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martedì 22 maggio 2018

D'AMORE E BACCALÀ - Alessio Romano

In questo una *tasca* è davvero una piccola metafora di Lisbona con il suo traffico folle e viuzze in salita: tutto così piccolo e tutto sempre così affollato. Ma il caos assoluto di Lisbona non ha nulla a che fare con quello delle altre metropoli occidentali, non riesce mai a stressarti perché ha sempre un che di gioioso. È un caos che non imbruttisce le persone, perché è il caos del gioco, della gioia di vivere.

Non sono mai stata a Lisbona ma la sogno ormai da un po’.  Dalle foto, dalle immagini, dai racconti di chi ci è stato ho la certezza quasi assoluta che mi piacerebbe da matti. Forse è anche per questo, per questa voglia di andarci e questa certezza, che D’amore e baccalà di Alessio Romano, nuovo volume della collana Allacarta di EDT, mi ha attirato fin dalla prima volta che ne ho sentito parlare. Ok, anche il titolo alquanto buffo e la copertina hanno avuto un loro ruolo. E aggiungiamoci pure che i libri di questa collana dedicata agli scrittori e al cibo del mondo che ho letto finora mi hanno sempre dato grandi soddisfazioni. Insomma, questo libriccino lo dovevo proprio leggere.

Alessio Romano ci parla di quello che ha mangiato nella sua permanenza di un mese a Lisbona, ma anche di molto di più. Tra baccalà, pasteis de nata e sardine, lo scrittore descrive una città letteraria e cinematografica, dove si ritrova a inseguire un amore che forse è solo una botta in testa. E così si ritrova a parlare con Pessoa e Tabucchi; così va a mangiare in una locanda con un pianista d’eccezione; così si ritrova a camminare per la città, a vivere una vita magica e misteriosa, accompagnato dalla musica fado e inseguito dal Tram 28.

"Il fado è il tentativo riuscito di trovare una perfetta alchimia tra poesia e musica. Ma in una *tasca* è anche connesso con il cibo: è l'ultimo senso, il suono, che rende perfetta la percezione di un piatto che ha già sapore, odore, aspetto ed è caldo o freddo, ma non emette alcun rumore. E poi c'è il sentimento. Un bravo fadista canta e suona sempre come se quella fosse l'ultima canzone della sua vita."

Alessio Romano ha fatto forse di più di quello che questa collana richiedeva. Non si è limitato a parlare del cibo, a fare un mero elenco di cosa ha mangiato e dove, ma ha creato una storia che, nella sua semplicità, incanta e descrive al meglio molte delle caratteristiche di Lisbona e del popolo portoghese. E forse si sarebbe meritata un romanzo più lungo, tutto per sé. (La scena dell’incontro con Pessoa, Camões e Tabucchi, per esempio, vale già da sola tutto il libro e richiama un po’ Midnight in Paris di Woody Allen, anche se in un’atmosfera completamente diversa).
Ho letto molti dei libriccini che compongono la collana Allacarta. Alcuni mi sono piaciuti molto (My Little China Girl di Culicchia, per esempio, che mi ha fatto molto ridere), altri un po’ meno (Marco Malvaldi con il suo La famiglia Tortilla forse poteva sforzarsi un po’ di più), ma D’amore e baccalà di Alessio Romano credo sia in assoluto il più bello che ho letto.

"È un'impressione o per un attimo vedo dietro di noi il Tram 28? A bordo ci sono tutti quanti. Mi stanno salutando dai finestrini aperti. Amália, Pessoa, Chiado, Camões, Tabucchi, Pereira, Ingrid Bergman e il vecchio Sam. E alla fine del Tram, abbracciati insieme, Ulisse e Ofiusa, finalmente serena. Al posto di guida c'è un enorme Squalo in divisa da autista.
Sbatto le palpebre.
E il Tram 28 non c'è più."

E ora sogno ancora di più Lisbona. Sogno il baccalà (sì, anche se il pesce non mi piace), i pasteis de nata e, soprattutto, le strade, la gente, i profumi, i colori e gli incontri, reali o meno, con tutti i misteri e le magie di quella città. 


Titolo: D'amore e baccalà
Autore: Alessio Romano
Pagine: 162
Anno di pubblicazione: 2018
Editore: EDT
Prezzo di copertina: 8,90€
Acquista su amazon:
formato brossura: D'amore e baccalà

mercoledì 18 maggio 2016

MANUALE DI SOPRAVVIVENZA AMAZZONICA PER SIGNORINE DI CITTÀ - Sara Porro

Come molti ansiosi, non ho mai avuto un grande spirito d'avventura.
Però la mia ansia universale è a tal punto onnicomprensiva che a un certo punto mi è venuta l'ansia di non avere vissuto abbastanza avventure. Ho pensato che a trent'anni la mia finestra di opportunità si stava chiudendo, e improvvisamente la mia zona di comfort mi ha fatto venire la claustrofobia.
Allora ho deciso di partire per un'avventura: un viaggio zaino in spalla in Perù.
 

