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venerdì 11 luglio 2014

UNA MUTEVOLE VERITA' - Gianrico Carofiglio

Come si fa a recensire un romanzo giallo-poliziesco di 120 pagine senza fare spoiler?  
E' semplice! E' sufficiente che nel libro in questione non ci sia niente da spoilerare! Inizi a leggerlo e, dopo le prime trenta pagine,  anche se sei un lettore completamente privo di intuito, riuscirai già a capire cosa succederà. Lo so cosa state pensando, che non esistono libri così, che non avrebbe senso pubblicarli e men che meno leggerli. Io anche lo credevo. Finché non mi è arrivato tra le mani questo nuovo romanzo (o racconto lungo, o quel che è) di Gianrico Carofiglio. 
Una delusione dietro l'altra, mi sta dando questo autore. E pensare, caro Gianrico, che io ancora vado in giro a consigliare i tuoi romanzi della serie con l'avvocato Guido Guerrieri, quel grande personaggio, che ti ha dato fama e meriti, e che mi ha convinta a leggere qualsiasi cosa tu pubblicassi.
Certo, non ho tenuto conto che ti facessero pubblicare qualunque cosa, basta che sia scritta un po' bene (e che Carofiglio sappia scrivere non lo metterò mai in dubbio).

E quindi sì, devo davvero recensire un romanzo giallo-poliziesco di 120 pagine senza fare spoiler. Impresa ardua. Perché anche se vi dicessi che non succede assolutamente niente, che non c'è nulla da scoprire e che nessun intuito è richiesto, farei spoiler.
Probabilmente Gianrico Carofiglio non aveva voglia di far fare ai suoi lettori alcuno sforzo, quando ha scritto Una mutevole verità. E nemmeno ai suoi investigatori, il maresciallo Fenoglio, annunciato come un grande nuovo personaggio all'altezza di Guerrieri e che invece risulta essere un po' una macchietta di investigatori più celebri (i siparietti con la moglie mi han fatto pensare al tenente Colombo... ), e la sua allegra combriccola di poliziotti più o meno violenti, che si ritrovano a indagare sul caso di Sabino Freddosio, trovato morto con un taglio alla gola nel suo appartamento. 
Fenoglio indaga, Fenoglio riflette, cita scrittori e suoi maestri di vita, battibecca con la moglie, mangia da solo panini al bar per pensare meglio e annusa odori di signore per la strada. E intanto l'indagine va avanti praticamente da sola e da sola arriva a una conclusione.

Non so davvero cosa pensare. Certo, si legge molto bene, è scorrevolissimo e ho apprezzato molto il cameo di un giovane avvocato Guerrieri alle prime armi. Forse è il momento più bello di tutto il libro. Però ecco, l'impressione che si ha, ancora una volta, proprio come era successo con La casa nel bosco, è che Carofiglio abbia dovuto scrivere un libro per contratto e abbia buttato giù la prima cosa che gli sia venuta in mente, senza pensarci troppo e confidando che il suo stile impeccabile (ma per chi ha letto tutti i suoi romanzi, come me, un pochino troppo prevedibile ormai) compensasse le carenze a livello di trama. Secondo me non ci è riuscito, però.

Ma perché continuo a leggere i suoi romanzi, considerando quante delusioni mi hanno provato ultimamente, vi starete domandando voi (e io stessa me lo domando, eh). Forse perché sono ancora follemente innamorata di Guido Guerrieri, delle sue storie e dell'entusiasmo che ogni romanzo che lo vede come protagonista mi ha fatto provare da sperare di ritrovarle ogni volta. E infatti già lo so che leggerò anche il prossimo, e quello dopo, e quello dopo ancora. 
Però ecco, credo che Carofiglio ai suoi lettori debba qualcosa di più rispetto a questi ultimi libretti che manda in stampa. Di molto, molto di più.

Titolo: Una mutevole verità
Autore: Gianrico Carofiglio
Pagine: 118
Anno di pubblicazione: 2014
Editore: Einaudi
ISBN: 978-8806220525
Prezzo di copertina: 12 €
Acquista su amazon:
formato brossura: Una mutevole verità

giovedì 14 novembre 2013

Incontrando... Gianrico Carofiglio

Le presentazioni dei libri e degli autori possono essere influenzate, positivamente ma anche negativamente, da chi viene chiamato a presentarli. Sì, lo so, sto dicendo un'ovvietà e ne avevo avuto prova anche in passato. Mi spiace però averne avuto conferma ieri sera, durante la presentazione di un autore che aspettavo da una vita di poter conoscere dal vivo e sentir parlare.
Purtroppo, infatti, per quanto bravo, Gianrico Carofiglio non ha potuto fare molto di fronte a una presentatrice che magari è una donna piena di cultura, brava a organizzare e a gestire eventi, ma che messa su un palco accanto a uno scrittore non è in grado di portare avanti la conversazione.

Sono arrivata al Circolo dei Lettori di Torino con un'oretta di anticipo, dopo una lauta cena in compagnia di un'amica. L'incontro era riservato ai possessori delle tessere del circolo e, anche così, ci è stato consigliato di arrivare molto in anticipo perché buona parte dei posti sono stati riservati (da quelli con la tessera più cara della mia). In mia compagnia, Elisa, una ragazza che ho conosciuto qui sul blog e che mi ha fatto un piacere immenso vedere per la seconda volta dal vivo.

Il lampadario della sala Grande del Circolo dei Lettori
 (mille lampadine, ma tutte a risparmio energetico)
Due terzi della sala erano effettivamente riservati. Ci siam sedute in fondo e abbiamo atteso le nove, ora d'inizio della presentazione.
Carofiglio è arrivato puntuale, si è seduto e la sua presentatrice ha preso la parola per presentarlo. Ed è stato evidente fin da subito che qualcosa non avrebbe funzionato.
Un po' civettuola (per carità, Carofiglio è un bell'uomo), un po' confusa, ci sono voluti almeno dieci minuti prima che lasciasse effettivamente parlare lo scrittore.


Carofiglio ha parlato di un sacco di argomenti interessanti, non limitandosi esclusivamente alla presentazione e alla promozione di Il bordo vertiginoso delle cose, libro da poco pubblicato dalla Rizzoli. Ha parlato del suo modo di scrivere e del suo modo di vedere la scrittura. Un argomento molto interessante che da solo avrebbe potuto tener viva una conversazione per ore. 
"Diffidate dagli scrittori che dicono di scrivere per se stessi, perché se così fosse non proverebbero nemmeno a pubblicare" ... avrei voluto salire sul palco e abbracciarlo, perché se uno vuole scrivere solo per se stesso, terrebbe un diario chiuso a chiave in un cassetto, non darebbe un testo in pasto a editori e, soprattutto, ai lettori.
"Diffidate dagli scrittori che dicono al lettore come dovrebbe leggere un loro libro. Il lettore ha sempre ragione, se motiva la sua interpretazione. L'autore può essere in disaccordo con lui, certo, ma non può dire che ha sbagliato". Mettersi a litigare con un lettore è una delle cose peggiori, a mio avviso, che un autore possa fare. Certo, dipende da come il lettore si pone, ma uno scrittore non può dirgli "non hai capito niente", può dirgli "io non volevo intendere quello" (e di nuovo, avrei voluto salire sul palco e abbracciarlo).
"C'è una differenza tra narcisismo dello scrittore (tutti gli scrittori sono narcisisti e hanno un loro ego) e narcisismo della scrittura". E qui si riferiva a  quei libri volutamente criptici, scritti per dimostrare di saper scrivere.
E oltre a queste frasi ne ha dette anche altre, su cui, come vi dicevo, si sarebbe potuto dibattere per ore e che invece si sono concluse con la presentatrice che dice: "Molto belle le parole che hai detto. Andiamo avanti" (e qui, volevo salire sul palco e menarla).

