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mercoledì 28 gennaio 2015

Due titoli, un solo libro: ma perché? #105


Per la puntata di questa settimana ringrazio tantissimo Chiara per avermi scritto e avermi segnalato un ennesimo, e ancora una volta sconvolgente, cambio di titolo, accompagnato questa volta anche da uno sconcertante cambiamento di copertina.

"Ciao! Volevo segnalarti un libro che ho appena letto in originale: "Tell the wolves I'm home" di Carol Rifka Brunt.Oltre a essere un romanzo che personalmente ho apprezzato molto, si tratta di un meraviglioso esemplare di "due titoli, un solo libro". Infatti in italiano è stato tradotto con "Promettimi che ci sarai", con copertina altamente fuorviante, dal momento che protagonisti della storia sono una ragazzina di 14 anni e due persone speciali nella sua vita: lo zio e il suo compagno, omosessuali e malati di AIDS. I tema dei lupi è ricorrente, e il titolo del libro ha anche un significato preciso... che non ti anticipo nel caso decidessi di leggere il libro".
Dalle parole di Chiara, il romanzo sembra molto forte, almeno nell'argomento. E cosa fa la Piemme (sì, di nuovo lei)? Anziché tradurre letteralmente l'originale con un fattibilissimo e sensatissimo "Dì ai lupi che sono a casa", opta per un titolo, Promettimi che ci sarai, che non c'entra nulla e che, soprattutto, non attira per nulla. Non contenta, lo piazza su una copertina decisamente fuorviante, oltre che già vista, che richiama l'originale solo perché le foglie dell'albero formano un lupo.
Se avessi visto questo libro su uno scaffale di una libreria, con questo titolo e questa copertina, lo avrei classificato immediatamente come un romanzo rosa, magari per ragazzi. Mai avrei potuto pensare che trattasse temi tanto importanti (che poi magari li tratta comunque male, anche se stando a quanto mi ha detto Chiara direi di no, ma in ogni caso non sembra un libro leggero e spensierato, ecco).


Titolo originale: Tell the wolves I'm home
Titolo italiano tradotto in modo assai bislacco: Promettimi che ci sarai 
Autore: Carol Rifka Brunt
Traduttore italiano: L. Piussi, L. Prandino
Editore italiano: Piemme

mercoledì 21 gennaio 2015

Due titoli, un solo libro: ma perché? #104


"Magari io m'inalbero troppo in fretta, ma scorrevo una lista di novità editoriali e ho beccato un "Due splendidi destini", di un'autrice afghana, Nadia Hashimi. Parla di donne che cercano di non soccombere al destino loro imposto. Con l'aggettivo "splendidi". Sounds familiar? Perché i libri di autori afghani devono ricordare per forza Hosseini, Pare, sennò il lettore è scemo e non capisce le affinità, oppure meglio ancora è scemo e si confonde coi nomi degli autori vagamente simili e compra al buio certo di avere tra le mani il nuovo libro di Hosseini. Tanto più che si è sprecato un titolo secondo me stupendo, The Pearl That Broke Its Shell."

Riporto le parole precise di Laura, che mi ha segnalato questo cambiamento di titolo, perché io non avrei saputo esprimere meglio il concetto (o almeno non con lo stesso livore!).
La perla che ruppe il suo guscio sarebbe stato un titolo molto bello, secondo me. O per lo meno diverso dai soliti. Ma niente, bisogna continuare a sfruttare il fenomeno Hosseini ancora un po' e, come dice Laura, piazzare da qualche parte o l'aggettivo splendidi o il sostantivo soli (tipo Mille farfalle nel sole, di cui avevo parlato qui), per essere sicuri che il lettore lo compri.

Chissà se poi è vero, che il lettore lo compra.


Titolo originale: The pearl that broke its shell
Titolo italiano tradotto in modo assai bislacco: Due splendidi soli ...AGGIORNAMENTO DELLE 09.35: ehm...  Due splendidi destini... mi sono confusa pure io!
Autore: Nadia Hashimi
Traduttore italiano: L. Prandino
Editore italiano: Piemme

mercoledì 29 ottobre 2014

Due titoli, un solo libro: ma perché? #96


Questa volta non so davvero se ridere o piangere. È terribile il titolo italiano, con la solita struttura della frase (ma un "In cerca di me" o un "Cercandomi"era troppo difficile?) e ancor più terribile la copertina, ennesimo esempio della scarsa fantasia e della standardizzazione che ormai si trova in certi tipi di libro.
Possibile che nessuno si ribelli?

