune. Ma al centro di tutto questo per Mario Calabresi c'è una sola domanda: che cosa accade nel cuore di chi cade e trova la forza di rialzarsi? Magari con fatica, con dolore, ma con tenacia incrollabile e soprattutto senza aspettare la fortuna? Qual è il segreto di una nazione e della sua gente, capace da sempre - ma oggi più che mai - di reinventarsi da zero, di darsi una seconda chance, di eleggere un presidente nero contro ogni previsione, di rimettersi in cammino anche dopo che la più grave recessione del dopoguerra ha travolto la vita di milioni di persone?

A volte, rialzarsi è difficile. Anche quando si cade per un nonnulla. Anche quando ad abbatterci sono cose inutili e senza senso. E quando le cose sono veramente gravi, è ancora più difficile. E' una sfida contro se stessi quella di riuscire a rialzarsi. Una sfida che a volte non si ha voglia di affrontare e si preferisce stare lì, sdraiati a terra, perché se si è già per terra più in basso non si può andare. Eppure c'è una parte di te, che a un certo punto ti obbliga a rialzarti e a ricominciare a lottare e a vivere.
Questo libro andrebbe letto in uno di quei momenti in cui si è sdraiati a terra e non si ha la forza di rimettersi in piedi. Perché racconta di persone, di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di rialzarsi, anche quando nessuno lo avrebbe ritenuto possibile.
Tanti piccoli racconti, tante storie vere ambientate in America negli anni di Obama, dalla sua candidatura fino alla sua elezione a presidente. Anni di crisi, di fabbriche che chiudono, di colossi finanziari che falliscono e di persone che finiscono in mezzo a una strada. Anni di guerra, di ragazzi che vanno a combattere e che non sempre fanno ritorno. Anni di fughe e anni di pazzia.
Ma anche anni di speranza. E l'America, culla della crisi finanziaria, rimane sempre e comunque il posto dove realizzare i propri sogni è possibile: se un'azienda fallisce, si può sempre tornare a studiare, se una banca crolla posso riutilizzare quello che lì ho imparato per qualcosa di più sociale, se perdo due gambe in Iraq, posso sempre continuare a fare surf, se sono schizofrenico posso comunque vincere un Nobel. E questo sogno si incarna in Obama, il primo presidente di colore che ha saputo in qualche modo ridare vita al sogno americano.
Il filo conduttore di questi racconti è quello che non bisogna arrendersi. Che bisogna sempre stringere i denti e lottare per ottenere quello che si vuole. Anche quando è troppo difficile. Perché la fortuna ce la costruiamo noi.
Ancora una volta Mario Calabresi riesce a colpirmi nel profondo e a commuovermi, raccontando queste storie, di persone comuni e di persone più famose, accomunate dalla volontà di lottare e di credere nei sogni.
Assolutamente da leggere!



Per acquistare il libro di Mario Calabresi: La fortuna non esiste. Storie di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di rialzarsi (Piccola biblioteca oscar)

lunedì 17 ottobre 2011

C'ERA DUE VOLTE IL BARONE LAMBERTO- Gianni Rodari

In mezzo alle montagne c'è il lago d'Orta. In mezzo al lago c'è l'isola di San Giulio. Sull'isola c'è la villa del barone Lamberto, un signore molto vecchio, molto ricco, sempre malato. Le sue malattie sono ventiquattro, e solo il fedele maggiordomo Anselmo è in grado di ricordarsele tutte... Ma ecco che intanto piombano sull'isola il perfido nipote Ottavio, che mira ad impadronirsi dell'eredità, e una gang di banditi decisi a rapire il barone e a chiedere un riscatto enorme. Le storie di Rodari offrono divertimento e una girandola di situazioni e personaggi esilaranti: un modo di comprendere questo nostro mondo.

