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giovedì 7 dicembre 2017

VESTIVAMO DA SUPERMAN - Bill Bryson

Non so come ci fossero riusciti, ma i responsabili degli anni Cinquanta avevano creato un mondo in cui ti faceva bene quasi tutto.  Gli aperitivi? Più ne bevevi meglio era! Il fumo? Ma certo! A giudicare dalle pubblicità, le sigarette ti facevano sentire addirittura meglio: calmavano i nervi tesi e rinvigorivano la mente stanca. «Proprio quelle che ha prescritto il dottore!» recitavano le pubblicità delle sigarette L&M anche sulle pagine del «Journal of the American Association», dove sarebbero state accettate fino agli anni Sessanta. I raggi X erano così benigni che i negozi di scarpe avevano installato macchine speciali che li usavano per prenderti le misure, spedendo raggi penetranti che ti entravano dalla pianta dei piedi e ti uscivano dalla testa.


“Nel dubbio, Bill Bryson”.
Potrebbe diventare il mio motto di vita, questo. O almeno di vita da lettrice, perché ho scoperto che non c’è nessuno scrittore che riesca a sbloccarmi nei momenti di crisi da “non ho voglia di leggere” come ci riesce lui.
È la seconda volta che mi succede, quest’anno, di non riuscire a trovare il libro giusto. Di aprire e chiudere dopo poche righe un romanzo perché “no, non mi va”, per poi farmi prendere dallo sconforto.  La prima crisi, avvenuta quest’estate, l’avevo superata con Una città o l’altra, libro in cui il buon vecchio Bill racconta dei suoi viaggi in Europa e che mi aveva divertito molto.
Ai primi accenni di seconda crisi, quindi, sapevo già come avrei potuto superarla: facendomi accompagnare da qualche parte da Bill Bryson.

Questa volta è stato un viaggio nel tempo, negli anni della sua infanzia, l’America degli anni ’50. In Vestivamo da superman, tradotto da Stefano Bortolussi e edito da Guanda editore, lo scrittore americano, infatti, ci racconta di come è stato nascere e crescere negli Stati Uniti del boom economico del secondo dopoguerra.

Crescere era facile. Non richiedeva alcun pensiero o sforzo da parte mia. Sarebbe accaduto comunque… Eppure quello è stato di gran lunga il periodo più spaventoso, emozionante, interessante, istruttivo, sbalorditivo, libidinoso, entusiasta, problematico, spensierato, confuso, sereno e snervante della mia vita. E guarda caso, lo è stato anche per l’America.

Nato nel 1951, Bill ha trascorso la sua infanzia e la sua adolescenza a Des Moines, la capitale dello stato dell’Iowa, persa nelle grandi pianure del Midwest. Una città tranquilla, da cui l’autore osserva e vive sulla propria pelle l’evoluzione dell’America, senza mai dimenticarsi, però, di essere un bambino. E quindi racconta degli esperimenti nucleari degli anni ’50, ma anche dei giochi per strada (a volte si veniva cacciati di casa al mattino e non si veniva riammessi fino a sera) con un milione di altri bambini e dell'arrivo della televisione; del fumo e del fatto che niente sembrava facesse male alla salute in quegli anni, ma anche dei dispetti ai negozianti e ai parenti; delle questioni razziali, ancora ben presenti in alcune parti degli Stati Uniti, ma anche di come lui e gli altri bambini  e adolescenti non vedessero alcuna differenza, se non quelle sportive.

Fortunatamente eravamo indistruttibili. Non si vedeva la necessità di cinture di sicurezza, di airbag, di dispositivi antifumo, di acqua in bottiglia o di manovre di Heimlich. I medicinali non dovevano avere chiusure di sicurezza per i bambini. Non avevamo bisogno di casco quando andavamo in moto o di ginocchiere e gomitiere quando pattinavamo. Sapevamo senza che ci fosse bisogno di scriverlo che la candeggina non era una bevanda rinfrescante e che la benzina, se accostata a un fiammifero, tendeva a prendere fuoco. Non dovevamo preoccuparci di quello che mangiavamo perché quasi tutti i cibi ci facevano bene: lo zucchero ci riempiva di energia, la carne rossa ci rendeva forti, il gelato ci dava ossa sane, il caffè ci teneva svegli, ronzanti e produttivi.

Il tutto, ovviamente, sempre con lo stile ironico, scanzonato, ma anche molto intelligente, che caratterizza tutte le opere di Bill Bryson (e di cui qui potete vedere un assaggio a inizio di ogni capitolo, nei buffi ritagli di giornale che l’autore ha scelto di inserire per introdurre l’argomento di cui sta per parlare).

Sprinfield, Illinois (AP) - Ieri il Senato dell'Illinois ha sciolto la Commissione efficienza ed economica «per motivi di efficienza ed economia».
Des Moines Tribune, 6 febbraio 1955

Quello che ne viene fuori è un ritratto fedele dell’America del periodo e di quello che gli anni ’50 e ’60 hanno rappresentato per il sogno americano. Ma è anche il ritratto di un bambino che adora mangiare schifezze e ha paura del dentista, che vorrebbe andare a Disney World e che sogna di riuscire finalmente a vedere una donna nuda.

Vestivamo da superman è un libro che tutti gli amanti degli Stati Uniti e della letteratura americana dovrebbero leggere, perché descrive benissimo il contesto di quegli anni e tutte le sue contraddizioni. Ed è un libro che, se state vivendo un blocco di lettura, dovreste procurarvi e lasciare che Bill, con i suoi superpoteri da Ragazzo Folgore, vi aiuti a superarlo.


TITOLO: Vestivamo da superman
AUTORE: Bill Bryson
TRADUTTORE: Stefano Bortolussi
PAGINE:315
EDITORE: Guanda /TEA
ACQUISTA SU AMAZON
formato cartaceo:Vestivamo da Superman
formato ebook: Vestivamo da superman

giovedì 28 luglio 2016

IL REVERENDO, LE ROSE E LE STRAVAGANZE DEL PROFESSORE - Ian Sansom


«È passato molto tempo.»

«Ha mai perso qualcuno, Sefton?»
«Sì.»
«Allora sa bene che non ne passa mai abbastanza.»



Ho adocchiato per la prima volta Il reverendo, le rose e le stravaganze del professore (un titolo alquanto bislacco, soprattutto in considerazione dell’originale, The Norfolk Mistery) di Ian Sansom, edito da TEA con la traduzione di Flavio Iannelli, poco dopo la sua uscita, quasi per caso, sullo scaffale di una libreria. Ero stata sul punto di acquistarlo, perché già conoscevo questo autore grazie ai suoi romanzi con protagonista il fantastico bibliobus di Tundrum (Il caso dei libri scomparsi, soprattutto) e mi ricordo che, più di tutto, avevo amato il suo stile molto british.
Poi però, come succede spesso quando entro in libreria, l’ho lasciato lì e, devo ammettere, quasi dimenticato. Fino all’altro giorno, a quella mega promozione sugli ebook del gruppo Mauri Spagnol che me lo ha fatto subito acquistare. E poi, complice una crisi di lettura molto forte, che solitamente mi passa leggendo sull’e-reader, incominciarlo quasi subito.

Ed è così che ho conosciuto il giovane Stephen Sefton, reduce dalla guerra civile spagnola e ora completamente incapace di decidere che cosa fare della sua vita, e, soprattutto, il grande, grandissimo professor Swanton Morley. I due entrano in contatto grazie a un annuncio di lavoro: il professor Morley sta cercando un assistente, che lo segue nel suo enorme progetto di scrivere la storia d’Inghilterra tramite delle guide sulle regioni che la compongono. Ha bisogno di qualcuno che lo segua, che lo aiuti e che stia al suo passo e il giovane e disilluso Sefton sembra proprio essere il tipo giusto. Le cose però prendono una piega strana già dalla prima tappa, nel Norfolk. Al loro arrivo, infatti, vengono accolti da una signora urlante che ha appena trovato il corpo del vicario del paese, impiccato all’interno della chiesa. Un’occasione incredibile per Swaton Morley di mettere in mostra tutto il suo enorme sapere. E, infatti, dopo molte chiacchiere con i compaesani, molte indagini e molti imbarazzi per Sefton di fronte allo strano comportamento del suo datore di lavoro, sarà proprio Morley a trovare la soluzione del caso.

