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lunedì 30 novembre 2015

November (books) rain

È passato davvero in fretta questo novembre. Sarà che ho fatto tante cose, anche se, guardando il blog, sembra quasi che io abbia solo e sempre letto.
I libri sono stati i veri protagonisti di questo spazio questo mese. Un po’ perché non ho avuto tempo di scrivere altro che non fossero le recensioni (per quelle il tempo lo trovo sempre, anche perché fatico a iniziare un nuovo libro se non ho prima parlato dell’ultimo letto), un po’ perché forse tutte le altre cose che ho fatto su questo blog c’entravano poco.

Ma partiamo dalle cose letterarie.
Il mese è iniziato con il tradizionale incontro annuale a Chivasso con Marco Malvaldi, che ha presentato Buchi nella sabbia, suo nuovo romanzo che ho prontamente letto e recensito. Gli incontri con Malvaldi sono sempre molto divertenti e, in questo caso, a dialogare con lui c’era Margherita Oggero, altra mia adorata scrittrice (a cui ho chiesto se, per favore, nella serie tv Provaci ancora, prof fa mettere definitivamente insieme Camilla e Gaetano… ha risposto di sì, ma non so se per davvero o solo per farmi contenta).
Il 5 novembre (Remember remember...) è poi uscita la mia seconda traduzione. Adesso, punta il tuo obiettivo di David Hieatt, pubblicato da Anteprima.
A sei anni esatti dalla laurea (ricorrenza che cadeva proprio il 9 di questo mese), posso finalmente dire che sì, faccio la traduttrice. Anche perché una settimana dopo mi è arrivata la terza, bella sostanziosa tra l’altro, ed è ciò che mi sta occupando un sacco di tempo ultimamente.


Poi, sempre in questo mese, si è finalmente delineato un progetto a cui io e Claudia di Il giro del mondo attraverso i libri pensavamo da un po’. Solo un’idea all’inizio, nata da un semplice “che dici, proviamo a inventarci qualcosa?”, e che è sfociata in Una valigia di libri. Letture in giro per il mondo, un ciclo di incontri ospitati dalla libreria Sulla parola di Caluso, che durerà fino a giugno e che consisterà nel presentare libri di ogni continente. Si parte il 12 e devo dire che un po’ di emozione ce l’ho già adesso. Per tutti i dettagli vi rimando comunque al post apposito.




Tra le cose non letterarie, invece, da segnalare che sono andata a vedere Snoopy & Friends, il film dei Peanuts, che mi ha fatta commuovere tantissimo e la mostra di Monet a Torino, alla GAM, dove ho scoperto un mio nuovo quadro preferito, I tacchini.



Ma veniamo ora ai libri e alle recensioni. Tante letture, vi dicevo, e tutte abbastanza soddisfacenti.

Il mese è iniziato con La morte dei caprioli belli di Ota Pavel, pubblicato da Keller editore e tradotto da Barbara Zane, una bella raccolta di racconti ambientati al tempo della Seconda guerra mondiale in cui la guerra fa solo da inevitabile sfondo alle belle avventure della famiglia dell’autore.

Subito dopo è arrivato Paolo Cognetti con il suo Tutte le mie preghiere guardano verso ovest, un elogio a New York e al cibo, scritto come solo Cognetti sa scrivere (e chi ha letto altri libri di Cognetti capisce perfettamente che cosa intendo), pubblicato nella bella collana Allacarta di EDT.

Poi, La leggenda del trombettista bianco di Dorothy Baker, pubblicato da Fazi con la traduzione di Stefano Tummoli. Dorothy Baker, conosciuta soprattutto per il suo Cassandra al matrimonio, che qui romanza la vita di Leon Bix Beiderbecke, il più celebre trombettista solista americano degli anni '20, tramite Rick Martin, suo alterego letterario. Bello, anche se di musica non capite niente come me.

Ed ecco Buchi nella sabbia di Marco Malvaldi, l’ultimo suo romanzo, sempre pubblicato con Sellerio, in cui torna a dare il meglio di sé, come già aveva fatto con Odore di chiuso. Un giallo storico, in cui l’omicidio è solo un pretesto per presentare buffi personaggi e buffe situazioni. Da leggere, assolutamente.

Una bella scoperta è stata Il peso di Liz Moore, pubblicato da Neri Pozza con la traduzione di Ada Arduini. Una storia di solitudini e di paura di chiedere aiuto. Intenso, bello davvero.

