domenica 30 novembre 2014

Un libro per tè: Tutti i nomi e la tisana Bonne nuit



Leggere José Saramago è ogni volta un'avventura. Addentrarsi nel suo stile, perdersi tra le sue frasi, le sue virgole che apparentemente sembrano messe a caso, e ritrovarsi a leggere, sempre, una storia magnifica (in cui la sintassi svolge un ruolo fondamentale). Tutti i nomi è un libro un po' impegnativo, soprattutto nelle prime pagine. Ma una volta preso il via, non si riesce a smettere di leggerlo, di seguire il Signor Josè nella sua ricerca quasi disperata.
A rigore, noi non prendiamo decisioni, sono le decisioni che prendono noi.
Associo a questo libro una tisana della buonanotte, la Bonne Nuit della Neavita, che ho comprato principalmente per la sua bellissima confezione. Per poi scoprire, fortunatamente, che è buona anche nel gusto. A base di frutta (mela e ribes), camomilla, verbena, tiglio e fiori di rosa, di arancia e di fiordaliso.


La associo a questo libro semplicemente perché è un libro che se si inizia a leggere nel letto, la sera, non ti fa più dormire, perché si va avanti a leggere, quasi ipnotizzati dallo stile di Saramago. E io, solitamente, se prima di coricarmi bevo una tisana, poi la notte non dormo. Non sto scherzando. Ho una vescica molto debole che, se aiutata da una tazza d'acqua, mi porta ad alzarmi almeno due volte, per fare pipì. 
Ma va bene, perché così sgranchisco un po' le gambe e le braccia, anchilosate dalle strane posizioni in cui inconsciamente mi posiziono leggendo nel letto.

giovedì 27 novembre 2014

GIUSEPPINO - Joe Bastianich e Sara Porro

Prima di scrivere questa recensione devo fare qualche premessa.
La prima: io non sono solita accettare i libri che mi vengono proposti in lettura dalle case editrici, soprattutto da quelle medio-grandi. Non che trovo che ci sia qualcosa di sbagliato in chi li accetta, per carità, semplicemente preferisco comprarmi i libri da sola, onde evitare spiacevoli incidenti nel caso in cui il libro che mi viene mandato non mi piaccia. Non dico che non sarei onesta nella recensione, questo no. Però, conoscendomi, sicuramente mi sentirei un po' a disagio. Come quando qualcuno vi regala una cosa brutta ma voi non ve la sentite di dirgli in faccia che è brutta. A volte, però, faccio delle eccezioni: se la casa editrice è piccolina e non avrei avuto altri modi per conoscerla, se il libro che mi viene proposto effettivamente mi ispira, se chi mi ha contattato è stato davvero molto gentile o senza un vero e proprio motivo, così perché mi va. 
La seconda premessa è che io odio i libri scritti da chi nella vita fa già altro. Soprattutto se è un presentatore tv, una velina o un calciatore. Li odio senza mai averne letto uno, diciamo la verità. Per snobismo, forse. O perché penso che la letteratura sia altro e che questi libri, piano piano, la stanno distruggendo.
La terza, e ultima giuro, premessa è che adoro Masterchef. Una scoperta tardiva, solo di quest'anno, che mi ha portato in una decina di mesi a vedere tutta la quarta serie di Masterchef USA, la prima di Masterchef Spagna, la prima serie di Junior Masterchef USA, la terza serie di MAsterchef Italia e, a breve, anche la prima di Junior Masterchef Italia. Adoro le sfide di cucina, adoro la creatività di certi piatti e adoro provare a rifarli a casa (il mio filetto alla Wellington è spettacolare). E, soprattutto, adoro le reazioni dei giudici. Soprattutto dei tre di Masterchef USA: Gordon Ramsay, Graham Elliot e, sì, soprattutto lui, Joe Bastianich.

Quindi alla luce della terza premessa ho deciso di violare quanto detto nella prima e nella seconda e quando la Utet mi ha scritto per propormi di leggere Giuseppino di Joe Bastianich (scritto con Sara Porro... cosa che, pur non avendo idea di chi fosse, un po' mi ha incoraggiata, perché vuol dire che il personaggio forse conosce i suoi limiti come scrittore) ho accettato. E li ringrazio davvero per avermelo inviato.
Anche se temo che loro non faranno lo stesso per questa recensione.