Il reverendo, le rose e le stravaganze del professore è quindi un romanzo giallo, in cui però la storia è funzionale a mettere in risalto questo incredibile protagonista. Il professore Swaton Morley è un personaggio indimenticabile: sa tutto, parla per citazioni, è spesso indisponente e poco gli importa di mettere in imbarazzo chi gli sta attorno, ma è anche capace di grandi pensieri umanissimi. E Stephen Sefton, con questa sua disillusione verso il mondo e la vita, e questa confusione che a tratti prova accanto al suo datore di lavoro (ok, quasi sempre in realtà) è una spalla perfetta, grazie proprio alla grande contrapposizione che si crea in questa coppia. 
In più, c’è la campagna inglese sul finire degli anni ’30, in cui l’eco della guerra non è ancora arrivato e dove le cose del passato ritornano anche dopo parecchi anni.

È un bel romanzo questo di Ian Sansom, divertente e intelligente, e di nuovo molto inglese. Se siete amanti di quei posti, di quella letteratura, dei gialli e, soprattutto, dei personaggi bislacchi ma geniali, direi proprio che questo libro fa per voi. Per me è stato proprio una bella lettura.

"Poi alzò la testa, la avvicinò alla mia e mi baciò sulla bocca.
Rimasi scioccato, ma ricambiai il bacio. Continuammo a baciarci per un po', con calma, senza furore, come amanti che si conoscono da sempre; poi qualcosa cambiò: sentii i suoi semi premere con insistenza contro il mio petto e le braccia stringermi con forza le spalle, e così facendo mi trascinò nel buio, lontano dalla vista di Ridley.
E poi... la sua schiena contro il muro, i baci, i nostri corpi che si muovevano febbrilmente all'unisono, i suoi gemiti, lei che metteva la mia mano sulla sua bocca mentre il suo corpo vibrava contro il mio.
Non era né il luogo né il momento giusto. Era tutto vero, ma allo stesso tempo era fatto della stessa sostanza dei sogni.
Semplicemente, accadde"

Titolo: Il reverendo, le rose e le stravaganze del professore
Autore: Ian Sansom
Traduttore: Flavio Iannelli
Pagine: 308
Editore: TEA
Prezzo di copertina: 16€
Acquista su Amazon:

lunedì 25 luglio 2016

AMORI IN VIAGGIO - Alexander McCall Smith

"D'altra parte, qualcuno ha mai riflettuto sul fatto che l'amore a prima vista potrebbe essere la regola e non l'eccezione? Quante persone si innamorano gradualmente e quante in realtà sono già innamorate fin da quel primo istante in cui hanno posato gli occhi sull'altro, o sull'altra?"


Mi piace tantissimo viaggiare in treno. Mi piaceva anche quando lo prendevo tutti i giorni, per andare all’università, e rimanevo spesso incastrata tra scioperi, ritardi, passaggi a livello che non si chiudevano e problemi non ben identificati. Mi piace stare lì seduta, a leggere, a guardare fuori dal finestrino o le altre persone intorno a me, senza che debba prestare attenzione a niente.

Ed è proprio durante due viaggi in treno, uno di andata e uno di ritorno, che ho letto la maggior parte di Amori in viaggio di Alexander McCall Smith, pubblicato in Italia da tre60 con la traduzione di Flavio Iannelli. Al mattino ero da sola in gruppo di sedili da quattro, su un treno quasi vuoto, complice l’estate e l’orario. Al ritorno, invece, seduto di fronte a me c’era un ragazzo che stava leggendo e che mi ha sorriso quando mi sono seduta, e accanto un bimbo che avrà avuto sì e no cinque anni in compagnia della madre e di una buffa motoretta di Spiderman che dopo cinque minuti ha iniziato a percorrermi il braccio. Avevo l'e-reader acceso davanti a me, e ogni tanto leggevo e ogni tanto guardavo fuori dal finestrino, assorta nei miei pensieri, incrociando spesso lo sguardo del ragazzo davanti a me che faceva esattamente la stessa cosa.

Amori in viaggio racconta quattro storie, che si incrociano proprio su un treno, da Edimburgo a Londra (una tratta che ho fatto una volta, ma in senso opposto). Quattro viaggiatori, tre uomini e una donna di età diverse, che si ritrovano seduti vicini e che, partendo da una considerazione banale, si ritrovano a raccontarsi le loro storie d’amore. Storie che hanno vissuto sulla propria pelle o di cui sono il frutto. Storie difficili, tormentate, incasinate, a volte dolorose, o anche solo non dichiarate. 
Ma piene, strapiene di amore.

Ammetto che quando ho terminato il libro, non sul treno ma a casa, il giorno successivo a quel viaggio, la prima impressione è stata che mi aspettavo qualcosa di più. Poi però ora che ne sto scrivendo mi sto rendendo conto di quanto effettivamente mi sia piaciuto. Non tanto per le storie d’amore raccontate, cioè sì, anche per quelle, perché non hanno nulla di banale, di stereotipato (come ci si potrebbe aspettare da un libro pubblicato da questa casa editrice). Mi è piaciuto soprattutto per l’atmosfera che Alexander McCall Smith è riuscito a creare, per questa cosa del raccontarsi a uno sconosciuto che si sa già che alla fine del viaggio non si vedrà più. 

A tutti è capitato, almeno una volta nella vita, di condividere un pezzetto di strada con qualcuno che non si conosce eppure raccontarsi come se invece ci si conoscesse da sempre, per non rivedersi più. Ed è bello, dolce e poetico. Soprattutto quando si parla d’amore.
Amori in viaggio è una lettura sicuramente leggera, che però una volta terminata lascia dentro una dolce sensazione. 


Titolo: Amori in viaggio
Autore: Alexander McCall Smith
Traduttore: Flavio Iannelli
Pagine: 213
Editore: tre60
Prezzo di copertina: 9€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Amori in viaggio

venerdì 31 ottobre 2014

BREVE STORIA DI (QUASI) TUTTO - Bill Bryson

Io ho frequentato un liceo scientifico. Mio padre avrebbe tanto voluto che uno dei suoi figli facesse il classico (e io, essendo l'ultima, ero la sua ultima speranza), ma per fortuna non ha insistito più di tanto. Non so nemmeno io perché non volessi fare il classico. Forse avevo un po' paura del greco, forse a quattordici anni, quando è stato il momento di scegliere, ero ancora nella fase "da grande farò l'astronauta!" e lo scientifico mi è sembrata la scelta migliore. La scienza mi ha sempre affascinata e mi affascina ancora oggi, sebbene poi mi sia lanciata nell'ambito umanistico.Tutto quello che è intorno a noi, il modo in cui è fatto, il modo in cui è nato, il modo in cui funziona mi lascia stupita ogni volta che provo anche per un secondo a pensarci. Al punto che mi chiedo perché andiamo disperatamente in cerca di altri mondi quando è ancora così poco quello che sappiamo del nostro.

Breve storia di (quasi) tutto di Bill Bryson, che innanzitutto ci tengo a precisare proprio breve non è, racconta parte della storia del mondo, gli studi che sono stati fatti, i protagonisti delle principali scoperte e il modo in cui vennero accolte quando sono state annunciate per la prima volta. Parla di dinosauri e di estinzione, di crosta terrestre, terremoti e vulcani (uno dei miei sogni è sempre stato quello di andare a Yellowstone, ma ammetto di avere un po' di paura adesso), di origine della specie e di teorie genetiche (i piselli di Mendel!), di elementi chimici, di atomi, molecole, cellule e dna. E parla poi di noi uomini, ovviamente, di come siamo composti, di come siamo nati e delle grandi conoscenze che abbiamo acquisito negli anni, ma anche di come abbiamo il potere di distruggere tutto.

Breve storia di (quasi) tutto è stata sicuramente una lettura molto interessante, che mi ha rinfrescato un po' la memoria su cose che avevo studiato in passato e che mi avevano appassionata, oltre a farmi scoprire tante piccole curiosità degli uomini e delle donne, a volte dimenticati, che ci hanno permesso di arrivare a sapere quello che sappiamo. Certo, alla fine ho un po' faticato, forse perché avrei dovuto leggerlo in più tempo, magari un capitolo al giorno, usarlo più come un libro di consultazione che non una lettura di intrattenimento, perché per quanto scritto in modo semplice e scorrevole (e Bill Bryson è davvero bravo a rendere ogni cosa alla portata di tutti), sono comunque quasi 500 pagine di saggio scientifico, che credo proverebbero chiunque.
Credo mi sarebbe piaciuto leggere questo libro quando ero a scuola, accanto al classico libro da studiare. Avrebbe forse facilitato un po' lo studio, addolcendo un po' l'aspetto puramente nozionistico che inevitabilmente queste materie hanno quando vengono affrontate nelle scuole.