La conoscete già la collana Allacarta di EDT, vero? È quella collana che prende uno scrittore italiano, lo manda da qualche parte nel mondo e poi gli chiede di scrivere una piccola guida letteraria-culinaria di quello che ha visto... e mangiato, ovviamente.
Dopo una serie di scrittori uomini (da Marco Malvaldi a Fabio Geda, da Paolo Cognetti a Giuseppe Culicchia, passando per Andrea Bajani e Davide Enia), a partire questa volta è stata una donna, Sara Porro, che in Manuale di sopravvivenza amazzonica per signorine di città racconta del suo viaggio in Perù.

Zaino in spalla, fidanzato appresso e via, su tortuose stradine a bordo di autobus sgangherati, su gommoni da cui sembra impossibile (non) cadere o per le vie della città con taxisti impazziti, ma anche in mezzo alla foresta o tra altri turisti a compiere un rito di purificazione, fino ad altitudini impensabili o su isole in mezzo fiume. In queste poche pagine, c'è un viaggio e un mondo, che l'autrice è stata brava a raccontare con il giusto mix tra serietà e senso dell'ironia (e dell'autoironia).

Come per quasi tutti gli autori dei volumi precedenti che ho letto, anche per Sara Porro in realtà il cibo è solo un pretesto. C'è, certo, e a volte è anche parecchio strano (francamente non so se riuscirei mai a mangiare il cuy, ovvero il porcellino d'India, né se sarei disposta a buttar giù una strana erba allucinogena per purificarmi), ma dal viaggio culinario a quello interiore, in posti dove la natura e, in qualche modo, la magia ancora la fanno da padrone come appunto il Perù, il passo è davvero breve. Anche se si è signorine abituate alla città e che all'avventura non partono mai.

Devo ammettere che Manuale di sopravvivenza amazzonica per signorine di città mi ha stupita. Perché l'unico altro libro che avevo letto di Sara Porro era Giuseppino, l'autobiografia di Joe Bastianich di cui lei era stata coautrice, che, pur amando tantissmo Joe, non mi aveva convinta per niente.  Qui invece mi sono ritrovata molto coinvolta dal suo stile, dalle sue avventure e dal suo modo di affrontarle (già a partire da quel titolo che mi fa sorridere ogni volta che lo leggo).

Manuale di sopravvivenza amazzonica per signorine, come tutti quelli della collana Allacarta, è un libro leggero, lettura veloce e scorrevole, che forse se non conoscete la struttura di questi libricini potrebbe lasciarvi un po' di amaro in bocca (già che parliamo di cibo...). Eppure, nella sua semplicità, nella sua ironia, riesce a lasciare qualcosa. Oltre alla fame, ovviamente.

Titolo: Manuale di sopravvivenza amazzonica per signorine di città
Autore: Sara Porro
Pagine: 128
Anno di pubblicazione: 2016
Editore: EDT
Acquista su Amazon:

mercoledì 9 dicembre 2015

MY LITTLE CHINA GIRL - Giuseppe Culicchia

«Cledo dipenda dal fatto che voi italiani pensate che noi cinesi fliggiamo tutto. Allola visto che voi vi aspettare che in un listolante cinese si fligga tutto, i listolanti cinesi vi fliggono tutto. Ma qui in Cina noi non fliggiamo tutto.»
Non ci posso credere.
«Quindi lei mi sta dicendo seriamente... che voi qui in Cina non friggete tutto?».
«Il flitto fa male, non lo sa?».

Dopo l'enorme shock emotivo dopo la lettura di L'invenzione della madre di Marco Peano, ho avuto delle serie difficoltà nel decidere che cosa leggere dopo. Mi accade raramente di aspettare più di due giorni prima di iniziare una lettura dopo averne finito un'altra. E, per la prima volta, ho temuto seriamente che fosse arrivato uno di quei lunghi periodi di crisi da lettura.