Giuseppino di Joe Bastianich avrebbe tutte le potenzialità per essere un bel libro. Non sto scherzando. La vita di Bastianich, dalla fuga dei suoi nonni dall'Istria subito dopo la guerra, all'arrivo in America, dall'infanzia all'apertura del primo ristorante da parte di quel fenomeno che deve essere sua madre, dall'acquisto dei vigneti in Friuli alla collaborazione con Farinetti per portare Eataly a New York, oltre ovviamente alla sua esperienza come giudice di Matserchef, sarebbero materiale più che sufficiente per scrivere una piccola e interessante saga familiare.
Però, qualcosa non ha funzionato. Il libro è scritto, francamente, abbastanza male, in modo quasi frettoloso e tratta solo di sfuggita tutti gli argomenti che avrebbe potuto e dovuto ampliare sulla vita di questo personaggio. Già solo il titolo, che effettivamente è una delle cose che mi ha attirata di più, viene quasi sprecato senza che davvero si racconti quasi nulla del rapporto con la nonna, l'unica a chiamarlo ancora così, e di cosa questo rapporto ha significato. Certo, alcuni aneddoti sono divertenti, così come lo sono i disegnini tra un capitolo e l'altro (a opera di Gianluca Biscalchin) e, soprattutto, il glossario Bastianich-Italiano in chiusura del libro. Però, la sensazione una volta chiuso il libro è che manchi davvero qualcosa. Molto spesso inoltre si fa riferimento a quello precedente, Restaurant man (pubblicato da  Rizzoli, nel 2012), dicendo proprio "questa cosa la racconto già lì, quindi qua non la dico". Ed è una cosa irritante (anche perché se compro uno non è poi detto che io compri anche l'altro, no?).

Forse avrei dovuto ascoltare il mio buon senso, quello che mi ha sempre detto di non leggere libri scritti da personaggi televisivi, indipendentemente da quanto questi personaggi televisivi mi piacciano. Ma lo so per la prossima volta. E ora tornerò sicuramente alle mie vecchie abitudini, di non accettare libri dalle case editrici, se non in casi eccezionali, di non leggere libri scritti da personaggi televisivi e di guardare puntate Masterchef, in ogni sua edizione, come se non ci fosse un domani.

Titolo: Giuseppino
Autore: Joe Bastianich con Sara Porro
Pagine: 201
Editore: Utet
Anno: 2014
Acquista su Amazon:
formato ebook: Giuseppino (Utet)

mercoledì 26 novembre 2014

Due titoli, un solo libro: ma perché? #99

Per la puntata di questa settimana ringrazio tantissimo Valentina del blog Peek a Book, per avermi fornito una  bella segnalazione, che merita di essere condivisa.

Inoltre, mi offre lo spunto per nominare almeno una volta su questo blog Patrick Modiano, scrittore francese vincitore del Premio Nobel per la Letteratura del 2014, nonché, per quanto mi riguarda, illustre sconosciuto. So che ha scritto diversi romanzi, in Italia pubblicati da Guanda, Einaudi e Lantana, ma al momento, ammetto la mia ignoranza, non sarei in consigliarvene nemmeno uno (anzi, se ne consigliate voi uno a me, mi fa te un favore!).
Tra le varie cose che non sapevo di questo scrittore c'è che ha scritto anche un libro per bambini CATHERINE CERTITUDE



Il romanzo, con le illustrazioni di Jean-Jacques Sempé, è uscito in Francia nel 1988 e racconta la storia di Caterina, aspirante ballerina con seri problemi di vista che la obbligano a indossare sempre gli occhiali. La bambina se li toglie solo per ballare e ha la possibilità così di vedere il mondo in modo completamente diverso.

Il romanzo è stato tradotto in italiano da Giulio Lughi per la casa editrice Einaudi nel 1993, con il titolo SOGNI SENZA OCCHIALI


Il titolo italiano è stato quindi cambiato, forse perché non piaceva l'idea di tradurre letteralmente il nome proprio della protagonista (cosa che, teoricamente, non andrebbe mai fatta), ma nemmeno quella di lasciarlo in originale, essendo un romanzo per bambini (e considerando che eravamo all'inizio degli anni '90, in cui la tendenza ad italianizzare il tutto era ancora in uso). Einaudi ha quindi preferito far leva sulla caratteristica principale della protagonista, il fatto che porti gli occhiali e di come il suo mondo cambi quando se li toglie.