E poi due salti in Sudamerica. Prima con È finito il nostro carnevale di Fabio Stassi, pubblicato da minimum fax, e poi con Il liberatore dei popoli oppressi di Arto Paasilinna, tradotto da Francesco Felici per Iperborea. Il primo mi è piaciuto di più del secondo, sicuramente, forse perché amo il modo di scrivere di Fabio Stassi. Entrambi comunque valevoli di lettura.

Il mese è proseguito con Panorama di Tommaso Pincio, pubblicato da NN editore, che fa una critica violenta del mondo letterario e non di oggi, attraverso il grandissimo personaggio di Ottavio Tondi, per poi concludersi di nuovo in Sudamerica e di nuovo con una raccolta di racconti, Il vento distante di José Emilio Pacheco, tradotto da Raul Schenardi e pubblicato da Sur, un’altra raccolta di racconti che però, devo dire, mi è piaciuta ma ho troppo breve perché diventasse indimenticabile.

E ora inizia dicembre e arriva finalmente il Natale! (Ma anche i bilanci annuali di lettura e tante altre belle cose). Spero che il vostro novembre sia stato altrettanto intenso e pieno di belle letture!

mercoledì 4 novembre 2015

TUTTE LE MIE PREGHIERE GUARDANO VERSO OVEST - Paolo Cognetti

L’età dell’oro del treno ha lasciato a New York i suoi ponti, una stazione monumentale, i tunnel che partono dall’isola in tutte le direzioni, miglia e miglia di binari volanti e infine i diner – carrozze ristorante piantate in mezzo ai grattacieli, a ricordare anche ai newyorkesi, casomai si sentissero il centro del mondo, che il vero sogno americano non è una casa ma un viaggio permanente, e anche seduti a tavola non bisognerebbe mai smettere di andare.


Lo so, l’ho già detto un sacco di volte, ma io adoro i libri che parlano di cibo. Forse perché sono due aspetti della vita per me fondamentali, il mangiare bene e il leggere un buon libro, e quando li ritrovo uniti in unica cosa non posso che provare un certo appagamento (misto a un po’ di fame, ovviamente, che leggendo mica mangio). Per questo collane come Allacarta di EDT a me fanno impazzire. Prendi uno scrittore, mandalo in una città che conosce e che ama e chiedigli di raccontarla attraverso il cibo. Mi ero divertita, ad esempio, ad andare a Barcellona con Marco Malvaldi e la sua Famiglia Tortilla. Mi aveva incuriosito il viaggio in Giappone di Fabio Geda e il suo Itadakimasu- Umilmente ricevo in dono. E ora, Paolo Cognetti a New York, con il suo Tutte le preghiere guardano verso ovest
Che amo Cognetti è risaputo. Adoro il suo modo di scrivere, il suo catturare dettagli ed emozioni con le parole, il suo modo di essere schivo (e a tal proposito vi consiglio uno degli ultimi post sul suo blog) e cosmopolita al tempo stesso.  Ed ero davvero curiosa di sapere come avrebbe descritto New York, città che ama e di cui aveva già parlato in New York è una finestra senza tende, edito da Laterza.

Tutte le mie preghiere guardano verso ovest è la storia di un suo viaggio a New York, città in cui torna spesso e che non è in contrasto con il suo amare la pace e la montagna, anche se all'apparenza potrebbe sembrare. Lui e la sua bici a sfrecciare per le strade della città, verso i luoghi meno conosciuti e meno frequentati, e che forse per questo meritano ancora di più. È la storia dei suoi incontri, con amici italiani trasferitisi lì, con amici del luogo e con sconosciuti che si aggrappano all'improvviso al suo braccio per poter attraversare la strada. È la storia del cibo, ovviamente. Di quello che ha mangiato e di quell'incredibile contrapposizione che si trova solo nelle grandi città tra l’economicissimo cibo da strada e le bistecche di lusso, entrambe molto buone. Ed è un viaggio che lo scrittore ha fatto e fa dentro se stesso ogni volta che scrive.

Non sono mai stata  a New York. Mi piacerebbe andarci, come penso un po’ a tutti, ma al tempo stesso la sua enormità mi spaventa. Avrei forse paura di perdermi o di non essere in grado di viverla appieno. Paolo Cognetti, con questo libro, è riuscito a farmi capire che a New York c’è posto per tutti e che perdersi fa parte del bello di questa città (e poi al massimo potrei sempre usare una delle sue mappe che compare nel libro).