Credo che questo sia il secondo libro di Gianni Rodari che leggo nella mia vita. Il primo, Il Libro degli Errori, l'ho letto da bambina, quando avevo l'età giusta insomma, ma non riesco a ricordarmi assolutamente nulla. Non so se mi era piaciuto o se l'avevo detestato (sì, ero già tremenda nei commenti anche da piccola).
Poi ieri ero un po' in crisi, non avevo nulla di nuovo da leggere e il libro che avevo scelto come rilettura procedeva molto a rilento. E così, una mia amica mi ha prestato questo, dicendomi "prova, alla peggio lo abbandoni".
E invece l'ho iniziato nella mezz'ora di pausa pranzo e finito nell'ora in sala d'attesa dal medico. E' un libro buffissimo e carinissimo, certo indirizzato a un lettore più giovane ma che comunque riesce a catturare e far pensare un pochino anche gli adulti. Ci sono tante morali per insegnare certi valori, ma anche tanti dettagli che forse un bambino non riuscirebbe a cogliere al pieno del loro significato (il barcaiolo soprannominato Caronte, ad esempio, se non hai visto Pollon a 11 anni non è così immediato).
Ci sono un sacco di personaggi buffi che si muovono all'interno di questa storia assurda ma quasi verosimile, a partire dai due protagonisti: il Barone Lamberto, un vecchino novantaquattrenne ricco sfondato che ha trovato il modo di ritornare giovane, e il suo fidato maggiordomo Anselmo, che va in giro con l'ombrello anche quando non piove.
Insomma, Rodari era proprio bravo e ora quasi mi spiace non aver letto nulla di suo quando ero bambina.


per acquistare il libro di Rodari: C'ERA DUE VOLTE IL BARONE LAMBERTO (La biblioteca di Gianni Rodari)

lunedì 25 luglio 2011

IO UCCIDO- Giorgio Faletti

Un DJ di radio Monte Carlo riceve, durante la sua trasmissione notturna, una telefonata delirante. Uno sconosciuto rivela di essere un assassino. Il caso viene archiviato come uno scherzo di pessimo gusto. Il giorno dopo un pilota di Formula Uno e la sua compagna vengono trovati orrendamente mutilati. Da questo momento ha inizio una serie di delitti, preceduti ogni volta da una telefonata con un indizio sulla prossima vittima e sottolineati da una scritta tracciata con il sangue: «io uccido». Non c'è mai stato un serial killer nel Principato di Monaco. Adesso c'è. Il romanzo d'esordio nel thriller del comico italiano.

E finalmente mi sono decisa e ho letto anche io "Io Uccido", il romanzo d'esordio del comico/cantante/attore Giorgio Faletti, best seller tradotto in diverse lingue, dal successo strepitoso, etc etc... Questa mia introduzione raccoglie in se tutti i motivi per cui ho resistito anni prima di leggerlo: io non amo molto i best seller (cioè, quelli scritti apposta per diventarlo, non quelli che per merito lo sono diventati), nè amo molto gli scrittori tuttofare (mi sono sempre chiesta che professione hanno scritta sulla carta d'identità). Alla fine però, se ho dato una possibilità alla Kinsella e più di una a Fabio Volo, non vedo perché non darne una anche a Faletti.
E ancora non riesco a capire se ho fatto bene oppure no.
Il romanzo si legge sicuramente bene, riesce a catturare e a mettere quella giusta dose di suspance tipica dei thriller. Faletti riesce anche a confondere su chi potrebbe essere il possibile assassino, lasciando aperte tante possibilità tutte abbastanza plausibili (che però rovinano un po' il colpo di scena... sospettare di tutti non è come non sospettare di nessuno). Anche i personaggi, a partire dal nostro eroe americano, Frank Ottobre, in vacanza a Montecarlo per cercare di scacciare i fantasmi che lo tormentano, sono tutti ben caratterizzati.
Dove sta il problema quindi? Beh, ce ne sono almeno un paio. Il primo è che la storia di questo serial killer, una volta catturato, viene liquidata in poche pagine, non viene spiegata quale sia stata la causa scatenante, nè la logica di scelta delle vittime, se non in modo molto superficiale (che dopo 500 pagine di dubbi, supposizioni e sospetti, ti lascia parecchio perplesso). L'altro è la storia parallela, che si interseca a quella della caccia all'assassino, e che colpisce ancor più da vicino il protagonista. L'ho trovata completamente inutile, basata su coincidenze troppo improbabili persino per un thriller, oltre che confondere e complicare senza motivo la trama principale. Lo scopo qual era? Forse il "lieto fine" dopo tanto sangue? O forse Faletti non era sicuro che la storia principale avrebbe retto da sola per tutto il romanzo?
Peccato, perché il libro perde parte del suo fascino e della sua bellezza nelle ultime cento pagine, quando tutti i nodi vengono al pettine.

