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martedì 30 dicembre 2014

LA PIZZA PER AUTODIDATTI - Cristiano Cavina

Dubito fortemente che possa esistere al mondo, o almeno in Italia, qualcuno a cui non piaccia la pizza. Magari non ti piace con i funghi, magari non digerisci quella con la cipolla o sei allergico ai formaggi. Ma sono sicura che almeno una pizza che piaccia, tra tutte le varianti esistenti, la si trovi di sicuro. Anche una semplicissima Margherita, la mia pizza preferita di quando ero bambina, prima di passare a quella con i wurster prima, a quella ai formaggi poi e ora alla fase rucola e stracchino... una pizza Margherita, dicevano, se fatta bene, può aprirti a un mondo di sapori e di sensazioni incredibili.

Quando ho letto dell'uscita di La pizza per autodidatti di Cristiano Cavina ne sono stata quindi subito attratta. Perché ero davvero curiosa di sapere come uno scrittore possa scrivere un libro intero su di essa. E poi conosco anche la storia di Cavina, pizzaiolo scrittore (dualismo che lui ripete ad ogni occasione, un po' per modestia un po' perché effettivamente l'idea fa sorridere), che quando non è impegnato in presentazioni o serate conclusive di concorsi letterari aiuta suo zio alla Pizzeria Il Farro, a Casola Valsenio.

Il libro si rivolge, come il titolo lascia intendere, ad aspiranti pizzaioli casalinghi, a cui Cavina tenta di insegnare trucchetti e fornisce qualche rassicurazione sui principali problemi e le difficoltà che si possono incontrare nel padroneggiare l'arte del fare la pizza. Parla di impasti e di farine, di forni e di cotture, di ingredienti usuali e ingredienti più strani per ricoprirla. Il tutto condito dai riferimenti e l'esperienza personale del suo lavoro di pizzaiolo, con anche qualche aneddoto sulla nascita e la vita della sua pizzeria.

Il potenziale per fare un bel libro c'era tutto. Ma qualcosa, per quanto mi riguarda, non ha funzionato. E pensandoci mi rendo conto che in tutte le opere di Cavina che ho letto finora (Alla grande, I frutti dimenticati, ITIS) c'è sempre stato qualcosa che non ha funzionato. Sono libri scritti bene, a volte  divertenti altre commoventi, con radici molto profonde nella vita privata dello scrittore e del suo paese. Un bell'omaggio, sicuramente, ma che forse, a poco a poco, inizia ad avere un gusto di già sentito. La maggior parte degli aneddoti raccontati qui li avevo già letti o già sentiti: in un libro precedente, in un'intervista o durante una presentazione. Di nuovo c'erano i suggerimenti per fare la pizza. Utili, sicuramente, anche piacevoli da leggere... se si ha intenzione di fare la pizza di lì a pochi giorni.

 Forse Cavina dovrebbe non dico smettere di guardare al suo paese (e ci mancherebbe altro, perché la trovo una cosa bellissima), ma provare a distanziare un po' lo sguardo, per provare a non scrivere quello che, alla lunga, sembra sempre lo stesso libro.

Comunque, aggiungerò La pizza per autodidatti sullo scaffale dei libri di ricette, nel caso in futuro mi venisse in mente di provare a fare la pizza con i fiori di acacia.

Titolo: La pizza per autodidatti
Autore: Cristiano Cavina
Pagine: 286
Editore: Marcos y Marcos
Anno: 2014
Acquista su Amazon:
formato brossura: La pizza per autodidatti

martedì 28 gennaio 2014

INUTILE TENTARE IMPRIGIONARE SOGNI - Cristinano Cavina

Come scuola superiore io ho frequentato un liceo scientifico. Sono stata indecisa fino all'ultimo tra quello e il classico. Mio padre avrebbe voluto la seconda ma alla fine, un po' perché non mi piaceva l'ambiente, un po' perché ancora non avevo deciso cosa avrei fatto da grande, scelsi lo scientifico perché convinta che mi avrebbe formato un po' più su tutto. Di andare a un ITIS non ci avevo nemmeno pensato, forse perché almeno qui in zona non ha mai goduto di grandissima fama e poi soprattutto perché di tecnico io non so fare assolutamente nulla. Tornassi indietro comunque, rifarei esattamente le stesse scelte.