Un libro che si legge in poco tempo (è breve e, se riuscite, vi consiglio di prendervi un paio d’ore e di leggerlo tutto di fila), ma che riesce a dire davvero tanto. Su New York, sulle bistecche e sugli uomini, in generale. Assolutamente da leggere.


Titolo: Tutte le mie preghiere guardano verso ovest
Autore: Paolo Cognetti
Pagine: 108
Editore: EDT
Acquista su Amazon:

venerdì 19 dicembre 2014

A PESCA NELLE POZZE PIU' PROFONDE - Paolo Cognetti


Ogni volta che leggo un racconto, un libro di racconti o un libro che parla di racconti... insomma, ogni volta che leggo qualcosa che ha a che fare con i racconti, non posso fare a meno di chiedermi perché, in Italia, il genere sia così tanto bistrattato. Ultimamente le cose stanno un po' migliorando, in parte forse grazie anche al Nobel vinto da Alice Munro nel 2013, in parte al grande lavoro fatto da certi editori che sebbene il genere non venda continuano comunque a pubblicare (o ripubblicare) raccolte di racconti.
Ovviamente intendo i racconti con la R maiuscola. Quelli di Alice Munro, ma anche di Carver, Saunders e, ovviamente, Hemingway, giusto per citarne qualcuno.

Di italiani il primo che mi viene in mente è Paolo Cognetti. Da Sofia si veste sempre di nero, romanzo in forma di racconti che me l'ha fatto conoscere un paio di anni fa, alle raccolte Manuale per ragazze di successo e Una cosa piccola che sta per esplodere, che me ne hanno fatto definitivamente innamorare, credo che Cognetti sia uno dei migliori scrittori italiani contemporanei.

E questo suo nuovo libro, A pesca nelle pozze più profonde, me ne ha dato ulteriore conferma.

Non è un romanzo, non è un raccolta di racconti, non è nemmeno un saggio. È Paolo Cognetti che parla dei più grandi scrittori di racconti mondiali e dell'influenza che hanno avuto su di lui, del perché li ama tanto. Parla di Salinger e di Hemingway, di Carver e della Munro, di Flannery O'Connor e di David Foster Wallace. Tramite le loro storie, i loro racconti, Cognetti spiega la sua visione di questo genere, il modo in cui lui li scrive, li pensa, li immagina, mettendo spesso in luce le differenze con i romanzi. Lo fa da scrittore, sicuramente, ma anche da lettore, raccontando (sì, per quanto un po' ripetitiva, è la parola migliore) cosa ha trovato lui in ogni storia che ha letto.

Leggendo posiamo la mano sulla mano di uno scrittore, e se lo scrittore è bravo, e noi siamo fortunati, mentre la mano scrive riusciamo a vedere ciò che ha visto lui.

Cognetti ti fa innamorare persino dei libri che non hai letto. Ti fa venire voglia di cercarli e di buttarti subito tra le loro pagine (a me sta succedendo con i Nove Racconti di Salinger, che devo assolutamente trovare).

E poi c'è il suo stile, il suo modo di raccontare, semplice eppure profondo. La sua capacità, forse tipica di chi scrive racconti, di soffermarsi su un dettaglio e renderlo importante al punto da costruirci una storia.

Il libro si conclude con quattro raccontini su Sofia, la protagonista di Sofia si veste sempre di nero, che anche dopo la pubblicazione del libro l'autore non è riuscito a lasciare andare. Dice che ogni tanto sente il bisogno di tornare da lei. Non so se li avrei messi alla fine di questo libro, onestamente. Due mi sono piaciuti molto, due non sono così sicura di averli capiti in realtà, ma a prescindere da questo, qui avrei lasciato tutto lo spazio agli altri scrittori, al grande grandissimo omaggio che questo libro vuol fare loro.

In ogni caso, A pesca nelle pozze più profonde è un libro bello, sul valore letterario dei racconti e su quanto lavoro ci sia dietro per poter scrivere il racconto perfetto. E quindi è un libro che dovrebbe essere letto da chi, come me, ama i racconti e da chi invece li considera un genere in qualche modo inferiore rispetto al romanzo. Sono sicura che cambierebbe idea.