Insomma, se siete appassionati di scienza questo libro vale sicuramente la lettura. E la vale anche se non lo siete, in realtà, perché vi renderete conto di quanto complesso ma fantastico sia il nostro mondo.


Titolo: Breve storia di (quasi) tutto
Autore: Bill Bryson
Traduttore: M. Fillioley
Pagine: 580
Editore: Guanda - Tea
Acquista su Amazon:

mercoledì 12 febbraio 2014

BORGO PROPIZIO - Loredana Limone

Sono sempre più convinta che certi libri entrino nella nostra vita solo ed esclusivamente al momento giusto, quando sanno che abbiamo in qualche modo bisogno di loro.
Prendete Borgo Propizio di Loredana Limone, ad esempio. Un romanzo che volevo leggere da quando è uscito, un paio di anni fa, ma che non riuscivo mai a reperire. Un po' per tirchieria, sicuramente, che comprarlo in edizione Guanda quando sapevo che sarebbe poi uscita la più economica TEA un po' mi spiaceva (anche perché adoro le edizioni TEA), un po' perché ogni volta che provavo a chiederlo in libreria mi dicevano che era esaurito, non era arrivato, era sparito tra gli scaffali. Non c'è stato verso, insomma, di poterlo leggere prima che fosse il suo momento.
Poi l'altro giorno ho ordinato su amazon un ferro da stiro e, d'impulso, ho inserito nell'ordine anche il libro. E' arrivato nella casa nuova, in mezzo a mille scatoloni e mille cose da sistemare. Ed è come se mi avesse sussurrato: "Eccomi, questo è il momento giusto, ora puoi leggermi".

Borgo Propizio è un romanzo che parla di un piccolo paesino e dei suoi caratteristici abitanti. Di quelli che ci vivono, che sanno tutto di tutti e che cercano in ogni momento di impicciarsi, e di quelli che invece ci si stanno trasferendo. C'è Belinda, ad esempio, che sta per coronare il sogno della sua vita e aprire una latteria tutta sua. Ci sono le sorelle Mariolina e Marietta, vergini zitelle ultra quarantacinquenni che hanno sempre vissuto insieme, dopo l'abbandono del padre e la morte della madre, e che non osano immaginare una vita separata. C'è Ruggero, muratore dongiovanni e della sua voglia di sistemarsi una volta per tutte, non fosse altro per lasciare a casa la badante che accudisce i suoi anziani genitori. C'è Ornella e del suo burrascoso e violento matrimonio. Ci sono Cesare e Claudia, genitori di Belinda, che stanno attraversando una crisi coniugale. E c'è zia Letizia, la fantastica zia Letizia con la sua passione per Gianni Morandi.
Le vite di tutti questi personaggi si mischiano tra loro tra le vie di questo paese: si incontrano, si scontrano, si lasciano e si innamorano. Ognuno di  questi protagonisti sta vivendo un piccolo grande cambiamento personale, che li attrae ma allo stesso tempo li spaventa: Belinda e la sua latteria, Mariolina e Marietta si allontanano dopo tanti anni, emozionate e impaurite, Ruggero si innamora, Claudia e Cesare si perdono e non sanno se riusciranno a ritrovarsi, amori e amicizie che nascono e altre che rifioriscono, e un mistero del passato che forse, finalmente, si risolve.

E' un libro buffissimo, questo Borgo Propizio, grazie soprattutto a questi suoi personaggi. Un libro piacevole e molto divertente da leggere, che scorre veloce veloce e ti lascia addosso un forte buon umore, un senso di positività (facilmente immaginabile, visto il nome) e di ottimismo. Perché anche le cose che all'apparenza ci sembrano più terribili si possono risolvere.
E in questo momento, bello, bellissimo ma anche un po' terrorizzante, in cui le tue abitudini devono cambiare e devi imparare a convivere con un'altra persona, avevo proprio bisogno proprio di un romanzo così.

Consiglio questo romanzo un po' a tutti. A chi sta affrontando dei cambiamenti e ne ha un po' paura; a chi si sente solo e triste; a chi ha bisogno di un po' di ottimismo e di finali lieti, e a chi invece già sta bene con se stesso ma ha voglia di leggere un libro simpatico, carino e allegro, per trascorrere qualche ora spensierata. 
Magari bevendo un bel tazzone di latte fumante. Se in casa non ne avete, fatevi mandare dalla mamma a prenderlo...

Titolo:  Borgo Propizio
Autore: Loredana Limone
Pagine: 289
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: TEA
ISBN: 978-8850232680
Prezzo di copertina: 9 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Borgo Propizio

lunedì 11 febbraio 2013

IL BUIO ADDOSSO - Marco Missiroli

Questa è la storia di un buio invisibile che si aggrappa all'anima e non la lascia, e copre la vita di chi ce l'ha addosso. Questa è la storia della zoppa di R., il paese dove in nome della purezza di Dio solo i sani di corpo e di mente possono vivere: la zoppa, sopravvissuta alla condanna a morte della sua gente grazie all'amore straziante di suo padre, che alla purezza ora non crede più. Vivrà rinnegata e reclusa, sbranata dalla ferocia di chi la vuole sepolta "in un angolo di terra abbandonata". Solo la curiosità per il mondo là fuori e l'incontro con anime affini la terranno in vita. Finché un giorno diventerà custode di un segreto sconvolgente. Un segreto che cambierà il destino di R. e la farà artefice della sorte dei suoi carnefici. Una storia di crudeltà e solitudini ambientata in un mondo solo in apparenza luminoso e chiaro: un paese senza età del sud della Francia, viola per le spighe della lavanda, azzurro per il mare in lontananza, rosso e blu per le giubbe dei gendarmi che lo sorvegliano. Ma è anche il racconto di una speranza: quella di un buio creato solo dagli altri, e da cui ci si può liberare.

Dopo aver scoperto e amato Marco Missiroli grazie al suo ultimo romanzo, "Il senso dell'elefante", avevo deciso di aspettare un po' di tempo prima di provare a leggere qualche altro suo libro. Mi succede spesso: se da un lato dopo aver letto un libro meraviglioso non vedo l'ora di recuperare tutto il tempo perso con l'autore, dall'altro ho sempre un po' paura che gli altri suoi lavori non siano all'altezza e, quindi, di rovinare l'opinione positiva che mi ero fatta fino a quel momento. Poi però a un certo punto la curiosità prende sempre il sopravvento... d'altronde non si può giudicare un autore da una singola opera, né rischiare per paura di perdersi altri bei libri.

Diciamolo subito, "Il buio addosso" non è meraviglioso come "Il senso dell'elefante". Ci si avvicina, a volte. Ne sfiora la perfezione, senza però riuscire sempre a mantenerla. Ma d'altronde è un'opera precedente, in cui sono presenti sì tutti gli elementi stilistici che mi hanno portato ad amare follemente questo autore, ma forse manca ancora un po' di sicurezza nell'utilizzarli.

