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venerdì 29 gennaio 2016

CARO LETTORE IN ERBA... - Gianluca Mercadante

Si mangia ogni giorno. Si beve ogni giorno. Si va in bagno ogni giorno. Si ama, si odia, si litiga e si fa pace ogni giorno. E bisognerebbe leggere ogni giorno, perché chi ama i libri pensa che sia una cosa naturale. Tanto naturale che diventa pian piano un modo per potersi raccontare.

In Italia, stando alle statistiche, più del 50% (mi pare sia il 57%) della popolazione non legge nemmeno un libro all’anno. La percentuale di chi ne leggere almeno uno al mese, ed è considerato lettore forte, è di circa il 9%. Il 9% tra quel 43% che legge, ovviamente.
Non so bene da cosa derivi questa crisi di lettura. Se sia davvero una questione di tempo. Se sia colpa della tv, dei social network, del costo dei libri, delle scuole che ti imponevano di leggere o semplicemente, come in buona parte dei casi credo, sia una questione di pigrizia e scarso interesse. 
Ammetto che un tempo, da blogger e lettrice superforte, questi dati mi lasciavano allibita e mi facevano anche un po’ alterare. Per me, che è normale avere sempre un libro in lettura e leggere in ogni posto e momento possibile, è una cosa inconcepibile che la gente non legga. Eppure. 

Gianluca Mercadante in Caro lettore in erba…, un piccolo saggio pubblicato nella collana I Jolly di Las Vegas editore che ha una splendida copertina ad opera di Alessio Furfaro, parte proprio da questi dati, da questi non lettori e cerca di condurli nel fantastico mondo dei libri.
In realtà si rivolge a un lettore ben preciso, il lettore in erba, quello che forse vorrebbe leggere ma non sa da dove iniziare: ha solo i ricordi delle letture obbligatorie delle scuole e non sa come scegliere il libro giusto, qualcosa che lo spinga a ricominciare. Tra gite in libreria e dialoghi un po’ surreali tra i personaggi dei romanzi, tra analisi scanzonate dei vari generi letterari, offre uno spaccato del mondo dei libri e dell’editoria moderna.

Il risultato è un libro sì divertente e piacevole da leggere, ma anche una critica abbastanza netta a certe abitudini di oggi, tra librai (con un grande riscatto di una libreria di catena!) e, soprattutto, tra gli editori.
Cari editori, stavolta mi rivolgo a voi direttamente: venite un po’ a vedere dove si muovono i lettori. Cercateli i lettori, uno a uno, invece di lamentarvi in continuazione, invece di nascondere le vostre problematiche reali dietro lo spauracchio di una crisi editoriale cui rispondete con prodotti identici a quelli che la crisi l’hanno generata. Guardate in quali mucchi di libri la gente butta le mani e abbiate un minimo di dignità, per cortesia, piantatela di affermare che i classici non si leggono più. Pensateci bene quando si tratta di scegliere se coltivare un talento di casa nostra o prenderne uno già bell’è servito da tradurre e dare in pasto a un target consolidato altrove – e perciò ripetibile qui. Cercate d’incontrare la gente che legge.

Caro lettore in erba… è un libro scritto da una persona che ama i libri e che mette questo amore in ogni pagina, riuscendo però a non perdersi nella retorica (a volte un po’ fastidiosa, diciamolo) dei grandi amanti dei libri e dei grandi lettori, e soprattutto senza risparmiare critiche.
Certo, forse è dedicato più a chi lettore lo è già, a chi già conosce un po’ certe dinamiche dell’editoria, anche solo da semplice appassionato, che non a un potenziale lettore (che temo ne abbia un po’ le balle piene di sentirsi dire cosa dovrebbe fare per iniziare a leggere…).
In ogni caso, Caro lettore in erba…  di Gianluca Mercadante è proprio un bel librettino, che offre spunti interessanti e, al tempo stesso, diverte. Da leggere.


Titolo: Caro lettore in erba...
Autore: Gianluca Mercadante
Pagine: 158
Anno di pubblicazione: 2015
Editore: Las Vegas edizioni
Acquista su Amazon:
formato brossura: Caro lettore in erba...

martedì 26 gennaio 2016

BENGODI e altri racconti - George Saunders

Se solo riuscissi a smettere di sperare. Se solo riuscissi a dire al mio cuore: arrenditi. Resta solo finché campi. In fondo c'è sempre l'opera lirica. Ci sono sempre il pane degli angeli e i canti di Natale dei bambini del quartiere, le foglie d'autunno sui tetti umidi. Invece niente. Il mio cuore è come uno sciocco sughero da pesca



È da più di un'ora che sono qui a fissare questa pagina bianca indecisa su come fare a parlarvi di Bengodi e altri racconti di George Saunders. Sono un po' in difficoltà, devo dir la verità. E la cosa strana è che già mentre leggevo questa raccolta di racconto sapevo che poi, al momento di recensire, avrei avuto dei problemi.

Ho conosciuto George Saunders grazie a Dieci Dicembre, la sua ultima raccolta di racconti, pubblicata come Bengodi da minimum fax con la traduzione di Cristiana Mennella, e me ne sono innamorata. Poi ho letto anche Pastoralia, altra raccolta di racconti, e la prima bella impressione era stata confermata e ribadita.