Ha poi parlato della situazione politica del passato, quella raccontata nel suo libro ("ma davvero credevano di fare la rivoluzione ammazzando persone che non c'entravano niente?"... frase più o meno condivisibile, ma che comunque racchiude il senso delle sue parole e della sua opinione), ma anche di quella del presente con il suo ruolo da deputato per il PD conclusosi da poco ("Ho dichiarato apertamente il mio dissenso nei confronti delle primarie dei parlamentari... e non sono più stato richiamato a fare il parlamentare").

Ha letto due passi del libro, ha provato a fare battute (il racconto della telefonata al suo editor per annunciargli che avrebbe scritto parte del libro nuovo in seconda persona è stato bellissimo) e risposto a qualche domanda del pubblico ("Perché ha lasciato la magistratura?"- "Perché il lavoro di scrittore per me ha preso il sopravvento e non sarei più riuscito a mettere il lavoro di magistrato in primo piano"- "Quindi è prigioniero dei suoi personaggi?" "Non mi sembra di aver detto questo, scrivo perché mi piace e perché mi va di farlo").

Un momento molto bello è stata la consegna all'autore di una copia di Testimone Inconsapevole tradotto in Swahili. Un progetto voluto da Mohamed Aden Sheikh per portare la cultura italiana negli ospedali somali.

E poi, ovviamente, alla fine c'è stato il firmacopie. Avrei voluto fargli autografare un paio di libri ma non ho osato, c'era troppa coda e la presentatrice era ancora lì sul palco insieme a lui con sguardo arcigno. Quindi, gli ho dato solo Testimone inconsapevole, dicendogli che il libro nuovo l'ho letto ma in ebook e farlo autografare sarebbe stato un problema. Lui mi ha risposto che una volta qualcuno gliene ha fatto firmare uno, ma che effettivamente è un bel problema.



Anche a distanza di ore dalla conclusione della presentazione, dopo averci dormito su (e dopo un imbarazzante episodio che mi è successo nel parcheggio), non riesco a togliermi di dosso una sensazione di delusione. Avevo tantissime aspettative per questa presentazione (se seguite il blog, sapete quanto io ami Gianrico Carofiglio), ero curiosa di sentirlo parlare e di sentirlo interagire e mi sono ritrovata di fronte a una presentazione piatta, a tratti quasi noiosa (non che l'autore fosse noioso, sia chiaro, ma senza qualcuno a farti "da spalla" difficilmente si può parlare di certi argomenti senza, alla lunga, annoiare un po'), ravvivata solo dai suoi tentativi di rivolgersi direttamente al pubblico e ignorare, seppur in modo molto elegante, la presentatrice (che ha chiamato Guerrieri "ispettore". Senza parole.)
Peccato, davvero.

venerdì 25 ottobre 2013

IL BORDO VERTIGINOSO DELLE COSE - Gianrico Carofiglio

Credo che ogni lettore abbia un autore di cui vorrebbe leggere anche la lista della spesa. Un autore di cui si ha letto praticamente tutto e di cui si aspetta con ansia l'uscita di ogni nuovo libro. Lo so, questa cosa l'avevo già detta per Marco Malvaldi (e forse anche per Jonathan Coe), eppure sento di doverla ripetete anche in questo caso. Perché per me  anche Gianrico Carofiglio è uno di questi autori. Mi piace il modo in cui scrive, mi piace come caratterizza i personaggi e come li fa riflettere su se stessi e sul mondo. 
Ovviamente questo mio amore nei suoi confronti genera delle aspettative molto alte e lascia un senso di iniziale smarrimento quando sembra che queste aspettative vengano disattese.

Con Il bordo vertiginoso delle cose la sensazione di smarrimento, non appena ho terminato il libro, è stata molto, molto forte. Non riuscivo a decidere se mi fosse piaciuto o meno, né tanto meno a capire da cosa dipendesse questa mia indecisione.

Il romanzo racconta la storia di Enrico, in un alternarsi tra passato ambientato nei banchi di scuola e narrato in prima persona, e presente, ambientato a Bari una trentina di anni dopo e narrato in seconda. Una scelta molto particolare quella di dare del tu al lettore, che ti trascina immediatamente dentro il libro e dentro il personaggio. Enrico da giovane era un liceale come tanti, un po' solitario, con una grande passione per la scrittura e per la musica. La sua vita cambia quando nella loro classe arriva Salvatore, un ragazzo più grande, già bocciato due volte, e soprattutto politicamente impegnato, che un giorno decide di insegnare a Enrico a difendersi contro gli attacchi dei bulli. 
E' lo stesso Salvatore che trent'anni dopo viene ucciso durante una rapina a mano armata e che riporta Enrico a Bari, in cerca di qualcosa, di un passato rimasto in sospeso che non gli permette di vivere il presente. E' uno scrittore di successo che non riesce più a scrivere, con una vita sentimentale disastrata e un senso di insoddisfazione che non riesce a placare. 

E' un romanzo che parla di adolescenza quindi, un'adolescenza vissuta negli anni '70, che segna inevitabilmente chi la vive, senza che riesca a superare quello che è stato. Enrico da adulto si ritrova un po' in sospeso, a guardare appunto le cose da un bordo vertiginoso su cui si tiene in equilibrio, tormentato dalla paura di cadere ma allo stesso tempo attratto dal vuoto. E' un scrittore di successo che ha scritto un solo libro (una figura che forse sta diventando un po' un cliché), è un uomo che è fuggito dalla sua vita e dal suo passato e che ora deve ritrovare se stesso.
Riflettendoci bene, il difetto maggiore di questo libro è che si arriva alla fine senza accorgersene. Può suonare un po' strano, perché di solito questo vuol dire che è scritto talmente bene ed è talmente coinvolgente che si divora senza difficoltà. Il fatto è che qui arrivi alla fine e pensi che non dovrebbe essere finito, che ci sono troppe cose lasciate in sospeso, concluse quasi di fretta, che ti fanno pensare a qualcosa di incompleto. Manca qualcosa. Manca nel passato di Enrico (possibile che si lasciasse davvero trascinare così tanto dagli eventi?), ma manca soprattutto nel presente. Si chiude il libro e non si può fare a meno di domandarsi: "E quindi che succede adesso?".