E immagino le rifarebbe anche Cristiano Cavina, vista la sua scarsa voglia di studiare e, soprattutto, vista la sua incredibile bravura nel tirar fuori soggetti per romanzi dalle situazioni più disparate della sua vita. Qui ci racconta dei suoi anni di scuola superiore, attraverso lo sguardo di Baldo Creonti, un ragazzino che si ritrova suo malgrado a frequentare un istituto tecnico. Suo malgrado perché di voglia di studiare non ne ha per nulla, e sua mamma lo iscrive quasi a tradimento, perché vuole che almeno suo figlio possa avere ciò che lei non ha avuto. Fa la signora delle pulizie mamma Creonti, dopo che Creonti Vecchio, suo padre, ha perso la loro bottega di famiglia al gioco e ora è stato colpito da un colpo apoplettico che lo ha lasciato tremante e indifeso.
E quindi alla fine Baldo Creonti va a scuola e incontra bizzarri compagni di classi, tipo Maria, l'unico in grado di rollarsi una canna nel breve percorso tra il cancello e la fermata del bus, altrettanto bizzarri professori, come il conte Vlad o il vicepreside in tuta verde che lo odia a morte. E intanto gli anni passano, tra manifestazioni contro la guerra tenute da picchiatori e primi infruttuosi innamoramenti. 


Come dicevo prima, Cavina è davvero molto bravo nel tirare fuori storie dalla vita di tutti i giorni. Perché alla fine tutto ciò che ci circonda, se osservato dalla giusta prospettiva, può essere materiale per un romanzo. I suoi libri ne sono la dimostrazione. Questo è il suo terzo romanzo che leggo (dopo Alla Grande e I frutti dimenticati) e ancora non sono riuscita molto bene a stabilire se questo scrittore mi piaccia o meno. Nel senso che leggendo le sue storie mi diverto sempre abbastanza, sono scorrevoli, piacevoli e spesso, forse inconsapevolmente, molto poetiche. Eppure, per la terza volta, chiuso il libro, il primo pensiero è stato "bello, però mi aspettavo qualcosina in più". Forse un maggiore approfondimento dei personaggi e delle storie, qualche episodio in più che aiutasse meglio a inquadrare tutti quanti. Affidandosi però a fatti reali, è plausibile che questo non sia possibile e la lettura, secondo me, un pochino ne risente.
A fregarmi, in questo caso, è stato anche l'aver assistito alla presentazione di questo libro prima di averlo letto. Alcuni degli episodi più buffi mi erano già stati svelati. E in un libro formato principalmente di episodi, perderne un paio per strada un pochino condiziona la lettura. Per carità, la presentazione era stata bellissima e mi aveva fatto venire una voglia matta di leggerlo, però con il senno di poi forse sarebbe stato meglio andarci dopo la lettura.

In ogni caso, se vi serve un libro per passare qualche ora, divertente e piacevole, e sul finale anche un po' commovente, questo romanzo fa sicuramente al caso vostro. Probabilmente se avete frequentato un ITIS come scuola superiore lo apprezzerete ancora di più.
Insomma, promosso ma con qualche materia da recuperare.

Titolo: Inutile Tentare Imprigionare Sogni
Autore: Cristiano Cavina
Pagine: 215
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: marcos y marcos
ISBN: 978-8875214890
Prezzo di copertina: 16,00€
Acquista su Amazon:

martedì 12 novembre 2013

I FRUTTI DIMENTICATI - Cristiano Cavina

Ma voi la sapete cos'è il corbezzolo? E l'azzeruolo? E il corniolo, la prugnola e la sorba? Sono frutti, frutti per lo più dimenticati a cui ogni anno Casola Valsenio, un paese in provincia di Ravenna, dedica una festa speciale, perché non se ne perda la memoria. Insieme a questi ce ne sono anche altri, un po' meno sconosciuti ma che comunque vengono festeggiati lo stesso.