Per due giorni, ho aperto e chiuso diversi libri cartacei e sfogliato avanti e indietro la mia libreria sul kindle, davvero indecisa su che cosa leggere. Poi l'occhio è caduto su My Little China Girl di Giuseppe Culicchia, pubblicato da EDT nella bella collana Allacarta, che affida a uno scrittore il racconto culinario di una città. 
Libri corti, che si leggono in un paio d'ore e che riescono a intrattenere e incuriosire per bene il lettore. O almeno così era stato con i precedenti tre che ho letto di questa serie: La Famiglia Tortilla di Marco Malvaldi, Itadakimasu-Umilmente ricevo in dono di Fabio Geda e Tutte le mie preghiere guardano verso ovest di Paolo Cognetti.
Sì, il racconto del viaggio a Pechino di Giuseppe Culicchia poteva essere la risposta giusta alla mia breve crisi di lettura. E lo è stata, eccome. Ma mai avrei pensato che questo libricino potesse divertirmi così tanto.

Giuseppe Culicchia va quindi una settimana a Pechino, per scrivere il suo reportage sul cibo. Gli viene ovviamente affiancata una guida, Carla o Calla che dir si voglia, come lei stessa gli chiede di farsi chiamare in onore dell'amica di penna italiana che ha, che lo porta in giro a visitare i luoghi tipici. Giuseppe Culicchia è molto curioso di visitare certi luoghi e, soprattutto, di mangiare. Ma è anche curioso di saperne di più di cosa pensano i cinesi della storia cinese, del passato. Calla, però, è un muro, che continua a negare l'esistenza di posti compromettenti e a dire la sua su certi argomenti scottanti. E Culicchia insiste, finché una mattina al posto di Calla si ritrova Clala, o Clara è lo stesso. Un mistero, che tormenta gli ultimi giorni del suo soggiorno cinese e a cui, sono sicura, ancora oggi Giuseppe Culicchia pensa.


Il cibo, ancora una volta, è solo un pretesto per scrivere un buffo racconto che mette in luce tutti i luoghi comuni e le idee sbagliate che molti di noi occidentali abbiamo della Cina e di Pechino. Non solo riguardo al cibo, ma anche alle tradizioni e allo stile di vita della capitale cinese.
Ho adora tantissimo lo stile del signol Giuseppe Curicchia, leggero e divertentissimo, e l'uso smodato che ha fatto delle ripetizioni. E anche il fatto che abbia sia denunciato la situazione cinese in cui ancora ci sono argomenti scottanti su cui è vietato avere un'opinione, sia per aver preso in giro l'occidentale e l'italiano medio con i suoi mille luoghi comuni.

My Little China Girl è stata davvero una bella lettura. Un po' breve, forse,  perché questo racconto di viaggio e il modo in cui è scritto sono talmente coinvolgenti e divertenti che si avrebbe voglia di leggerne ancora e ancora.

Consigliatissimo, anche se la cucina cinese non vi piace!


Titolo: My little China girl
Autore: Giuseppe Culicchia 
Pagine: 140
Anno di pubblicazione: 2015
Editore: EDT
Acquista su Amazon:
formato brossura:My little China girl
formato ebook:My Little China Girl

mercoledì 4 novembre 2015

TUTTE LE MIE PREGHIERE GUARDANO VERSO OVEST - Paolo Cognetti

L’età dell’oro del treno ha lasciato a New York i suoi ponti, una stazione monumentale, i tunnel che partono dall’isola in tutte le direzioni, miglia e miglia di binari volanti e infine i diner – carrozze ristorante piantate in mezzo ai grattacieli, a ricordare anche ai newyorkesi, casomai si sentissero il centro del mondo, che il vero sogno americano non è una casa ma un viaggio permanente, e anche seduti a tavola non bisognerebbe mai smettere di andare.


Lo so, l’ho già detto un sacco di volte, ma io adoro i libri che parlano di cibo. Forse perché sono due aspetti della vita per me fondamentali, il mangiare bene e il leggere un buon libro, e quando li ritrovo uniti in unica cosa non posso che provare un certo appagamento (misto a un po’ di fame, ovviamente, che leggendo mica mangio). Per questo collane come Allacarta di EDT a me fanno impazzire. Prendi uno scrittore, mandalo in una città che conosce e che ama e chiedigli di raccontarla attraverso il cibo. Mi ero divertita, ad esempio, ad andare a Barcellona con Marco Malvaldi e la sua Famiglia Tortilla. Mi aveva incuriosito il viaggio in Giappone di Fabio Geda e il suo Itadakimasu- Umilmente ricevo in dono. E ora, Paolo Cognetti a New York, con il suo Tutte le preghiere guardano verso ovest
Che amo Cognetti è risaputo. Adoro il suo modo di scrivere, il suo catturare dettagli ed emozioni con le parole, il suo modo di essere schivo (e a tal proposito vi consiglio uno degli ultimi post sul suo blog) e cosmopolita al tempo stesso.  Ed ero davvero curiosa di sapere come avrebbe descritto New York, città che ama e di cui aveva già parlato in New York è una finestra senza tende, edito da Laterza.