In ogni caso, Carofiglio la penna la sa usare eccome (ripeto, trovo la scelta della seconda persona singolare davvero azzeccata, se ne leggono pochi di libri con questa forma perché credo che non sia da tutti riuscire a gestirla in questo modo) e riesce sempre a creare immagini e situazioni all'apparenza normali e banali, che nascondono invece verità più profonde. Ed è forse per questo che mi piace così tanto il suo modo di scrivere e di portarti dentro le storie.
Se non conoscete l'autore e non avete mai letto nulla di suo, direi che è ora di rimediare. Con questo, volendo, ma  anche con tutti gli altri. Qualcosa Carofiglio ti lascia sempre.
E ora ovviamente aspetterò con ansia il prossimo.

Titolo: Il bordo vertiginoso delle cose
Autore: Gianrico Carofiglio
Pagine: 315
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Rizzoli
ISBN: 9788817068581
Prezzo di copertina: 18,50 €
Acquista su Amazon:

mercoledì 9 ottobre 2013

TESTIMONE INCONSAPEVOLE - Gianrico Carofiglio

Ve l'ho già detto che sono perdutamente innamorata di Guido Guerrieri? Penso di sì, ma nel dubbio ve lo ripeto. Sono innamorata di Guido Guerrieri. E se non fosse che ormai ho una certa età e un fidanzato, aggiungerei anche qualche cuoricino a questa mia dichiarazione.
Perché, per dirla senza mezzi termini, Guido Guerrieri, l'avvocato barese nato dalla penna di Gianrico Carofiglio, è semplicemente un figo. E' un figo per il suo carattere, per il suo modo di comportarsi, per i suoi pensieri, i suoi gesti, le sue intuizioni. E' un figo quando affronta i fantasmi di un passato e di un amore finito, ma ancora di più quando si mette indosso la toga e cerca di difendere i suoi clienti.

Un compito non semplice quando, come in questo caso, tutti gli indizi sembrano non lasciare dubbi. E' stato ucciso un bambino, il bambino era un amico di Abdou Thiam,  vù cumprà che bazzica sempre per le spiagge di Monopoli e che non ha alcun alibi per il pomeriggio in cui è stato compiuto il delitto. E c'è pure un barista che giura di averlo visto passare, senza merce, diretto proprio verso la casa dove il bambino trascorreva le vacanze con i nonni. Eppure l'avvocato Guerrieri accetta di difendere Abdou Thiam. Qualcosa dentro di lui gli dice che è innocente. Ora bisogna solo riuscire a convincere anche gli altri: un pubblico ministero che non è disposto ad accettare opposizioni ed è disposto a tutto pur di arrivare alla condanna, un giudice che non vede di buon occhio Guerrieri e una famiglia che non cerca altro che giustizia.

Leggere questi libri è un vero piacere. Li inizi e sai già che non riuscirai più a metterli giù finché non sarai arrivato alla fine. Ti ritroverai catapultato a Bari, nella vita complicata di questo avvocato quarantenne, tra clienti non sempre puliti ma che comunque bisogna difendere, problemi amorosi, tiri di boxe e gite notturne in libreria.
Non saprei bene spiegarvi perché io sia così innamorata di Guerrieri, anche perché non è da me lasciarmi andare a cotte letterarie così evidenti. Eppure, ogni volta che leggo una sua storia, non posso fare a meno di pensare: "quest'uomo è proprio un figo!". E il merito è sicuramente di Carofiglio, che lo ha caratterizzato perfettamente, rendendolo un uomo forte e allo stesso tempo fragile, insicuro ma, quando serve, molto deciso. E poi le trame ti tengono lì sulle pagine e non ti lasciano andare, perché una volta che Guerrieri inizia a indagare, a modo suo, non puoi fare a meno di seguirlo, curioso di sapere come andrà a finire.

Se non avete mai letto nessun libro con protagonista l'avvocato Guerrieri, vi consiglio caldamente di rimediare. Magari non fate come me, che non ho seguito l'ordine e mi sono quindi ritrovata a leggere questo, che sarebbe il primo, come ultimo, perché, sebbene ognuno racconti una storia a sé stante, ci sono continui riferimenti, oltre che i cambiamenti e la maturazione del personaggio.
Quindi, partite da questo Testimone inconsapevole. Poi, se vi è piaciuto, proseguite con Ad occhi chiusi, Ragionevoli dubbi e Le perfezioni provvisorie. Se siete donne, subirete quasi sicuramente anche voi il fascino di questo avvocato. Se siete uomini, anche. In ogni caso scoprirete che non bisogna per forza rivolgersi all'estero per trovare dei  legal thriller appassionanti.

Titolo: Testimone inconsapevole
Autore: Gianrico Carofiglio
Pagine: 316
Anno di pubblicazione: 2002
Editore: Sellerio
ISBN: 978-8838918001
Prezzo di copertina: 12 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Testimone inconsapevole

sabato 24 agosto 2013

COCAINA - Carlotto Carofiglio De Cataldo

Pare proprio che la cocaina vada di moda. E non solo per l'uso e l'abuso che ne viene fatto, molto più diffuso di quanto io pensassi, ma anche come tema di libri, saggi, racconti, romanzi. Oppure è solo una casualità, che due libri che trattano lo stesso argomento, ZeroZeroZero di Roberto Saviano e questa raccolta di racconti di Carlotto, Carofiglio e De Cataldo, siano usciti quasi in contemporanea. Fatto sta che sia il saggio di Saviano sia questi racconti mi avevano attirato fin dalla loro uscita, più per i nomi degli autori che non per l'argomento in sé.
Dell'opera di Saviano vi ho già parlato qualche tempo fa. Cocaina di Carlotto, Carofiglio e De Cataldo è stato invece il primo libro che ho letto in ferie... e se davvero il buongiorno si vedesse dal mattino, questa mia vacanza avrebbe dovuto essere terribile.

Tre racconti di tre grandi autori di thriller e polizieschi, che hanno come tema comune quello della polvere bianca appunto, con a disposizione una cinquantina di pagine ciascuno circa. Spero che Carlotto (di cui non avevo mai letto niente prima) e De Cataldo (di cui invece avevo amato molto Romanzo Criminale e detestato Io sono il libanese) non me ne vogliano, ma l'unico racconto che davvero merita la lettura tra questi tre è quello di Carofiglio. E' stato l'unico a trattare l'argomento da un punto di vista differente, per nulla banale e con la sua solita capacità di coinvolgere il lettore e di accompagnarlo in questa storia senza farlo perdere né confonderlo. Poche pagine, estremamente intense e ben scritte. 
Cosa che agli altri due autori non è riuscito... troppe cose nei loro racconti sono confuse, sbrigative e soprattutto troppo macchinose per il poco spazio che avevano a disposizione. Trattare il tema della droga e del suo commercio da un punto di vista poliziesco non è possibile in così poche pagine, proprio perché è un meccanismo molto complesso, di cui il lettore medio non sa assolutamente nulla. 

