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giovedì 21 settembre 2017

LINCOLN NEL BARDO - George Saunders

«Ci siamo voluti tanto bene, caro Willie, ma ora, per motivi che non possiamo comprendere, quel legame è stato spezzato. Ma il nostro legame non potrà mai essere spezzato. Tu sarai sempre con me, figliolo, finché vivrò.»

George Saunders è conosciuto, sia negli Stati Uniti sia in Italia, per le sue raccolte di racconti.  Pastoralia, Bengodi e Dieci dicembre sono i titoli che lo hanno fatto conoscere al pubblico italiano, grazie alla casa editrice minimum fax.
Poi qualche tempo fa, è arrivato l’annuncio: George Saunders sta scrivendo un romanzo. La prima domanda che sorge spontanea, o almeno che è sorta a me e che mi pongo ogni volta che sento di autori che fanno questo percorso, è: perché. Perché un autore famoso (ma soprattutto bravissimo) nello scrivere short stories decide di compiere questo passo?  
La seconda, di uguale importanza, è: sarà in grado?

A questa seconda domanda rispondo subito. E avrei potuto già farlo dopo le prime dieci pagine di Lincoln nel Bardo, pubblicato da Feltrinelli e tradotto, come i racconti, da Cristiana Mennella. Sì, è assolutamente in grado.

Anche se Lincoln nel Bardo non è un vero e proprio romanzo. Ed è una cosa fondamentale da sapere, prima di iniziare a leggerlo, perché altrimenti si rischia di perdersi tra le pagine, di confondersi tra le mille voci che la popolano e tutte le fonti, vere o inventate, che George Saunders utilizza per far andare avanti la storia.

Il libro ha come protagonista il presidente Abraham  Lincoln e il suo figlioletto Willie, morto a soli dieci anni per le conseguenze di quello che all’inizio sembrava un banale raffreddore. È il 1862, e Lincoln, un uomo visto sempre come solido e implacabile, si trova ad affrontare al tempo stesso una grande tragedia personale e un grave problema nazionale, ovvero l’esacerbarsi della Guerra Civile iniziata l’anno precedente.
Lincoln proprio non riesce ad accettare la morte del figlio e, per questo, poche ore dopo averlo sepolto, torna al cimitero, per stare ancora un po’ con lui. Per cercare di lasciarlo andare. Una situazione inedita, mai vista dagli abitanti del Bardo, quella specie di limbo della tradizione buddista in cui le anime dei morti sono di passaggio prima di passare alla loro vita eterna. 
Non tutte le anime che popolano questo spazio sanno del futuro che le attende: pensano di essere solo malate e hanno scelto di rimanere lì in attesa di qualcosa.. Credono, infatti, che ci sia ancora una possibilità, nonostante in ogni momento qualcuno di loro se ne vada definitivamente. Ma sanno anche che quello non è il posto adatto per un bambino e quando arriva il piccolo Willie, in tre (Hans Vollman, che gira per il Bardo con un pene enorme, ancora in attesa di consumare il suo matrimonio; Roger Bevins, suicidatosi perché omosessuale ma ancora convinto di essersi salvato; e il reverendo Everly Thomas, che di anime in passato ha già cercato di salvarne, invano) cercano in ogni modo di salvarlo, di farlo andare via da lì presto, prima che sia troppo tardi.

Lincoln nel Bardo ha alcune scene di una forza e di uno strazio inaudite. Dolorosissime e bellissime, per le loro implicazioni. Perché accettare la morte di una persona cara è una cosa difficile, quando questa persona è un bambino lo diventa ancora di più. Anche se sei un presidente degli Stati Uniti.

Ma, al tempo stesso, ci sono anche momenti divertenti, in questo bardo popolato dalle anime più disparate che raccontano la loro storia (si sente un’eco molto forte dell’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters) e vivono, se così si può dire, il loro presente senza alcuna inibizione di sorta, per poi ritrovare di colpo tutta la loro consapevolezza.
Non mi restava altro che andare.
Anche se le cose del mondo erano ancora con me.
Come, per esempio: un branco di bambini che arrancano sotto una spruzzata obliqua di neve decembrina; un cerino spartito amichevolmente sotto un lampione storto da una collisione; l'orologio ghiacciato di un campanile visitato dagli uccelli; l'acqua fresca da una brocca d'alluminio; asciugare la camicia bagnata dopo un temporale di giugno.
Perle, stracci, bottoni, la frangia di un tappeto, la schiuma di birra.
Qualcuno che ti manda gli auguri; qualcuno che si ricorda di scriverti; qualcuno che si accorge che non sei per nulla a tuo agio.
Il rosso micidiale di un piatto d'arrosto sanguinolento; il palmo che sfiora una siepe mentre corri in ritardo in una scuola che sa di gessetti e legna accesa.
Anatre in alto, trifoglio in basso, il rumore di quando ti manca il fiato.
Una gocciolina nell'occhio che offusca un campo di stelle; la spalla che ti duole dove ci hai appoggiato lo slittino; scrivere il nome del tuo amore sulla brina di una finestra con il dito guantato.
Allacciarsi una scarpa; fare il fiocco a un pacchetto; una bocca sulla tua; una mano sulla tua; il giorno che finisce; il giorno che comincia; la sensazione che ci sarà sempre un altro giorno.
Addio, ora devo dire addio a tutto quanto.

Lincoln nel Bardo è un libro molto difficile da leggere, così come credo sia stato difficile da scrivere. Richiede uno sforzo enorme nel lettore, ancor più se conosceva già Saunders per i suoi racconti, di cui qui non ritroverà nulla. Al tempo stesso, però, è un libro geniale e sono pochi, pochissimi, gli scrittori in grado di scrivere una cosa del genere: mille voci da gestire, mille storie che si intersecano, mille fonti da creare ad hoc (sono vere? Sono inventate?) e riuscire, in tutto questo, a mettere una carica emotiva così forte, che raggiunge il suo apice nella figura di questo presidente e nel suo rapporto con il piccolo Willie.

