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venerdì 20 gennaio 2012

DANNAZIONE - Chuck Palahniuk

Madison ha tredici anni ed è una ragazzina come tante. Be' insomma, più o meno... Figlia di una star del cinema parecchio narcisista e di un miliardario, viene, tra le altre cose, dimenticata per le vacanze di Natale nel suo collegio di iperlusso in Svizzera dai genitori, in giro per il mondo a caccia di orfani da adottare davanti ai media. Durante una notte degli Oscar, Madison riesce nella non facile impresa di morire per una overdose di marijuana, e all'improvviso si trova in una situazione assolutamente diversa da quella della maggioranza delle sue coetanee. Per dirla tutta, Madison non solo scopre di essere morta, ma per giunta di essere finita all'inferno, con la non esaltante prospettiva di dover trascorrere un bel po' di tempo (a occhio e croce l'eternità) tra le fiamme e quei tormenti che lo hanno reso tristemente famoso. Insomma, è innegabile che sia difficile pensare positivo, ma Madison è una ragazza pratica e cerca da subito di rendere meno terribili le sue prospettive: prima di tutto deve farsi degli amici, poi deve scoprire come funzionano le cose all'inferno. Infine (e questo è un obiettivo mica da ridere), deve cercare di farselo piacere. In poco tempo diventa amica di un gruppetto di coetanei: una cheerleader, un secchione, un punkrocker e un giocatore di football, e con loro attraverserà il Deserto di forfora e valicherà Colline di unghie tagliate, per arrivare alla città fortificata dove vive Satana...

Wow! E' il primo Palahniuk che leggo rischiando di vomitare una volta sola in tutto il libro! E ho anche finalmente imparato dove va l'h nel suo cognome!
Ma soprattutto: questo romanzo mi è piaciuto un casino! Niente più storie senza senso infarcite di frasi geniali (tipo "Rabbia"), nè allegorie della società per me incomprensibili (tipo "Fight Club", libro cult di cui, con somma vergogna, devo ammettere di non aver capito quasi niente). Questa volta Palahniuk fa una critica spinta della società in cui viviamo e lo fa tramite Madison, una bambina di 13 anni figlia morta apparentemente di overdose e per questo finita all'inferno.
Difficile capire come sia finita lì: non è mica colpa sua se i suoi genitori multimilionari adottano bambini proprio in uscita del nuovo film della madre per poi metterli in collegio subito dopo. Non è colpa sua se la imbottiscono di Xanax perché è di moda e perché una bambina deve provare tutto. Non è colpa sua se si dicono ferventi ecologisti e la seppelliscono in una bara biodegradabile ma raggiungono le loro 25 case sparse per il mondo con jet privati che consumano più di tutte le auto degli USA messe insieme. Lei è solo una bambina di 13 anni, obesa che ancora non ha raggiunto la pubertà.
Eppure, colpa sua o no, si ritrova all'inferno e, finché la sua domanda di reclamo non viene esaminata, lì deve "vivere". Che poi, se si supera il ribrezzo per lo sporco, per il sangue, lo sperma, la forfora e le unghie, non è poi così un brutto posto. Sarà lì infatti che Madison prenderà più coscienza di sé, stringerà delle amicizie con altri ragazzi morti per i motivi più disparati, inizierà a a lavorare come addetta al telemarketing (Palahniuk, qui sei stato veramente ma veramente un genio!), al punto da arrivare anche a convincere le persone a cui telefona che tutto sommato l'inferno non è poi così male, che ci vivono un sacco di persone interessanti (e insospettabili) e che a volte è persino meglio di quello che c'è sulla Terra.

Insomma, il libro mi è piaciuto un sacco. E' cinico al punto giusto (non troppo, cosa che negli altri suoi romanzi che ho letto, a tratti infastidiva), schifoso al punto giusto (ok, se volete vi dico quale capitolo è meglio che saltiate se siete facilmente impressionabili), parecchio comico e soprattutto che ti obbliga a riflettere parecchio sulle mode della società attuale, sul perché certi bambini crescono in un modo, sulla difficoltà di accettarsi e dell'essere sè stessi.
Certo, questo è solo il primo romanzo di una trilogia che toccherà, dopo l'Inferno, anche il Purgatorio e il Paradiso (e non riesco proprio a immaginarmi come possa essere rappresentato il Paradiso da questo autore), un novello Dante (tranquilli, in realtà non ha nessuna pretesa di esserlo) dell'era moderna.

Vi consiglio, prima di leggere il libro, di guardare il film " The Breakfast Club" di John Hughes, un film cult americano del 1985, a cui il libro liberamente si ispira e che viene citato spesso (ed è anche un bel film, tra l'altro).