Siamo in un piccolo paese provenzale, di cui conosciamo solo l'iniziale: R. Un paese che viveva e prosperava grazie alla vendita della sua lana magica. Una lana pura, immacolata, come se fosse prodotta da Dio stesso. Questa lana però d'improvviso ha perso purezza e perfezione, è diventata marcia, invendibile, di pessima qualità. I cittadini corrono ai ripari: se si eliminano le imperfezioni nella gente, spariranno anche quelle nella lana. E somministrano a tutti i bambini che nascono con qualche imperfezione la "polvere dolce", che li fa addormentare per sempre. Solo una viene risparmiata, grazie all'amore di suo padre, sindaco della città, che implora il resto del Consiglio di risparmiarla, visto che non potranno avere altri figli. L'unico patto è che non esca mai di casa, non si faccia mai vedere in giro. E così la zoppa, di cui praticamente nessuno conosce il nome, vive da reclusa in casa sua, a causa di una gamba più piccola e debole dell'altra. Non può andare a scuola, non può giocare con gli altri bambini, non può passeggiare per le vie del paese. Guarda il mondo dalle finestre di casa sua, desiderosa di uscire ma anche paurosa. Ben presto, il padre accoglie in casa un altro bambino reietto, Nunù, un "pazzo", che viveva con il padre in mezzo al bosco e ora rimasto solo. La zoppa e Nunù diventano amici, compagni di una prigionia sempre più difficile da sopportare. 
Il padre della bambina chiede al Consiglio di poter far venire in casa un maestro, che istruisca i bambini. Nelle loro vite entrerà così l'orologiaio, un anziano signore dal triste passato, che più di altri si rende conto dell'ingiustizia di questa reclusione. Perché alla fine la zoppa e Nunù sono bambini come tutti gli altri. Il Consiglio però non accetta quello che sta succedendo e, dopo che il padre e l'orologiaio hanno portato i due bambini fuori violando così l'accordo, decide di prendere provvedimenti.
La storia si interrompe per poi ricominciare qualche anno dopo, con Nunù e la zoppa che vivono ora nel campanile dell'orologio, di nuovo impossibilitati ad uscire. La loro situazione agli occhi del paese non è cambiata: li vedono come i veri responsabili del declino della lana, ormai sempre più corrotta e invendibile. Lì vivranno lontani da tutto e da tutti, osservando dalla torre la vita del paese. Finché non assisteranno all'ultimo, disperato tentativo, ad opera del nuovo sindaco, di recuperare lo splendore perduto.

Come si può vedere, il romanzo ha una trama lunga e abbastanza complessa (difficile da riassumere senza fare spoiler), che però a volte fatica un po' ad andare avanti con scorrevolezza. Alcuni punti che forse andrebbero spiegati vengono lasciati all'oscuro e non so dire se questa scelta sia voluta o meno.
La vera forza del libro sta però nei personaggi e nella caratterizzazione del paese in generale. Un paese che emana bigottismo e supponenza da ogni parte, un paese che in nome di qualcosa di più grande (e forse, ai più incomprensibile) ha deciso di eliminare chiunque corrompesse la purezza che si vantava di avere. Solo in pochi si sono ribellati, e sono stati emarginati, allontanati, addormentati.
Una storia dura, che colpisce e lascia sgomenti,  raccontata dal punto di vista di due bambini, due diversi, due imperfetti, che alla fine sono migliori di tutti gli altri.

Da queste pagine, dai personaggi, dalle parole e le situazioni descritte, emerge già chiaramente quel grande narratore che Marco Missiroli diventerà con "Il senso dell'elefante". E quindi credo che qualche imperfezione gliela si possa anche perdonare.

Titolo:  Il buio addosso
Autore: Marco Missiroli
Pagine: 276
Anno di pubblicazione: 2011
Editore: TEA
ISBN: 978-8850221370
Prezzo di copertina: 9€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Il buio addosso

mercoledì 6 febbraio 2013

Due titoli, un solo libro: ma perché? #20

Ed eccoci arrivati alla ventesima puntata di questa rubrica di confronto tra titoli! Inutile dire che, vista la quantità di libri che viene immessa quotidianamente sul mercato, probabilmente questa rubrica andrà avanti in eterno...

Quest'oggi comunque ho deciso di non fare il confronto dei titoli di romanzi, bensì di quelli di un fumetto che io amo molto e di cui ho già parlato più di una volta su questo blog. Sto parlando di "Simon's cat" dell'illustratore inglese Simon Tofield, che ormai da qualche anno si diverte a riprodurre su carta le avventure dei suoi quattro gatti,  rappresentati da su carta da un unico, fantastico esemplare.
Il gatto di Simon ha esordito in realtà su youtube, con il corto Cat Man Do, a cui poi ne sono seguiti tanti altri e che ben presto sono stati trasposti in delle raccolte cartacee, edite ormai in tutto il mondo.

In Italia questo buffo gattone è arrivato grazie alla TEA che ha pubblicato e continua a pubblicare tutti i volumi che escono (al momento siamo arrivati a cinque) praticamente in contemporanea con l'uscita in originale. Un compito poi non così difficile, visto che sono illustrazioni prive di parlato e quindi da tradurre, a parte il titolo, non c'è niente. E forse proprio per questo, i titoli italiani di tutti e cinque i volumi sono diversi da quelli originali.

La prima raccolta è uscita nel 2009, sia in Regno Unito sia in Italia, con il titolo "SIMON'S CAT: IN HIS VERY OWN BOOK" ovvero "SIMON'S CAT":


La traduzione letterale del titolo originale dovrebbe essere "Il Gatto di Simon nel suo proprio libro". Una traduzione, francamente, terribile. L'editore italiano, vista anche la popolarità del gatto su youtube, ha scelto di non tradurre "Simon's cat" (anche perché avrebbe dovuto intervenire sul lavoro originale dell'illustratore) e al posto del breve sottotitolo inglese ne ha inserito un altro molto più lungo ed esplicativo: "le incredibili avventure di un gatto anarchico, matto e sempre affamato, raccontate da lui medesimo". Un po' lungo, effettivamente, ma direi abbastanza efficace.

La seconda raccolta è datata invece 2010, sia in lingua originale sia in italiano: "SIMON'S CAT BEYOND THE FENCE" ovvero "SIMON'S CAT IN VIAGGIO. La sua vita è tutta un'avventura"


 Anche in questo caso c'è una sottile differenza tra titolo originale e titolo tradotto. Il primo letteralmente sarebbe "Simon's cat oltre la staccionata". Anche in questo caso il cambiamento, seppur non strettamente necessario, può essere abbastanza comprensibile. L'idea trasmessa "in viaggio" rispecchia totalmente quanto narrato nella raccolta, che racchiude infatti tutte le avventure di questo buffo gattone che conquista il mondo, (più o meno) lontano dalla sicurezza domestica. Un po' meno convincente è forse il sottotitolo, che a mio avviso non aggiunge nulla rispetto all'originale

L'anno successivo arriva poi un terzo volume, in cui il gatto di Simon deve fare i conti con l'arrivo di un nuovo ospite in casa: "SIMON'S CAT IN KITTEN CHAOS" ovvero "SIMON'S CAT E LA PICCOLA PESTE. In casa è arrivato un gattino"

La traduzione letterale del titolo originale sarebbe "Simon's cat in: il caos del gattino". Inutile dire che suoni malissimo. La scelta italiana è quindi perfetta, in quanto lascia invariato il senso dell'originale, rendendolo comunque comprensibile. Anche se, devo ammettere, forse avrei fatto a meno del sottotitolo.

Sempre nel 2011 è uscita una raccolta con un formato diverso rispetto alle precedenti e che è arrivata in Italia all'inizio del 2012: "SIMON'S CAT FEED ME" ovvero "SIMON'S CAT: VOGLIO LA PAPPA! E LA VOGLIO ADESSO!"


Come nei precedenti, anche in questo caso la differenza tra titolo originale e titolo tradotto non è poi così marcata. Letteralmente si sarebbe potuto tradurre con "Dammi da mangiare!", ma sono dell'idea che la reintepretazione italiana sia molto efficace e molto rappresentativa del personaggio. Persino il sottotitolo, sebbene anche in questo caso non sarebbe poi così necessario, non suona poi così male e contribuisce a rendere questo gattone e la sua impazienza (che spesso sfocia in lui che ruba il cibo al padrone) ancor più buffa.

L'ultima raccolta uscita finora è datata 2012, sia in lingua originale sia in italiano: "SIMON'S CAT vs THE WORLD" ovvero "SIMON'S CAT CONTRO TUTTI"


Anche in questo caso la differenza tra originale e traduzione è davvero molto, molto sottile e credo dovuta più a un gusto estetico e sonoro che non a chissà quali altre decisioni. Se si fosse tradotto letteralmente, il titolo sarebbe diventato "Simon's cat VS il mondo" (o "contro il mondo), ma direi che la scelta di rendere "mondo" con "tutti" sia più che accettabile.

Insomma, come si è potuto vedere, i titoli delle raccolte di Simon's cat non hanno subito drastici mutamenti nel passaggio da una lingua all'altra: solo leggere differenze, a volte accompagnate da sottotitoli forse un po' troppo esplicativi, ma che comunque ne mantengono il senso e non disturbano troppo.

Ora, se amate i gatti, ma anche se solitamente vi lasciano indifferenti, vi consiglio caldamente di andare su youtube nella pagina dedicata e guardare i video di questo buffo gattone, o di cercare online le illustrazioni (magari nella pagina ufficiale di Simon Tofield). Ve ne innamorerete sicuramente!