Dopo forse trenta minuti l'uomo trasandato lasciò la casa di pietra bianca e si allontanò nel buio barcollando.
Entrai e trovai il bambino seduto in un angolo.
Mio padre, disse.
Sì, dissi.
Ha detto che tornerà. L'ha promesso.
Fui preso da una commozione immensa e inspiegabile.
È un miracolo, dissi.
il reverendo everly thomas

Forse sul finale l’effetto si perde un po’, o forse semplicemente ci sono arrivata io un po’ troppo affaticata, dopo tutte queste pagine, queste altalene di momenti strazianti e momenti grotteschi, di voci e di storie. 
Ma Lincoln nel Bardo è sicuramente un grande, grandissimo libro.


Titolo: Lincoln nel Bardo
Autore: George Saunders
Traduttore: Cristiana Mennella
Pagine: 347
Anno di pubblicazione: 2017
Editore: Feltrinelli
Prezzo di copertina: 18,50€
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formato brossura: Lincoln nel Bardo
formato ebook: Lincoln nel Bardo

martedì 26 gennaio 2016

BENGODI e altri racconti - George Saunders

Se solo riuscissi a smettere di sperare. Se solo riuscissi a dire al mio cuore: arrenditi. Resta solo finché campi. In fondo c'è sempre l'opera lirica. Ci sono sempre il pane degli angeli e i canti di Natale dei bambini del quartiere, le foglie d'autunno sui tetti umidi. Invece niente. Il mio cuore è come uno sciocco sughero da pesca



È da più di un'ora che sono qui a fissare questa pagina bianca indecisa su come fare a parlarvi di Bengodi e altri racconti di George Saunders. Sono un po' in difficoltà, devo dir la verità. E la cosa strana è che già mentre leggevo questa raccolta di racconto sapevo che poi, al momento di recensire, avrei avuto dei problemi.

Ho conosciuto George Saunders grazie a Dieci Dicembre, la sua ultima raccolta di racconti, pubblicata come Bengodi da minimum fax con la traduzione di Cristiana Mennella, e me ne sono innamorata. Poi ho letto anche Pastoralia, altra raccolta di racconti, e la prima bella impressione era stata confermata e ribadita.

E allora perché, vi chiederete voi, ora ha delle difficoltà a recensire Bengodi? È perché è bello che toglie le parole o è perché non le è piaciuto? 

Bengodi è la prima raccolta di racconti pubblicata da George Saunders nel 1996. In Italia era già uscita per Einaudi qualche anno fa, e ora per fortuna recuperata da minimum fax, con l'aggiunta di una bellissima nota dell'autore che già da sola varrebbe tutto il libro. In questa nota racconta il percorso compiuto per arrivare alla scrittura di questi otto racconti. I suoi primi tentativi e lo sconforto della moglie di fronte alla sua scrittura, i suoi scrittori di riferimento, talmente di riferimento da volerli imitare a tutti i costi, fino alle prime piccole soddisfazioni, accompagnate dalle rimostranze dei vicini di casa. Un racconto divertente, che mostra fin da subito l'incredibile capacità stilistica di Saunders. 

Sì, ma i racconti?

I racconti che compongono Bengodi sono tutti molto belli. Tristi e disperati, grotteschi e a volte spaventosi. Protagonisti in quasi tutti sono delle persone ai margini, dei Difettosi, se usiamo la definizione che viene data loro proprio in Bengodi, il lungo racconto che da il titolo all'intera opera. Degli emarginati, per problemi fisici o economici, o semplicemente non adatti a vivere in questo mondo un po' utopico, pieno di gente cattiva e sicura di sé, che Saunders usa come metafora di quel che sta diventando la società di oggi.
Si sorride, ci si indigna, ci si commuove, e ogni tanto si prova anche un po' di orrore leggendo queste storie, fatte di personaggi che a volte vorrebbero arrendersi ma non possono, a volte sognano un riscatto che invece non arrivare, che vorrebbero semplicemente vivere la loro vita.

Ok, ma allora dove sta il problema?

Il problema è che, ahimè, non sono sicura di averli capiti appieno tutti. Ho colto la poeticità stilistica di Saunders e mi sono appassionata alle storie di tutti questi suoi personaggi e alle loro vite misere. Ma qualcosa mi è sfuggito. Non so se per lo stile ancora un po' acerbo di Saunders, per il fatto della lontananza spaziale e temporale (l'America del 1996 è ben diversa da quella di oggi... che comunque conosco solo tramite i libri e qualche film), o semplicemente per  qualche limite mio (che, sebbene forse non mi faccia molto onore, devo ammettere di avere) che mi ha impedito di comprendere appieno il reale significato di queste storie.

Magari Bengodi ha un tempo di maturazione più lungo delle due raccolte di Saunders che ho letto in precedenza. Magari tra cinque, dieci, cinquanta giorni finalmente avrò davvero compreso appieno quello che questo autore davvero voleva dirmi. Per ora mi rimane la consapevolezza di aver letto un autore con uno stile unico, e una bellissima introduzione al suo lavoro di scrittore.
E questo, senza alcun dubbio, per me è già sufficiente per consigliarvi la lettura di questo libro.

Titolo: Bengodi
Autore: George Saunders
Traduttore: Cristiana Mennella
Pagine: 213
Anno di pubblicazione: 2015
Editore: minimum fax
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formato brossura: Bengodi e altri racconti
formato ebook: Bengodi e altri racconti