Titolo: A pesca nelle pozze più profonde
Autore: Paolo Cognetti
Pagine:130
Editore: minimum fax
Anno: 2014
Acquista su Amazon:

venerdì 19 settembre 2014

MANUALE PER RAGAZZE DI SUCCESSO - Paolo Cognetti

Ogni volta che qualcuno mi dice che non legge i racconti, soprattutto se di autori italiani, mi viene voglia di prendere i libri di Paolo Cognetti e tirarglieli sulla testa. Non gli farebbero troppo male, che sono raccolte di racconti abbastanza sottili, ma forse servirebbe ad attirare la sua attenzione e fargli capire, in modo un po’ doloroso, cosa si sta perdendo.
Sì, lo so, dico più o meno sempre la stessa cosa ogni volta che finisco di leggere una raccolta di racconti di uno dei miei scrittori preferiti: di Carver, della Munro e, appunto, di Paolo Cognetti.

Manuale per ragazze di successo è il libro di esordio di questo autore italiano. Non so bene perché, io tendo a leggere i primi libri per ultimi. Forse di pubblicazione in pubblicazione l’autore acquista più visibilità, diventa più conosciuto ed è più facile imbattersi nell’ultimo libro che non nel primo. Per cui ho letto prima Sofia si veste sempre di nero, poi Una cosa piccola che sta per esplodere e ora, questo Manuale per ragazze di successo.

Sette racconti, che hanno come protagoniste sette donne, all’apparenza diverse tra loro, ma in realtà tutte accomunate da qualcosa. Sono donne innamorate e donne in fuga dall’amore. Sono donne che cercano se stesse e donne che si perdono. Donne in carriera e donne che alla carriera rinunciano. E ovviamente hanno tutte accanto degli uomini, che sembrano sempre non essere all'altezza, non essere in grado di capirle, amarle o semplicemente accettarle.

Ogni volta che leggo un racconto di Cognetti mi stupisco della sua grande capacità di ritrarre l’universo femminile, di coglierne certi dettagli, certe sfumature. E mi stupisco anche del suo stile, del suo modo scrivere, che all’apparenza sembra minimalista ma che riesce a dire sempre tutto quello che occorre. Anche in questo libro d’esordio, pubblicato per la prima volta quando aveva ventisei anni, non si coglie alcuna immaturità, che avrebbe potuto essere comunque totalmente comprensibile e giustificabile.  Invece, Paolo Cognetti fin dalle prima pagine ti piazza frasi come:

La matematica funziona perché non è la vita. È bella perché ha sempre ragione o perché tu non hai i mezzi per darle torto, che è la stessa cosa. Ne dico una qualunque: due rette parallele non si incontrano mai. A me piace dirlo e a te piace crederlo, perché nient'altro nella tua vita resiste così bene al problema del tempo.

E tu, leggendo questa frase, leggendo tutte le altre che trovi in questi racconti, non puoi fare altro che ringraziare la casa editrice che ha creduto in un giovane di ventisei anni che si è presentato alla sua porta con in mano una copia di questa raccolta. Molti probabilmente gli avrebbero risposto con “Ma chi credi di essere? Carver? Non lo sai che in Italia i racconti non vendono?”. Non so se la minimum fax abbia accettato subito o se Cognetti abbia dovuto tirar loro il libro in testa, come vi dicevo vorrei fare io per convincere chi non legge racconti, chi non legge QUESTI racconti, a farlo. 
In ogni caso, Manuale per ragazze di successo è stato pubblicato e merita proprio di essere letto.


Titolo: Manuale per ragazze di successo
Autore:Paolo Cognetti
Pagine: 116
Anno di pubblicazione: 2004
Editore: minimum fax
ISBN: 978-8875215668
Prezzo di copertina: 9 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Manuale per ragazze di successo