Nel 2014, però, esce una nuova versione del romanzo, tradotta da Maria Vidale per la casa editrice Donzelli, con un nuovo titolo: CATERINA CERTEZZA


A differenza di quanto fatto da Einaudi, in questa versione viene tradotto letteralmente il titolo originale: Catherine Certitude diventa quindi Caterina Certezza.
Dal punto di vista del titolo, forse, la scelta di Donzelli è migliore, in quanto fedele all'originale. Però da un lato suona sicuramente un po' strano trovare una bambina con nome e cognome italiani in un'opera ambientata a Parigi, dall'altro c'è il rischio del cambio di titolo di un'opera già tradotta.

La segnalazione di Valentina deriva proprio da questo: una sua conoscente ha preso Sogni senza occhiali e Caterina Certezza in biblioteca, convinta fossero due libri diversi.

Voi che titolo avreste scelto?

martedì 25 novembre 2014

IN STATO DI EBBREZZA - James Franco

La prima cosa che mi viene in mente quando qualcuno nomina James Franco è il film Spiderman, in cui interpreta prima il figlio del cattivo e poi il cattivo vero e proprio. La seconda è il ricordo di una domenica pomeriggio di due anni fa, quando, sotto una consistente nevicata, sono andata al cinema a vedere Il grande e potente Oz, in cui James Franco interpreta proprio il grande mago. Uno dei film più brutti che abbia mai visto negli ultimi anni. Da allora, devo ammetterlo, ho cercato di tenermi il più lontano possibile da questo attore. Poi però è uscito questo libro, In stato di ebbrezza, per la casa editrice minimum fax. Una casa editrice che, seguite questo blog da un po', già sapete quanto io adori. Adoro le loro copertine, adoro i libri che scelgono di pubblicare e la passione per la cultura e la letteratura che trasmettono con ogni nuova uscita. Per cui, sebbene io sia sempre un po' diffidente nei confronti di quelle persone che hanno successo in tante, troppe cose, ho deciso che era il caso di dare a James Franco una seconda possibilità. Per cancellare dalla mia mente l'immagine dell'attore antipatico e fargli trovare spazio come scrittore.

In stato di ebbrezza è una raccolta di racconti ambientati a Palo Alto, città natale dell'autore (nonché titolo originale dell'opera). Protagonisti sono degli adolescenti, ragazzi e ragazze, spinti al limite: adolescenti ubriachi, drogati, violenti e in fissa con il sesso, che faticano a trovare il loro posto nel mondo. Hanno sogni, certo, eppure non riescono ad allontanarsi da quel baratro, da quel senso di frustrazione, da quella noia che la vita di provincia riserva loro ogni giorno.

Prima di riuscire a scrivere la recensione di In stato di ebbrezza ho dovuto cercare i commenti di altri lettori. Solitamente non lo faccio, più per pigrizia che per paura di farmi in qualche modo influenzare. In questa caso, però, ne ho sentito la necessità. Volevo capire quali erano state le reazioni degli altri, a un'opera del genere. Capire cosa è stato detto, come e perché. La cosa buffa, sebbene con il senno di poi abbastanza prevedibile, è che ho trovato pareri diametralmente opposti: c'è chi elogia James Franco e il suo stile diretto, senza sconti e, per questo, molto reale e molto forte; c'è chi invece critica il libro perché totalmente incomprensibile, perché questi ragazzi sono davvero troppo esasperati per apparire realisti. E poi c'è anche chi ne fa recensioni e commenti neutri, in cui non si capisce nemmeno cosa abbia effettivamente pensato chi li ha scritti.
La cosa ancor più buffa è che mi trovo completamente d'accordo con tutte e tre le reazioni. James Franco scrive molto, molto bene, soprattutto considerando che questa è la sua opera di esordio. I suoi personaggi sono forti, il più delle volte sconvolgenti, ma anche tanto, tanto umani. Capisco chi l'ha elogiato, quindi. E in parte non posso che farlo anche io. D'altra parte, però, l'ho trovato eccessivo, esagerato e non sono stata in grado di capire per tutti i racconti cosa effettivamente l'autore mi volesse raccontare. È quasi sicuramente un limite mio, che ho cercato, oltre al sesso a volte grottesco, all'alcool e alle violenze un significato forse troppo profondo che alla fine non sono riuscita a ritrovare. E, stranamente, capisco anche le recensioni neutre, sebbene solitamente non abbiano alcun senso. Perché il libro ti lascia talmente confuso che è difficile fare chiarezza nei propri pensieri.

Per cui il mio commento finale è un bel "non lo so". Non lo so se In stato di ebbrezza mi sia piaciuto o meno. Non lo so se è un libro che consiglieri o che vi direi di lasciar perdere. Davvero, non lo so.
Le uniche cose che so è che ora ogni volta che qualcuno citerà James Franco, oltre a Spiderman e Il grande e potente Oz, nel bene e nel male, penserò anche a questo libro.

