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lunedì 29 luglio 2019

DOPO LE FIAMME - Fernando Aramburu

Camminando senza parlare, i due amici arrivarono davanti al portone di Zubillaga. Sulla facciata dell'edificio, la pittura ancora fresca, si poteva leggere: ZUBILLAGA SPIA, con il noto bersaglio sopra il nome. L'amico affrettò il passo come colto da una fretta improvvisa. Dopo pochi metri si girò e, con il volto alterato e i modi nervosi, sussurrò a Zubilaga: cancellalo prima che lo vedano i tuoi vicini. Cancellalo, accidenti, che con queste cose non si scherza.


Dopo le fiamme di Fernando Aramburu, da poco pubblicato da Guanda editore con la traduzione di Elisa Tramontin, è una raccolta di racconti che porta il lettore esattamente negli stessi luoghi, i Paesi Baschi, e nella stessa atmosfera, l’ETA e come viene vissuto tra la gente, di Patria, il grande romanzo di questo scrittore basco che nel 2018 ha vinto il Premio Strega Europeo.

Questa raccolta, in realtà, in Italia era già uscita nel 2007 per la casa editrice La nuova frontiera. Anche la traduzione era la stessa, cambiava però il titolo: in quella prima edizione, infatti, era stato mantenuto il titolo originale, nonché titolo del racconto in apertura, I pesci dell’amarezza.
Guanda lo ripubblica quindi dodici anni dopo, scegliendo questa volta come titolo dell’intera raccolta quello dell’ultimo racconto: Dopo le fiamme, appunto.

Un’informazione importante, questa. Perché, complice una fascetta volutamente generica (“Dopo Patria, ma ancora dentro Patria, il nuovo libro di un autore che è il grande caso editoriale di questi anni”) se non si sa che questi racconti sono stati scritti molto prima del romanzo si rischia di non apprezzarli come si meriterebbero.

I dieci racconti di Dopo le fiamme, infatti, sembrano una sorta di antipasto, di anticipazione di quel che Aramburu metterà poi dentro Patria, sviluppandolo all'ennesima potenza. Le tematiche sono le stesse, si diceva: siamo nei Paesi Baschi e l’ETA è nel pieno della sua attività. Manifestazioni, intimidazioni, attentati che colpiscono obiettivi precisi (chi non simpatizza per la causa basca) ma anche persone che passavano lì per caso, che ancora dovevano nascere, che volevano solo vivere tranquille e che invece ora si ritrovano segnati a vita.
Sono tutti racconti molto belli, perché Aramburu è bravissimo a raccontare la quotidianità, le reazioni estremamente umane, la paura, la rassegnazione, gli amici che diventano nemici perché non vedono alternative, ma anche la voglia di non arrendersi. È bravo a raccontare il clima, da un lato e dall'altro, che si respirava nelle vie, nelle piazze, nei quartieri ma anche all'interno di ogni singola famiglia.

Tra questi dieci racconti i miei preferiti in assoluto sono tre. Il primo è I pesci dell’amarezza, proprio in apertura. Qui conosciamo una figlia, “i giornali l’avrebbero descritta come una donna di ventinove anni che passava casualmente per il luogo dell’esplosione”, attraverso gli occhi del padre che la va a prendere in ospedale dove è stata ricoverata a lungo e che ora deve imparare a vivere senza l’uso di una gamba. Riprendere a vivere è molto difficile, triste. Affrontare il dolore di una figlia altrettanto difficile, triste. Ma in qualche modo ce la si deve fare, magari fermandosi a guardare il mare o diventando amici di un pesce in un acquario.
Il secondo è Relazione da Creta, in cui una donna racconta la sua storia con Santi, attraverso un diario che scrive per la psicologa mentre è in viaggio di nozze. Santi è un uomo strano, molto timido, che si ferma sempre un po’ di più al lavoro e che odia andare al cinema. Con lei a poco a poco sembra aprirsi e, grazie anche all’incontro con la madre, lei capisce che c’è un trauma, una ferita profonda dietro ai suoi comportamenti bislacchi. Decide quindi di aiutarlo, di tentare di tirarlo fuori da quell’abisso in cui da tanti anni è caduto: da quando hanno ammazzato suo padre.