lunedì 21 ottobre 2013

Interviste rampanti: PAOLO COGNETTI

Protagonista dell'intervista rampante di questa settimana è Paolo Cognetti. Nato a Milano nel 1978, Paolo Cognetti esordisce come scrittore nel 2004, nell'antologia La qualità dell'aria curata da Nicola La gioia e Christian Raimo. Nel 2004 esce la sua prima raccolta di racconti per minimum fax, Manuale per ragazze di successo, seguita nel 2007 da Una cosa piccola che sta per esplodere. Nel 2012, per la stessa casa editrice, pubblica Sofia si veste sempre di nero, finalista al Premio Strega. Cognetti è anche autore di due opere di saggistica: New York è una finestra senza tende,  pubblicata con Laterza, e Il ragazzo selvatico, pubblicato con Terre di Mezzo.
Io ho scoperto Cognetti grazie a Sofia si veste sempre di nero, un romanzo fatto di racconti in cui protagonista è la giovane Sofia. Il libro mi è piaciuto molto e dopo averlo letto ho iniziato a seguire il blog dell'autore (Capitano mio Capitano). Dopo averlo incontrato al festival La grande invasione a Ivrea, ho poi letto anche la raccolta Una cosa piccola che sta per esplodere, che mi ha confermato la sua incredibile bravura nello scrivere i racconti, un genere un po' bistrattato dai lettori ma che meriterebbe invece molta più attenzione.
Ringrazio ovviamente Paolo per aver accettato di rispondere alle mie domande.


Da bambino dicevi “da grande farò lo scrittore”?
No, dicevo che avrei fatto il falegname. In montagna conoscevo due fratelli che d'estate facevano le guide alpine e d'inverno i falegnami, e mi sembrava una vita ideale. La penso così ancora adesso a dir la verità.

Io ti ho conosciuto grazie alla mitica Sofia e a questo suo romanzo, i cui capitoli sono dei piccoli racconti che potrebbero vivere di vita propria. Poi ho letto anche Una cosa piccola che sta per esplodere, altra raccolta di racconti, questa volta tra loro indipendenti. Come mai prediligi questa forma letteraria, considerando anche che i racconti solitamente non attirano molto il grande pubblico?
Bè, ma se uno parte pensando a cosa attira il grande pubblico non va molto lontano, non credi? Anche perché il pubblico dei lettori è minuscolo, non è proprio la strada giusta per chi sogna di diventare ricco. Quanto al racconto, a me sembra una forma che per certi versi si avvicina alla poesia. Puoi scriverli e riscriverli fino a impararli a memoria. Puoi sperimentare stili, punti di vista, strutture narrative. E ogni parola è importante, da un racconto andrebbero tolte tutte quelle di cui si può fare a meno. In più mi piace l'idea di non dire tutto, in un racconto più che in un romanzo è importante quello che non c'è.

Come sei stato scoperto (o come sei riuscito a farti scoprire) dalle case editrici che ti hanno pubblicato?
Io sono fortunato: pubblico con quella che, da lettore, era la mia casa editrice preferita. Mi sono formato sugli americani di minimum fax, Carver prima di tutto ma anche Moody, A.M. Homes, Charles D'Ambrosio, Peter Orner e tanti altri. A venticinque anni, quando ho avuto in mano un po' di racconti che mi sembravano buoni, sono partito per Roma e sono andato a portarglieli, approfittando di un evento pubblico. E' andata bene, un anno dopo quei racconti sono diventati il mio primo libro.

Qual è il tuo rapporto con i critici professionisti e con i book blog?
Distinguerei tra critico e recensore. Il critico letterario è uno che sa fare un discorso intorno a un libro, è capace di inquadrarlo e capire da dove viene, di collocarlo nel suo tempo è alla fine dire se è un'opera importante o trascurabile, significativa oppure no. Un critico così aiuta anche lo scrittore a capire il proprio lavoro, e a volte succede che tra scrittore e critico ci sia un dialogo costruttivo (a me è successo con Goffredo Fofi e Giovanni Pacchiano, due che stimo molto). I recensori invece commentano secondo il proprio gusto, danno un giudizio o un voto che spesso, tra l'altro, è condizionato da giudizi precedenti, dalle vendite, dai premi, da quello che si dice in giro. Detesto quando un commento comincia con: avevo tanto sentito parlare di questo libro, ma poi, leggendolo... E' come ammettere subito di non essere obiettivi, di averlo letto con dei pregiudizi. Poi per carità, il parere di ogni lettore è legittimo ma uno scrittore sano dovrebbe esaltarsi poco quando ne trova di entusiastici, e non deprimersi per le stroncature. Quelli che valgono davvero sono i commenti che ti fanno scoprire qualcosa del tuo libro che non sapevi, illuminano zone che erano oscure anche per te.