Alla prossima puntata!

giovedì 31 gennaio 2013

44 SCOTLAND STREET - Alexander McCall Smith

Quando spinge il portone del 44 di Scotland Street, nel centro di Edimburgo, Pat non vede l'ora di cominciare tutto daccapo. È al suo secondo anno sabbatico e una casa e un lavoro nuovi sono quello che ci vuole per ripartire. Da lì in poi dividerà l'appartamento con l'insopportabile Bruce, agente immobiliare bello e vanitoso; troverà lavoro nella galleria d'arte di Matthew, un giovane delicato ma inconcludente che di arte non capisce nulla; trascorrerà piacevoli serate con l'eccentrica vicina di casa Domenica, un'anziana antropologa dispensatrice di storie esotiche e saggi consigli sugli uomini. Intanto al piano di sotto Bertie, inquieto bambino prodigio, cerca di far capire alla madre, Irene, che preferirebbe rugby e trenini elettrici ai corsi di yoga, sassofono e italiano. A unire tutti un misterioso tentativo di furto e la caccia a un quadro che potrebbe essere una crosta o valere una fortuna...

Dopo aver letto l'intera saga di  Isabelle Dalhousie e del suo club di filosofi dilettanti, e un paio di quella di Preciuos Ramotswe e della sua agenzia investigativa in Botswana, mi sono presa una pausa dai romanzi di McCall Smith. Perché sono belli eh, però alla lunga tendono ad annoiare, soprattutto se letti a distanza molto ravvicinata l'uno dall'altro. Perché sostanzialmente nei suoi romanzi non succede niente, o almeno niente di eclatante: i suoi gialli non sono veri gialli, le sue storie d'amore non sono passionali e travolgenti e i drammi familiari si limitano a ribellioni adolescenziali e a matrimoni non del tutto soddisfacenti. Eppure,c'è qualcosa in queste storie che, se lette nel momento giusto e alla giusta distanza, le rende piacevoli e in qualche modo appassionanti.

Anche nel caso di 44 Scotland Street, primo romanzo di una nuova saga ambientata in un condominio di Edimburgo, non succede poi molto. Il libro inizia con Pat che, al suo secondo anno sabbatico e indecisa su cosa fare del suo futuro, si trasferisce in questa palazzina, in un appartamento che condividerà con altri inquilini. Al momento è presente solo Bruce, un giovane adone narcisista, irritante e antipatico, che lavora come perito immobiliare e per cui Pat prenderà una cotta spaventosa. Ad accogliere la ragazza c'è poi l'inquilina dell'appartamento accanto al loro, un'antropologa sessantenne dal passato molto avventuroso, che la coccola e la consiglia. Al piano sotto abita Irene con il marito e il figlio prodigio Bertie, cresciuto secondo i dettami di una nuova psicologia infantile: non ha una camera ma un "suo spazio", non può giocare con i trenini perché deve suonare il sassofono e imparare l'italiano, e all'asilo viene isolato perché troppo intelligente. Finché un giorno non si ribella e da' fuoco al "Guardian" del padre.
Attorno a questi personaggi (che immagino siano solo una parte degli abitanti del palazzo, gli altri verranno presentati più avanti), ne ruotano altri di contorno: Matthew, giovane in cerca del suo futuro, "capo" di Pat nella galleria d'arte che il padre ha acquistato per lui e in cui la ragazza ha iniziato a lavorare. La barista intellettuale Big Lou, che si è avvicinata alla lettura perché prima al posto del suo locale c'era una libreria. C'è il pittore Angus Lordie con il suo cagnolino ammiccante Ceryl. Ci sono gli amici di Matthew e il capo di Bruce con la famiglia. E tanti altri personaggi di contorno.

Non c'è una trama vera e propria, ma tanti piccoli episodi che riguardano i singoli protagonisti e le loro relazioni. Sì, forse la storia a cui viene dato maggior risalto è quella di Pat e di Matthew che tentano di scoprire il valore di un quadro presente in galleria. Ma anche questa è solo un pretesto per raccontare di persone e di relazioni umane.

Ho letto non so più dove (e mi dispiace davvero non ricordarmelo) una definizione secondo me perfetta dello stile di McCall Smith: garbato. E infatti questo autore scrive e descrive senza grandi slanci, senza esagerazioni, senza colpi di scena eccessivi o storie al cardiopalma. Lui prendere persone e situazioni più o meno normali e più o meno comuni e le analizza, mostrandone aspetti che magari non sempre si potrebbero notare, con sempre una certa poesia di sottofondo.
Come dicevo prima, forse è proprio questa assenza di azione che rende la lettura continuata di questi libri un po' noiosa, perché a un certo punto si sente proprio il bisogno che succeda qualcosa. Il problema però, che a volte rende difficile aspettare il giusto tempo prima di leggerne un altro, è che molte cose vengono lasciate un po' in sospeso, come se mancasse qualcosa: in questo caso, mi piacerebbe sapere ad esempio cosa succede al povero Bertie, o come evolverà la relazione tra Pat e Matthew... per non parlare del finale, in cui è evidente che qualcosa non quadra ma che non ci viene spiegato.

Insomma, si tratta di una lettura sicuramente piacevole, che riesce anche a stupire con alcune frasi ad effetto davvero notevoli.
Poi, non so a voi, ma a me le storie ambientate nei condomini e nei palazzi piacciono tantissimo, perché riuniscono in un unico luogo tante storie e tanti personaggi... che un bravo autore sa sicuramente come gestire e far interagire.

"abbiamo tutti dei momenti proustiani, ma finche' non leggiamo Proust non lo sappiamo"
Nota alla traduzione: a parte le "d" eufoniche, a volte presenti a volte no, e la scelta di non tradurre certe parole, direi nulla da segnalare.

Titolo: 44 Scotland Street
Autore: Alexander McCall Smith
Traduttore: Elisa Banfi
Pagine: 336
Anno di pubblicazione: 2009
Editore: TEA
ISBN: 978-8860886316
Prezzo di copertina: 8,60€
Acquista su Amazon:
formato brossura: 44 Scotland Street

lunedì 26 dicembre 2011

SIMON'S CAT- Simon Tofield

SIMON'S CAT
Le avventure di un gatto anarchico, matto e sempre affamato, raccontate da lui medesimo. Fenomeno nato in Internet, la gente ha trovato i filmati su YouTube, se n'è innamorata e li ha mandati agli amici.






SIMON'S CAT IN VIAGGIO
Il gatto di Simon, questa volta è in cerca di avventura. Valigia in mano, un rapido "arrivederci" alla sua casa, al nano in giardino e agli altri amici di gioco, e via... alla scoperta di nuovi spazi e nuovi luoghi... Sempre più simpatico, sempre più anarchico, sempre più affamato, anche in viaggio, il micio più irresistibile del mondo saprà conquistarvi, ma soprattutto come farvi divertire!



SIMON'S CAT E LA PICCOLA PESTE
Simon's Cat continua a evolversi con nuove storie e nuovi personaggi. Dopo il successo dei primi due volumi, un nuovo, capitolo delle avventure del gatto più amato del mondo alle prese con un cucciolo invadente, dispettoso e... irresistibile.




