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lunedì 26 agosto 2019

LA VERSIONE DELLA CAMERIERA - Daniel Woodrell

L'Angelo nero che sovrastava i defunti senza nome cominciò a ballare. La lapide su cui posava era lunga come due uomini, fitta di nomi cesellati nel marmo molti decenni prima, ma ancora lucida. Reggeva alta una torcia, nel caso che la Verità tentasse la fuga con il favore delle tenebre. 
 


Tutti i paesi, grandi o piccoli che siano, hanno avuto nel corso della loro storia un fatto di cronaca, più o meno grave, che li ha segnati. Un incidente in cui sono morti dei ragazzi, un incendio, una tragedia famigliare, un grave fatto di cronaca nera... insomma, un fatto grave che ha sconvolto emotivamente la vita di tutti. Di solito nei paesi di queste cose non si parla volentieri: ci sono voci, ci sono pettegolezzi e, spesso, mai una sola verità. Qualcuno rimane più segnato di altri, se l’ha vissuto più da vicino: era presente, ha visto qualcosa, sapeva qualcosa, ha perso qualcuno. E solitamente quel qualcuno non riesce mai a darsi a pace, nonostante il tempo che passa.

È quello che succede ad Alma in La versione della cameriera di Daniel Woodrell, tradotto da Guido Calza per NNeditore. Vive a West Table, nel Missouri, e fa la domestica più o meno da sempre per le famiglie ricche della città. Lo faceva anche nel 1929, anno in cui c’è stata un’esplosione nella sala da ballo locale che ha causato la morte di quarantadue persone. Tra queste c’era chi era al suo primo appuntamento; chi si è trovato lì per caso, a sostituire il musicista malato; chi lì ci si era trovato per caso e chi forse nemmeno ci voleva andare. E c’era anche Ruby, l’amata sorella di Alma, dalla cui morte non si è mai ripresa, al punto che per un periodo è persino dovuta rimanere chiusa in un ospedale psichiatrico.
Al manicomio sprofondò ancor di più nel buco, il buco di tristezza sotto i nostri piedi che ci chiama quando perdiamo l'orientamento o un qualunque motivo per andare avanti, il confortante precipizio al di là degli affanni comuni e del buonsenso, giù nella voragine fino alla malinconica poltrona il cui conforto diventa un pericolo in quellospazio solitario, e ci vogliono anni, o un'eternità, perché chi vi si è arenato ritrovi l'energia per alzarsi da quel soffice e mesto isolamento, per tornare verso il buco e arrampicarsi di nuovo su, verso i noti pericoli del mondo alla luce del sole.

Alma racconta tutta la storia, tra salti temporali tra passato e presente, e vite di famiglia che si intrecciano, al nipote Alek, che trascorre da lei l’estate: inizialmente un po’ controvoglia, poi però si lascia prendere dalla storia della nonna, dai suoi ricordo e dalla sua verità su quanto accaduto quella notte. 
Alma DeGeer Dunahew, con la sua indole ostile e sofferente, le sue oscure ossessioni e il suo primitivo bisogno di vendetta, era il grande cuore rosso della nostra famiglia, il cuore vero, quello che teniamo nascosto e ci sorregge.
Passarono anni prima che imparassi a volerle bene.
La versione della cameriera è un romanzo molto particolare, ricco di personaggio e di intrecci che Woodrell distribuisce nel racconto attraverso salti temporali inizialmente un po’ destabilizzanti. Una volta che si entra nel meccanismo, che ci si lascia accompagnare da Alma e dal suo ricordo dentro alle vicissitudini della sua famiglia, però, se ne resta completamente conquistati. Si percepisce forte il suo amore per la sorella Ruby, questa ragazza che si innamora sempre degli uomini sbagliati e che è sempre pronta a dividere con Alma e i suoi tre figli quel poco di cibo che trova. E si percepisce forte anche il dolore che Alma prova per la sua tragica morte, reso ancor più forte dal fatto di credere di sapere chi sia stato.

In mezzo alla storia di Alma e della sua famiglia, Woodrell dedica dei singoli capitoli, bellissimi, ad alcune delle persone che hanno perso la vita nell'esplosione della sala da ballo: quasi una piccola antologia di Spoon River, a tratti molto commovente, che dimostra quali scherzi terribili possa fare a volte il destino.

Lui saltò un altro steccato e risalì Hill Street e il mondo dietro di lui si squarciò e volò in aria, e lui si girò verso il cielo infuocato da un getto arancione che saliva ondeggiando in una torre molto più alta dell’orizzonte, e si fermò, vide un edificio in frantumi schizzare in aria con la gente che volava giù, e restò lì incapace di muoversi, incapace di muoversi o distogliere lo sguardo, sentì le urla tremende, le grida, l’agonia della gente che arrostiva, e non passò un giorno o una notte in cui non le sentisse.

Daniel Woodrell scrive in un modo incredibile. Una prosa segnante, che alterna momenti di estrema ricchezza ad altri di scrittura quasi scarna, asciutta, che riesce a trasmettere appieno lo stato d'animo di Alma e di tutto il resto del paese di fronte a una tragedia di cui tutti conoscono i colpevoli, ma nessuno, forse per proteggersi da altro dolore, forse per proteggere qualcun altro, vuole davvero ammetterlo.