Insomma, a parte l'exploit di Carofiglio, che vale da solo tutta la raccolta, nel complesso si tratta di un libro evitabile, che emoziona e coinvolge il lettore solo in poche pagine e che lascia addosso una buona dose (sempre per rimanere in tema) di delusione.

Mi sono resa conto solo dopo aver chiuso il libro, letto comunque molto in fretta vista la sua mole limitata, che raramente leggo raccolte di racconti scritti da autori diversi. Non saprei bene spiegarmi il motivo... forse perché, anche quando i nomi coinvolti sono importanti e conosciuti, le vedo più come operazioni commerciali delle case editrici che non come vere e proprie opere letterarie.
E la lettura di Cocaina conferma questa mia teoria.

Titolo: Cocaina
Autore: Massimo Carlotto, Gianrico Carofiglio, Giancarlo De Cataldo
Pagine: 187
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Einaudi
ISBN: 978-8806215477
Prezzo di copertina: 13€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Cocaina

venerdì 21 giugno 2013

LA MANOMISSIONE DELLE PAROLE - Gianrico Carofiglio

Sono qui che penso a come scrivere la recensione di questo libro senza andarci giù troppo pesante. E mi rendo conto che come inizio non sia poi un granché e che l'autore potrebbe un po' risentirne.  Eppure, ieri sera, quando ho chiuso definitivamente (e per fortuna?) La manomissione delle parole, sono stata invasa da un sentimento di sollievo misto a fastidio: sollievo, appunto, per averlo finito, e fastidio per aver sprecato il mio tempo così.

L'idea alla base di questo saggio, se così si può chiamare, è quella di fare un'analisi di come molte persone tendano a cambiare il vero senso delle parole, a manometterle, più o meno consapevolmente, per interpretarle a loro favore o influenzare chi sta loro accanto. Un saggio che nasce da un romanzo dell'avvocato Guerrieri, come l'autore stesso spiega all'inizio, che in una libreria notturna aveva trovato il suo libraio intento a leggere un libro, inesistente, sulla manomissione delle parole e sull'uso che ne viene fatto. L'idea quindi di scrivere davvero questo libro credo che sia geniale. Se non fosse che è stata sprecata e buttata via dall'autore in maniera frettolosa e con scarsa cura.
Il saggio è breve, troppo breve visto l'argomento che tratta. Tocca tante cose, sì, ma lo fa in modo troppo superficiale, mischiando citazioni, politica e opinioni più o meno personali dell'autore. Avrebbe dovuto approfondire tutto di più, sia per quanto riguarda il passato sia, soprattutto, per il presente e l'importanza delle parole (e della loro manomissione) nella politica di oggi. Non è il fatto che parli di politica (in modo molto schierato... ma riportando comunque fatti) ad avermi infastidito, anzi! Come la penso da quel punto di vista credo sia ormai risaputo e il fatto che anche Carofiglio la pensi come me non può che farmi piacere. E' il modo frettoloso in cui lo fa. Come se l'autore stesso non avesse ben chiaro come e quanto scrivere, come se si fosse voluto fermare prima di dire troppo. Perché? Perché hai sprecato così tutte le potenzialità che questo  libro poteva avere? Perché hai stabilito un filo logico, che parte dalla Vergogna, passa per la giustizia, la ribellione, la bellezza per arrivare alla scelta, e poi lo hai seguito solo in parte, lasciando in sospeso troppe cose?

Sono un po' amareggiata, lo ammetto. Una reazione forse un po' eccessiva per un libretto del genere, certo. Ma quando hai tante aspettative (e io, adorando questo autore, di aspettative ne avevo davvero tante), vederle deluse è proprio una brutta sensazione. Soprattutto quando c'era tutto il potenziale per scrivere qualcosa di bellissimo, qualcosa che andasse oltre il mero saggio sul potere delle parole (cosa che non è) e che fosse una vera e propria denuncia. 

L'opera si chiude con un altro piccolo saggio dell'autore dal titolo "Le parole nel diritto", in cui analizza come il linguaggio burocratico sia ostile, quasi criptico e non alla portata di tutti. Un argomento effettivamente interessante, a cui Carofiglio è direttamente interessato in quanto magistrato. Ma di nuovo, poche pagine e nulla più.

PS: vorrei fare i complimenti a Margherita Losacco e all'inteso lavoro di ricerca che ha sicuramente fatto (lo si vede dalla bibliografia) per permettere a Carofiglio di scrivere il libro. Io personalmente avrei messo in copertina anche il suo nome.

Titolo: La manomissione delle parole
Autore: Gianrico Carofiglio
Pagine: 190
Anno di pubblicazione: 2011
Editore: BUR
ISBN: 978-8817052344
Prezzo di copertina: 9 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: La manomissione delle parole

giovedì 27 dicembre 2012

RAGIONEVOLI DUBBI - Gianrico Carofiglio

"Oltre alle regole scritte, quelle del codice e delle sentenze che lo interpretano c'è una serie di regole non scritte. Queste ultime vengono rispettate con molta più attenzione e cautela. E fra queste ce n'è una che più o meno dice: un avvocato non difende un cliente buttando a mare un collega. Non si fa, e basta. Normalmente chi viola queste regole, in un modo o nell'altro, la paga. O perlomeno qualcuno cerca di fargliela pagare". L'avvocato Guido Guerrieri deve correre questo rischio. C'è un uomo in carcere che si dichiara innocente, condannato in primo grado per traffico di droga. Le circostanze sono schiaccianti e lui stesso, in un primo momento, aveva confessato. Ma c'è però la possibilità che sia finito in una trappola orchestrata dall'avvocato di primo grado. Un maledetto imbroglio, dunque, che Guerrieri è restio a caricarsi, e non solo perché tutte le apparenze sono contro. Il detenuto non è una faccia nuova: ai tempi del movimento studentesco lo chiamavano Fabio Raybàn, picchiatore fascista ossessione dell'adolescenza di Guido. C'è anche una situazione personale ambigua che coinvolge l'avvocato: la fine forse di un amore, l'inizio pericolosissimo di un altro, e in ciascuno di questi incroci sembra materializzarsi lui, il detenuto che si proclama disperatamente innocente.

Era da parecchio tempo che non mi capitava di leggere un libro tutto d'un fiato, iniziando alle nove di sera e finendo nel cuore della notte. Che non mi capitava di non riuscire a staccarmi dalle pagine, di andare avanti, capitolo dopo capitolo, quasi senza accorgermene, completamente rapita dalla trama, dalla storia, dai protagonisti e dallo stile. Poi ieri sera ho preso in mano "Ragionevoli dubbi" e non l'ho posato finché non l'ho finito. Non mi sono alzata per bere, né per andare in bagno. Mi sono accorta che era sempre più buio, che i rumori di casa stavano piano piano scemando e che c'era solo più silenzio attorno a me. Ma non importava, perché dovevo leggere, dovevo assolutamente sapere come sarebbe andato a finire e interrompere la lettura, vuoi per bere, vuoi per dormire, forse avrebbe interrotto la magia.

