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giovedì 4 dicembre 2014

FINCHÉ C'E' PROSECCO C'E' SPERANZA - Fulvio Ervas

Ero molto curiosa di leggere qualcosa di Fulvio Ervas. Sì, certo, avevo già letto, come hanno fatto in molti, Se ti abbraccio non aver paura, il libro che racconta del viaggio fatto per l'America da Franco e Andrea, padre e figlio, autistico. Un libro che ha avuto un successo strepitoso, forse più per il valore umano, per aver raccontato qualcosa di cui non si parla molto e, soprattutto, per aver dimostrato che anche di fronte a certe malattie che sembrano insormontabili si può comunque continuare a vivere (certo, bisogna avere i mezzi per farlo). Sono anche andata a sentire una presentazione dell'autore, l'anno passato. La centosettantesima, mi pare abbia detto, che faceva da quando era uscito il romanzo. 
Era da un po', però, che mi chiedevo come fossero le storie inventate da Ervas, come fosse Ervas romanziere e non semplice (per modo di dire, ovviamente) penna prestata alla storia di qualcun altro. Ho approfittato quindi di una mia amica, che aveva acquistato, letto e apprezzato Finché c'è prosecco, c'è speranza, e me lo sono fatta prestare.

Il romanzo è il quarto della serie che ha come protagonista l'ispettore Stucky, mezzo veneziano e mezzo iraniano, che si ritrova immischiato in uno strano caso di suicidio: un uomo, il conte Ancillotto, viene ritrovato in pigiama, morto, sulla tomba di famiglia, con accanto una magnum di champagne. Ed è strano, molto, molto strano che un grande produttore di prosecco si faccia trovare morto con accanto una bottiglia di uno dei suoi maggiori concorrenti. E ancora più strano che, qualche giorno dopo, nello stesso paese del conte Ancillotto, avviene invece un omicidio, quello dell'ingegner Speggiorin, direttore del detestato cementificio locale. Che i due casi siano più legati di quanto possano sembrare? E soprattutto, davvero l'erede del conte Ancillotto, Celinda Salvatierra, vuole sostituire le viti con una piantagione di banane?

Anche in questo caso, c'è una forte componente regionale nello stile di Ervas. Una componente che, per chi conosce poco quelle zone, all'inizio risulta un po' ostica. A poco a poco però ci si abitua a questo linguaggio, ai buffi "antimama!" pronunciati da Stucky e dai suoi, e ci si ritrova immersi in una storia che è molto meno leggera di quanto possa all'apparenza sembrare. C'è un dolore di fondo, accompagnato da una certa poesia, personificata da Isacco Pitusso, il matto del paese, che passa le sue giornate a grattare via la ruggine dalle tombe di alcune persone, di cui racconta la storia, in una sorta di Antologia di Spoon River (sono sicura che Edgar Lee Masters, se avesse letto il libro, mi perdonerebbe questo paragone sicuramente un po' ardito), sperando così che non vengano dimenticate.
È difficile spiegarvi esattamente quello che ho provato leggendo senza fare spoiler. Perché al di là dello stile di Ervas, che può piacere o meno e che, devo ammettere, a volte risulta poco scorrevole; al di là dei suoi buffi personaggi e della vita di paese che riesce a raccontare così bene; al di là della trama gialla, delle scene comiche (ah, le due vicine di casa di Stucky!) e del vino, il romanzo racconta una storia che è comune, purtroppo, a molti paesi d'Italia, che troppo spesso prima hanno sfruttato e poi si sono domandati quanto male potesse fare agli altri quello che stavano facendo.

Sicuramente se fossi partita dal primo romanzo della serie avrei avuto meno difficoltà a raggiungere una certa familiarità con i personaggi, conoscendone già il passato e le caratteristiche, e quindi ad apprezzare meglio lo stile dell'autore. Però devo ammettere di essere rimasta piacevolmente stupita (e anche un po' commossa, sebbene mai avrei pensato che un libro con un titolo così, Finché c'è prosecco, c'è speranza avrebbe potuto farmi un effetto del genere... considerando che a me nemmeno piace il prosecco), al punto che mi è venuta voglia di leggere anche tutti gli altri.
Con Se ti abbraccio non avere paura non ha assolutamente nulla a che fare, ovviamente, però se il successo avuto da quel libro è servito per far conoscere anche gli altri romanzi di Ervas, come è successo ad esempio con me, ne sono davvero molto felice.

Titolo: Finché c'è prosecco c'è speranza
Autore: Fulvio Ervas
Pagine: 301
Editore: marcos y marcos
Anno: 2010
Acquista su Amazon:
formato brossura: Finché c'è prosecco c'è speranza

lunedì 9 luglio 2012

SE TI ABBRACCIO NON AVER PAURA- Fulvio Ervas

Il verdetto di un medico ha ribaltato il mondo. La malattia di Andrea è un uragano, sette tifoni. L'autismo l'ha fatto prigioniero e Franco è diventato un cavaliere che combatte per suo figlio. Un cavaliere che non si arrende e continua a sognare. Per anni hanno viaggiato inseguendo terapie: tradizionali, sperimentali, spirituali. Adesso partono per un viaggio diverso, senza bussola e senza meta. Insieme, padre e figlio, uniti nel tempo sospeso della strada. Tagliano l'America in moto, si perdono nelle foreste del Guatemala. Per tre mesi la normalità è abolita, e non si sa più chi è diverso. Per tre mesi è Andrea a insegnare a suo padre ad abbandonarsi alla vita. Andrea che accarezza coccodrilli, abbraccia cameriere e sciamani. E semina pezzetti di carta lungo il tragitto, tenero Pollicino che prepara il ritorno mentre suo padre vorrebbe rimanere in viaggio per sempre. 