Titolo: La versione della cameriera
Autore: Daniel Woodrell
Traduttore: Guido Calza
Pagine: 190
Editore: NN editore
Anno: 2019
Prezzo: 18,00€
Acquista su Amazon:
formato cartaceo: La versione della cameriera. La serie di West Table
formato ebook: La versione della cameriera

venerdì 28 ottobre 2016

LA MIA VITA È UN PAESE STRANIERO - Brian Turner

Quasi sempre ho paura. Sono profondamente spaventato. Una paura così lunga e ininterrotta da diventare normale, da non farci più caso. Temo di finire a pezzi, con le bandierine piantate nel terreno accanto a me. Temo di diventare cieco o storpio. Temo che capiti lo stesso a qualcun altro della squadra - a Fiorillo o Jax o Gigantor o Knight o Liu o Noodles o Z o Zoo o Whit o Bruzik. Per colpa mia, magari. Per un mio errore. Una decisione frettolosa e sbagliata con cui convivere per il resto dei miei giorni, o con cui giacere nella tomba dopo che mi avrà smembrato.

Quando si parla di guerra, si tende spesso a farlo in modo generale e semplificato. Giusta o sbagliata. A favore o contro. Ci stanno invadendo, siamo noi che stiamo invadendo loro. Dobbiamo intervenire, dobbiamo farci i fatti nostri.
Della vita di chi la vive direttamente, da una parte o dall’altra, si parla sempre poco. Forse perché se non si è là è difficile riuscire a capire realmente che cosa si prova.
Brian Turner in La mia vita è un paese straniero, memoir appena pubblicato da NN editore con la traduzione di Guido Calza, racconta la sua esperienza di soldato dell'esercito americano nella guerra in Iraq. Sono passati anni da quando ha combattuto l’ultima volta, nel 2003.
Ora è a casa, al sicuro, nel letto, con sua moglie, e tutto sembra passato, ma nella sua mente ogni momento che ha vissuto in quella guerra, e ogni momento che ha sentito raccontare da suo padre e da suo nonno riguardo alle guerre precedenti, è sempre vivo, è sempre nitido, come se non fosse passato mai.
 Come fa uno a lasciarsi alle spalle una guerra, quale che sia, e a riprendere il cammino della vita che gli resta?
Perché la vita da soldato ti segna, indipendentemente dalla parte in cui combatti e da quello in cui credi. Ti porta via da casa, senza avere la certezza di tornarci. Ti mette di fronte a immagini, a situazioni, a disperazioni che se sei un pochino più fragile, o anche solo semplicemente umano, ti distruggono. Ti fa vedere compagni smembrati, sangue, dolore e morte. Ti mette davanti alla paura, quella vera, di non farcela, di morire o di far morire gli altri, e ti fa vedere quanto è difficile, per chi resta, quando questo succede. Ti fa aprire gli occhi su quell'immagine di guerra che hai sempre visto da casa, alla tv, e che non si avvicina minimamente alla realtà. E soprattutto, una volta che ci sei stato, che hai visto con i tuoi occhi quello che succede, non ti fa tornare a casa mai, anche se fisicamente sei tornato.
 Forse il punto non è tanto che è difficile tornare a casa, quanto che a casa non c’è spazio per tutto quello che devo portarci. L’America, smisurata ed estesa da un oceano all’altro, non ha abbastanza spazio per contenere la guerra che ognuno dei suoi soldati porta a casa.  E anche se ne avesse, non vorrebbe. 
Brian Turner è un poeta. E in La mia vita è un paese straniero c’è un continuo salto stilistico, tra prosa e poesia, tra passato e presente, che rende il libro ancor più potente.

Leggendo il romanzo ho avuto sempre chiara e costante la sensazione di stare prendendo un pugno nello stomaco. Nei momenti più crudi, perché Turner racconta anche quelli, senza far alcuno sconto a nessuno, e in quelli più commoventi e dolorosi. Un pugno a volte solo accennato, a volte talmente forte da piegarmi in due. Ho segnato tanti passi e, da quando l’ho chiuso, già un paio di volte sono andata a rileggermeli, e quella sensazione è rimasta sempre lì.

La mia vita è un paese straniero non è un libro semplice da leggere. Per lo stile, con i continui salti tra guerre di oggi e guerre del passato, tra poesia e narrazione pura, a volte frammentata, che ti trascina in una sorta di vortice, di frenesia, come credo sia quella che si prova ogni giorno quando si combatte (effetto amplificato dall'assenza dei numeri di pagina, perché leggendo continui a chiederti quando finirà, senza mai saperlo. Proprio come la guerra. Proprio come quello che lascia per sempre in chi l’ha vissuta).
E, soprattutto, per quello che racconta.
Ma al tempo stesso è un libro di quelli che tutti dovrebbero leggere.


Titolo: La mia vita è un paese straniero
Autore: Brian Turner
Traduttore: Guido Calza
Pagine: 208
Editore: NN Editore
Prezzo di copertina: 18,00€
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formato brossura:La mia vita è un paese straniero