E allora perché, vi chiederete voi, ora ha delle difficoltà a recensire Bengodi? È perché è bello che toglie le parole o è perché non le è piaciuto? 

Bengodi è la prima raccolta di racconti pubblicata da George Saunders nel 1996. In Italia era già uscita per Einaudi qualche anno fa, e ora per fortuna recuperata da minimum fax, con l'aggiunta di una bellissima nota dell'autore che già da sola varrebbe tutto il libro. In questa nota racconta il percorso compiuto per arrivare alla scrittura di questi otto racconti. I suoi primi tentativi e lo sconforto della moglie di fronte alla sua scrittura, i suoi scrittori di riferimento, talmente di riferimento da volerli imitare a tutti i costi, fino alle prime piccole soddisfazioni, accompagnate dalle rimostranze dei vicini di casa. Un racconto divertente, che mostra fin da subito l'incredibile capacità stilistica di Saunders. 

Sì, ma i racconti?

I racconti che compongono Bengodi sono tutti molto belli. Tristi e disperati, grotteschi e a volte spaventosi. Protagonisti in quasi tutti sono delle persone ai margini, dei Difettosi, se usiamo la definizione che viene data loro proprio in Bengodi, il lungo racconto che da il titolo all'intera opera. Degli emarginati, per problemi fisici o economici, o semplicemente non adatti a vivere in questo mondo un po' utopico, pieno di gente cattiva e sicura di sé, che Saunders usa come metafora di quel che sta diventando la società di oggi.
Si sorride, ci si indigna, ci si commuove, e ogni tanto si prova anche un po' di orrore leggendo queste storie, fatte di personaggi che a volte vorrebbero arrendersi ma non possono, a volte sognano un riscatto che invece non arrivare, che vorrebbero semplicemente vivere la loro vita.

Ok, ma allora dove sta il problema?

Il problema è che, ahimè, non sono sicura di averli capiti appieno tutti. Ho colto la poeticità stilistica di Saunders e mi sono appassionata alle storie di tutti questi suoi personaggi e alle loro vite misere. Ma qualcosa mi è sfuggito. Non so se per lo stile ancora un po' acerbo di Saunders, per il fatto della lontananza spaziale e temporale (l'America del 1996 è ben diversa da quella di oggi... che comunque conosco solo tramite i libri e qualche film), o semplicemente per  qualche limite mio (che, sebbene forse non mi faccia molto onore, devo ammettere di avere) che mi ha impedito di comprendere appieno il reale significato di queste storie.

Magari Bengodi ha un tempo di maturazione più lungo delle due raccolte di Saunders che ho letto in precedenza. Magari tra cinque, dieci, cinquanta giorni finalmente avrò davvero compreso appieno quello che questo autore davvero voleva dirmi. Per ora mi rimane la consapevolezza di aver letto un autore con uno stile unico, e una bellissima introduzione al suo lavoro di scrittore.
E questo, senza alcun dubbio, per me è già sufficiente per consigliarvi la lettura di questo libro.

Titolo: Bengodi
Autore: George Saunders
Traduttore: Cristiana Mennella
Pagine: 213
Anno di pubblicazione: 2015
Editore: minimum fax
Acquista su amazon:
formato brossura: Bengodi e altri racconti
formato ebook: Bengodi e altri racconti

venerdì 22 gennaio 2016

COME UNA PIETRA CHE ROTOLA - Maria Barbal

Quel dondolio mi metteva sonno, ma ero ben sveglia. Adesso non stavo più sognando. Da una parte Elvira, dall’altra Angeleta e tante facce intorno. Tutte estranee, tutte taciturne, assorte, lo sguardo perso. No, questo non era un sogno. Era tutto vero.
Studiare storia mi è sempre piaciuto molto. Al liceo era la materia in cui andavo meglio e anche quando è capitato all’università di studiarla, come corollario alla storia della letteratura, questa passione era rimasta. La guerra civile spagnola, poi, mi ha sempre incuriosita molto. Al liceo se ne era parlato poco, un piccolo trafiletto in mezzo al capitolo sulla nascita dei totalitarismi, e allora forse non mi ero resa conto di quanto importante sia stata. Solo all’università me ne sono resa conto, al punto da farci poi la tesi di laurea triennale.
I romanzi ambientati in quell’epoca mi piacciono sempre molto. Non perché mi piaccia il concetto di guerra fratricida in sé, né l’ascesa dittatoriale, anzi. Però mi piacciono per la testimonianza storica che danno e per la capacità, che ho trovato quasi sempre nei pochi romanzi che ho letto ambientati in quel periodo, di trasmettere bene l’atmosfera, le sensazioni, il clima difficile che si stava vivendo.

Ho acquistato Come una pietra che rotola di Maria Barbal per questo motivo. Ok, non lo solo per questo, anche perché l’ho trovato a pochissimo in un mercatino dell’usato, perché ha una copertina che mi piace molto (l’immagine è opera di Lorenzo Lanzi) e perché è pubblicato da marcos y marcos, un editore i cui libri, quando posso, compro quasi a scatola chiusa.