Titolo: In stato di ebbrezza
Autore: James Franco
Traduttore: Tiziana Lo Porto
Pagine:192
Editore: minimum fax
Acquista su amazon:
formato brossura:In stato di ebbrezza
formato ebook:In stato di ebbrezza

domenica 23 novembre 2014

Un libro per tè: James Franco e l'infuso al Mojito


Ieri pomeriggio ho iniziato In stato di ebbrezza di James Franco, tradotto da Tiziana Lo Porto ed edito da minimum fax. Sì, James Franco l'attore, che però oltre che essere un attore ha anche una laurea in scrittura creativa e scrive. E lo fa abbastanza bene, da quanto ho letto finora.

Diciamo che l'abbinamento di questa settimana è stato un po' telefonato. Che se leggo un libro che si intitola In stato di ebbrezza, non posso che abbinarci l'infuso al Mojito di Whittard. 
Il Mojito è uno dei miei cocktail preferiti, nonché il fautore della mia prima vera sbornia. Io non reggo molto l'alcool, già un bicchiere è sufficiente per farmi cantare... e quella volta ne ho bevuti tre. Ma era stata una sbornia voluta e preparata: non ho preso io l'auto e gli amici che erano con me sono rimasti sobri di proposito, per darmi il giusto sostegno. E che diamine, era appena finita, male, una storia di otto anni... un'ubriacatura ci stava, no?
Questo infuso Whittard non è alcolico e sa prevalentemente di menta, con un leggero retrogusto di lime. È ideale per avere lo stesso gusto del cocktail, ma rimanendo sobri. 
Comunque, se proprio volete potete aggiungerci anche un dito di rum, per non sbagliarvi. Però non sono sicura che dopo riusciate ancora a leggere.

sabato 22 novembre 2014

IO NON RICORDO - Stefan Merrill Block

Ci sono libri che, ancor prima di aprirli, sai già come ti faranno stare. Sai quali ti faranno ridere e quali piangere, quali ti trasmetteranno benessere e quali dolore, quali saranno bellissimi e quali, invece, bruttissimi.
Quando ho preso in mano per la prima volta Io non ricordo di Stefan Merril Block sapevo già che avrei letto una storia bellissima e dolorosissima. Non è che ci vada un genio per capirlo, in realtà, perché il romanzo parla di Alzheimer, di una delle sue forme, se possibile, ancor peggiori del solito: l'Alzheimer famigliare a esordio precoce. Che si tramanda di genitore in figlio. Che hai il 50% delle possibilità di avere se uno dei tuoi genitori ne soffre. Che sai che non ti lascerà alcuno scampo. Ti farà dimenticare, prima le cose più inutili, poi quelle sempre più importanti.

Io non ricordo racconta di un bambino, Seth, la cui madre è affetta da questa terribile malattia e che viene quindi rinchiusa in una casa di riposo, perché l'unico modo per contenerla. Seth soffre per questa situazione, soffre per l'apparente indifferenza del padre, soffre perché sa che potrà succedere anche a lui. E per cercare in qualche modo di mitigare questa sua sofferenza, per renderla in qualche modo più sopportabile, decide di iniziare a fare ricerche, sulla malattia ma soprattutto sul passato della madre, un passato misterioso di cui non ha mai voluto parlare con nessuno. In parallelo viene raccontata la storia di Abel, ora un anziano solitario e un po' scorbutico, che difende in ogni modo la sua casa dall'invasione dell'abuso edilizio, che vorrebbe abbatterle per farci altre villette. La difende perché spera ancora che qualcuno del suo passato in quella casa ci torni, che torni da lui. 

Il libro si divide tra i capitoli raccontati da Seth e quelli raccontati di Abel, sempre inframmezzati da un racconto, quello di Isidora, la città fantasma in cui tutti sognano di arrivare, filo conduttore, bellissimo e un po' straziante, di tutto il romanzo. Qua e là ci sono poi alcune informazioni di carattere saggistico e scientifico, ma romanzate, sulla scoperta di questa variante dell'Alzheimer, su come si è diffusa e cosa ha comportato negli anni in chi scopriva di averla.
Io non ricordo è un romanzo scorrevole ma allo stesso tempo difficile da leggere, che racconta di amore e di dolore, di frustrazione e di impotenza, di voglia di sapere e di paura. E che lascia, forse, un briciolo di speranza.