"Ragionevoli dubbi" è un romanzo della serie dell'avvocato Guerrieri. Un avvocato penalista, che ha da poco superato i quarant'anni, con seri problemi d'insonnia, con la passione per il pugilato, una grande sfortuna in amore e molto, molto bravo del suo lavoro. In questo caso si ritrova a difendere un uomo, Fabio Paoloscelli, sulla cui auto, mentre tornava da un viaggio con la famiglia, è stato trovato un elevato quantitativo di cocaina. L'uomo inizialmente si è spontaneamente dichiarato colpevole, solo per evitare di far finire in galera anche la moglie, ma in realtà continua ad affermare di non saperne nulla, che la droga è stata messa nella sua auto a sua insaputa. In un primo momento è stato difeso da un avvocato misterioso e sconosciuto, consigliato alla moglie da un passante per strada, e che lo ha rassicurato che ci avrebbe pensato lui e che tutto si sarebbe risolto. Ma non è stato così. L'avvocato è sparito dopo la condanna. Fabio decide allora di rivolgersi a un altro avvocato e la sua scelta cade su Guido Guerrieri, di cui ha sentito parlare molto bene in galera.
Guido inizialmente è pero molto combattuto: Fabio Paoloscelli è in realtà Fabio Raybàn, un uomo con un passato da fascista militante che una volta, tanti anni fa, con un gruppo di amici ha aggredito lo stesso Guido. Oltre a questo, c'è la bellissima moglie di Fabio e la loro bambina a mettere in crisi l'avvocato Guerrieri. Ma alla fine decide di accettare, gettandosi anima e corpo in una disperata quanto geniale difesa dell'uomo. Certo, i dubbi rimangono anche a lui durante tutto il libro, dubbi ragionevoli sul passato di Fabio, sulla sua innocenza, ma anche dubbi sul modo di agire e di comportarsi.

Chi frequenta questo blog, sa già quanto io ami Gianrico Carofiglio (e quanto sia innamorata di Guido Guerrieri). Amo il suo stile, poetico e diretto allo stesso tempo. Amo le sue trame geniali e il suo modo pacato di sviluppare, quasi sempre solo attraverso la dialettica. E amo il suo modo di descrivere Bari nelle passeggiate notturne dell'avvocato (in questo romanzo in particolare c'è un capitolo bellissimo ambientato in una libreria notturna, in cui Carofiglio si autocita in un modo geniale).
Guido Guerrieri è un uomo complesso, ricco di contraddizioni, a volte buffo altre molto passionale. Un gran figo, insomma, se mi permette l'espressione. 

Vi consiglio assolutamente di leggere qualcosa di questo autore e, in particolare, della serie dell'avvocato Guerrieri. Io non rimango mai delusa.

"Dissi che sì, molto volentieri. Potevamo bere qualcosa e fare due chiacchiere.
E magari baciarci, e accarezzarci, e fare l'amore.
Dopo facciamo sempre in tempo a pentirci"
Titolo: Ragionevoli dubbi
Autore: Gianrico Carofiglio
Pagine: 299
Anno di pubblicazione: 2006
Editore: Sellerio
ISBN: 978-8838921469
Prezzo di copertina: 12,00 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Ragionevoli dubbi
formato kindle: Ragionevoli dubbi (La memoria)

mercoledì 29 agosto 2012

IL PASSATO E' UNA TERRA STRANIERA - Gianrico Carofiglio

Giorgio, studente modello figlio di intellettuali borghesi, ha ventidue anni e una vita normale e un po' noiosa. Senza crepe, in apparenza. Francesco è torbido, misterioso e affascinante. E baro. Le loro vite viaggiano separate fino all'incontro che segnerà il destino di entrambi. I due diventano amici e passano da una partita di carte truccata all'altra, da una bravata all'altra, in un vortice ubriacante che a poco a poco diventa un'inarrestabile discesa agli inferi. In parallelo corre un'indagine dei carabinieri su una serie di misteriose violenze. Una storia struggente sull'amicizia e il tradimento. Un'avventura picaresca in una Bari segreta e allucinata.

Prima di scrivere una recensione su questo romanzo di Carofiglio sarebbe utile fare un po' di ricerche. E' un romanzo autobiografico? Lo è solo in parte? L'autore prende spunto dalla sua vita ma poi inventa una trama a sé stante?
La risposta a queste domande infatti è fondamentale per poter dare un'opinione sul libro.
Se fosse un romanzo autobiografico non potrei dire nulla, onde evitare una querela (mi scusi, signor Carofiglio, ma non ho saputo resistere... io amo molto i suoi romanzi e il suo stile, ma il suo aver querelato una persona per aver criticato un suo libro proprio non mi è andato). Se fosse solo in parte una storia vera sarebbe interessante capire quali parti sono realmente successe e quali sono invece frutto della fantasia dell'autore: la seduzione del poker? la crisi esistenziale che colpisce più o meno tutti durante la carriera universitaria? La cocaina e gli stupri? Il potere che un'altra persona può esercitare su di noi senza che possiamo fare nulla per impedirlo?

Se invece è una storia totalmente inventata con solo qualche spunto autobiografico, beh... ragazzi, che noia! La trama è scontata e prevedibile sia nel suo svolgersi sia nell'epilogo, e risulta quasi difficile credere che un ragazzo di 25 anni, con una certa cultura alle spalle, si lasci influenzare così tanto da un suo coetaneo, affabulatore e misterioso, certo, intelligente e affascinante, anche... ma con delle debolezze e delle incongruenze troppo evidenti per non essere notate.
Eppure il rapporto tra Giorgio e Francesco è così. Giorgio, studente modello di giurisprudenza, si lascia totalmente ammaliare e conquistare da Francesco al punto da andare completamente fuori di testa. Si inizia con il poker, che gli farà assaporare per la prima volta l'ebbrezza di avere tanti soldi, per arrivare poi a qualcosa di più grande, troppo grande da gestire.
Possibile che la morale del protagonista sia così facile da zittire e venga fuori solo alla fine? (e meno male che almeno lì è venuta fuori!!) Possibile che i soldi possano far passare in secondo piano cose più importanti e rendere accettabili cose che accettabili non sono? Il protagonista ha studiato, ha una casa, una famiglia, non è povero o ignorante. Eppure si lascia conquistare da una persona che non ricambia minimamente questa sua venerazione, che lo usa come se niente fosse.
Possibile che le debolezze umane possano trascinare le persone sempre più in basso, in un vortice da cui solo una botta (o tante, meritate, nel caso di Giorgio!) ci può fare uscire?

Beh, se è un romanzo autobiografico, la risposta direi che è sì.