Come una pietra che rotola, tradotto dal catalano da Gina Maneri, è ambientato all'epoca Guerra Civile Spagnola, ma quasi non ci si fa caso. Racconta la storia di Conxa, che vive in un paesino di campagna ben lontana dai tumulti che stavano nascendo nelle città spagnole. La conosciamo che è una bambina e i suoi genitori la affidano a una coppia di zii, perché loro hanno troppi figli e pochi soldi per mantenerli tutti. Conxa accetta in silenzio questa decisione e si adatta alla nuova vita. La zia è burbera, ma in fondo le vuole bene. Lo zio finché lei lo aiuta non si lamenta in nessun modo. Poi Conxa cresce e si innamora di Jaime. La sua vita potrebbe cambiare, ma non lo fa. Si sposa, ha dei figli, e continua a vivere con la zia, a lavorare i campi e dar da mangiare agli animali. Coglie l’irrequietezza del marito, la sua voglia di andarsene, di lottare, di fare qualcosa, ma continua comunque così. Finché qualcosa non succede e lei accetta anche questo come ha accettato tutto il resto, forse senza nemmeno capire fino in fondo. Sopravvive, ma un po’ si spegne.
"Le persone, a ben guardare, sono ben poca cosa anche se a volte pensano di essere chissà che."
Come una pietra che rotola è un libro all'apparenza semplice, per stile e scrittura, che racconta la vita di una donna altrettanto semplice che si adatta, forse fin troppo, a tutto quello che le succede attorno. Conxa è una ragazzina timida che diventa poi una donna altrettanto timida, che si impunta solo quando è davvero necessario e lascia che il mondo le scorra attorno. Lei ama i campi, ama la sua vita tranquilla, la pace che solo un tramonto sulle colline le può dare. E ama Jaime, lo ama follemente. Al punto da accettare e sopportare tutte le conseguenze che questo amore le provoca. Accetterà e resisterà a tutto, per quanto sia difficile perdere un amore, che sia amore per una persona o per un luogo.
È un libro sulla guerra civile, certo, ma soprattutto sulle sue vittime inconsapevoli, che si sono ritrovate in mezzo a qualcosa che forse nemmeno comprendono ma che sono costretti ad accettare e sopportare. Ma è soprattutto la storia di una donna, all'apparenza timida, semplice, forse un po’ e in balia degli eventi, che però dentro di sé non si arrende mai.
Come una pietra che rotola è un piccolo grande libro. Assolutamente da leggere.


Titolo: Come una pietra che rotola
Autore: Maria Barbal
Traduttore: Gina Maneri
Pagine: 151
Editore: marcos y marcos
Acquista su amazon:
formato brossura: Come una pietra che rotola

martedì 19 gennaio 2016

IL NUOVISSIMO GALATEO DEL BORZACCHINI - Giorgio Marchetti

Coloro i quali un tempo si scaccolavano al semaforo in attesa del verde, hanno dismesso la libido del rito venatorio che aveva appagato generazioni di audaci pionieri delle narici, per sperperare la loro straordinaria attitudine alla manualità nella corriva digitazione  del Telefonino Cellulare

Uno dei tanti motivi per cui amo i libri è che, oltre alla storia che contengono, la maggior parte delle volte ne hanno anche un'altra. Anzi, forse più di una. C'è la storia di come l'autore o l'autrice ha scritto un libro. La storia di come questo libro è arrivato all'editore e di come è stato pubblicato. E poi c'è quella che forse mi piace di più, ovvero del modo in cui il libro è arrivato nelle mani del lettore. Ognuna di queste storie aiuta a far grande un libro per qualcuno. 

Il Nuovissimo Galateo del Borzacchini di Giorgio Marchetti mi è arrivato dalle mani della figlia Elena. Ha letto un post qui sul mio blog, mi ha raccontato un pezzo della sua storia e proposto di leggere qualcosa di suo padre, che ora non c'è più. Per me questa motivazione sarebbe già stata sufficiente a convincermi, devo essere sincera. Ma se in più aggiungiamo una bellissima copertina, a opera di Federico Sardelli, il fatto che Malvaldi ha dichiarato pubblicamente che il Borzacchini è una sua fonte di ispirazione e, particolare non da poco, il fatto che io adori i libri comico-satirici, beh, capite anche voi perché ora sono qui a parlarvi di questo libro.

La prima cosa da dire è che, ahimè, Il Nuovissimo Galateo del Borzacchini tanto nuovissimo non è più. Non è certo colpa sua se è stato scritto nel 1996, però è un fatto che un pochino influenza la lettura, perché la satira di costume è figlia del suo tempo e, se la togli dal contesto, perde  un po' della sua efficacia.
Il libro è appunto un galateo per l'uomo moderno, per aiutarlo a comportarsi come si confà a questi nuovi tempi e a queste nuove mode, prendendo anche spunto dalle pubblicità e dai nuovi modelli che la tv trasmette.

L'idea è, indubbiamente, geniale e alcuni consigli di comportamento fanno davvero sbellicare. Però io nel 1996 avevo solo 9 anni e alcune cose di allora, purtroppo, non me le ricordo. Certo, mi ricordo Ambrogio e i Ferrero Rocher (anche se ero troppo giovane e ingenua per cogliere l'ambiguità nella pubblicità... e, cavolo, pensandoci ora...). Così come mi ricordo le distese di grano della Mulino Bianco sparse per le città, i pazzi che partivano al salvataggio di cose strane e poi brindavano con un amaro. Per non parlare poi dell'arrivo dei telefonini e di come hanno cambiato le priorità al semaforo. Però, e mi spiace davvero molto, alcune cose purtroppo non sono riuscita a coglierle e questo mi ha tolto un po' di gusto alla lettura.