Mai più avrei pensato di poterlo dire di un libro di Chuck Palahniuk ma: LEGGETELO!

Nota alla traduzione: a un certo punto compare un "con i suoi ditini" che proprio bene non ci sta... però considerando che a parlare sono bambini, si può accettare. Per il resto, nulla da dire!


Per acquistare: Dannazione (Strade blu)

venerdì 29 aprile 2011

RABBIA- Chuck Palahniuck

"Rabbia" prende la forma di una storia (romanzesca) orale di Buster "Rant" Casey, nella quale un assortimento di amici, nemici, ammiratori, detrattori e familiari dicono la loro su questo personaggio malvagio (ma forse no), morto in circostanze tanto misteriose quanto leggendarie, che forse è stato il più efficiente serial killer di questa epoca. Buster era il tipico ragazzino di una cittadina nel bel mezzo del nulla, alla ricerca di emozioni forti in un mondo di video games e di film di avventure e di azione. Dopo le prime ribellioni al liceo scappa dal suo villaggio natale di Middleton e va nella grande città, dove ben presto diventa il leader di un gruppo di giovani dediti a una sorta di rito-gioco di demolizione urbana chiamato Party Crashing: nelle notti prescelte i partecipanti decorano in modi bizzarri le loro auto e quando arriva il momento cominciano ad attaccarsi a vicenda cercando di cozzare colle proprie vetture contro quelle degli altri. In occasione di una di queste violente cacce notturne Casey incontra la morte al volante. E dopo la sua morte spettacolare, i suoi amici raccolgono le testimonianze necessarie a ricostruire una storia orale della sua breve vita. Ma Casey è morto davvero?

Leggere un libro di Palahniuck mi richiede sempre uno sforzo terribile. Ma nel caso ad esempio di "Soffocare" lo sforzo era stato ripagato da quel che comunque, nel bene e nel male, si può definire un buon romanzo. Cosa che però con "Rabbia" (mi raccomando, è la malattia, non il sentimento) non è successo. Mi perdonino i fan di questo controverso autore, ma "Rabbia" è un libro insulso. Un libro che, a parte qualche frase ad effetto, non lascia quasi nulla, se non un senso di confusione e di incomprensione. Non ho capito dove volesse arrivare l'autore. Non ho capito contro cosa o chi ce l'avesse questa volta.
L'idea di fare un romanzo di testimonianze è indubbiamente molto bella. Una biografia scritta da chi ha conosciuto Rant Casey, da chi lo ha odiato e amato. Ma il libro si ferma qui.

O forse semplicemente devo rassegnarmi all'idea che Palahniuck non faccia per me.

Nota alla traduzione: niente da dire.

domenica 21 novembre 2010

SOFFOCARE- Chuck Palahniuck

Victor Mancini, studente di medicina fallito, ha architettato un fantasioso sistema per pagare le spese ospedaliere della vecchia madre: ogni giorno va a cena in un ristorante diverso e, nel bel mezzo della serata, finge di soffocare per colpa di un boccone andato di traverso. Immancabilmente qualcuno si lancia a salvarlo, e altrettanto immancabilmente diventa una sorta di padre adottivo del protagonista e in occasione dell'anniversario dell'incidente gli invia dei soldi. Dopo anni di questa attività il nostro eroe si trova a ricevere quasi quotidianamente un gruzzolo da persone di cui ormai non ricorda nulla ma che gli sono grate per aver dato un senso alle loro vite.


Sono sempre stata convinta, e ancora lo sono, che un po' di sano cinismo faccia sempre bene nella vita. Tanto lo sappiamo tutti che il mondo non è tutto rose e fiori e che a fare troppo i buonisti e i perbenisti non si ottiene nulla.
Il problema però sta nel quantificare quel "PO'". E se prendete un libro di Palahniuck (questo, ma anche altri penso) vi renderete subito conto che il suo "PO'" è "UN PO' TROPPO".
Questo romanzo parla di un ragazzo dal passato turbolento a causa della madre che quando non lo rapiva era in galera e che lo tormentava con discorsi su come rendere il mondo migliore. Parla di un ragazzo, sempre lo stesso, affetto da una dipendenza sessuale che lo porta ad andare a letto più o meno con qualunque ragazza incontri, tanto da dover frequentare un gruppo di sostegno. Parla di un ragazzo squattrinato, sì sempre lui, che per riuscire a pagare la casa di cura dove risiede la suddetta madre leggermente psicopatica, si inventa un sistema geniale per fare soldi: ogni sera, in un ristorante diverso, finge di soffocare e si fa salvare da qualcuno che poi, immancabilmente, ogni anno gli manderà dei soldi per aiutarlo (cosa non fanno gli esseri umani quando si fa leva sul loro orgoglio e coraggio...).
Insomma, parla di un ragazzo che nasconde dietro al suo cinismo, alle sue pulsioni, la paura di provare sentimenti, di affezionarsi, voler bene, innamorarsi, al punto che, quando questo inizia a succedere, inizia a domandarsi "cosa Gesù non farebbe?" e comportarsi di conseguenza. Parla di un ragazzo che ha come unica grande paura quella di essere solo e che nessuno abbia bisogno di lui.