Tutte le mie preghiere guardano verso ovest è la storia di un suo viaggio a New York, città in cui torna spesso e che non è in contrasto con il suo amare la pace e la montagna, anche se all'apparenza potrebbe sembrare. Lui e la sua bici a sfrecciare per le strade della città, verso i luoghi meno conosciuti e meno frequentati, e che forse per questo meritano ancora di più. È la storia dei suoi incontri, con amici italiani trasferitisi lì, con amici del luogo e con sconosciuti che si aggrappano all'improvviso al suo braccio per poter attraversare la strada. È la storia del cibo, ovviamente. Di quello che ha mangiato e di quell'incredibile contrapposizione che si trova solo nelle grandi città tra l’economicissimo cibo da strada e le bistecche di lusso, entrambe molto buone. Ed è un viaggio che lo scrittore ha fatto e fa dentro se stesso ogni volta che scrive.

Non sono mai stata  a New York. Mi piacerebbe andarci, come penso un po’ a tutti, ma al tempo stesso la sua enormità mi spaventa. Avrei forse paura di perdermi o di non essere in grado di viverla appieno. Paolo Cognetti, con questo libro, è riuscito a farmi capire che a New York c’è posto per tutti e che perdersi fa parte del bello di questa città (e poi al massimo potrei sempre usare una delle sue mappe che compare nel libro).

Un libro che si legge in poco tempo (è breve e, se riuscite, vi consiglio di prendervi un paio d’ore e di leggerlo tutto di fila), ma che riesce a dire davvero tanto. Su New York, sulle bistecche e sugli uomini, in generale. Assolutamente da leggere.


Titolo: Tutte le mie preghiere guardano verso ovest
Autore: Paolo Cognetti
Pagine: 108
Editore: EDT
Acquista su Amazon:

mercoledì 17 giugno 2015

ITADAKIMASU. UMILMENTE RICEVO IN DONO - Fabio Geda



Non so bene per quale motivo, ma il Giappone non mi ha mai attratta più di tanto. Ne riconosco il fascino e le particolarità, questo sì, però se mi dovessero regalare un viaggio di cui posso scegliere io la meta, di sicuro non è il primo posto in cui andrei. Forse perché hanno una cultura molto diversa dalla nostra, altamente tecnologica e sviluppata e al tempo stesso molto tradizionale e non saprei come muovermici. Forse semplicemente per una predisposizione mentale che mi porta a preferire altri paesi.
Questo si riflette sicuramente anche sulle mie letture. Ho letto pochissimi libri di scrittori e scrittrici giapponesi, e quei pochi che ho letto devo dire che non mi sono nemmeno piaciuti. 

E allora perché ho letto Itadakimasu- Umilmente ricevo in dono di Fabio Geda? Per diversi motivi: innanzitutto volevo leggere qualcosa di questo autore dopo averlo conosciuto a una presentazione; poi perché parla di Giappone attraverso il cibo, in questa bellissima collana Allacarta di EDT, che affida a scrittori italiani il compito di descrivere la cucina di diversi posti del mondo dal loro punto di vista, e io adoro mangiare; ultimo, e non meno importante, perché me l’hanno prestato, e se così non fosse stato non so se ci sarei mai arrivata.

Fabio Geda racconta di un suo viaggio in Giappone. Parla di cibo, ovviamente, e di tutte quelle persone che ha incontrato che glielo hanno fatto conoscere. Ho adorato il suo incontro con Mikage, conosciuta a colazione e diventata compagna di pranzi e cene. Ma ho amato soprattutto la storia di Nakata e del signor Otsuka, il gatto che vuole scrivere lettere d’amore alla sua padrona, bella e commuovente.  Talmente bella e commuovente, che avrei quasi fatto a meno del cibo, per saperne di più di questo signore e questo gatto.

Anche sulla carta, Fabio Geda si è rivelato la bella persona che ho scoperto essere dal vivo. Mi piace come scrive, mi piace il suo soffermarsi sui piccoli dettagli che possono rendere bello il mondo, e la passione che è riuscito a trasmettere con le sue parole per il Giappone e la sua cultura.
Da leggere, insomma, sia che siate appassionati di quella cultura e quel cibo, sia che non lo siate. Scoprirete qualcosa di nuovo e qualcosa di bello.
Però, mi spiace, ma io con le bacchette proprio non riesco a mangiare.

Titolo: ITADAKIMASU. Umilmente ricevo in dono
Autore: Fabio Geda
Pagine: 133
Editore: EDT
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