Lo stile di Giorgio Marchetti è fenomenale (ma io forse sono anche di parte, adorando tutto quel che è toscano, dal cibo alla lingua) e deve aver sicuramente fatto scuola (anche in Malvaldi, sì!) per la sua incredibile capacità di giocare con le parole e con il linguaggio. Certo, se l'avessi letto nel momento giusto, lo avrei apprezzato ancora di più, ma per chi ha voglia di fare un tuffo nel passato, ama Il Vernacolierie e vuole farsi due belle risate, Il Nuovissimo Galateo del Borzacchini è comunque un libro consigliato.

Titolo: Il Nuovissimo Galateo del Borzacchini
Autore: Giorgio Marchetti
Pagine: 195
Anno di pubblicazione: 1996
Editore: Ponte alle Grazie
Acquista su Amazon:

lunedì 18 gennaio 2016

UNA VALIGIA DI LIBRI - Resoconto di un VIAGGIO IN ITALIA

Sabato 16 gennaio si è tenuto il primo appuntamento ufficiale, dopo quello di presentazione avvenuto a dicembre, di Una valigia di libri, il ciclo di incontri organizzato da me, da Il giro del mondo attraverso i libri e dalla libreria Sulla parola di Caluso. 
Protagonista di questo primo incontro è stata l'Italia.



Sebbene abbiamo ancora qualche difficoltà ad attirare le persone (non so se sia colpa del paesino, che attira un po' poco, dell'orario o del fatto che «oddio, si parla di libri, scappiamo!»), devo dire che è stato molto divertente. Eravamo una decina di persone e abbiamo trascorso due ore senza quasi rendercene conto, seduti in cerchio («Ciao a tutti, sono Elisa e non riesco a smettere di leggere», «Ciaaaaaao Elisa»), in un bell'ambiente arancione, accogliente e confortevole, a presentare libri, ma anche a chiacchierare di letteratura, dello stato attuale dell'editoria in Italia e anche un po' di noi (perché credo che i libri che ci piacciono parlino sempre un bel po' di noi).

Voglio quindi prima di tutto ringraziare tutti colore che hanno partecipato, quelli che hanno presentato i libri, nonostante la timidezza, e quelli che sono venuti anche solo per ascoltare, ma anche chi ha partecipato da lontano postando i commenti sulla pagina facebook dell'evento. Insomma, grazie! È davvero una bella soddisfazione trovare altre persone invasate come noi che si divertono a parlare di libri!

Ma bando alla retorica strappalacrime, passiamo ai libri consigliati. Questo viaggio per l'Italia ha toccato diverse regioni, dal nord al sud, sia per ambientazione sia per provenienza degli autori.

I libri presentati dal vivo... e i biscotti (la foto è sfocata perché ne stavo mangiando uno)

Ecco qui l'elenco (cliccando sul titolo si rimanda alla recensione di chi ha letto il libro, se è stato consigliato da un blogger, alla scheda del libro sul sito della casa editrice o a wikipedia per i classici), diviso per regione:

PIEMONTE
Il ministero della bellezza  - Marco Lazzarotto, edito da Indiana editore
Caro lettore in erba - Gianluca Mercadante, edito da Las Vegas edizioni
La luna e i falò - Cesare Pavese

LIGURIA
Il dolore del mare - Alberto Cavanna, edito da Nutrimenti editore
Qualcosa di vero - Barbara Fiorio, edito da Feltrinelli

LOMBARDIA
L'infinita musica del vento - Lorenzo Della Fonte, edito da Casa Musicale Eco
Verderame - Michele Mari, edito da Einaudi

EMILIA ROMAGNA
Opere complete di Learco Pignagnoli - Daniele Benati, edito da Aliberti editore

TRIVENETO
Piccola osteria senza parole - Massimo Cuomo, edito da edizioni e/o
L'estate del cane bambino - Mario Pistacchio e Laura Toffanello, edito da 66thand2nd
La variante di Lüneburg - Paolo Maurensig, edito da Adelphi

TOSCANA
Un uomo - Oriana Fallaci

LAZIO e CAMPANIA
Giulia 1300 e altri miracoli - Fabio Bartolomei, edito da edizioni e/o

SICILIA
La fossa degli angeli - Antonio Manuel Marco Cascio, edito da Giovane Holden edizioni

SARDEGNA
Il cuore selvatico del ginepro - Vanessa Roggeri, edito da Garzanti

I libri consigliati, come potete vedere, sono stati molti vari, sia per localizzazione geografica, sia per editori (tantissimi piccoli editori!), sia per motivazioni.