Non voglio dire che non sia un buon thriller, nè voglio sconsigliarvi di leggerlo. Alcune trovate sono semplicemente geniali (come quello di usare la musica come filo conduttore) e l'autore riesce con il suo stile a tenere il lettore ancorato alle pagine. E anche la trama è meglio di quasi tutti i (pochi) thriller che ho letto nella mia vita (principalmente in spiaggia, dopo che avevo finito tutti i libri che mi ero portata dietro).
Però penso che questo non sia proprio il mio genere.

Comunque, per chi invece non lo legge perché un po' splatter e ha paura di sognarselo di notte, direi che potete andare tranquilli: io sono la persona più impressionabile di questo mondo e l'unica scena che veramente mi ha turbato è quella finale, con un rimando non indifferente a Psycho di Hitchcock. Quindi, andate tranquilli!


Forse il denaro non da' la felicità, ma aspettando che la felicità arrivi è un bel passatempo.

Nella vita ci sono cose che ti cerchi e altre che ti vengono a cercare. Non le hai scelte e nemmeno le vorresti ma arrivano e dopo non sei più uguale. A quel punto le soluzioni sono due: o scappi cercando di lasciartele alle spalle o ti fermi e le affronti. Qualsiasi soluzione tu scelga ti cambia, e tu hai solo la possibilità di scegliere se in bene o in male.

La felicità non si analizza, si vive.


martedì 19 aprile 2011

LA CITTA' E LA CASA- Natalia Ginzburg

Pubblicato nel 1984, è un romanzo epistolare che racconta la disgregazione della famiglia, la crisi dei ruoli tradizionali, il vuoto drammatico che accompagna la vita dei nostri giorni. La mancanza di virilità, l'assenza della figura paterna, l'insicurezza dei figli compongono i frammenti di un'armonia ormai dispersa in un fitto susseguirsi di eventi spesso drammatici tra Roma, l'Umbria e l'America. Lettera dopo lettera, padri, figli, amici, amanti vengono messi di fronte a se stessi e al loro bisogno di verità. L'autrice ricostruisce le schegge di queste vite e racconta nel consueto stile, asciutto e lirico insieme, la perdita di quel senso di appartenenza che ha il suo simbolo più evidente nella casa: perché «uno le case può venderle o cederle ad altri finche vuole, ma le conserva ugualmente per sempre dentro di sé».


Sono arrivata per caso a questo libro. Mi è stato consigliato così, tra una chiacchera e l'altra, e me ne stavo anche per dimenticare. Ma poi me lo sono fatta prestare, perché tendo a leggere quasi tutti i libri che mi vengono consigliati (QUASI eh!), soprattutto quando viene fatto con tanto entusiasmo.
Questo libro è veramente bello. Un romanzo epistolare, che si dispiega attraverso le lettere che i vari personaggi si inviano per raccontare e raccontarsi quello che sta succedendo nelle loro vite. Lettere che sono di sfogo, lettere piene di speranze e piene di amarezza, lettere di grandi rivelazioni e lettere inutili scritte tanto per essere scritte, lettere scritte a persone lontane (Giuseppe che decide di mollare tutto e partire per gli USA) e lettere scritte a vicini di casa e amici (Lucrezia, Simona, Albina, Egisto). Tutte persone vicine, che si ritrovavano nella casa in campagna Le Margherite e che di improvviso vedono le loro vite cambiare, più o meno consapevolmente.
Se proprio vogliamo dire qualcosa di negativo (ma non siamo obbligati eh), si potrebbe far notare alla Ginzburg che le lettere non sono abbastanza caratterizzate e che probabilmente, se a inizio lettera non ci fossero scritti mittente e destinatario, potrebbero confondersi un po'.
Ma resta comunque un bel romanzo epistolare e un primo mio personale approccio alla Ginzburg decisamente positivo.

"Tu non sei uno che lacera, sei uno che passa avendo cura di non lacerare, non calpestare, non distruggere niente. Sei uno della mia razza. Sei di quelli che perdono sempre."