Ieri sera, mentre chiudevo le persiane della cucina, ho notato sul terrazzo Rajan, il piccolo gatto dei vicini. Ha tentato di entrare e, dopo che ha capito che non avevo intenzione di aprirgli, si è appiccicato al vetro con le zampette e ha continuato a guardarmi con occhi coccolosi.
Ho subito pensato al mio gattone, che è da un po' che non c'è più, e poi sono corsa in camera a leggermi (ok, da leggere non c'è nulla) i fumetti di Simon's cat che mi sono stati regalati a Natale.
Immagino che quasi tutti sappiate chi è il gatto di Simon: avrete visto almeno una volta uno dei suoi video sui youtube. E, se avete o avete avuto un gatto, vi sarete accorti di quanto questo buffo gattone assomiglia tanto ai vostri.
Non sono veri e propri fumetti, ma semplici disegni, che raccontano le avventure di questo gatto: i suoi disastri e la sua tenerezza, dall'affrontare le palline dell'albero di Natale, all'occupare tutto il letto del suo padrone Simon, dal mangiare cereali davanti alla tv al rubare il tacchino nel piatto di portata. Sono dei video semplicemente fantastici, uno più bello dell'altro. Simon Tofield, oltre a disegnare questi video, ha pensato di creare anche questi tre libricini illustrati: le prime avventure in "Simon's cat", i viaggi oltre il cortile di casa in "Simon's cat in viaggio" e, nell'ultimo appena uscito, "Simon's cat e la piccola peste" la reazione del gattone all'arrivo di un nuovo cucciolo in casa.
Io li trovo semplicemente stupendi. Certo, forse i video su youtube rendono di più e alcuni disegni su carta non sono sempre immediati. Però se si amano i gatti, rimane una visione imprescindibile e molto molto dolce.
E ora voglio un gatto nuovo!!!
Per acquistare i fumetti di Simon Tofield:

- Simon's cat
-Simon's cat in viaggio
-Simon's cat e la piccola peste. In casa è arrivato un gattino

domenica 4 settembre 2011

CASPER IL GATTO PENDOLARE- Susan Finden

È il dicembre 2002, quando Susan Finden, amante dei gatti e già con diversi felini in famiglia, decide di adottarne un altro e si rivolge alla Protezione animali di Plymouth, la cittadina inglese dove vive con il marito Chris. Il gatto che le viene affidato è uno splendido siberiano, anche se non purissimo. Il suo nome è Casper e ha 12 anni. Non certo di "primo pelo"... ma che gatto! Casper, infatti, ha una passione molto speciale: viaggiare. Dal 2005, per ben 4 anni, inizialmente all'insaputa della sua padrona, Casper ogni giorno aspetta l'autobus della linea 3 alla fermata vicino casa. Sale e con educazione si mette a sedere nel suo posto preferito al centro del pullman, ma solo se è libero..., e fa il giro della città, come un vero e proprio passeggero. In breve, per la simpatia e per la dolcezza che dimostra verso chiunque, diventa il beniamino di passeggeri e conducenti, che dal capolinea lo riportano puntualmente alla fermata dove è salito.


La storia di Casper (il gatto, non il fantasmino) la conoscevo già. Un paio di anni fa, come racconta anche la sua padrona nel libro, la sua vicenda era stata pubblicata sui giornali di tutto il mondo, strappando a tutti un sorriso (ad esempio http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/persone/gatto-autobus/gatto-autobus/gatto-autobus.html).
D'altronde non capita di vedere tutti i giorni un gatto in coda alla pensilina salire poi su un bus che lo porta a spasso per la città.
Questo libro racconta proprio la vicenda di Casper, dal momento della sua adozione da parte di Sue e Chris, passando per il momento in cui la sua storia è diventata famosa, fino al purtroppo tragico epilogo e all'affetto che arriva a Sue da tutto il mondo.
Di per sé è una storia carina, che fa sorridere. E se avete o avete avuto un gatto, vi porterà immancabilmente a pensare a tutte le cose più buffe e strambe che fa o faceva. Il mio ad esempio una volta da piccolo si è tuffato nella vasca da bagno piena, senza poi riuscire più a uscire (quella di quando siam dovuti andare a recuperarlo sul tetto con la scala ve la risparmio). Vi porterà a pensare a quanto queste piccole creature ci possono riempire la vita, sia la nostra di padroni, sia delle persone che ci stanno accanto e che entrano in qualche modo in contatto con i nostri amici pelosi. Anche il mio gatto, come Casper, non c'è più. Un giorno se ne è semplicemente andato e il vuoto che ha lasciato è stato grande (e incolmabile, tanto che un altro non lo abbiam più voluto prendere).
Insomma è un libro curioso, per chi ama gli animali e per chi ama le piccole stranezze che li rendono speciali.
Certo, il problema è che si sente, e tanto, che chi l'ha scritto non è scrittore di mestiere. La proprietaria narra in prima persona la vicenda, ma lo stile è un po' ripetitivo e lei a tratti risulta un pochino antipatica (ma penso di nuovo sia dovuto alla sua difficoltà a narrare). Forse sarebbe stato più efficace rendere romanzata la storia, anzichè limitarsi a un elenco dei fatti.
Ma resta comunque un libro curioso e piacevole da leggere (in una domenica pomeriggio di pioggia).

Nota alla traduzione: nulla da dire, se non che forse qualche nota era evitabile. Ma niente di grave.

domenica 28 agosto 2011

LA PARTE PIU' TENERA- Ruth Reichl

Ruth Reichl è la critica culinaria più famosa d'America. In questo libro ci parla della sua infanzia, di sua madre che nel giorno libero della bambinaia paga lei, una bambina spaventata, per farsi da babysitter da sola. Racconta i suoi primi passi in cucina con la signora Pavey, la domestica dal passato aristocratico, e con Alice, la cuoca caraibica che nei momenti difficili cucina le sue fantastiche mele al forno con salsa dura. Ma è a casa di un ricco buongustaio francese, fra un intingolo che pare "l'autunno distillato in un cucchiaio" e una chartreuse di pernice imponente come una cattedrale, che Ruth capisce per la prima volta cosa significhi veramente mangiare.

Scrivere un commento su un romanzo autobiografico è sempre parecchio difficile. Se giudico quello che c'è scritto, inevitabilmente giudico anche la vita di chi l'ha scritto/vissuto e non mi sembra una cosa poi così carina.
Certo è che se l'autore (autrice in questo caso) non voleva essere in qualche modo "giudicato", poteva anche non raccontarci la storia della sua vita. Anche perché, Ruth Reichl, scusa se te lo dico ma sei una critica gastronomica, non un premio Nobel o una scrittice famosa (oltre al fatto che ci parli della tua vita prima di diventare critica).
Ok, credo che da questa premessa si sia capito che il romanzo non mi ha entusiasmato più di tanto (una serie di anedotti staccati l'uno dall'altro e senza una logica temporale) e soprattutto che la protagonista mi sta particolarmente antipatica.
Ancora ancora si salvava da bambina, grazie ai racconti ambientati nella cucina di zia Birdie prima e della sua governante dopo. Ma quando cresce e va al college, per me Ruth diventa troppo pretenziosa ed egoista, abbandona completamente sua madre maniaco depressiva a suo padre per poi lamentarsi se la deve sopportare una settimana all'anno.
A salvare questo romanzo autobiografico, per quel che mi riguarda, è solo la cucina e, soprattutto, le ricette che accompagnano ogni capitolo. Alcune ti verrebbe voglia di provarle immediatamente.
Temo però che a chi non piace cucinare questo libro risulterà noioso e a tratti irritante (oltre che a tratti poco credibile). Non dico che ho avuto la tentazione di abbandonarlo, perché comunque è rapido da leggere e non richiede particolari sforzi mentali. Ma se non l'avessi letto, a parte le ricette, non mi sarei persa assolutamente nulla.

Nota alla traduzione: troppe note inutili per spiegare giochi di parole (che tanto si perdono) e tipi di cibo.

domenica 17 luglio 2011

SEI BIBLIOTECHE- Zoran Zivkovic

Dopo il giallo atipico "L'ultimo libro", Zivkovic continua la sua esplorazione narrativa del mondo dei libri con un romanzo a mosaico che esplora in sei storie collegate tra loro il tema della biblioteca, da quella personale a quella pubblica. Nella biblioteca virtuale uno scrittore scopre i libri che non ha ancora scritto; un appassionato lettore si trova ad affrontare una biblioteca di casa che cresce a dismisura sino a occupare ogni centimetro quadrato del proprio appartamento; nella biblioteca notturna un lettore può consultare, per una sola notte, le vite di tutti gli esseri umani come se fossero altrettanti libri; nella biblioteca infernale si scopre quale sarà la pena dei peccatori; la biblioteca più piccola si trova su una bancarella; e nella biblioteca più raffinata... Sempre surreale, spiazzante e intrigante, Zivkovic è capace di sorprendere nel giro di una pagina e ha il dono unico di trasformare la nostra passione di lettori in narrazioni avvincenti e curiose.