Titolo originale: Looking for me
Titolo italiano tradotto in modo assai bislacco: La bottea dei sogni smarriti
Autore: Beth Hoffman
Traduttore italiano:  F. Merani
Editore italiano: Piemme

venerdì 6 giugno 2014

PIENO GIORNO - J.R. Moehringer

Questa recensione non sarà una vera e propria recensione. Perché so già che, nemmeno sforzandomi, riuscirei a trovare le parole adatte per farvi capire quanto ho amato questo libro, il suo protagonista, il ladro gentiluomo e appassionato lettore Willie Sutton, e l'incredibile stile di J.R. Moehringer. Certo, potrei dirvi che da quando l'ho chiuso, poche ore fa, ne sento terribilmente la mancanza, al punto da aprilo e sfogliarlo ogni volta che passo vicino al tavolino su cui l'ho posato.
Potrei dirvi che, appena chiuso, ho scritto un messaggio a molti dei miei amici lettori, dicendo loro "Dovete leggere Pieno giorno di Moehringer. Dovete proprio".  O ancora che, se potessi scegliere uno scrittore a cui mi piacerebbe assomigliare se mai sapessi scrivere, sarebbe proprio Moehringer.
Ma nessuna di queste cose sarebbe sufficiente. E quindi faccio una cosa un po' diversa dal solito, che mi toglie dall'imbarazzo di trovare le giuste parole ma che allo stesso tempo dà a voi la possibilità di capire quanto sia effettivamente bello questo libro. Lascerò che sia lui a parlare per se stesso e a convincervi che vale la pena leggerlo.
Che ne vale davvero la pena.
Ho scelto qualche passaggio, qualche frase, presa qua e là tra le 470 pagine che raccontano la vita di quest'uomo, Willie Sutton, il leggendario rapinatore di banche, che ama i libri e ama una donna, al punto da diventare quello che è diventato solo ed esclusivamente per lei. Sono solo alcuni spezzoni, che è stato difficile selezionare perché quasi in ogni pagina c'è una frase, un pensiero o anche solo un'atmosfera creata dalla penna di Moehringer che avrebbe meritato di essere condivisa.
Spero che vi colpiscano tanto quanto hanno colpito me e che vi facciano venire voglia di leggere il libro.

E’ qui che ho imparato che nella vita contano solo i soldi. E l’amore. E che non ti manchino, né gli uni né l’altro. 
Ne è convinto signor Sutton? 
Chiunque dica il contrario è un fetentissimo bugiardo. Soldi. Amore. Non esiste problema che non sia colpa dei soldi o dell’amore. E non esiste problema che non si possa risolvere, con i soldi o con l’amore. 
Così suona un po’ riduttivo signor Sutton. 
Soldi e amore, ragazzo. Solo questo conta. Perché sono le uniche due cose che ci fanno dimenticare che esiste la morte. Almeno per qualche minuto.


Voltatevi indietro a guardare le vostre vite, e provate a vedere se riuscite a individuare il momento in cui tutto è cambiato. Se non ci riuscite vuol dire che non è ancora arrivato, quel momento, ed è meglio che stiate in campana, perché sta arrivando.



Chapin sospira. La stessa storia per tutti, qui dentro – istruzione zero, o quasi. Il modo più sicuro per fare il primo passo sulla strada del crimine. 
Devi impiegare il tempo che trascorrerai qui per leggere, dice Chapin. Impara. L’ignoranza ti ha condotto qui. L’ignoranza ti ci farà restare. E l’ignoranza ti ci riporterà. 
Mi piace leggere, signore. Mi è sempre piaciuto. Ma quando entro in una biblioteca o in una libreria mi sento sopraffare. Non so da dove cominciare. 
Da dove ti pare. 
Come faccio a distinguere i libri che vale la pena di leggere da quelli che sono tempo sprecato? 
Nessun libro è tempo sprecato. Qualsiasi libro è meglio che nessun libro. Pian piano, credimi, un libro ti condurrà a un altro, fino ad arrivare al meglio. Vuoi passare la vita a piantare rose con me? 
No signore. 
Allora libri. Niente di più facile. Un libro è l’unica vera via di fuga da questo mondo alla deriva. A parte la morte.