Qual è la cosa più bella che è stata detta riguardo a un tuo romanzo? E la più brutta?
Il fatto è che a un libro ci lavoro per anni. Per l'ultimo ce ne ho messi quasi cinque. Anche se uno lo critica o lo contesta, sono contento quando riconosce la serietà del mio lavoro; mi arrabbio o mi offendo quando invece lo definisce inconsistente, superficiale, carino, scontato e così via. Io l'ho scritto in cinque anni, tu l'hai letto in due giorni: può essere che ci siano cose che non hai visto, me la concedi un po' più di riflessione?

Hai qualche mania come scrittore?  Che so, riesci a scrivere solo in un posto preciso o a una particolare ora del giorno o della notte?
Scrivo su dei grandi quaderni a righe, solo alla fine copio tutto al computer. Non ho manie che riguardano luoghi o orari ma il mio quaderno viene con me ovunque, così lo posso tirare fuori al bar, in cima a una montagna o in macchina se ne ho bisogno.

Io ho un’ossessione per le copertine dei libri, che condizionano molto la mia decisione di leggere o meno un’opera. Hai avuto voce in capitolo nella scelta di quella dei tuoi libri?
Sì, e anche questa è stata una fortuna. Sia per "Una cosa piccola" che per Sofia ho lavorato insieme all'illustratore, Alessandro Gottardo, che ha la mia età e vive a Milano. Noi due abbiamo tante cose in comune, siamo subito diventati amici. Io gli passo qualche racconto e un'immagine che ho in testa - la prima volta era una roulotte, la seconda una vasca da bagno - poi Alessandro ne fa qualcosa di tutto suo. 

Cosa consiglieresti a un aspirante scrittore?
Di conoscere i piccoli editori. Magari di farsi guidare da quello, nella scelta di un libro, più che dalla copertina... (scusa, è un colpo basso!) Sembra impossibile, ma molti ragazzi che vogliono scrivere non sanno elencare nessun editore oltre ai grandi marchi, nessuno scrittore italiano oltre a quelli di best-seller, nessuna libreria indipendente della propria città (e ce ne sono, ce ne sono). Bisogna leggere tanto ma soprattutto leggere bene, leggere libri che valgano qualcosa. E un libraio, un editore, quei libri ti aiutano a trovarli.

Cosa pensi dell’editoria a pagamento? E dell’autopubblicazione?
Spero che l'autopubblicazione uccida definitivamente l'editoria a pagamento, che è una truffa: ora almeno, se uno proprio ci tiene, il libro se lo pubblica da solo senza dare soldi a nessuno. Dopodiché, penso che il ruolo dell'editore sia fondamentale. Come quello del libraio, di nuovo. E del critico letterario. Sono come setacci che filtrano tutta la sabbia che c'è, e ogni tanto, se va bene, trovano una pepita d'oro.  

Ebook o cartacei?
Ultimamente non ho più abitato in una casa sola, e il vecchio amore per i libri di carta ne ha risentito. Per avere una libreria bisogna essere sedentari, l'ebook è la fortuna del nomade. Sono sicuro che a Chatwin e Kerouac il digitale sarebbe piaciuto molto.

Qual è il libro, non tuo, a cui sei più legato?
I quarantanove racconti di Hemingway. Nove racconti di Salinger. Da dove sto chiamando di Carver. Sono quelli che considero i miei maestri.

Un autore/autrice italiana che stimi tantissimo? Consigliaci un suo libro.
Per restare ai racconti: I ventitré giorni della città di Alba di Fenoglio e Il sistema periodico di Primo Levi. Secondo me sono i loro libri migliori. Tra i viventi ho un debole per Susanna Bissoli (Caterina sulla soglia) ed Elena Varvello (L'economia delle cose), che sono bravissime.

Hai letto le Cinquanta Sfumature?
No, perché? Figurati che mi manca ancora Guerra e pace, ho tanti di quei libri che aspettano di essere letti...

Qual è Il tuo colore preferito?
Il verde.

martedì 9 luglio 2013

UNA COSA PICCOLA CHE STA PER ESPLODERE - Paolo Cognetti

Giusto l'altro giorno, nella recensione di Episodi incendiari assortiti di David Means, vi ho detto che è un periodo che leggo parecchie raccolte di racconti. A questa considerazione ne devo aggiungere necessariamente un'altra, di cui ho preso consapevolezza da poco: il fatto che ultimamente leggo molti, moltissimi autori italiani. 
Ne ho diversi sul comodino (libri, non autori appollaiati), altri in arrivo e se mi venisse chiesto in questo momento un libro che vorrei assolutamente leggere, tutti quelli che mi vengono in mente sono di autori italiani. E' come se avessi scoperto all'improvviso che la letteratura italiana è più forte e viva che mai e che non sempre serve andare all'estero per cercare letture di qualità.