Rispetto agli altri romanzi di Carofiglio, "Il passato è una terra straniera" mi è piaciuto meno. Lo stile dell'autore è sempre magnifico e impeccabile, capace di tenerti ancorato alle pagine senza possibilità di fuga (e non per niente l'ho iniziato e finito in poche ore). 
Eppure qualcosa mi ha lasciata perplessa. I personaggi, forse. Giorgio, troppo debole e incosciente. Francesco, troppo misterioso e inesplicabile. Il giovane tenente, la cui storia non si capisce molto cosa possa centrare con tutto il resto (seppur molto bella, eh!). Oppure la trama, perché non riesco a credere che quanto raccontato nel libro possa davvero succedere. O ancora, perché odio i bari (mi arrabbio sempre con il mio ragazzo e mio fratello quando, sempre in coppia insieme, imbrogliano contro me e mia mamma a briscola) e chi mente in generale, e tutto il romanzo si basa su menzogne e giustificazioni.

Non sto dicendo che il libro non merita di essere letto, anzi. Amo talmente tanto Carofiglio che di questo autore leggerei anche la lista della spesa. Però boh, forse inizierei dagli altri.

Comunque, alla fine mica sono riuscita a capire se è o meno autobiografico.


Titolo: Il passato è una terra straniera
Autore: Gianrico Carofiglio
Pagine: 297
Anno di pubblicazione: 2008
Editore: BUR
ISBN:978-88-09-05657-2
Prezzo di copertina: 10€
Acquista su Amazon:


martedì 10 luglio 2012

AD OCCHI CHIUSI - Gianrico Carofiglio

Nelle giornate dell'avvocato Guerrieri, ogni tanto piomba una pratica, di quelle che non portano né soldi né gloria, ma solo nuovi nemici. Lui non riesce a rifiutarla, una specie di molla gli scatta dentro. La nuova pratica di "Ad occhi chiusi" gli prospetta una giovane donna vittima di maltrattamenti che ha avuto il coraggio di denunciare l'ex compagno suo persecutore: nessun avvocato vuol rappresentarla per timore delle persone potenti implicate. E la molla che gliela fa accettare sembra essere la ragazza con un'aura di inquietudine, che una sera si presenta assieme all'amico ispettore di polizia nel suo studio per chiedergli di assumere la difesa della donna tormentata. 

Sono follemente innamorata di Guido Guerrieri. Aveva già iniziato a piaciucchiarmi nel primo romanzo che ho letto che lo vede come protagonista, "Le perfezioni provvisorie" (che ovviamente non è il primo romanzo in ordine cronologico... ma il primo che mi hanno prestato), e ora posso confermare che non si tratta di un'infatuazione passeggera, di un amore nato per esaurirsi da solo, di una cotta adolescenziale. No. Questo è amore vero e proprio.

E da chi poteva nascere questo fantastico personaggio se non dalla penna di quel grande scrittore che è, a mio avviso, Gianrico Carofiglio. Lo so, lo so, che lo adoro ve l'ho già detto un sacco di volte. Che amo il suo stile, il suo modo di narrare, anche. E' che quando scopro questi autori che mi piacciono, per un periodo divento un po' monotematica, cerco di leggere tutto il possibile, soprattutto se mi rendo conto di quanto mi sono persa finora perché per qualche assurdo motivo non mi ci sono mai voluta avvicinare.
Carofiglio è bravo a scrivere racconti (vedi "Non esiste saggezza"), è bravo a scrivere racconti introspettivi (definirei così "Il silenzio dell'onda") ed è molto, molto bravo a scrivere romanzi pseudo-polizieschi.

Pseudo perché  Guido Guerrieri non è un poliziotto, non è un investigatore privato nè una dolce vecchina. Guido Guerrieri è un avvocato quarantenne di Bari che, per cause che non dipendono dalla sua volontà, si trova spesso immischiato in casi che nessuno accetterebbe. Casi che lo portano ad indagare (come nel caso de "Le perfezioni provvisorie", in cui di avvocatesco non c'è poi moltissimo), o che lo portano, come in questo caso, a scontrarsi contro qualcosa di più grande di lui, con un mondo fatto di protezioni e raccomandazioni. Il suo mondo, quello della giustizia e della magistratura.
Un giorno si presenta da lui un suo amico poliziotto in compagnia di una donna vestita di jeans aderenti e giubotto di pelle, dallo sguardo duro. E' Claudia. O meglio, suor Claudia, che, in compagnia del poliziotto, gli chiede se è disposto a costituirsi come parte civile nel caso di una donna vittima delle violenze fisiche e psicologiche di un uomo. Figlio del presidente della Corte d'Appello. Nessun avvocato sano di mente accetterebbe un caso simile. Ma il senso etico e della morale di Guerrieri va oltre queste cose. E, grazie anche alla curiosità che suscita in lui Suor Claudia e grazie all'aiuto di una coraggiosa pm, decide di aiutare la ragazza. Anche se forse è ormai troppo tardi.

Il romanzo è narrato in prima persona. E' l'avvocato Guerrieri stesso che ci racconta la vicenda, le sue sensazioni, il suo rapportarsi al caso e a tutte le persone implicate. E nel mezzo ci offre degli sprazzi della sua vita personale, della sua storia d'amore con Margherita, dei suoi ricordi e delle sue paure del passato, che a volte vengono a galla e tolgono il respiro. 
In mezzo a questa narrazione, ce n'è inserita un'altra, sempre in prima persona narrata da un altro personaggio principale del romanzo (si capisce subito di chi si tratta, ma non voglio comunque svelarvi nulla) che racconta il suo passato per far capire il suo presente. Un espediente azzeccatissimo, che rende il libro molto intenso.

L'avvocato Guerrieri è un personaggio stupendo. Un eroe vecchio stile che cerca in tutti i modi la verità e si lascia a volte andare a modi un po' bruschi, un quarantenne che tira di boxe per calmarsi, che a volte riflette troppo, che non disdegna lunghe passeggiate nel cuore della notte se non riesce a dormire e che si lascia spesso sommergere da pensieri, ricordi e riflessioni sul passato e sul presente.

Posso solo dirvi di leggere i romanzi di Carofiglio, almeno quelli con protagonista questo personaggio (magari, se riuscite, leggeteli nell'ordine giusto... le trame non sono collegate, ma qualche piccolo riferimento ogni tanto viene fatto), perché meritano davvero.

E ora vedrò di recuperare anche io tutti i romanzi con il mio Guerrieri, perché  ne sento già parecchio la mancanza.