Io ti amo, Bess. E ti amerò sempre. Mi è costato tutto, assolutamente tutto ciò  che avevo, ma forse non è amore, se non ci costa tutto ciò che abbiamo.

Basta, mi fermo qui. Il resto lo scoprirete voi stessi, leggendo, lasciandovi trasportare dalle parole di questo grandissimo autore, premio Pulitzer mica per niente. Sono sicura che, una volta arrivati alla fine, anche se di rapine in banca, di personaggi leggendari americani e di fughe di prigione non ve ne è mai importato niente, vi sentirete esattamente come mi sto sentendo io in questo momento: tristi per averlo finito, felici per aver letto un libro semplicemente meraviglioso.
E ora mi sa proprio che dovrò leggere Open.

Titolo: Pieno giorno
Autore: J.R. Moehringer
Traduttore: G. Zucca
Pagine: 470
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Piemme
ISBN: 978-8868366858
Prezzo di copertina: 10,90 €
Acquista su amazon:
formato brossura: Pieno giorno
formato ebook:Pieno giorno (True)

mercoledì 16 aprile 2014

Due titoli, un solo libro: ma perché? #75

Ritorna la rubrica di confronto tra titoli e inizio il post di oggi scusandomi per l'assenza della settimana scorsa. Sono stata via tre giorni per lavoro e, tra un preparativo e l'altro, non ho avuto tempo di programmare il post. Spero di non esservi mancata troppo (o almeno che vi siate accorti che non ho pubblicato la puntata della rubrica!).

Dunque, per la puntata di oggi ho fatto un giro sugli scaffali virtuali di una negozio online, in cerca di un bel cambiamento da presentarvi. Avevo voglia di uno di quei titoli scandalosi, quelli che vi fanno esclamare "ma nooo, sono matti!". Sì, lo so, avrei potuto ricorrere alle solite case editrici, ma avevo anche voglia di cambiare un po'.
La ricerca non è stata poi così difficile, devo essere sincera. Ho trovato il libro che faceva al caso mio già nella prima schermata. Si tratta di un romanzo pubblicato ieri dalla casa editrice Piemme, con la traduzione di  D. A. Gewurz e I. Zani, ovvero LA MAGIA DI UN GIORNO IMPERFETTO di Lydia Netzer:


Il romanzo racconta la storia di una coppia, Maxon e Sunny, che si conoscono quando sono bambini e che vent'anni dopo sono sposati, con un figlio autistico e un secondo in arrivo. Una vita normale, abitudinaria, che viene infranta dalla partenza di Maxon, ingegnere alla Nasa, per una missione sulla Luna.

Non so come abbia fatto, ma non ho avuto nemmeno bisogno di controllare per capire che il titolo italiano era sicuramente diverso dall'originale. Forse la struttura del titolo, vista e rivista.
Per cui, non è stato poi tutto sto shock scoprire che in realtà il romanzo si intitolava SHINE, SHINE, SHINE:


Letteralmente si potrebbe tradurre con "Brilla, brilla, brilla". Il titolo originale, però, dovrebbe far riferimento all'omonima canzone di Chris Rea, inclusa nell'album Wired to the Moon. Uso il condizionale, perché leggendo qualche intervista all'autrice non ho trovato un riferimento diretto, ma solo qualche accenno. Diciamo che la mia è una supposizione, data dal titolo di album e di canzone, che bene ci starebbero con il contenuto del libro.
Sicuramente questo riferimento, se voluto, in italiano avrebbe rischiato di essere perso. Così come un po' strana sarebbe stata la traduzione letterale. Quindi posso in qualche modo capire la scelta di cambiare il titolo.  Cambiarlo sì, ma magari con qualcosa che avesse un senso, che in qualche modo si avvicinasse o che comunque richiamasse il brillare, le stelle, che svolgono una parte fondamentale nella trama. 
Visto così, il titolo italiano sembra essere stato messo puramente a caso.

mercoledì 12 marzo 2014

Due titoli, un solo libro: ma perché? #71

Ritorna la rubrica di confronto tra titoli dopo la pausa della settimana scorsa. Una pausa dovuta alla mia sbadataggine, che sono stata via per lavoro tre giorni e tra le mille mila cose da fare mi sono dimenticata di programmare il post. Ups.