Approfitto per ricordare che il prossimo appuntamento si terrà sabato 20 febbraio, sempre alle ore 16 e sempre alla libreria Sulla parola di Caluso. Questa volta andremo a spasso per l'Europa (Russia compresa!).

mercoledì 13 gennaio 2016

TERAPIA DI COPPIA PER AMANTI - Diego De Silva

Insomma, non si può essere sempre felici. Qui e ora, voglio dire. Perché c’è anche il dopo, e non intendo il domani generico. Parlo di un dopo imminente, il dopo di quando hai fatto l’amore, e l’hai fatto benissimo, e quindi dovresti essere felice e desiderosa di alzarti, tornare alla tua vita, ricaricata e leggera, e invece resti sotto le lenzuola a guardare il soffitto con il dito in bocca a domandarti cosa stai facendo, mentre lui è già tutto bello pimpante che ha finito la sigaretta e non vede l’ora di infilarsi nella doccia, però intercetta il tuo incantamento e ti chiede cos’hai (non perché gli interessi ma perché sa che se fa finta d’ignorare la tua fissità gli metterai il muso appena torna dal bagno), così ti si avvicina e dopo aver seguito la linea del tuo sguardo che continua a puntare ossessivamente il soffitto ti domanda:
- Bello quell’intonaco, eh?

Se mi venisse chiesto di definire in poche parole Diego De Silva e la sua scrittura, senza ombra di dubbio risponderei con “il re delle pippe mentali”. Ed è un complimento, anche se a prima vista potrebbe sembrare il contrario. È un complimento perché sono pochi gli scrittori in grado di riportare così bene su carta tutti i conflitti interiori che ogni persona normale ogni giorno vive.

I personaggi di Diego De Silva hanno tutti in comune il pensare tanto, il pensare troppo. Un pensare che a volte li porta a non avere filtri poi in quello che fanno e quello che dicono, sebbene si rendano conto, almeno nella maggior parte delle volte, di essere un po’ assurdi. Soprattutto quando sono innamorati. L’esempio lampante è il grande avvocato Malinconico, protagonista di Non avevo capito niente (e poi anche di Mia suocera beve e Sono contrario alle emozioni, che però a mio avviso non sono venuti bene come il primo), incapace di amare senza fare mille pasticci. È un personaggio esasperato nelle sue manie, nei suoi troppi pensieri, nelle sue pippe mentali, e per questo molto molto umano.

Quando ho letto la trama di Terapia di coppia per amanti, uscito per Einaudi nel 2015, ho saputo fin da subito che avrei dovuto leggerlo, perché le pippe mentali che tanto amo di questo autore finalmente erano tornate.

Protagonisti di Terapia di coppia per amanti sono, appunto, due amanti: Modesto Fracasso, che deve il suo bizzarro nome al dispetto che quel cazzone di suo padre ha voluto fare alla moglie quando è nato, e Viviana. Entrambi sono sposati con prole. Entrambi si amano pazzamente. Non è solo una scopata, la loro, sebbene sia sicuramente una parte fondamentale della loro relazione. I due sanno di non poter fare più a meno l’uno dell’altro. Litigano spesso come solo le persone che si amano davvero riescono a fare e altrettanto velocemente fanno pace. Stanno insieme da tre anni, entrambi i coniugi più o meno sanno e più o meno fingono di non sapere. Però sia Modesto sia Viviana sanno che non si può andare avanti così, che qualcosa nella loro storia deve cambiare. E quindi entrano in terapia. Sì, anche se sono amanti. 

Se siete convinti che tutti gli amanti siano degli stronzi, senza alcuna eccezione, lasciate perdere questo libro. Io non ho una posizione chiara in merito. Certo, sono convinta che se ci sia una famiglia, se ci siano dei figli, se insieme per anni si è cercato di costruire qualcosa, si debba fare tutto il possibile per farla funzionare anche nei momenti più bui. Al tempo stesso, però, credo che sia sbagliato stare insieme a qualcuno se non lo si ama più, se susciti in noi solo indifferenza. Bisogna essere onesti, con se stessi e con la persona che ci sta accanto, quello sì. Ma trascinare una storia finita solo perché c’è un pezzo di carta credo che alla fin fine non abbia nessun senso. È sicuramente un argomento complesso e pieno di sfumature, di cui non si può parlare a fondo in un blog letterario.

E nemmeno in un libro, in realtà, o almeno non in uno di Diego De Silva. E infatti lui il rapporto di Modesto e Viviana con i loro rispetti coniugi lo lascia un po’ da parte. Sì, ci sono. Sì, lascia intendere che qualcosa da tempo non funzioni più, però tutta l’attenzione è focalizzata sulla storia d’amore tra loro due. Una storia d’amore complicata e bellissima, come lo sono sempre le storie d’amore in cui i protagonisti davvero si amano. Una storia resa ancor più reale da tutte le pippe mentali di cui si parlava prima, che l’autore mette in testa ai due protagonisti. Modesto, tra i due componenti della coppia, è quello che ho preferito di più. Per la sua simpatia e la sua battuta sempre pronta, per il suo scansare inizialmente i problemi ma poi tornare indietro per affrontarli, a modo suo magari, ma sempre affrontali. Per il rapporto con il padre, forse il personaggio più divertente di tutto il libro, e quello con il figlio. Viviana è forse un po’ troppo esasperata (o forse semplicemente da donna mi dà noia ammettere che a volte siamo davvero così). 

E poi ho amato, come sempre, lo stile dell’autore. Le grandi verità rivelate nei momenti più impensabili. Le sue citazioni, il suo modo di raccontare e di non giudicare mai nessuno dei suoi personaggi.  Sono umani, proprio come tutti noi.
"Mi fa ridere quando sono nervosa senza sapere perché (sono i nervosismi peggiori, quelli); quando mi sto antipatica e ho voglia di essere sgarbata con chiunque mi capiti a tiro (preferibilmente lui) e l'ultima cosa che vorrei fare è ridere, e ha un talento nel capire quando mi serve una carezza"
Ho riso un sacco, leggendo. E anche se forse mi aspettavo qualcosina di più dal finale, Terapia di coppia per amanti è stata davvero una gran bella lettura. Quindi lunga vita al Re delle Pippe Mentali!