Titolo: Ad occhi chiusi
 Autore: Gianrico Carofiglio
Pagine: 253
Prezzo di copertina 12 €
Editore: Sellerio
Acquista su Amazon: Ad occhi chiusi (La memoria)

mercoledì 23 maggio 2012

NON ESISTE SAGGEZZA - Gianrico Carofiglio

I racconti di "Non esiste saggezza" provengono dai luoghi della realtà quotidiana: sono volti che emergono dalla folla dei viaggiatori, in zone neutrali di transito. Soprattutto, figure di donne: con esse, la voce del narratore è partecipe, solidale, protettiva, come a voler condividere il peso di un segreto in varie forme doloroso, a volerle affrancare da un destino ostile. Appaiono improvvisamente: a un casello autostradale, la bambina solitaria chiede a un automobilista ignaro di accompagnarla verso il mistero. L'attesa notturna in un aeroporto è colmata dai versi di una poetessa russa, dalla sosta sfuggente di una sconosciuta. E, improvvisamente, queste donne scompaiono: dall'ambulatorio di una missione umanitaria, ultimo posto in cui sono state viste una dottoressa volontaria e la ragazza colombiana sua compagna, nella rischiosa sfida a ingiustizie e prevaricazioni. I personaggi maschili si trovano a cercare, a inseguire: un'impressione, un sospetto, una curiosità che li spinge oltre i limiti del prevedibile, talvolta del lecito. E la raccolta si completa con un vero e proprio romanzo di formazione in miniatura, ambientato negli spazi metafisici della Murgia. "Le cose non esistono se non abbiamo le parole per chiamarle." 

E poi d'improvviso mi ritrovo a leggere praticamente solo più autori italiani. Sarà il periodo, in cui un po' di sano pratriottismo non può fare che bene. Sarà, molto più probabilmente, che mi sono accorta di essermi persa parecchi autori meritevoli a causa di quella mia inspiegabile e totalmente ingiustificata titubanza verso scrittori nostrani. Poi però, inizi con un Calabresi e te ne innamori perdutamente (al punto da fargli stalking al Salone del Libro), leggi un Vitali e ti perdi in Bellano senza riuscire a smettere di volerlo conoscere, scopri casualmente Marco Malvaldi e ridi leggendo come non ti capitava già da un po'. E poi conosci Gianrico Carofiglio e hai la conferma che in Italia ci sono scrittori bravi e meritevoli (senza ovviamente fare nessun torto a quelli che già conoscevi, altrettanto bravi).

Io con Carofiglio ci vado proprio tanto d'accordo. Avevo iniziato con "Il silenzio dell'onda", che ho divorato e amato e che mi ha lasciato parecchio su cui riflettere. Sono poi passata a "Le perfezioni provvisiore" e ho conosicuto l'avvocato Guerrieri, un altro "investigatore della domenica" (come il Massimo di Marco Malvaldi) che ho amato da impazzire, per i suoi ragionamenti, per la sua vita un po' sgangherata e per la passione che mette nelle cose che fa. 
"Non esiste saggezza" era la prova del nove. Come già ho detto diverse volte, i racconti non sono esattamente la mia più grande passione. Odio non avere tempo di affezionarmi al personaggio, odio le trame che per forza di cose devono essere un po' approssimative, odio immergermi in quello che sto leggendo e poi dover ritornare a galla dopo poche pagine. Quindi, se anche questa raccolta di racconti mi piace, vuol dire che, almeno per quello che mi riguarda,  Carofiglio è veramente ma veramente bravo, al punto da poter entrare di diritto tra i miei dieci autori preferiti.

E ovviamente ci è riuscito. E' riuscito ad appassionarmi, è riuscito a stupirmi e a farmi pensare. E' riuscito a farmi sorridere e a farmi stupire con questi dieci racconti. Certo, alcuni mi sono piaciuti meno di altri, ma questo è normale. Però nel suo complesso, questa raccolta di racconti è stupenda.
Già solo il racconto iniziale, che da' il titolo alla raccolta, ti lascia a bocca aperta per l'intensità della narrazione e della situazione narrata. Un incontro fortuito in aeroporto, la scoperta di un legame con una persona mai incontrata prima e quel senso di perdita, incontrollato, ingiustificabile eppure tanto forte, quando l'incontro finisce. Credo sia capitato a tutti almeno una volta nella vita.
Molto buffo ma anche molto commuovente è "Intervista a Tex Willer", in cui un uomo adulto (l'autore stesso immagino) intervista il suo eroe di quando era bambino, pondendogli domande buffe (tipo "ma perché usate quello strano linguaggio nel fumetto?" oppure "come mai lei non invecchia mai anche se tra le avventure che vive c'è uno stacco temporale di 100 anni?) ma anche alcune profonde che lasciano trasparire quanto siano importanti per noi quando siamo bambini i nostri eroi.
Altrettanto bello è "Il paradosso del poliziotto", in cui uno scrittore che vuole scrivere un libro intervista un ispettore anziano sui metodi della polizia durante gli interrogatori di sospettati e testimoni, e di come le botte e le percosse non siano sempre (leggi "mai") il modo migliore per far parlare chi ci sta davanti.
E poi c'è il lungo racconto conclusivo, "La doppia vita di Natalia Blum", veramente ma veramente incredibile e geniale.

Questi sono ovviamente solo alcuni dei racconti della raccolta, dieci in tutto, tutti con le stesse potenzialità di piacere e stupire, grazie allo stile di Carofiglio, profondo, leggero, toccante, commuovente, angosciante a seconda di quello che ci sta raccontando.
Non posso che consigliarlo!

Titolo: Non esiste saggezza
Autore: Gianrico Carofiglio
Pagine: 244
Prezzo di copertina: 14€

Editore: Rizzoli
Acquista su Amazon: Non esiste saggezza (Vintage)

lunedì 2 aprile 2012

LE PERFEZIONI PROVVISORIE - Gianrico Carofiglio

Le giornate di Guido Guerrieri trascorrono in equilibrio instabile fra il suo lavoro di avvocato - un nuovo elegante studio, nuovi collaboratori, una carriera di successo - e la solitudine venata di malinconia delle sue ore private. Antidoti a questa malinconia: il consueto senso dell'umorismo, la musica, i libri e le surreali conversazioni con il sacco da boxe, nel soggiorno di casa. Tutto inizia quando un collega gli propone un incarico insolito: cercare gli elementi per dare nuovo impulso a un'inchiesta di cui la procura si accinge a chiedere l'archiviazione. Manuela, studentessa universitaria a Roma, figlia di una Bari opulenta, è scomparsa in una stazione ferroviaria, inghiottita nel nulla dopo un fine settimana trascorso in campagna con amici. Inizialmente Guerrieri esita ad accettare l'incarico, più adatto a un detective che a un legale. Poi, scettico e curioso a un tempo, inizia a studiare le carte e a incontrare i personaggi coinvolti nell'inchiesta. Tra questi, la migliore amica di Manuela, Caterina. Una ragazza dei suoi tempi giovane, bella, immediata al limite della sfrontatezza. L'avvocato, diviso fra imbarazzo e attrazione, si lascia accompagnare da lei nel ricostruire il mondo segreto di Manuela e le ragioni della sua scomparsa.