Il libro di cui vi parlo oggi è una scelta quasi obbligata, perché mi perseguita praticamente da due settimane, prima in lingua originale, per la curiosità del titolo, poi in italiano, per la sua assurdità. La cosa buffa (e fastidiosa direi anche) è che subito non avevo nemmeno capito che si trattasse dello stesso romanzo!

Sono stata via tre giorni, vi dicevo. Londra ed Edimburgo. E sebbene fosse un viaggio di lavoro ho trovato il tempo per entrare in libreria (lo trovo sempre, diciamoci la verità). E tra i vari titoli che hanno attirato la mia attenzione c'era questo: TOMORROW THERE WILL BE APRICOT di Jessica Soffer

Sarà che son due mesi che mangio arance e sono un po' stufa, ma trovo il titolo "Domani ci saranno le albicocche" davvero evocativo. Anche se poi in copertina ci hanno messo dei limoni.
Il romanzo racconta la storia di Lorca, una ragazzina di quattordici anni la cui madre ha sacrificato la famiglia per seguire la sua carriera da chef. Lorca sente la mancanza della madre e, per cercare di avvicinarsi a lei, decide di imparare a cucinare.Per stupire la madre, cerca in tutti di recuperare una ricetta di un piatto speciale dell'Iraq, che la genitrice ha assaggiato una volta sola, tanti anni prima...

Non ho acquistato il libro perché non mi stava più nel bagaglio a mano, ma mi sono segnata il titolo per poterlo poi cercare una volta in Italia. 
Poi, venerdì sera, nel fantastico gruppo Facebook "La bambina che ne aveva abbastanza", in cui si segnalano appunto i titoli più assurdi e ripetitivi, è comparso un libro intitolato IL SAPORE INATTESO DELLE COSE PERDUTE della stessa Jessica Soffer, edito nel 2014 dalla casa editrice Piemme, con la traduzione di C. Cortellaro


Non ho avuto neanche bisogno di leggere la trama per capire che era lo stesso romanzo che avevo scoperto in lingua originale. Al posto delle albicocche, un titolo, francamente, brutto (trovo che la parola "cose" sulla copertina di un libro stia davvero male), molto più lungo e molto, molto meno evocativo. E la solita copertina già vista e rivista.

Che inizio a essere stufa di sti titoli e di ste copertine ve l'ho già detto, vero?

giovedì 6 marzo 2014

IL BAR DELLE GRANDI SPERANZE - J.R. Moehringer

Sì, lo so. J.R. Moehringer è il ghost writer di Agassi, nonché colui che ha reso possibile il successo di Open. Ed è proprio perché lo so, che ho deciso di leggere qualcosa di questo scrittore. Di suo veramente, con tanto di nome in copertina e aperti riconoscimenti. Anche perché, diciamolo proprio onestamente, il tennis non è esattamente il mio sport preferito. E per quanto possa essere scritta bene, Open racconta comunque la storia di un tennista. 
Per cui, prima di decidere se leggere o meno quello che è stato definito da tutti un caso editoriale, volevo conoscere Moehringer, scoprire il suo modo di scrivere e di narrare e capire se davvero sarebbe stato in grado di farmi leggere qualcosa di cui mi importa poco.

Il libro che ho scelto per conoscerlo è Il bar delle grandi speranze. Ed è semplicemente meraviglioso. E' meraviglioso il modo in cui Moehringer racconta e scrive, ed è altrettanto meraviglioso ciò a cui sono dedicate le sue parole. 
Si tratta di un'autobiografia, che parte dal JR bambino, che vive con la madre nella vecchia casa dei nonni e che conosce suo padre solo tramite la radio, perché la moglie lo ha lasciato dopo ripetute violenze. Prosegue con gli anni della crescita, dei primi amori e delle amicizie destinate a durare, passando per gli anni di Yale e quelli dei primi tentativi come giornalista, fino al crollo delle Torri Gemelle. Unico punto fermo della vita di J.R. è il bar della sua cittadina: il Dickens. Attorno a questo locale ruota un po' la vita di tutti: di chi lo frequenta assiduamente, ma anche di chi lo vive dall'esterno, un po' incuriosito e un po' impaurito.

Mano a mano che si prosegue con la lettura, ti sembra di conoscerli un po' tutti, gli avventori del bar: ognuno con il suo passato più o meno triste, con le sue gioie e le sue tragedie. Un punto di incontro, che J.R. sfrutta molto quando non sa più bene cosa fare della sua vita.