Titolo: Terapia di coppia per amanti
Autore: Diego De Silva
Pagine: 274
Anno di pubblicazione: 2015
Editore: Einaudi
Acquista su Amazon:
formato brossura: Terapia di coppia per amanti

lunedì 11 gennaio 2016

BELLA ERA BELLA, MORTA ERA MORTA - Rosa Mogliasso

Donna.
Bella.
Elegante.
E morta.
Sicuramente morta.
Che fare?

Fortunatamente non mi è mai capito di trovare un cadavere per strada. Diverse volte mi sono fermata a soccorrere auto incidentate o ho aiutato persone in difficoltà al supermercato, ad attraversare la strada, ecc. ecc. Insomma, tutte quelle cose normali che a tutte le persone normali capita almeno una volta nella vita di fare e che ci fanno sentire dei bravi cittadini e delle brave persone.
Ma di ritrovare un cadavere abbandonato no, non mi è mai successo. E non so dire con sicurezza come mi comporterei se succedesse. Certo, sì, la mia educazione e la logica mi portano a dire che, dopo aver lanciato qualche urlo e aver tremato un po’, chiamerei la polizia. Ne sono certa al 99%, da persona irreprensibile e ligia al dovere quale solo. Ma c’è quel piccolo 1% di dubbio che non posso ignorare. Non che non avviserei nessuno, questo no. Ma sulle modalità, sui tempi, suoi luoghi, ecco, su tutte queste cose, qualche dubbio ce l’avrei. 

Bella era bella, morta era morta di Rosa Mogliasso, pubblicato da NN editore nella collana ViceVersa, racconta di un cadavere riverso sulle rive di un fiume. Il corpo di una donna, bella, elegante e, appunto, morta. È in un punto un po’ nascosto, non proprio alla vista di tutti. Ma qualcuno che la nota c’è. Una donna che porta a spasso il cane. Una coppia di ragazzi in cerca di un posto tranquillo dove farsi una canna. Una sorta di paladino del new age romano, trasferitosi in città per amore. Un uomo caduto in disgrazia e ora afflitto da gravi disturbi mentali. Cinque persone vedono questo cadavere. Cinque persone che, per un motivo o per l’altro, la vedono, ma scelgono di passare oltre. Perché sì, spiace per la morta, ma tanto ormai è morta, io che ci possono fare? E poi qualcun altro si fermerà, no? Io mica ho tempo da perdere, dai.
Ora, la questione era molto semplice: fare finta di niente, richiamare il cane all'ordine, proseguire e leggere la notizia sul giornale. Oppure telefonare al 113 e, magari, ritrovarsi a passare la giornata, che già era cominciata male, in questura
Il lettore segue la storia di questi cinque personaggi dal momento in cui scoprono il cadavere. Ne scopre le reazioni, gli stati d’animo di fronte a quel che hanno visto, i dubbi e, soprattutto, le giustificazioni che si danno per quel che non hanno fatto. E, sebbene tutti e cinque questi personaggi siano un un po' particolari e abbiano vite un po' bislacche, leggendo non si può fare a meno di chiedersi che cosa si sarebbe fatto al posto di ognuno di loro. Sì, certo, il buon senso di tutti porta a dire che mai nessuno si sarebbe comportato come loro, ma non sempre il buon senso funziona nella pratica, anche nelle persone più irreprensibili.

Bella era bella, morta era morta è un libro molto scorrevole e, paradossalmente visto che c’è di mezzo una morta, anche divertente nell'assurdità delle motivazioni dei suoi protagonisti. Ma soprattutto mostra quanto forte possa essere l’egoismo umano, quanto l’essere così profondamente concentrati su noi stessi e sui nostri problemi possa farci perdere di vista le naturali regole della convivenza civile su questo mondo.
L’unica pecca del libro è che, almeno per quanto mi riguarda, il finale è stato un pochino prevedibile (non so se l'essere cresciuta guardando il tenente Colombo e leggendo i romanzi di Agatha Christie mi abbia in qualche modo formata), ma è comunque perfettamente adatto allo scopo che l’autrice si era proposta per questo libro.

Quindi sì, oltre a continuare a sperare con tutta me stessa di non ritrovarmi mai nella situazione di trovare un cadavere abbandonato, consiglio caldamente la lettura di Bella era bella, morta era morta. Vi darà tanto su cui riflettere, e probabilmente smetterete di avvicinarvi alle rive dei fiumi.

Titolo: Bella era bella, morta era morta
Autore: Rosa Mogliasso
Pagine: 143
Anno di pubblicazione: 2015
Editore: NN Editore
Prezzo di copertina: 13 €
Acquista su amazon: 

giovedì 7 gennaio 2016

SULL'ORLO DEL PRECIPIZIO - Antonio Manzini

Giorgio sudava. Sentiva un prurito alle mani. «I libri non sono azioni, non sono saponette».
La Celletti scoppiò di nuovo a ridere. Poi ingoiò la caramella. «Da uno scrittore mi sarei aspettata qualcosa di più. Sempre con queste saponette, ma che v'hanno fatto le saponette? Cosa avete contro le saponette? Io amo le saponette, se il pubblico vuole le saponette. E amo i pop corn, se sono quelli che la gente chiede! Noi guardiamo solo ai gusti del pubblico. E le farà lo stesso».