Bene, ho appena scoperto di adorare Carofiglio. E pensare che fino a un mese fa non avevo mai letto nulla di suo e per qualche bizzarro motivo me ne tenevo piuttosto alla larga.
Ora, invece, vorrei avere già tra le mani un altro dei suoi romanzi, per poter continuare a leggere questo suo stile incredibile e avvincente.
Avevo già scoperto il suo potenziale poco tempo fa, con "Il Silenzio dell'Onda", un libro molto intenso e riflessivo. Ora, con questo giallo, che ho scoperto essere in realtà il quarto con protagonista il grande avvocato Guido Guerrieri, la sua bravura mi è stata confermata.

La trama in sé forse non è nemmeno delle più originali. Guido Guerrieri è un avvocato penalista a cui un suo amico chiede il piacere di fare qualche ulteriore indagine sulla scomparsa di una ragazza, Manuela, prima che il fascicolo venga chiuso definitivamente. Un po' reticente all'inizio, Guido si trasformerà in un novello Sherlock Holmes della Bari vecchia, complice anche effettivamente la sua grande passione per la lettura. L'avvocato inizierà quindi ad indagare, conoscerà le amiche di Manuela e riuscirà piano piano a ricomporre tutti i tasselli mancanti e a scoprire la verità.

La forza di questo romanzo però sta soprattutto nel suo protagonista. Guido è a mio avviso un personaggio incredibile. Ha come migliore amico un sacco da pugile, al quale confessa tutte le sue angoscie e i suoi turbamenti, ha il vizio di lasciarsi travolgere improvvisamente dai ricordi senza quasi rendersene conto. E' poi circondato da una serie di personaggi altrettanto ben riusciti, suoi ex clienti ora diventati suo amici, suoi colleghi che odia con tutto il cuore, poliziotti con cui ha collaborato e che ancora spesso si ricordano di lui.
E' un personaggio dal passato amoroso un po' tormentato e con una forte autoironia e coscienza di sé, che emerge grazie alla narrazione in prima persona, che lo rende ancora più credibile e umano.
Potrebbe ricordare a tratti l'avvocato Malinconico di Diego De Silva, ma, oltre alle diverse città, Bari per Carofiglio e Napoli per De Silva, Guido Guerrieri sembra un tantino più credibile nei panni di avvocato, oltre ad essere sicuramente mentalmente più stabile.

Non so se l'aver iniziato dall'ultimo romanzo con protagonista questo "investigatore della domenica" sia stato un vantaggio o uno svantaggio. Sicuramente ora vedrò di procurarmi anche tutti gli altri (e per fortuna, chi mi ha prestato questo e anche "Il Silenzio dell'Onda", si è innamorato come me di questo scrittore).
Assolutamente da leggere!

Nota all'edizione: volevo solo farvi sapere che mi irritano i libri pubblicati da Mondolibri, che cambiano copertina e hanno un formato proprio. Così, giusto per fare un po' la pignola.


Per acquistare: Le perfezioni provvisorie (La memoria)

lunedì 27 febbraio 2012

IL SILENZIO DELL'ONDA - Gianrico Carofiglio

Da mesi, il lunedì e il giovedì, Roberto Marias attraversa a piedi il centro di Roma per raggiungere lo studio di uno psichiatra. Si siede davanti a lui, e spesso rimane in silenzio. Talvolta i ricordi affiorano. E lo riportano al tempo in cui lui e suo padre affrontavano le onde dell'oceano sulla tavola da surf. Lo riportano agli anni rischiosi del suo lavoro di agente sotto copertura, quando ha conosciuto il cinismo, la corruzione, l'orrore. Fuori, ma anche dentro di sé. Di professione fantasma, ha imparato a ingannare, a tradire, a sparire senza lasciare traccia. Una vita che lo ha ubriacato e travolto. Le parole del dottore, le passeggiate ipnotiche in una Roma che lentamente si svela ai suoi occhi, l'incontro con Emma, come lui danneggiata dall'indicibilità della colpa, gli permettono di tornare in superficie. E quando Giacomo gli chiede aiuto contro i suoi incubi di undicenne, Roberto scopre una strada di riscatto e di rinascita


Per qualche strano motivo che non mi so spiegare, tendo a tenermi lontana dai romanzi italiani più recenti. Capita sì di leggere qualcosa ogni tanto (ci casco sempre con Ammaniti, per esempio), ma rispetto alla quantità di libri di autori italiani che vengono pubblicati sono decisamente indietro. Non leggo la Mazzantini perché "Non ti muovere" mi aveva traumatizzata (forse ero troppo piccola quando l'ho letto). Non ho mai letto nulla di D'Avenia, della Mazzucco o della Avallone. Ho letto puramente per caso "Accabadora" della Murgia (e merita!) e scoperto da pochissimo quanto bene scrive Mario Calabresi.
E Gianrico Carofiglio rientra proprio tra questi autori italiani che nella mia testa definisco "nuovi", tra quelli da cui mi sono sempre tenuta lontana senza sapere bene perché. Poi però l'altro giorno sono andata dal mio ragazzo e suo papà mi ha intercettata prima che uscissimo mettendomi in mano questo libro e dicendomi "Lo devi leggere" (cosa che succede sempre più spesso e che, nonostante qualche suggerimento sbagliato, adoro). E quindi ho letto il mio primo Carofiglio, che in realtà è l'ultimo.

Che dire? La trama forse è un tantino banale: Roberto, un carabiniere in congedo per motivi di salute, visita il suo psichiatra due volte a settimana. Da queste sedute, che scandiscono la vita di quest'uomo, si scopriranno piano piano cose dolorose del suo passato, dalle più recenti alle più lontane, che sono comunque in qualche modo tutte collegate. Grazie a queste sedute conoscerà Emma, anche lei paziente del dottore e anche lei con un passato difficile e doloroso, fatto di delusioni e disillusioni. I due diventano amici, al punto che quando il figlio di Emma, Giacomo, andrà da lei a chiedere aiuto, la donna si rivolgerà proprio a Roberto.
Come dicevo, la trama non è nulla di particolarmente originale. Ma la forza di questo libro sta a mio avviso nella narrazione. I capitoli narrano la storia di Roberto, il suo riavvicinarsi alla realtà dopo mesi di oblio grazie alle sedute con lo psicologo, le sue ricadute, la sua difficoltà a perdonare e soprattutto a perdonarsi. A questi capitoli si alternano quelli narrati da Giacomo, un bambino timido e introverso che lotta in ogni modo per non lasciarsi vincere dalla nostalgia che prova per il padre, non fosse altro per aiutare la madre a non crollare. Due narrazioni che alla fine si intersecano e uniscono, con un finale che lascia a tutti la speranza e la possibilità di espiare le proprie colpe, per poter tornare a vivere.

E' un libro che cattura, che si legge molto bene e in fretta proprio grazie al suo stile rapido e conciso, che rende difficile staccarsi dalle sue pagine.
Consigliato!

(PS: se mai avrò bisogno di uno psicologo/psichiatra, ne vorrei uno come quello del libro... se esistono veramente!)

Per acquistare: Silenzio dell'onda (Scala italiani)