Non mi aspettavo onestamente un libro tanto coinvolgente, tanto divertente ma anche ricco di spunti di riflessione e di momenti commoventi.  Moehringer dimostra un'incredibile capacità di raccontare, di prendere la vita di tutti i giorni, la sua ma anche quella di chiunque lo circondi, e trasformarla in parole, in pensieri, in ricordi ed emozioni.
Chiuso Il bar delle grandi speranze, riesco a comprendere meglio tutto il successo che Open sta avendo. Moheringer riuscirebbe probabilmente a rendere degna di romanzo la vita di chiunque, e non è certo da tutti.
Non so se lo leggerò, onestamente. Ma questo invece, ve lo consiglio eccome.

Titolo:  Il bar delle grandi speranze
Autore: J.R. Moehringer
Traduttore: A. Carena
Pagine: 486
Anno di pubblicazione: 2007
Editore: Piemme
ISBN: 978-8866216155
Prezzo di copertina: 10,90 €
Acquista su amazon
formato brossura: Il bar delle grandi speranze

mercoledì 22 gennaio 2014

Due titoli, un solo libro: ma perché? #65

Se siete assidui frequentatori delle librerie, avrete notato negli ultimi anni il continuo nascere e conseguente lento morire di mode letterarie. Esce un libro che parla di vampiri, ha successo, e nei mesi successivi escono altri mille libri che trattano lo stesso argomento. Esce uno pseudo-porno che vende milioni di copie nel mondo et voilà, nei mesi successivi siamo invasi da altri soft-porno. Sono fenomeni commerciali credo già più e più volte studiati, che partono da un bestseller e cavalcano il più possibile l'onda. Titoli e copertine simili, posizioni strategiche in libreria, che molto spesso snaturano il senso del romanzo in questione.

Il libro di cui vi parlo oggi appartiene proprio a una di queste mode, seppur di una qualità letteraria direi maggiore. Mi riferisco a quella nata con Khaled Hosseini e il suo Il cacciatore di aquiloni. Un bel libro, che mi era anche piaciuto, e che ha portato visibilità a tutto un filone letterario di opere contemporanee ambientate nei paesi del medio oriente, fino ad allora non molto presenti sugli scaffali delle librerie (o se lo erano, si notavano molto, molto meno).
Un successo quello di Hosseini definitivamente consacrato con l'opera successiva, Mille splendidi soli (per me ancor più bello del primo), e, l'anno scorso, con E l'eco rispose. Tutti editi dalla casa editrice Piemme, proprio come il 90% degli altri romanzi venuti dopo, ascrivibili in qualche modo a questo filone.

E proprio questa casa editrice, nel 2013, ha pubblicato anche MILLE FARFALLE NEL SOLE  di Kamin Mohammadi:


Il romanzo, tradotto da S. Puggiani, è la storia di un ritorno in patria, quello affrontato da Kamin, una bambina iraniana costretta a lasciare il suo paese per fuggire da un regime totalitario insieme alla famiglia, che, dopo anni in Inghilterra, torna a casa.

Ho avuto l'impressione che con questo titolo fosse successo qualcosa di strano fin dalla prima volta che l'ho visto in libreria. Era accanto al già citato Mille splendidi soli di Hosseini ed era impossibile, per me estremamente pignola e sospettosa, non notare una certa assonanza, un rimando, che si vede anche nella copertina:


Montagne sullo sfondo, una persona o più persone che camminano, tendenza all'uso di colori d'impatto, due parole praticamente uguali nel titolo.
Ovviamente ho aperto il libro e cercato il titolo originale, concedendo alla casa editrice il beneficio del dubbio. Che è durato solo qualche secondo.
Il romanzo è infatti uscito nel 2011 in lingua originale con un titolo (e una copertina) completamente diverso, ovvero THE CYPRESS TREE:


Tradotto letteralmente significa "il cipresso". Cercando sul sito web dell'autrice fin dalla prima riga viene spiegato a cosa fa riferimento: "We Iranians are like the cypress tree. We may bend and bend on the wind but we will never break." ... Noi iraniani siamo come i cipressi. Possiamo piegarci e ripiegarci nel vento, ma non ci romperemo mai.
Come questi cipressi abbiano fatto a diventare  mille farfalle nel passaggio da una lingua all'altra è davvero difficile da spiegare. Sicuramente l'influenza di altre opere di successo dello stesso filone è più che evidente. Peccato che, ancora una volta, secondo me più che un vantaggio questa somiglianza va a sfavore dell'originale.