Il terzo è Il figlio di tutti i morti ed è la storia di Iñigo, un figlio cresciuto senza padre. Un giorno, dopo aver assistito alla finestra a una manifestazione pro Euskera, il nonno gli racconta la verità, gli racconta di essere uno dei tanti bambini cresciuti senza padre per decisione di qualcun altro.
La madre si alzò dal letto, svestì il figlio e lo aiutò a mettersi il pigiama. Iñigo la lasciava fare. Una volta messo a letto, sua madre gli rimboccò le coperte e, al momento di augurargli la buonanotte, spostandogli la frangetta, gli diede due baci sulla fronte.
«Uno, due» sussurrò come al solito.
«Senti, ama, perché mi dai sempre due baci e li conti?»
«Uno è mio, l'altro è di chi non ti ha mai potuto baciare.»

Questi sono i miei tre preferiti, ma in tutti e dieci Fernando Aramburu riesce a trasmettere qualcosa di forte, di potente, che racconta di una società e un periodo storico di cui noi forse, qui a distanza, abbiamo saputo e compreso troppo poco.
Se avete amato Patria, ma anche quell'altra meraviglia che è Anni lenti, amerete tantissimo anche Dopo le fiamme. Vi ritroverete negli stessi luoghi, nelle stesse atmosfere, nella stessa impotenza e nello stesso dolore.  

Tutti dovevano vederlo: il suo dolore imperterrito, il suo dolore alto come un lampione in mezzo alla strada. Lo dovevano vedere anche quelli incapaci di provare compassione, quelli che se ne rallegravano di nascosto o apertamente e quelli che in quell'istante lo stavano festeggiando come una vittoria. Toñi pensava che il suo dolore dovesse costringere anche quelli, specialmente quelli, a deviare un po' il percorso per non sbatterci contro.Mentre attraversava i portici di una vecchia piazza si fermò davanti a una vetrina. Nei propri occhi vide più rabbia che tristezza. Continuò ad andare dove la portavano i piedi. Senza prestare attenzione a niente e nessuno arrivò al frangiflutti del molo, dove si fermò a guardare le onde e il cielo grigio e i pescherecci che uscivano a pescare. Passò molto tempo a parlare da sola. Al ritorno, quando arrivò al primo semaforo, vide arrivare a velocità sostenuta una betoniera. «Mi butto?» si domandò. Ma aveva tre figli e bisognava vivere.

Titolo: Dopo le fiamme
Autore: Fernando Aramburu
Traduttore: Elisa Tramontin
Pagine: 251
Editore: Guanda
Anno: 2019
Prezzo: 17,00€
Acquista su Amazon:
formato cartaceo: Dopo le fiamme
formato ebook: Dopo le fiamme

giovedì 26 gennaio 2017

VOLTI NELLA FOLLA - Valeria Luiselli

Sapevo che non era molto sensato riporre alcun tipo di fiducia negli oggetti e che non appena ci abituiamo alla presenza silenziosa di qualcosa, questa si rompe o sparisce. Anche i legami con le persone che mi circondavano erano segnati da questi due modi della temporaneità: rompersi o sparire.


Ho comprato Volti nella folla di Valeria Luiselli, pubblicato in Italia da LaNuovaFrontiera e tradotto da Elisa Tramontin, alla fiera Più Libri Più Liberi di Roma. Stavo chiacchierando in chat con una mia amica, che mi stava raccontando di quanto le stesse piacendo questo libro che, a sua volta, le era stato consigliato da un’altra amica comune, che lo aveva amato allo stesso modo.