Se bazzicate un po’ nel mondo dei libri e delle case editrici, come addetti ai lavori ma anche da semplici appassionati, saprete tutti benissimo della recente fusione tra i due grandi colossi editoriali italiani, Mondadori e Rizzoli (che da questo momento chiameremo simpaticamente Mondazzoli).
Insieme, questi due grandi gruppi editoriali possiedono ora circa il 40% del mercato editoriale italiano. Una cifra impressionante, a mio avviso, se si pensa a quanti siano gli altri editori a spartirsi il rimanente 60%. Per il lettore, almeno per il momento, non è cambiato nulla. Una certa standardizzazione forse c’era già e ci siamo sentiti abbastanza consolati dal fatto che Adelphi, forse la più pregiata casa editrice presente nei due gruppi, se ne sia andata prima che la fusione succedesse. Qualche conseguenza però, inevitabilmente, ci sarà. Riguarderà forse più gli autori, rappresentati dall’uno o dell’altro gruppo, la distribuzione, la potenza nei premi letterari.
Non so dire se il silenzio degli scrittori sia stato assordante o normale amministrazione. Qualcuno la sua opinione l’ha espressa (e qualcun altro, per non fare nomi Andrea De Carlo, prima ha detto «no , è uno schifo!», poi però non ha avuto il coraggio di prendere e andarsene come altri in Bompiani hanno fatto… scelte personali, del tutto rispettabili, ma almeno stai zitto prima no?), qualcun altro ha fatto scelte più eclatanti, s’è alzato e se ne è andato. Mi aspettavo qualche considerazione in più, devo dire la verità, ma mi rendo anche conto della difficoltà degli scrittori a esprimersi su qualcosa che potrebbe poi toccarli da vicino.

E forse è per questo silenzio e per questa curiosità verso le opinioni di chi i libri li scrive, che sono stata attratta così tanto da Sull’orlo del precipizio di Antonio Manzini, un racconto da poco pubblicato nella bella collana Il divano di Sellerio.

Ovviamente non c’è Rocco Schiavone qui e non siamo in Val d'Aosta, come nei precedenti romanzi dello scrittore romano.
Al suo posto c’è Giorgio Volpe, il più grande scrittore italiano contemporaneo, che ha appena terminato la stesura del suo ultimo romanzo, Sull’orlo del precipizio appunto, ed è pronto a mandarlo alla sua storica casa editrice, la Gozzi, per l’editing e la pubblicazione. Una formalità, pensa lui. Se non fosse che proprio in quei giorni la Gozzi si è unita ad altri due grandi editori italiani, Bardi e Malossi, per formare un mega colosso editoriale. Giorgio Volpe continua a essere tranquillo, è uno scrittore famoso lui, e nessuno si permetterebbe di mettere in dubbio il suo lavoro. Quando però gli piombano in casa due editor mai visti prima, uno dei quali con evidenti difficoltà a parlare italiano, e, soprattutto, quando nessuno della casa editrice sembra voler rispondere alle sue telefonate, un po’ di paura inizia a provarla. Che diventa vero terrore, quando capisce che uscirne sarà davvero difficile e che forse l'unica cosa che può fare è davvero piegarsi.

In questo racconto Antonio Manzini crea uno scenario apocalittico per il mercato editoriale italiano, fortunatamente per ora ben lontano dalla nuova realtà che Mondazzoli ha creato. Gli editori piccoli e di qualità esistono (e resistono) ancora, i libri hanno tutti ancora un certo spessore, senza strani tagli e semplificazioni, e la standardizzazione dei testi non è cambiata in alcun modo rispetto a prima. Certo, potrebbe succedere, come può sempre succedere quando qualcosa di così grosso e importante, come la cultura e la letteratura di un paese, si concentrano nelle mani di pochi. 
Però, ecco, Giorgio Volpe e la sua storia sono un’esagerazione. Voluta, sicuramente, ma forse davvero troppo apocalittica. Un po’ perché tiene conto solo degli scrittori famosi, a volte forse un po’ adagiati sugli allori del loro successo passato e quindi non sempre capaci di accettare un cambiamento (non che il cambiamento proposto nel racconto sia auspicabile, sia chiaro!), e non dice che cosa succede a quelli meno conosciuti e meno importanti. Ma soprattutto perché non tiene conto di chi dà il lavoro a scrittori e editori, ovvero i lettori.
Sì, siamo pochi, A fronte di una popolazione di 65 milioni di abitanti cosa vuoi che siano 500 mila lettori? Niente, meno dei consumatori del latte di soia, ma abbiamo ancora, e per fortuna direi, la capacità di distinguere un libro buono da un libro meno buono. Non tutti, certo, ché i gusti di questi 500 mila lettori sono molto vari e non sempre condivisibili, ma alla fine nessun lettore permetterebbe mai che succedesse quello che succede in Sull’orlo del precipizio. (No, nemmeno la traduzione in italiano dei Promessi Sposi, per quanto qualche studente del liceo non vedrebbe l’ora).