mercoledì 7 novembre 2012

DUE TITOLI, UN SOLO LIBRO: ma perché? #8

Oggi vi parlo di un libro credo non molto conosciuto, che io stessa non avrei mai pensato di leggere (un po' perché non sapevo esistesse un po', perché non è esattamente il mio genere) se non fosse stato in super offerta qualche anno fa al supermercato (credo di averlo pagato 2 euro o poco più).
Ho scelto questo perché, a memoria, è stato forse il cambio di titolo che mi ha sconvolta di più: la scelta italiana è decisamente fuorviante e non ha assolutamente nulla a che vedere con il contenuto del libro.
Per fortuna avevo già allora l'abitudine di cercare nelle edizioni italiane i titoli originali e non mi sono lasciata ingannare.
Sto parlando di GOOD GRIEF ovvero CIOCCOLATA PER DUE di Lolly Winston


Uscito in America nel 2005, il libro è approdato in Italia due anni dopo, nel 2007, per la casa editrice Piemme con la traduzione di M. Salaroli. Sebbene la copertina, che è stata mantenuta identica anche nella versione italiana in quanto riprendere una scena del libro, lasci presagire un romanzetto rosa, nel romanzo c'è in realtà qualcosina di più (non molto eh, però non è esattamente di quei libri che non ti lasciano nulla o che ti fanno sentire idiota mentre li leggi): è la storia di una donna che, rimasta vedova, decide di trasferirsi nell'Oregon per tentare di ricominciare da capo la sua vita e lì si trova a fare i conti con i ricordi del passato e un futuro non del tutto roseo. Non era esattamente un capolavoro, ma si è trattato comunque di una lettura abbastanza piacevole.
Cosa possa essere successo al titolo davvero non riesco a spiegarmelo. "Good Grief" è un'imprecazione (che chi ama i Peanuts di Schulz e li ha letti in lingua originale conoscerà molto bene) che corrisponde grosso modo al nostro "Porca miseria". Perché non l'hanno tradotto letteralmente e hanno deciso di mettere questo titolo, "Cioccolata per due" che, vista la storia triste e amara della protagonista, non ha praticamente nulla a che vedere con la trama? Io personalmente sarei stata molto più attratta da un libro il cui titolo fosse un'imprecazione. 

Andando a visitare il sito della Piemme,  ho scoperto che c'è un altro libro tradotto di Lolly Winston. E anche in questo caso non c'è corrispondenza tra titolo originale e titolo italiano, anche se la differenza è un pochino meno marcata.
HAPPINESS SOLD SEPARATELY ovvero FELICITA' SENZA ZUCCHERO
 Uscito in America nel 2007 e in Italia nel 2009 sempre nella traduzione di Salaroli, in questo si nota che, a differenza del primo, non è stata mantenuta nemmeno la copertina (e tra le due, onestamente, preferisco quella originale che trovo un po' meno banale). La traduzione letterale del titolo dovrebbe qualcosa tipo "Felicità venduta separatamente". In italiano hanno invece preferito creare un legame con il mondo dei dolci. Non avendo letto il libro, non posso dire se c'entri qualcosa con la trama o se sia del tutto arbitrario. In ogni caso, è difficile capire perché ci sia stato questo cambiamento.

Come sempre, ho provato a chiedere direttamente alla casa editrice senza per ora ricevere alcuna risposta. Ma confido che arriverà!

Alla prossima!