Sicuramente bisogna essere nel giusto stato d'animo per leggerlo, perché è davvero molto intenso e molto toccante, oltre che non semplice da accettare (perché parla di qualcosa che potrebbe colpire tutti, il perdere la memoria, il dimenticare, il non riconoscere più nemmeno chi ci sta accanto ogni giorno... una delle mie più grandi paure, se devo essere onesta). 
Però è anche un libro bellissimo, che merita davvero di essere letto.


Titolo: Io non ricordo
Autore: Stefan Merril Block
Traduttore:  Stefano Bortolussi
Pagine: 340
Editore: BEAT/ Neri Pozza
Acquista su Amazon:
formato brossura: Io non ricordo

giovedì 20 novembre 2014

L'AMICA AMERICANA - Margherita Oggero


Per qualche motivo in questo periodo mi ritrovo sempre più spesso coinvolta in discussioni su termini dialettali e regionalismi. Io sono piemontese e, sebbene non parli in dialetto e nemmeno lo capisca poi così tanto, quando parlo e quando scrivo mi capita spesso di utilizzare termini ed espressioni che in altre parti d’Italia  non verrebbero nemmeno capite. Eppure, per quanto mi sforzi, non sempre riesco a evitare l’utilizzo di queste parole. 
C’è da dire poi che essere piemontese mi piace un sacco. Mi piace il nostro buffo accento (io non parlo con la e aperta, né?), mi piacciono espressioni come “facciamo che andiamo” o “solo più” , mi piace il nostro cibo e la nostra presunta riservatezza. E poi, mi piacciono molto un paio di scrittori piemontesi, che hanno fatto di questa “piemontesità” il loro cavallo di battaglia. 

Tra questi, c’è sicuramente Margherita Oggero, autrice torinese doc. L’amica americana è il suo secondo romanzo che leggo (pur essendo il terzo della serie che ha come protagonista la profia Baudino, di cui ho letto La collega tatuata, che è invece il primo. Il secondo, per ora, me lo son persa per strada).  Serie da cui è stata tratta la serie tv “Provaci ancora Prof” con Veronica Pivetti. Serie di cui ho visto qualche puntata, prima di decidere che leggere i libri sarebbe stato molto meglio

Come i romanzi precedenti, anche L’amica americana è ambientato a Torino e ha come protagonista, appunto, la profia Baudino, che in questa sua nuova avventura si ritrova suo malgrado coinvolta nell’omicidio di Dora Vernetti. La donna è da poco rientrata in Italia dagli Stati Uniti, dopo l’improvvisa morte del marito, per mettere in vendita una bellissima villa nel capoluogo piemontese. Camilla, che ha sempre amato quella casa, pur sapendo di non potersela permettere, chiede a  Dora di poterla vedere. Da quell’incontro, le due donne iniziano a frequentarsi e diventano amiche, soprattutto per insistenza di Dora, che è terribilmente sola. Peccato che la don a poi muoia, proprio una mattina in cui è a spasso con Camilla, che diventa, ovviamente, la principale indiziata. Ad aiutare la profia ad uscire dai guai ci sono Gaetano, il bel commissario conosciuto nel primo libro della serie, uno studente brillante che sta patendo le prime pene d’amore, il matto Indistruttibile, con cui la donna ha molto legato, oltre ovviamente al marito, alla figlia Livietta e al fantastico bassotto Poti.

La forza del libro, per quanto mi riguarda, non sta solo nella trama, che comunque è davvero ben strutturata (con colpi di scena continui e indagini e deduzioni vecchio stile), ma soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi (Livietta è fenomenale) e nella “piemontesità” dello stile della Oggero. Non so se questa definizione possa avere un senso riferita a uno stile narrativo, né se si capisca effettivamente cosa voglia intendere. Le origini di questa scrittrice sono evidenti a ogni riga e di Torino, oltre che la geografia, riesce a ricreare perfettamente anche il clima e gli atteggiamenti tipici delle persone, quella serietà mista a ironia, quel prendersi a volte troppo a volte troppo poco sul serio. 

Devo ammettere che non sono poi così sicura che un non piemontese riesca ad apprezzare così tanto questa lettura. A me ha fatto letteralmente impazzire. 
Fate che leggerlo e poi mi venite a dire che ne pensate.

Titolo: L'amica americana
Autore: Margherita Oggero
Pagine: 315
Editore: Mondadori
Acquista su Amazon:
formato brossura:L'amica americana