Paolo Cognetti per me è forse uno dei massimi esempi della vitalità della nostra letteratura contemporanea nazionale. Leggi un suo libro e ti sembra che una promessa sia stata mantenuta. Sfogli le pagine dei suoi racconti e ti ritrovi in qualche modo rapita e intrappolata tra le sue parole. Mi ero già accorta di questo suo potere con Sofia si veste sempre di nero: un libro bello, fatto di tanti racconti che creano la storia di Sofia, una ragazza controversa, alternativa, schiva. Uno dei migliori personaggi usciti da una penna italiana negli ultimi anni. Puoi amarla oppure odiarla, ma non puoi non renderti conto che sia un grande personaggio.
Ho avuto la conferma della bravura di Cognetti con questa raccolta, Una cosa piccola che sta per esplodere, che in realtà è precedente all'opera che lo ha fatto conoscere di più.

Cinque racconti che Paolo Cognetti ha scritto nel 2007 e che lasciano già intendere quello che questo autore diventerà. I protagonisti sono tutti giovani, dei bambini che crescono, anagraficamente o mentalmente, nelle pagine dei racconti a loro dedicati.

In apertura alla raccolta c'è la storia di una ragazza anoressica che trascorre l'estate in un istituto di cura di cui conosce tutti i meccanismi e da cui è convinta che non uscirà mai guarita. La seguono le avventure di un giorno di due sedicenni, due vecchi amici d'infanzia che crescendo si sono un po' persi, sono un po' cambiati e non si riconosco più. C'è poi una bambina che viene abbandonata dal padre e che scrive continuamente storie per cercare di giustificare la sua fuga e  un bambino che va con la madre in campeggio, per allontanarsi da un marito che non sa decidere tra la famiglia e la giovane amante, finché non sarà un temporale a decidere per loro. E si conclude con due amiche, Anita e Tania, e dalla loro amicizia che profuma d'amore in un periodo di ribellione e di novità per tutta l'Italia.
Cinque racconti che descrivono cinque realtà, apparentemente diverse tra loro ma accomunate dalla giovane età dei protagonisti e dal loro senso di incomprensione, di non farcela più, di stare per esplodere in un mondo che non sempre riescono a capire.

Sicuramente questi racconti sono un po' più acerbi rispetto a quelli che compongono Sofia si veste sempre di nero. Eppure la bravura narrativa di Cognetti è evidente fin dalle prime pagine, in ogni singola descrizione, in ogni trama che crea e che gestisce in maniera magistrale, sia che i protagonisti siano maschili sia che siano femminili. E non è facile essere così convincenti nel caratterizzare personaggi così diversi. 

Paolo Cognetti riesce a convogliare in sé la mia neonata passione per i racconti (nata come vi avevo già detto da Carver, di cui Cognetti stesso è un grande estimatore) e quella altrettanto recente per la letteratura italiana.
Vi consiglio quindi caldamente di leggere qualcosa di questo autore e di andare a sentire, se ne avete la possibilità, una sua presentazione... rimarrete affascinati!

Titolo: Una cosa piccola che sta per esplodere
Autore: Paolo Cognetti
Pagine: 140
Anno di pubblicazione: 2007 - 2013
Editore: minimumfax
ISBN: 978 887521504
Prezzo di copertina: 9,00€
Acquista su Amazon:

lunedì 31 dicembre 2012

SOFIA SI VESTE SEMPRE DI NERO - Paolo Cognetti

"Sofia si veste sempre di nero" è la nuova prova narrativa di Paolo Cognetti, autore di "Manuale per ragazze di successo" e "Una cosa piccola che sta per esplodere". Nei suoi racconti, cesellati con la finezza di Carver e Salinger, Cognetti ha saputo rappresentare con sorprendente intensità l'universo femminile. Ed è ancora una donna la protagonista del suo nuovo libro, un romanzo composto da dieci racconti autonomi che la accompagnano lungo trent'anni di storia: dall'infanzia in una famiglia borghese apparentemente normale, ma percorsa da sotterranee tensioni, all'adolescenza tormentata da disturbi psicologici, alla liberatoria scoperta del sesso e della passione per il teatro, al momento della maturità e dei bilanci. Con la sua scrittura precisa e intensa, Cognetti ci regala il ritratto di una donna torbida e inquieta, capace di sopravvivere alle proprie nevrosi e di sfruttare improvvisi attimi di illuminazione fino a trovare, faticosamente, la propria strada.