"La noia nasce quando ciascuno sa tutto dell'altro, o crede di sapere tutto dell'altro e se ne infischia. Ma no, sbaglio. La noia nasce non si sa perché"

domenica 17 aprile 2011

BLA BLA BLA- Giuseppe Culicchia

E se un giorno uno di noi scegliesse la libertà assoluta, abbandonando tutto e tutti? Se uno di noi, improvvisamente, rifiutasse le sicurezze e le frustazioni, gli affetti e le incomprensioni, il lavoro e il divertimento forzato? Il protagonista di "Bla bla bla" decide di perdersi nel flusso della metropoli, nel caos ruvido della realtà. Intraprende un viaggio alla scoperta del lato oscuro del mondo dove viviamo, verso il buio dove sprofondano le illusioni. Come un urlo, come un lungo mormorio solitario, come un fiotto di sangue, la sua voce racconta la propria silenziosa e allucinata ribellione.


Eppure avrei dovuto saperlo che questo romanzo di Culicchia non mi sarebbe piaciuto. Perché questo autore mi aveva già dimostrato di appartenere a quella categoria di autori in grado di scrivere un solo capolavoro nella loro vita. E quello di Culicchia è indiscutibilmente "Il Paese delle Meraviglie". Tutti gli altri che ho letto, da "Tutti giù per terra" a "Un'estate al mare" mi hanno lasciato un senso di insoddisfazione e inutilità.
Eppure il titolo di questo (che per fortuna non ho comprato ma trovato per caso in una libreria non mia) mi aveva attirato un sacco. "Bla, bla, bla", gente che parla, parla, parla ma non dice niente. Gente che finge di ascoltare ma non sente nulla. Che l'autore si sia immedesimato troppo nel titolo?
Perché è esattamente questo: un libro insulso che si trascina per pagine (poche e veloci da leggere per fortuna) senza dire niente, senza lasciare niente, in un delirio incomprensibile senza capo nè coda. O forse sono io che non ho capito dove voleva arrivare il protagonista, che fugge dalla moglie in un supermercato e diventa un barbone. Libertà assoluta, come recita la copertina? Scoperta del lato oscuro del mondo? O semplicemente i deliri di un autore che a parte l'exploit del già citato "Il paese delle meraviglie" non è riuscito e non riuscirà più a scrivere un bel libro?

Scusami Culicchia (e mi scusino anche i suoi fan) ma questo libro fa proprio pena.

lunedì 14 marzo 2011

SOSTIENE PEREIRA- Antonio Tabucchi

Lisbona, un fatidico agosto del 1938, la solitudine, il sogno, la coscienza di vivere e di scegliere, dentro la Storia. Un grande romanzo civile.


Ho aspettato troppo tempo a leggere questo libro. Era lì che mi aspettava sulla mensola da anni senza che mi venisse mai voglia di leggerlo. Forse perché non sapevo bene di che cosa parlasse (e mi vergogno parecchio ad ammetterlo), o forse perché per tutti questi anni non è mai stato il momento. Poi una mia amica, dopo avermi visto in preda all'ansia da "non so cosa leggere", mi ha detto di provare. Anche lei era stata reticente per anni e poi lo ha adorato. E allora mi sono convinta.

Questo libro è semplicemente un capolavoro. Non si può dire molto altro. Un romanzo storico e civile, che affronta l'inizio di uno dei periodi forse più brutti della storia del mondo. Lo fa a Lisbona nel 1938, dove le notizie sulla Guerra Civile Spagnola e sul trattamento di chi si schierava con i repubblicani venivano ignorati e censurati da radio e giornali, e le poche informazioni arrivavano tramite passaparola. Sarà Pereira, un giornalista di mezza età, vedovo e di salute cagionevole, che si occupa della pagina culturale di un giornale non politicamente schierato, a iniziare a prendere coscienza e far prendere coscienza a tutti di quel che sta succedendo. Per farlo, ha bisogno di conoscere un repubblicano, che entra casualmente nella sua vita e al quale senza un motivo apparente si affezionerà. Perché a poco a poco ne capirà i valori e gli ideali. E a poco a poco capirà che non può far finta di niente, che come giornalista ha il dovere di raccontare e di informare. Anche a costo di essere il solo a farlo, anche a costo della sua stessa vita.

Ero quasi in lacrime nel capitolo finale. Un capitolo che ti fa capire quanto siano importanti le parole, quanto siano più forti di qualsiasi colpo di pistola e di qualsiasi tentativo di censura.
Allora come oggi.
Molto bello anche lo stile, con questo "Pereira sostiene di" che ricorre in tutto il libro. Un po' irritante forse all'inizio, ma assolutamente geniale con lo scorrere delle pagine.