Ho finito questo libro ieri ma, sebbene avessi del tempo a disposizione, non avevo voglia di recensirlo. Forse perché avevo bisogno di "digerirlo" un po', anche perché essendo composto da sei brevi racconti manca il tempo di riflettere bene su quel che si sta leggendo che già parte qualcosa di nuovo. (A parte qualche rara eccezione, non amo molto leggere i racconti, o almeno non le raccolte, perché non hai tempo di entrare in quel che stai leggendo).
L'altra cosa che mi ha convinto ad aspettare a recensire questi racconti è il loro surrealismo. Ero stata avvisata da chi me l'ha prestato che per leggerlo avrei dovuto utilizzare parecchia "sospensione dell'incredulità", non farmi domande e leggere le storie così come sono, senza preoccuparmi del fatto che alla fin fine non avessero nessun senso nè spiegazione.
Quindi, dopo più di 24 ore eccomi qui, a cercare di scrivere un commento. Sicuramente il fatto che sia un libro che parla di libri renderà meno inclemente il mio giudizio (amo molto i libri sui libri) e devo anche ammettere che due delle storie sono semplicemente geniali (La Biblioteca Infernale e La Biblioteca Minima, la prima dare come castigo per espiare le proprie colpe all'inferno leggere libri, la seconda su un scrittore in cerca di ispirazione che riesce a trovarla dove meno se l'aspetta), e direi che due su sei è una buona media. Però non lo so, mi aspettavo credo qualcosa di più, anche per le lodi e la fama di questa piccola raccolta. Si poteva rendere molto più onore ai libri, nostri compagni di avventura nella vita, con storie magari meno ricercate ma molto molto più belle.
Ok, forse avrei dovuto aspettare 48 ore.

Nota alla traduzione: nulla da dire!

mercoledì 2 marzo 2011

LA LETTRICE- Annie Francois

Un piccolo libro per chi ama i libri, per chi, prima ancora del contenuto, ama l'oggetto in sé. Annie Francois analizza tutti i possibili piaceri - da quello tattile a quello olfattivo - nonché gli aspetti - la grana della carta, la copertina, il risvolto - legati al libro. Conosce, e alimenta, le manie del lettore "bulimico": il timore di sciuparlo, di prestarlo, di rovinarlo se preso in prestito; il rito lacerante della scelta dei libri da portare in vacanza, il dramma di doverne buttare alcuni per questioni di spazio. Scopriamo allora che altri, maneggiando e leggendo un libro, vivono emozioni simili alle nostre, che essere lettori ci dà un senso di appartenenza, ci fa sentire meno soli al mondo.


Vi siete mai fermati un attimo a pensare a tutte le "manie" e le abitudini che avete quando leggete un libro? Io ad esempio odio fare le orecchie nell'angolo, scrivere appunti o sottolineare le pagine. Leggo praticamente ovunque. Non riesco a partire per le vacanze senza uno o due (o tre o quattro, in base a dove vado e a quanto è lunga la vacanza) libri in valigia. Amo consigliare e regalare o prestare libri che ho amato molto (che soddisfazione quando ti dico "che bello il libro che mi ha prestato/consigliato/regalato). Non ho grossi problemi a prendere a prestito libri, da amici o in biblioteca, anche se capita spesso che poi dopo un po', approfittando di qualche sconto, compri un libro che ho amato molto per poterlo avere e rileggere quando mi va.
Annie Francoise in questo piccolo libretto, che tutti gli amanti della lettura dovrebbero leggere, ci racconta le sue manie letterarie. E devo ammettere che in alcune è facile e bello riconoscersi. Ho anche io ad esempio come l'autrice una sorta di passione per i dizionari (vorrei comprarne di continuo). Anche io, come lei, ho problemi di spazio e al momento inizio ad avere libri impilati su altri perché ho esaurito le mensole. Anche io, come ci racconta nel capitolo "Nevrastenia", capisco quanto sono depressa da quanta voglia ho di leggere: se sto male male male, nemmeno un libro ha la capacità di ritirarmi su (forse qualche fumetto). E anche io, come lei, mi riconoscono in quasi tutti i sintomi de la "Patologia Generale del Lettore": mal di schiena per aver letto nelle posizioni più strane, sordità quando sono immersa in un libro (di solito poi mi interrompe la puzza di bruciato o mia mamma che urla), insonnia e occhiaie se sto leggendo qualcosa da cui è impossibile staccarsi, sbalzi emotivi tipici delle sindrmi pre-mestruali e/o della menopausa anche se non sono in nessuna delle due fasi... Potrei andare avanti ore... E sono sicura che molti lettori di questo blog provino esattamente le stesse cose.

Leggetelo, e se anche aveste avuto qualche dubbio di essere soli, ora saprete che quando si ha tra le mani un libro non si è mai da soli.

Nota alla traduzione: qualche nota necessaria, in quanto presenti diversi riferimenti culturali alla Francia. Ma non disturbano troppo.

Per un lettore, anche modesto, il disamore alla lettura costituisce un sintomo: "Non ho nemmeno più voglia di leggere" significa che si è toccato il fondo della depressione, della stanchezza, del dolore.

Perché, di fronte alla lettura, non soltanto i cittadini non sono uguali, uomini e donne non più divisi, ma l'individuo stesso non reagisce in modo identico. Il libro può essere saporito o indigesto, il lettore sazio o affamato. Il suo appetito varia in funzione del suo temperamento, ma anche delle stagioni, delle circostanze, dei luoghi, della compagnia, della pace, del rumore, della carenza, dell'abbondanza, dell'amore, dell'odio. Egli segue i moti dell'umore e del cuore, le fluttuazioni del morale e del fisico.

lunedì 28 febbraio 2011

LA BIBLIOTECA DEI MIEI SOGNI- Julie Highmore

Un giovane papà alle prese con una noiosissima tesi di laurea; una commerciante in via di fallimento; una bella ragazza col morale a terra per via dell'amante sposato; un quasi-pensionato quasi-sfrattato dalla moglie; una mamma stanca di nutrire i figli e bisognosa di nutrire la propria mente: per tutti costoro, trascorrere gualche serata fuori casa non può essere che salutare. La biblioteca comunale promuove un circolo di lettura, ed ecco che un eterogeneo gruppo di "personaggi in cerca di svago" si trasforma in un'improbabile, ma meravigliosa comunità. Con straordinaria leggerezza e humour, Julie Highmore intreccia una commedia su uomini e donne appassionati di libri e protagonisti del guotidiano, dove il circolo letterario diventa la vera alternativa alla terapia di gruppo e dove la vita di ciascuno risulta essere molto meglio di un film.

La prima cosa che si deve dire su questo romanzo è "complimenti a chi ha scelto il titolo italiano"... responsabile sicuramente della vendita di un bel po' di copie di questo libro. Peccato che poi si apre la copertina e si legge che l'originale è "Pure Fiction" (effettivamente molto più adatto alla trama) e soprattutto che di libri ne compaiono sì, ma pochi pochi (e a parte quelli della Tyler che già ho letto, non mi è venuta voglia di leggere nessuno degli altri).
I libri sono in realtà un espediente per narrare le vicende di questo gruppo di persone, che si conoscono partecipando allo stesso gruppo di lettura e le cui vite si legano e si intrecciano in modo più o meno buffo, scontanto o profondo, al punto da schierarsi tutti insieme per vendicare uno dei membri.
Ci sono un sacco di personaggi principali, nessuno che però mi abbia conquistato così tanto. C'è Ed, scrittore frustrato e casalingo, che all'inizio sembra adorabile ma che poi almeno per me diventa irritante. C'è Kate, restauratrice con una figlia ribelle. Ci sono Zoe e Donna, che finiranno con lo stesso uomo e che insieme si vendicheranno. Ci sono Bob e Browen, i più pacati del gruppo, e l'odioso e saccente Gideon. Insomma, tanti personaggi ma a mio avviso non tanto ben riusciti (molto meglio i personaggi minori). E anche la trama sì, carina, divertente anche a tratti, ma con l'espediente inziale del circolo di lettura, poteva venire fuori qualcosa di molto meglio. E lo stile dell'autrice, a tratti un po' confuso, non aiuta di certo...
Un libro da spiaggia o da treno senza troppe pretese (anche perché se le avesse, le deluderebbe sicuramente), che va bene per passare qualche ora... Ma potete anche non leggerlo.