Non posso negare che sia un libro geniale, che esaspera in maniera impeccabile, cinica ma anche tragi-comica, tutte le pulsioni, i vizi ma anche semplicemente i dilemmi morali di tutti gli esseri umani, che molto spesso preferirebbero essere psicopatici o dipendenti da qualcosa piuttosto che dover amare e soffrire, nei vari protagonisti che si avvicendano nelle pagine di questo romanzo (il mio preferito è Danny, il migliore amico del protagonista, che per resistere al suo disturbo sessuale inizia a raccogliere pietre con cui costruire qualcosa)

Però, se non fosse che so che si tratta di Palahniuck, penserei che questo libro sia troppo. Penserei che sia sbagliato cercare di "convincere" la gente a non amare per non soffrire. Penserei che sì, tutto questo cinismo può forse aiutare qualche volta, ma non ti fa vivere meglio. Penserei che nulla di quel che viene narrato in questo libro sia normale. Ma poi, ovviamente, mi ricordo che si tratta di Pahalaniuck e che quindi pensare tutte queste cose non serve a nulla. Si legge. Si ride a volte. Ci si incazza altre. Si riflette. Si ricordano alcune frasi memorabili e alcuni personaggi fantastici. Ma di sicuro non mi aiuterà ad affrontare meglio il mondo. Nè mi ha convinto che veramente tutto faccia schifo e che non valga la pena stare male.

Mi è piaciuto o no, questo libro? Non sono in grado di stabilirlo.

Nota alla traduzione: un applauso al traduttore che utilizza la parola "burino", tipicamente romanesca, all'interno di un romanzo ambientato negli USA. Un altro applauso, sempre allo stesso traduttore, per aver scritto più e più volte OBIETTIVO con due B (quello con due B è quello della macchina fotografica, non uno scopo nella vita... e non venitemi a dire che adesso è accettato in tutti e due i modi... perché è accettato proprio perché la gente sbagliava a scriverlo)


"Ogni cosa che possiedi è solo l'ennesima cosa che un giorno perderai"

"Il passato non si può ricreare. Puoi fare finta. Puoi illuderti, ma ciò che è finito non torna."

"Io non sono buono, né gentile, né premuroso, né nessua di queste stronzate buoniste lì. Sono solo un povero imbecille egoista sfigato. E me ne sono fatto una ragione."

giovedì 5 agosto 2010

FIGHT CLUB- Chuck Palahniuk

Tyler Durden è un giovane che si trascina in una vita di bugie e fallimenti, disilluso dalla cultura vacua e consumistica che impera nel mondo occidentale. Sua unica valvola di sfogo sono gli incontri clandestini di boxe nei sotterranei dei bar. Tyler crede di aver trovato una strada per riscattare il vuoto della propria vita, ma nel suo mondo non c'è posto per alcuna regola, freno, o limite.

Ero curiosa di leggere questo libro, pur sapendo benissimo che non fosse per niente il mio genere. Ma sono un po' spinta dalla curiosità, soprattutto dopo aver letto qualche frase qua e là. Ovviamente non ho ancora visto il film. E temo, alla luce del libro, che non lo vedrò mai.

Non mi è piaciuto. O meglio, temo di non averne capito il senso(complice forse la lettura in lingua originale, anche se mi rendo conto che ammetterlo non mi faccia molto onore). Il protagonista soffre di insonnia, frequenta gruppi di supporto per malati terminali, è frustrato dal suo lavoro e per sfogarsi si "iscrive" a un fight club, un gruppo di cui nessuno può parlare ("the first rule about fight club is you don't talk about fight club"), dove sfogarsi picchiando altre persone che hanno lo stesso bisogno. E poi la cosa degenera e diventa un'associazione terroristica per ripulire il mondo, fino al più o meno prevedibile colpo di scena finale. Un ritratto del livello più alto che può raggiungere la follia umana.
Qualche perla qua e là c'è indubbiamente. E posso anche capire come mai sia diventato un cult, soprattutto in certe cerchie.
Ma non fa per me.

Niente nota, letto in originale.