giovedì 21 ottobre 2010

CI VEDIAMO A CASA, SUBITO DOPO LA GUERRA- Tami Shem-Tov

Ogni volta che il dottore le consegna una lettera dello zio Jaap, Lieneke sente il cuore battere all'impazzata. La nasconde nel grembiule e la porta in camera, al sicuro, dove la legge e la rilegge. Perché sa che presto dovrà restituirla al dottore, che la brucerà o la farà in mille pezzi affinché non cada nelle mani sbagliate. Nessuno deve sapere che Jaap in realtà non è suo zio, ma suo padre. E che lei non si chiama Lieneke, bensì Jacquelin un nome che ormai appartiene al passato, a una vita precedente in cui poteva andare a scuola con le amiche di sempre, passeggiare nel parco e correre in bicicletta. Senza una stella gialla appuntata sul petto. Tutto è cominciato con il "gioco dei nomi", quando la mamma ha spiegato a lei e alla sorellina più grande che tutti i membri della famiglia non si sarebbero più chiamati come prima. C'erano anche altre regole da rispettare: lasciare la città, Utrecht, e nascondersi. E non dire a nessuno di essere ebree. Da quel giorno, la famiglia si è separata, trovando rifugio presso membri della resistenza olandese. Lieneke vive in un villaggio sperduto con il dottor Kohly e sua moglie, che fingono di essere i suoi zii. Il padre, scienziato dal cuore d'artista, riversa ora il suo talento sui biglietti illustrati che manda a Lieneke, con quei disegni colorati e buffi che tengono accesa la speranza di una vita normale. Sarà proprio quella corrispondenza segreta ad aiutare la bambina a sopportare la fame e la paura, il freddo e la lontananza.

Scrivere ora un libro che parla della guerra, del nazismo e degli ebrei non è per nulla semplice. Si rischia di ricadere nel "già visto", "già letto" (certo, quella purtroppo è la storia e altri modi per raccontarla non ce ne sono). Eppure noto che i libri recenti che trattano questo tema sono comunque molto belli, perchè offrono punti di vista diversi. Era già successo con "Il Bambino con il Pigiama a Righe", che raccontava della vita dei bambini al di qua della recinzione del campo di concentramento.
"Ci vediamo a casa, subito dopo la guerra" ci offre ancora un altro aspetto: quello dei bambini nascosti fuori città per sfuggire ai tedeschi e alla guerra, che aspettano di rincongiungersi con la famiglia "a casa, subito dopo la guerra". Una storia vera, quella di Lieneke, che sopravvive alla distanza da casa e dai suoi cari grazi alle lettere e i disegni che le invia suo zio Jaap, ovvero suo padre, di tanto in tanto. C'è dolore e speranza in questo libro, c'è la realtà di quel periodo, ma senza troppa violenza (a parte un momento verso la fine), c'è voglia di vivere e di ricominciare. C'è tenerezza e ingenuità, quella tipica dei bambini che aiuta anche i grandi a superare il dolore e la tragedia.
Un libro dolcissimo e tenerissimo, che si legge in fretta e che ti tiene incollato alle sue pagine. Un altro punto di vista del momento più nero della storia mondiale, che va assolutamente letto.

Nota alla traduzione: un po' di note, forse non tutte fondamentali. Ma nel complesso, ben fatta!

venerdì 19 febbraio 2010

IL DIAVOLO VESTE PRADA- Lauren Weisberger

Vestiti di lusso, feste esclusive, cascate di flash e fiumi di champagne. Chi rifiuterebbe un lavoro nel mondo dorato delle riviste di moda? A ventitrè anni, con una laurea in lettere in tasca e in testa il sogno di diventare scrittrice, Andrea Sachs si presenta a un colloquio per un posto da assistente nella redazione di "Runaway". Nessuno osa dire di no a Miranda Priestley, la regina indiscussa del fashion system globale e Andrea non fa eccezione. Accantonati felpe, blue-jeans e ambizioni letterarie, si ritrova a completa disposizione della mitica, esigentissima Direttrice.



Credo sia una delle poche volte in cui il film è di gran lunga meglio del libro. Una vera e propria delusione.

I personaggi sono tutti irritanti, da Miranda (ma per carità, è giusto che lo sia) a Andy, neolaureta in lettere che trova lavoro nella più famosa rivista di moda americana. E' semplicemente insopportabile. Manca poi l'evoluzione nella storia e nei personaggi, cose che invece nel film c'era ed era appunto ciò che sosteneva tutta la trama: Andy che si trasforma per poi capire di non voler più essere succube di sto mondo, Miranda che mostra ogni tanto i suoi momenti di debolezza e che alla fine aiuta la protagonista perchè si rende conto del suo valore. No, tutto questo nel libro non c'è. E' solo un susseguirsi di giornate, in cui la protagonista è costretta ad affrontare le richieste sempre più strampalate della sua capa. A volte fa ridere, ma nemmeno poi così tanto.
Unica cosa positiva è che si legge in fretta. Ma fate ancor prima a non leggerlo proprio.

Nota alla traduzione: niente da segnalare