Cristiano Cavina ci racconta di questi frutti dimenticati. No, non ha scritto un romanzo dedicato al corbezzolo, ma a quello che questa idea di frutto dimenticato rappresenta nella sua vita. Già, perché ne I frutti dimenticati, l'autore ci parla di se stesso, in modo esplicito, diretto, senza ricorrere alla finzione. Un giorno viene contattato da un uomo, che ha chiesto il suo numero alla casa editrice spacciandosi per un insegnante. Quell'uomo è suo padre, il padre che Cristiano non ha mai conosciuto, e che ora lo cerca perché sta morendo. Cristiano va a incontrarlo, prima molto arrabbiato, poi mosso da una forma di pietà creata forse da quel legame di sangue che, anche volendo, non si può cancellare. Al racconto della comparsa di suo padre, affianca quello dei suoi primi anni della sua vita, dalla nascita fino all'asilo. Un bambino esagitato, che non impara dai suoi errori e che è sempre pronto a commetterne di altri, almeno stando alle parole della suora che lo accudisce insieme agli altri compagni. Un bambino dall'immaginazione fervida, nato con la voglia di raccontare storie. Cresciuta con una madre e due nonni all'apparenza burberi ma che in realtà gli vogliono un bene dell'anima. Ma Cristiano ci racconta anche un'altra storia. Quella della sua relazione con Anna, che aspetta un bambino, il loro bambino, e che scopre di non amare più.

Credo che questo romanzo per Cristiano sia stato molto catartico. Che sia uno di quei romanzi che l'autore non poteva fare a meno di scrivere, per cercare di togliersi di dosso tutto il fardello che, all'improvviso, l'ha travolto. Prende la penna e scrive, racconta, con il suo solito stile semplice eppure molto intenso, che ti tiene incollato alle sue pagine e in mezzo a esse ti trascina, portandoti a Casola, questo paesone ricco di personaggi bizzarri e piccole avventure quotidiane. E, soprattutto, dentro alla sua vita.
La forza del libro sta sicuramente lì, nel fatto che quanto narrato è tutto vero, per cui non puoi criticare, non puoi giudicare, puoi solo farti conquistare.
Eppure, ammetto che in alcuni punti la storia è talmente tanto intensa, talmente tanto personale, che ho avuto delle difficoltà. Mi sono quasi sentita un'intrusa, come se non dovessi essere lì a leggere. Questo soprattutto nella storia con Anna, una storia arrivata al capolinea senza che nessuno dei due riesca a trovare il coraggio di ammetterlo, con lei che ripete, tristemente e disparatamente, la domanda "Mi ami?". Ecco, lì mi sono sentita impotente, forse perché conosco la sensazione (quasi tutti la conosciamo), e quindi anche un po' di troppo.

A parte questo, comunque, Cristiano Cavina è davvero bravo a raccontare, a portare su carta il suo paese e le sue emozioni. A farti ridere, a farti emozionare, a farti commuovere e a farti capire che ci sono storie tutte intorno a noi, che noi stessi siamo una storia. Che qualcuno dimenticherà, ma che qualcun altro invece celebrerà ogni giorno.
E ora, voglio assolutamente assaggiare un corbezzolo.

Titolo: I frutti dimenticati
Autore: Cristiano Cavina
Pagine: 201
Anno di pubblicazione: 2008
Editore: marcos y marcos
ISBN: 978-8871684918
Prezzo di copertina: 14,50 €
Acquista su Amazon:
formato brossura:I frutti dimenticati

sabato 19 ottobre 2013

Incontrando... Cristiano Cavina

Sono seduta sul letto. Accanto a me c’è un libro aperto sulla prima pagina, quella del titolo, con il disegno di un pirata che mi guarda sorridente porgendomi un fiore. Vicino al libro ci sono alcuni foglietti sparsi, gli appunti che ho preso ieri sera durante l’incontro con l’autore, del romanzo e del pirata sulla pagina. Li ho riletti un paio di volte, prima di mettermi a scrivere, ho di nuovo riso e mi sono di nuovo anche un po’ commossa, proprio come ieri sera.
L’autore è Cristiano Cavina e ho avuto la fortuna di conoscerlo e di sentirlo durante uno dei primi incontri de I Luoghi delle Parole, il festival letterario in corso a Chivasso di cui vi ho parlato qualche giorno fa.