Se ce lo avete lì da un bel po', non aspettate ancora troppo a leggerlo. Perché poi vi sentirete un po' stupidi e un po' in colpa per averlo ignorato per così tanto tempo.

"Le ragioni del cuore sono le più importanti, bisogna sempre seguire le ragioni del cuore, questo i dieci comandamenti non lo dicono, ma glielo dico io, comunque bisogna stare con gli occhi aperti nonostante tutto, cuore, sì, sono d'accordo, ma anche occhi bene aperti"

"La smetta di frequentare il passato, cerchi di frequentare il futuro"

sabato 5 giugno 2010

ROSSA- Giorgio Scerbanenco

A questo autore dall'inconfondibile vena pessimista e cruda, dall'originale scrittura raffinata e apparentemente naturale, tratta dal linguaggio parlato, ma piena di intrusioni e slanci d'autore, appartiene una serie di romanzi dimenticati, a metà tra il romanzo criminale e il western. A questo filone, quasi sfociante nel dramma antirazzista, che allora furoreggiava in certo cinema e in certo teatro americano alla Tennessee Williams, appartiene "Rossa". Seguito de "La mia ragazza di Magdalena" racconta la lotta per la sopravvivenza di Roy Vegas, criminale pentito, con una goccia di sangue indio nelle vene, fuggiasco nello stato sudista del New Mexico per sottrarsi alla vendetta della sua banda e della sua fiera amante, l'indiana Rossa.


Mi è piaciuto molto questo libro. E non solo perchè la causa scatentante dei problemi dei due protagonisti è avvenuta nella mia città, a Ivrea (anche se devo ammettere che fa una certa impressione leggere della Dora, dell'Aquila Nera e di Ivrea in un romanzo ambientato nel Nuovo Messico). Mi è piaciuta molto la vicenda, l'ambientazione nell'America Centrale (veramente ben descritta, per essere di un autore italiano). Una storia d'amore, di passione irrefrenabile che toglie il fiato, ma anche di odio e discriminazione razziale. I due protagonisti, Roy, un ex soldato che non riesce a dimenticare i drammi della guerra, e Rossa, un'india passionale che crede nell'amore ma anche nella malasorte e che sa che la gente odia le persone che si amano, sono una coppia eccezionale, disposta a qualunque cosa, anche ad uccidere, pur di rimanere insieme.
Molto poetico e realista lo stile dell'autore, con tante piccole grandi verità buttate in mezzo alla narrazione (rigorosamente in prima persona, per entrare ancora di più nella mente e nei tormenti del protagonista), che fanno riflettere su certi aspetti della vita (nel Sud degli USA negli anni '40, ma anche di adesso).
Merita proprio!

lunedì 7 dicembre 2009

LA RAGAZZA DI BUBE- Carlo Cassola

L'estate era passata; e lei non pensava più tanto a Bube. E tuttavia non eratornata quella di prima. Le piccole vanità di un tempo, i battibecchi con lacugina, i chiacchiericci con le amiche, la facevano sorridere dicommiserazione, quando ci ripensava. Ora si sentiva superiore a queste cose.Era infelice, addirittura disperata; ma non avrebbe più voluto tornare aessere la stupida ragazzetta di un tempo.

Un libro molto bello. Un ritratto "popolare" dell'Italia nell'immediato secondo dopoguerra. Ma non è un libro che parla di politica, o almeno, non solo. Al centro c'è Mara, una ragazza di sedici anni un po' sempliciotta, che si innamora di Bube, ex partigiano che non è riuscito a fermare il suo impeto e ora è ricercato dalla polizia. I due, dopo qualche giorno insieme, si devono separare. Lui fugge in Francia. Lei continua la sua vita in Italia, quasi dimenticandosi di lui. Ma al suo ritorno, quando dovrà affrontare un processo e la conseguente condanna, Mara si ricorderà di essere "la ragazza di Bube"... Ho apprezzato molto lo stile semplice dell'autore, che rende il libro molto più realista. Ho apprezzato i personaggi, Mara soprattutto: una ragazza semplice, ingenua, un po' stupidotta e civettuola che a poco a poco matura, compiendo scelte difficili. Belle anche le descrizioni della vita nei paesi della campagna toscana del dopoguerra.
Poi c'è anche l'aspetto politico e la difficoltà di ambientarsi in una nuova Italia, con il fardello del fascismo che ancora grava su tutti.
Un bel libro!