Nota alla traduzione: a parte il titolo, nulla da dire

mercoledì 26 maggio 2010

GLI INGRATTABILI- Cornelius Kane

D'accordo, diciamolo subito: in questo libro ci sono cani e gatti che si comportano e parlano come gli esseri umani o quasi. Amate i cani? Avrete il vostro eroe. Amate i gatti? Idem. In ogni caso, provate a leggere qualche pagina e vi troverete proiettati in un romanzo divertente, intelligente, pieno di sorprese, raffinato: un piccolo capolavoro di fantasia e arte narrativa. E quando avrete fatto la conoscenza di Crusher MacNash, il detective più impavido e scomodo della Squadra Scannamene, e di Cassius Lap, il miglior agente dell'FBI, Feline Bureau of Investigation, non potrete fare altro che seguirli fino alla fine della loro indagine. Perché nel mondo degli "Ingrattabili" si parla, si ama, si insegue, si sogna, si trama, si uccide... proprio come nel nostro.

Peccato che non fosse il momento adatto per leggere questo libro (ma nessuno in generale tempo), perchè si sarebbe meritato molta più attenzione e molto più coinvolgimento di quello che sono riuscita a dargli.
Il mondo animale descritto da Kane è semplicemente strepitoso. Così come lo sono i riferimenti al mondo nostro: attori (Jack Russel Crowe), luoghi geografici e, soprattutto, la situazione politica e culturale. Una metafora in chiave animale di quello che sarà il nostro mondo.
Ma anche se non sempre è facile cogliere questa denuncia implicita fatta dall'autore, resta comunque un romanzo geniale: i due protagonisti, la più improbabile coppia di investigatori mai esistita (un cane e un gatto, impulsivo uno, riflessivo l'altro) reggono insieme la storia e potrebbero essere tranquillamente i protagonisti di altre avventure (anzi, forse qualcosa di un po' più giallo e meno denuncia, avrebbe reso loro ancora maggior risalto).
Certo, non è al livello della Fattoria degli Animali di Orwell, ma sicuramente è sulla buona strada.

Nota alla traduzione: non ho molto da dire. Immagino che per il traduttore sia stato tutt'altro che semplice riuscire a rendere questo romanzo, e tutti i riferimenti e i cambi di nome in italiano. A volte forse le soluzioni scelte non rendono proprio l'idea, ma sono molte di più quelle in cui ci riesce. Ben fatto!

sabato 13 marzo 2010

L'USO SAPIENTE DELLE BUONE MANIERE- Alexander McCall Smith

Per Isabel Dalhousie, direttrice della "Rivista di etica applicata", fondatrice del Club dei filosofi dilettanti e donna di grande acume e sensibilità, è fondamentale affrontare la vita con la mente serena e lo spirito rilassato. Ma certo in questo non l'aiutano molto la nascita del piccolo Charlie, né tanto meno la relazione con Jamie, il padre del bambino, più giovane di lei di quattordici anni. La tardiva maternità del resto non è l'unico cambiamento nella vita della nostra filosofa-detective per caso. Certo, ha raggiunto una tregua con l'amatissima nipote Cat, ex fidanzata di Jamie, che non approva granché la nuova relazione della zia. E certo, ha trovato un equilibrio nel rapporto con Grace, la fedele governante, che vorrebbe esautorarla completamente dalla cura del bebé. Ma che dire della misteriosa morte di un pittore al largo dell'isola di Jura, nella quale Isabel si trova suo malgrado coinvolta? E come se tutto ciò non bastasse, ci si mette pure il machiavellico e curiosamente affabile professor Dove, che sembra avere strane mire sull'amatissima rivista della nostra eroina...

Non so dire bene cosa mi piace dei libri di Alexander McCall Smith. Se si dovesse semplicemente raccontare la trama a una persona che non ha mai letto uno dei suoi romanzi, questa risulterebbe sicuramente banale e insipida, tanto che verrebbe da chiedersi come faccia a scriverne per 250 pagine. Però poi, se si leggono i suoi libri, si rimane sempre piacevolmente colpiti. Lo stile è leggero, a tratti un po' riflessivo, e racconta di tratti di vita quotidiana normale, in cui tutti riescono a identificarsi (ok, non tutti abbiamo un fidanzato di 20 anni più giovane che ci ama alla follia... ma la protagonista stessa si rende conto di quanto sia fortuna e non la fa apparire come una cosa normale).
Questo romanzo è il quarto della serie della Isabel Dalhousie, filosofa e investigatrice, ora alle prese con un "caso" che riguarda un pittore scomparso e dei suoi presunti quadri falsi venduti ad un asta, ma anche con il suo bimbo neonato e i tentativi da parte dei suoi colleghi filosofi di rubarle il lavoro di redattrice. Se devo essere onesta, è quello che mi è piaciuto meno, ma forse perchè qui ormai la storia con Jamie è ormai consolidata e non c'è più tanto il divertimento di leggere i dilemmi morali dela protagonista (e poi perchè in questo romanzo, la filosofa è un po' troppo spocchiosa a volte).
E' un libro che comunque si divora ed è una piacevole lettura non troppo impegnativa.

Nota alla traduzione: qualche calco, qualche refuso, qualche preposizione sbagliata e un termine sconosciuto lasciato in inglese senza nemmeno spiegare di cosa si tratta. Da rivedere sicuramente.


domenica 14 febbraio 2010

SE MI LASCI FA MALE- Stefania Bertola


Lui vi ha lasciate? È terribile, non resta che piangere, piangere, piangere ancora, disperarsi, lagnarsi ben bene con un paio di amiche e poi passare oltre. O volete entrare nella triste schiera delle vittime rancorose, di quelle tizie che tre anni dopo la separazione ce l'hanno ancora con l'ex? Guardate che lo spazio interno di un essere umano non è infinito, e se ne occupate svariati centimetri con rancori, rimpianti e altri sentimenti sgradevoli, non è che poi resta tutto questo spazio per immagazzinare sensazioni positive. E allora reagite, con l'aiuto di "Se mi lasci fa male", un allegro alfabeto che vi aiuterà a districarvi nelle più comuni situazioni post-abbandono: dall'ex suocera al purè, dalla gita in campagna ai libri da leggere, dal rapporto con il cellulare a quello con i cassetti, scoprite come si può affrontare la fine di un amore senza che per questo finisca il mondo.

Non sono solita leggere questi manualetti di "autoaiuto" che ti spiegano perchè gli uomini sono diversi dalle donne o cosa fare in caso di rottura, ma devo ammettere che questa "Guida della Lasciata" scritta dalla Bertola è molto divertente. Un po' improbabile forse, ma fa comunque sorridere. L'idea ad esempio di prepararsi un purè alle 4 di notte per combattere l'angoscia causata dal fatto che il vostro fidanzato vi ha lasciato la trovo semplicemente geniale. E anche l'idea di nascondere dei "cicles" masticati nella stessa tasca in cui il vostro Lui nasconde segni della sua amante è strepitosa.
Preferisco di gran lunga la Bertola quando scrive romanzi, forse perchè tutte le cose che consiglia di fare in questo libro ma che una persona normale effettivamente non farebbe mai, nei suoi libri prendono vita.
Simpatico, ma nulla di più. E se dopo averlo letto, magari come primo approccio alla Bertola, decidete di non leggere più niente di suo, vi prego, ripensateci. Datele una seconda possibilità.

lunedì 8 febbraio 2010

NE PARLIAMO A CENA- Stefania Bertola


Sofia è appena stata piantata dal marito e quel fetente, non contento di spassarsela con una collega, pretende anche di toglierle la casa. È il momento, dunque, di radunare le cugine-amiche per una cena di consulto. C'è Costanza, la voce narrante, che non si è mai sposata perché l'uomo che ama è già sposato; Bibi, divorziata ma che sogna di riconciliarsi col marito; Irene, sempre sul punto di separarsi, ma che non si decide mai, e Veronica, l'unica senza problemi e per questo terrorizzata che tanta felicità non possa durare in eterno.




Ve l'ho già detto che la Bertola mi fa impazzire? Mi piacciono i personaggi, le storie che racconta, il modo in cui le racconta e quel senso di leggerezza che rimane sempre dopo aver finito ogni suo libro.

Questo è il primo che ha scritto, è forse lo stile va ancora un pochino affinato. Ma mi sono comunque divertita. Perchè l'autrice riesce a prendere personaggi normali (tutte donne, innanzitutto), con i loro complessi, i loro aspetti buffi, e a buttarli in storie sempre improbabili ma mai del tutto paradossali.

In questo libro le protagoniste sono delle cugine, che si trovano a cena di tanto in tanto e si aggiornano sulla loro vita sentimentale, consigliandosi, litigando a volte, ma senza mai perdere quel grande legame che le lega.

Veramente bello e piacevole da leggere!