Sono stata indecisa fino all'ultimo se iniziare o meno un libro nuovo prima della fine dell'anno. Odio avere libri in sospeso da un anno all'altro, anche se effettivamente si tratta solo di un giorno. Così come odio concludere le mie letture annuali con un libro che non mi ha entusiasmato o che ho odiato, un po' come se un'unica ultima lettura negativa potesse di colpo cancellare tutte quelle precedenti.
Poi però c'era Sofia lì che mi guardava dal comodino e che mi attirava a sé, prima lentamente poi con violenza. "Ma come, è da così tanto tempo che vuoi leggermi che ora riesci ad aspettare?". Ho combattuto a lungo, ma poi alla fine ha vinto lei. Ho aperto il libro e mi sono immersa nei racconti della sua vita. Tanti piccoli racconti più o meno brevi, scritti con un'incredibile maestria da Paolo Cognetti, che se già singolarmente riescono a trasmettere tanto, messi insieme creano un qualcosa di incredibile.

Sofia è una ragazza particolare, figlia unica, incidente di percorso, di due genitori che non si amano più e che forse non si sono mai amati. Un padre ingegnere, che fa del suo lavoro la sua ragione di vita e che non è mai riuscito a capire sua moglie, Rossana. Una donna insicura, emotivamente fragile, che riesce a parlare e a comunicare con la figlia solo nella vasca da bagno. Sofia cresce così, da bambina maschiaccio con la passione per i pirati, da adolescente che veste sempre di nero e che, stanca dei litigi tra i suoi e della difficoltà a trovare il suo posto nel mondo, tenta il suicidio. Supera anche questo, grazie a una zia che la porta via da lì, confermando che nel caso di Sofia la fuga sia l'unica soluzione per risolvere i problemi. La ragazza scoprirà la sua passione per il teatro, e si trasferirà poi a Roma, tornando però dai suoi genitori ogni fine settimana. Per stare vicina a suo padre che sta morendo. Sofia poi crescerà e la ritroveremo a New York, di nuovo fuggita da qualcosa, di nuovo sfuggente di fronte ai sentimenti e alle situazioni che le vanno troppo strette e che non sa più come gestire.

Dieci racconti che, come già detto, potrebbero anche vivere di vita propria, ma che messi insieme, in un ordine volutamente cronologico, creano un personaggio complesso, misterioso e davvero ben delineato. Sofia prova rabbia, prova dolore, prova tenerezza. Vive di se stessa e per se stessa, perché nessuna delle persone che le sta accanto potrebbe capirla e accettarla. Quando parla di sé, chi le sta attorno non capisce mai fino a che punto sia sincera e fino a che punto menta. Non capisce perché fino a un momento prima c'era e un momento dopo non c'è più.
A non Sofia non importa del futuro. Nemmeno ci riesce a pensare al futuro. Come lei stessa dichiara, "Io voglio essere felice adesso". Cosa c'è dopo, non importa. 

Questa ragazza è riuscita a conquistarmi, a tenermi incollata alla sua storia, provando come lei a volte rabbia, a volte tenerezza, a volte frustrazione. Ho capito il suo stato d'animo molto più spesso di quanto pensassi. Il suo odiare gli addii, le sue difficoltà con i genitori, il suo non sapere chi è veramente, il suo sentirsi asimmetrica (sarà che fisicamente lo sono anche io).

Grazie per avermi convinto a leggere la tua storia, cara Sofia. Ovunque tu sia adesso, hai lasciato dentro di me qualcosa, che per un bel po' non se ne andrà.
E grazie a Paolo Cognetti che, con i suoi racconti e il suo stile asciutto, diretto e preciso, mi ha convinto ancora una volta che la letteratura italiana contemporanea esiste. Eccome se esiste.


Titolo: Sofia si veste sempre di nero
Autore: Paolo Cognetti
Pagine: 208
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: minimumfax
ISBN: 978-8875214401
Prezzo di copertina: 14,00 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Sofia si veste sempre di nero