Ho riletto gli appunti, vi dicevo, e mi rendo conto che qualunque cosa io scriva in questo post non riuscirà mai a rendere il giusto merito all'incontro di ieri e alla bravura, come scrittore ma soprattutto come narratore, di Cristiano Cavina.
Intanto perché è uno scrittore molto particolare, con il piercing sul sopracciglio e un look da adolescente, che mette in difficoltà ogni insegnante delle scuole in cui va a parlare. Poi, sebbene possa tranquillamente vivere di scrittura, fa anche il pizzaiolo nel locale di suo zio, lavoro a cui tiene molto, e per il quale ha rinunciato anche alla serata di gala quando nel 2009 è entrato nella selezione del premio Strega (“scusate, non posso venire, mio zio c’ha due tavoli da venti e devo fare le pizze”).

Quindi arriva tutto tranquillo, forse anche un po' intimidito, si siede in mezzo a Davide Ruffinengo e Davide Ferraris della libreria Therese di Torino, e inizia a parlare con quel suo bell'accento romagnolo.
Esordisce dicendo che le vite di tutte le persone hanno qualcosa di epico, siano esse i protagonisti delle Mille e una notte o i suoi compaesani di Casola Valsenio (un paesino in provincia di Ravenna). Perché non è necessario essere un personaggio per aver diritto a un racconto. Così come per poter scrivere non è necessario avere una laurea o essere un grande intellettuale. Serve il talento, certo, ma il talento è un fiammifero, qualcosa che brucia ma che si spegne immediatamente se non viene alimentato da della legna. E la legna sono le parole ma anche e soprattutto le cose da raccontare.
 Raccontavo per me, per salvare le cose della mia vita, il mondo che mi apparteneva
Cristiano Cavina continua a parlare e tu ti perdi nei suoi buffi aneddoti (tipo quando ha fatto un'intervista per Il Giornale con indosso una maglietta con falce e martello o quando la Dandini, alla premiazione del premio Strega, l'ha scambiato per il tecnico del suono) e nei suoi ricordi. Entri nella sua vita, ridi con lui e con lui ti commuovi.

Che poi è un po' quello che succede nei suoi romanzi, tutti pubblicati dalla casa editrice Marcos y Marcos (io ho letto solo il primo, Alla grande, che ha scritto mentre frequentava la Holden di Torino... per la quale ha sostenuto il colloquio di ammissione dopo due giorni di rave in Svizzera):  i suoi romanzi parlano sempre di lui, della sua vita da figlio di ragazza madre, cresciuto con una nonna che pilotava la vita di tutti da una poltrona ("scrivo per far sapere a mia nonna quanto le volevo bene") e un nonno un po’ sborone. Parlano della sua poca voglia di studiare, sebbene adorasse andare a scuola (un ITIS, quello descritto nel suo ultimo libro). Parlano del suo diventare padre, della paura di non essere all'altezza per non averne mai avuto uno. Parlano, insomma, di tutto il mondo che lo circonda ogni giorno. 

Non vi sto a raccontare tutto quello che ha detto, sarebbe davvero impossibile e per iscritto credo perderebbe anche un po' (insieme al toscano, l'accento romagnolo è uno dei miei preferiti!). Se ne avete l'occasione quindi, anche se magari non lo conoscete o non avete mai letto nulla di suo, andate a sentire un suo incontro. Ne vale davvero la pena!

Ma voi lo sapete quanto pesa un occhio umano?

martedì 24 settembre 2013

ALLA GRANDE - Cristiano Cavina

Cristiano Cavina è uno di quegli autori di cui ho sempre sentito parlare senza aver però mai avuto la tentazione di leggere nulla. Non so bene perché, forse  semplicemente non mi ero mai informata molto su di lui, sul suo stile o gli argomenti dei suoi libri. Poi, qualche giorno fa, è uscito il suo ultimo romanzo, con un titolo bellissimo, Inutile Tentare Imprigionare i Sogni, e ho deciso che era giunto il momento di dare a questo autore una possibilità. 
Ho scelto volutamente un libro precedente un po' per mettere il mio portafoglio al riparo da eventuali delusioni e un po' perché mi sono accorta che solitamente, quando inizio dall'ultimo romanzo, se l'autore non riesce a conquistarmi a pieno, difficilmente andrò a cercare ciò che ha pubblicato prima.