Questo dialogo, unito al bellissimo titolo, alla ancor più bella illustrazione di copertina a opera di Gaia Stella e al fatto che avessi sentito parlare spesso di questa scrittrice messicana senza però mai decidermi a leggere niente, mi hanno fatto venire un’improvvisa voglia di comprare questo libro. Poi è rimasto un po’ lì a guardarmi, dallo scaffale dei libri da leggere, prima che arrivasse il momento di aprirlo.

Volti nella folla è narrato in prima persona da una giovane donna, sposata con un architetto che forse la tradisce e madre di due figli piccoli. Una vita famigliare molto comune, che alla donna però inizia a stare un po’ stretta. Per evadere da questi ritmi e da queste abitudini inizia a scrivere un romanzo, in cui racconta della sua giovinezza newyorchese, quando di mestiere faceva la traduttrice e viveva di poesia, di incontri con personaggi bizzarri ed eccentrici e dormiva sempre a casa di altri. A questi racconti nel passato, si mescolano quelli nel presente, con il marito e i figli, ma anche quelli ancor più passati, con personaggi che non può aver incontrato ma che vivono comunque nella sua mente e, in qualche modo, la condizionano.
La protagonista si ritrova così a scrivere di sé e di altri, a ricordare e immaginare i tanti volti che, in mezzo alla folla, ha incontrato o abbandonato.

Volti nella folla è un libro abbastanza complesso. Il lettore entra nei pensieri della protagonista, salta con lei tra passato e presente, tra reale e immaginato, tra personaggi realmente esisti e altri che nascono e vivono solo nella sua mente. E, a un certo punto, un po’ si perde.
O almeno è quello che è successo a me.
Ho amato tantissimo la prima parte di questo romanzo e i ricordi della protagonista sul suo passato: il lavoro di traduttrice, la sua quotidianità fatta di incontri con sconosciuti a cui lasciare le chiavi di casa, fino al momento in cui le cose sono cambiate.
A volte, prima di ritornare nella sua cittadina, veniva nel mio appartamento a farsi un altro bagno e cenavamo con gli avanzi di quello che aveva cucinato il venerdì. Parlavamo dei libri che aveva venduto; parlavamo di libri in generale. A volte, la domenica, facevamo l'amore.

Così come ho amato anche il presente: il marito che legge quello che lei scrive da sopra la sua spalla e poi si interroga sulla sua veridicità, ma anche i sospetti che nei confronti dell’uomo la protagonista inizia a provare; e poi i figli e gli strani vicini di casa.

Mio marito mi chiede se è vero che non riesco a dormire dopo aver fatto sesso.
«A volte.»
«E che fai quando io mi addormento?»
«Ti abbraccio, ti ascolto respirare.»
«E poi?» insiste.
«E poi niente, poi mi addormento.»

A un certo punto, però, non ho quasi più capito che cosa stessi leggendo. Troppi personaggi che si mescolano, troppi incontri, e quel confine, tra reale e immaginato, valicato troppo di frequente. Può darsi fosse un effetto voluto, che portasse il lettore a perdersi tra i mille volti della folla che ci circonda e che spesso nemmeno esiste. Però, ecco, mi rimane la sensazione, anche dopo un paio di giorni dal termine della lettura, di essermi persa qualcosa, di non essere stata in grado di comprendere appieno il senso del libro.
Lo stile di Valeria Luiselli è incredibile. Mi sono piaciute le sue frasi, i suoi costrutti, il suo modo di osservare il mondo e descrivere i rapporti che si creano.

Anche se mi ci sono persa, anche se non sono sicura di aver capito tutto, Volti nella folla è sicuramente un libro da leggere. Per il modo in cui è narrato e per tutta una serie di piccole riflessioni, sulla vita e su quello che si è o non è, che fa nascere leggendo.


TITOLO: Volti nella folla
AUTORE: Valeria Luiselli
TRADUTTORE: Elisa Tramontin
PAGINE:169
EDITORE: laNuovafrontiera
ANNO: 2015
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formato cartaceo: Volti nella folla