Di solito, almeno per i primi tempi, cerco di tenermi alla larga dai best seller del momento. Quei libri che hanno successo più per la campagna pubblicitaria editoriale che c'è dietro che non per il loro contenuto (vedi le varie sfumature di colore che tanto vanno di moda in questo periodo). Lascio sempre passare un po' di tempo, poi, se il libro mi incuriosisce, prima o poi lo leggo.
Questa volta però è diverso. Inanzitutto perché "Se ti abbraccio non aver paura" è edito da una casa editrice indipendente, che vive più grazie al passaparola che alle campagne di marketing, e che quindi punta molto sulla qualità dei romanzi che pubblica (tutta la serie di Jasper Fforde, che io ho amato molto, è stata pubblicata in Italia da questa casa editrice). A questo si aggiunge il fatto che racconta di una storia vera, di un padre e di un figlio e di una malattia terribile, l'autismo, di cui si sa troppo poco ma che è terribile per chi la vive (sia per chi ne è affetto sia per chi ci interagisce). E poi, il titolo è semplicemente meraviglioso.
E quindi ho voluto leggerlo subito.

Ammetto che recensire romanzi che sono anche storie vere mi mette sempre un po' in difficoltà. Non so mai se devo parlare della trama, rischiando di dare inevitabilmente un giudizio sulla vita della persona che l'ha realmente vissuta, o se limitarmi a un commento sullo stile, sul modo in cui questi fatti reali ci vengono raccontati. 

In questo caso l'autore Fulvio Ervas ci racconta la storia di Andrea, ragazzo diciassettenne affetto da autismo, e di suo padre Franco che, un'estate, decide di fare un viaggio, di partire all'avventura per l'America. Non tutti i medici sono d'accordo su questa scelta: i ragazzi autistici tendenzialmente hanno bisogno di schemi e abitudini, di routine sempre uguali da seguire e di stabilità. Basta un niente perché perdano il loro labile equilibrio. Ma Franco decide di provare lo stesso, perché nulla di quello che hanno detto i medici ha funzionato finora.
E quindi partono. Stati Uniti prima e Sud America dopo. Un viaggio all'avventura, in moto, in aereo, in auto, senza mete prestabilite, alla ricerca di un contatto, di un filo per unire Andrea e il suo mondo interiore con quello di Franco e il mondo reale.
Le difficoltà non mancano, non sempre tutti capiscono i problemi di Andrea, non tutti sono felici di farsi abbracciare, baciare o toccare la pancia da uno sconosciuto. Così come non sempre Franco riesce a reggere il peso della responsabilità, ma soprattutto la rabbia e l'impotenza che la situazione del figlio genera in lui. 
Ma a poco a poco, padre e figlio impareranno a conoscersi ancora di più. La condizione di Andrea non sarà più sempre e solo un limite per lui, perché incontreranno persone che lo capiranno, persone che riusciranno a leggere dentro di lui nonostante lui non riesca a esprimersi a parole, persone che non avranno paura quando lui le abbraccerà.
Andrea farà le sue prime esperienze, esperienze da normale diciassettenne, con Franco che a poco a poco imparerà a lasciarlo andare, ad avere meno paura delle reazioni di suo figlio e di quelle degli altri, senza mai però abbandonarlo, senza mai perdere quell'elastico sottile e invisibile che li terrà per sempre legati.

Il libro è il diario di un viaggio. Un viaggio attraverso l'America e un viaggio attraverso una malattia di cui si parla sempre troppo poco. C'è il dolore, certo. C'è l'impotenza e c'è la paura. Ma c'è anche la voglia di crescere e capire, di superare quei limiti che una malattia per forza impone.
E' stato bravo Fulvio Ervas a mettere per iscritto il racconto di Franco, a far trasparire ogni aspetto del rapporto tra padre e figlio e a raccontare i fatti e la realtà così come sono realmente avvenuti, senza pietismi e senza compassione. E anche se lo stile a volte è forse un po' troppo semplicistico, si adatta bene alla struttura del diario,perché riesce a esprimere con il tono giusto i pensieri e le preoccupazioni del padre.
E non era assolutamente un compito facile.

Io di autismo sapevo poco o nulla, quel poco che viene mostrato in qualche film o in qualche libro. E anche ora, la mia conoscenza di questa terribile malattia non è poi aumentata di molto. Ma credo che un libro come questo, così come tutti i libri che narrano di esperienze reali e personali, serva a far acquisire maggiore consapevolezza, a far capire che oltre alla disperazione e al dolore c'è anche qualcos'altro. E che non bisogna avere paura di chi in qualche modo è diverso da noi.

Assolutamente da leggere.

Titolo: Se ti abbraccio non aver paura
Autore:Fulvio Ervas
Pagine: 319
Prezzo di copertina 17 €
Editore: Marcos y Marcos
Acquista su Amazon:Se ti abbraccio non aver paura (Gli alianti)