La scelta è caduta su Alla grande,  che poi è il primo romanzo di Cavina, per la sua buffa copertina e per la trama riportata sul risvolto, che lasciava presagire un piccolo grande romanzo.
Protagonista è Bastiano Casaccia, detto Bla. Un bambino che vive con la madre e i nonni in una casa popolare di Casola Valsenio, un paese della Romagna. Del padre non si sa nulla e lui si diverte a inventare per lui le occupazioni più improbabili ma più ad effetto sugli altri bambini. E' un bambino vivace, esagitato, che ne combina una dietro l'altra, ma anche con un grande cuore. Parla sempre con il Signore, anche se questi non sempre gli risponde, è affezionato alla sua vicina di casa disabile ed è preoccupato per il destino della sua famiglia, in evidenti difficoltà economiche. Ma ha un piano per risollevare le sorti della sua famiglia e diventare l'eroe agli occhi di tutto il paese: costruire un sommergibile e andare a recuperare un sacco di monete d'oro che, leggenda vuole, si trova in fondo al lago. Ma non è facile costruire un sommergibile, soprattutto se si è bambini e non si hanno i mezzi. L'unica soluzione per procurarsi i pezzi necessari è rubarli. Bastiano si caccerà in un guaio dopo l'altro, via via sempre più grave, con conseguenze irreparabili.

Il romanzo è effettivamente divertente: il mondo e la vita del paese vista dagli occhi di Bastiano, tutto filtrato dal suo sguardo ancora bambino che gli fa vedere e registrare tutto quello che succede, anche le cose più tristi e più brutte, senza riuscire sempre a comprenderle. L'assenza del padre, il silenzio sullo zio mezzo criminale, la disperazione della madre di fronte ai guai che combina e che lo porta a combinarne altri per cercare di rimediare, ma anche i problemi degli amici, degli abitanti del palazzo. Non si può fare a meno di provare simpatia per lui, di sorridere quando passa per strada in sella alla sua Turboberta (la bicicletta) e rimanerci un po' male quando ogni suo gesto, anche quello compiuto con le migliori intenzioni, finisce male. 
E mi è piaciuto anche molto lo stile di Cavina (quasi non sembra un holdeniano), che riesce a riprodurre perfettamente il linguaggio e la visione del mondo di un bambino di quell'età, quel mescolarsi di candore e consapevolezza, che fa sorridere ma anche un po' commuovere.

Eppure c'è qualcosa che non mi ha convinta, che credo dipenda dal fatto che ultimamente ho letto diversi romanzi molto simili a questo. C'è un bambino sulla soglia dell'adolescenza, senza un padre, con una madre che gli vuole bene ma non sa come fare con lui, con dei concittadini che lo guardano con un misto di pietà e riprovazione, tormentato dai teppisti e con accanto una banda di amici con cui cerca di compiere un'impresa straordinaria necessariamente destinata a fallire e che avrà conseguenze anche gravi. 
Di questi libri bisognerebbe leggerne uno ogni qualche anno, per fare un tuffo nel proprio passato e nella propria infanzia, per riportare a galla quei ricordi che con il passare del tempo iniziano a sbiadire. Letti invece con poca distanza l'uno dall'altro, alla fine danno un sensazione di già visto, di già letto, di già vissuto che non ti permette di apprezzarli come meriterebbero.

In ogni caso, leggerò sicuramente qualcos'altro di questo autore, perché comunque la sua rappresentazione del paese e della vita che in esso si vive è molto efficace e ben riuscita. Insomma, Cavina è sicuramente un bravo narratore! 

Titolo: Alla grande
Autore: Cristiano Cavina
Pagine: 252
Anno di pubblicazione: 2010
Editore: Marcos y Marcos
ISBN: 978-8871685441
Prezzo di copertina: 10 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Alla grande