Sull’orlo del precipizio è scritto indubbiamente bene e mostra un Antonio Manzini che io non conoscevo (ma io ho letto solo i romanzi con Rocco Schiavone, quindi forse non faccio tanto testo), in grado di destreggiarsi bene anche con la satira. Forse, però, è un po’ troppo prematuro per i tempi in cui siamo, e più che un monitoo, un avvertimento a prendere consapevolezza di quel che sta succedendo o potrebbe succedere, rimane davvero una semplice esasperazione. Divertente, ma non molto efficace.


Titolo: Sull'orlo del precipizio
Autore: Antonio Manzini
Pagine: 120
Editore: Sellerio
Prezzo di copertina: 8€
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formato brossura:Sull'orlo del precipizio
formato ebook: Sull'orlo del precipizio

lunedì 4 gennaio 2016

FLORENCE GORDON - Brian Morton

Florence Gordon stava cercando i scrivere un memoir ma due fattori giocavano contro di lei: era vecchia ed era un'intellettuale. E chi mai al mondo, si domandava a volte, avrebbe voluto leggere un libro che parlava di una vecchia intellettuale?
Forse c'era persino un terzo fattore, perché non era solo un'intellettuale, era anche femminista. E questo significava che, se mai fosse riuscita a finire quel libro, i critici lo avrebbero inevitabilmente bollato come polemico e petulante.
Se sei una vecchia femminista, qualsiasi cosa tu dica è polemico e petulante per definizione.

Per qualche strano motivo, avevo verso Florence Gordon di Brian Morton, pubblicato in Italia da Sonzogno con la traduzione di Maura Parolini e Matteo Curtoni, delle aspettative altissime. Non riesco bene a ricordarmi da cosa derivassero, se da qualche bella recensione letta in giro o semplicemente dall'attrazione provata per la copertina (trovo il recente restyling grafico fatto da Sonzogno semplicemente strepitoso) e per la citazione riportata nella quarta. Quando è stato il momento di scegliere la prima lettura dell'anno, quindi, non ho avuto alcun dubbio: doveva essere Florence Gordon.

Qual è il problema con le aspettative, però, lo sapete benissimo anche voi. Disattenderle è facile, facilissimo, molto più facile che esserne invece all'altezza e quindi il rischio delusione era molto alto. 

Il romanzo racconta la storia di Florence Gordon, appunto, una scrittrice e femminista settantacinquenne, ormai famosa forse più per il suo brutto carattere che per i suoi scritti. Ha un ex marito, anche lui scrittore anche se ancor meno conosciuto di lei, un figlio, Daniel, che non ha voluto seguire le orme dei genitori ed è entrato in polizia, una nuora, Janine, psicologa che ha per la suocera una forma quasi fastidiosa di venerazione, e una nipote, Emily, che della nonna gliene importa ma fino a un certo punto. Poi, inaspettatamente, un libro di Florence viene recensito sul The New York Times e la consacrazione attesa da anni finalmente arriva. Ma con il successo arrivano anche altri problemi, che colpiscono un po' tutta la famiglia e la segnano per sempre.

Parlavamo di aspettative all'inizio di questa recensione. Di aspettative e di quanto sia facile disattenderle. Ecco, non pensavo così tanto però.
Il personaggio di Florence Gordon, che per il suo passato e per il suo carattere avrebbe potuto essere fenomenale, alla fine è quasi una macchietta. Sì, è burbera; sì, insulta un po' tutti; sì, è scontrosa e testarda. Ma non abbastanza da essere indimenticabile, da risultare simpatica nella sua antipatia (cosa che invece con i personaggi davvero ben riusciti succede quasi sempre). Manca qualcosa nella caratterizzazione di questa donna. E, di conseguenza, manca qualcosa anche in tutti gli altri personaggi che attorno a lei dovrebbero ruotare.
Alla fine più che del rapporto tra questa bisbetica donna e suo figlio o sua nipote, o dello scontro generazionale in più campi (tra nonna e nipote, tra femministe della vecchia guardia e della nuova, tra vecchia editoria e nuova editoria), ci si ritrova a leggere di crisi coniugali, drammi post adolescenziali e bollettini medici, che conducono a un finale frettoloso.
Peccato, davvero, perché Brian Morton non scrive male. E aveva a disposizione tanti spunti intelligenti tanti bei personaggi, che però l'autore non è stato in grado di sfruttare come avrebbe dovuto. Non so se gli sia mancato il coraggio di andare più a fondo, se la storia che voleva scrivere era proprio così leggera o se le mie aspettative abbiano condizionato in qualche modo la mia percezione del libro. Però non c'è niente che mi irrita di più di un buon libro che l'autore è incapace di rendere grande.

Perché sì, Florence Gordon non è sicuramente un brutto libro. È una storia alla fin fine leggera, scorrevole e, in alcuni punti, anche divertente. Ma mi aspettavo qualcosa di più, di molto di più.


Titolo: Florence Gordon
Autore: Brian Morton
Traduttore: Maura Parolini e Matteo Curtoni
Pagine: 318
Anno di pubblicazione: 2015
Editore: Sonzogno
Prezzo di copertina: 17,50€
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formato brossura: Florence Gordon
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