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giovedì 4 settembre 2014

INVISIBILE - Paul Auster

Era da circa un anno che non leggevo un romanzo di Paul Auster. Tantissimo tempo, considerando che è uno dei miei scrittori preferiti in assoluto. O forse è proprio per quello, per non esaurire troppo in fretta i suoi libri pubblicati e dovermi ritrovare ad attenderne impaziente uno nuovo.
Dopo un anno però ho iniziato a sentirne la mancanza e mi è venuta voglia di leggere qualcosa. Tra tutti i romanzi suoi che ancora non ho letto, ho scelto Invisibile semplicemente per la copertina. Una scelta azzardata, effettivamente, considerando quanto fuorvianti possano spesso essere. Eppure me ne sono innamorata al punto da acquistarlo senza nemmeno leggere la trama. D'altronde è un romanzo di Paul Auster, mi fido di lui e non ho alcun bisogno di sapere di cosa parlano i suoi libri.
Devo ammettere però che questa volta mi ha spiazzata. Ritroviamo il suo stile, ritroviamo gli espedienti narrativi a lui più cari, con l'inserimento di un protagonista scrittore e con storie che si mescolano ad altre storie. Eppure, in questo Invisibile c'è qualcosa di diverso rispetto agli altri romanzi suoi che ho letto in passato. Qualcosa di angosciante, di disturbante, un misto tra attrazione e repulsione che mi ha accompagna fino alla fine e che mi ha fatto chiudere il libro con emozioni contrastanti. 

Protagonista è Adam Walker, studente di New York e aspirante poeta, che a una festa conosce Rudolf Born, professore parigino, e la sua giovane fidanzata Margot. L'uomo mostra subito una strana attenzione nei suoi confronti, che sfocia nella proposta di affidare ad Adam la supervisione di una rivista letteraria. Quando Born parte per un viaggio, Adam però finisce a letto con Margot. Il professor Born lo scopre e lascia la donna: nessuna ritorsione invece sul ragazzo. Finché non succede qualcosa di terribile, che farà aprire gli occhi ad Adam sull'uomo, ma che lo perseguiterà anche per tutta la vita. Solo in punto di morte, l'uomo decide di raccontare la sua storia, affidando la lettura a un suo vecchio compagno di scuola, ora scrittore.

La narrazione procede così, con il vecchio compagno di Adam che legge il manoscritto: tre capitoli, tre stagioni, scritti ognuno con un soggetto diverso, per raccontare che ne è stato del ragazzo, come ha vissuto la sua vita, dai primi giorni dopo la scoperta fino alla fine, una volta aperti gli occhi sul professor Born.
Capitoli che descrivono il turbamento, le difficoltà e le paure di un ragazzo con una passione, che si ritrova di colpo insicuro sulla sua vita. Capitoli che forniscono il ritratto di un uomo misterioso, questo professor Born, di cui non si riesce a capire nulla, che sembra comparire all'improvviso e altrettanto all'improvviso sparire .

Auster è bravissimo a giocare su realtà e finzione all'interno della storia, a lasciare il dubbio nel lettore ma anche in ognuno dei suoi protagonisti. Chiudi il libro e non sei sicuro di nulla di quello che hai letto. 
Devo ammettere però che ho trovato l'aspetto erotico e sessuale un po' esagerato, difficile da leggere e comprendere. Preferisco che il mistero e il turbamento vengano trasmessi da altro e infatti ho preferito le parti del libro in cui questi riferimenti non erano così diretti e fondamentali. Ma mi rendo anche conto che forse, senza questo aspetto, parte dell'angoscia e di tutte le sensazioni generate dal libro non ci sarebbero stati.

Pensandoci con calma, se uno scrittore riesce a provocare tutte queste sensazioni con le sue parole e in un singolo libro di poco più di duecento pagine, non può che essere un grande scrittore. Che tutti dovrebbero leggere.

Titolo: Invisibile
Autore: Paul Auster
Traduttore: M. Bocchiola
Pagine: 223
Anno di pubblicazione: 2009
Editore: Einaudi
ISBN: 978-8806207847
Prezzo di copertina: 12 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Invisibile

venerdì 2 agosto 2013

IL TACCUINO ROSSO - Paul Auster

Lo so, lo so, forse per un libricino così sottile non sarebbe il caso di scrivere un intero post... ancor più che in quest'ultima settimana prima delle ferie ho intenzione di leggerne diversi, di libri ed ebook così sottili, e avrei potuto tranquillamente scrivere una recensione unica. Però stiamo parlando di un libro di Paul Auster. Anzi, lo scrivo in stampatello, perché si legga meglio: PAUL AUSTER. Un autore che si meriterebbe un post a settimana, così, solo per poter nominare il suo nome e fare in modo che tutti se lo ricordino.

Adoro Paul Auster con tutta me stessa, ma credo che chi segue questo blog da un po' già lo sappia (ma ribadirlo non fa mai male). Dal suo Follie di Brooklyn arriva la frase che fa da sottotitolo al blog, "mai sottovalutare il potere dei libri", e da lui mi rifugio quando voglio comprare un libro ed essere sicura che non ne rimarrò delusa.
E quindi non mi interessa se il libro è piccolo piccolo e si legge in meno di un'ora. Paul Auster avrà sempre diritto a una recensione tutta per lui qui sul mio blog.

Anche perché Il taccuino rosso, nella sua brevità e nella sua semplicità, è davvero un piccolo gioiello. Una raccolta di tredici piccoli episodi, momenti, coincidenze e sprazzi di felicità, che si sono verificati davvero nella vita dell'autore e che non possono fare a meno di farci sorridere, riflettere, commuovere, pensare: il nome buffo dell'avvocato a cui ci rivolgiamo in un momento che di buffo non ha nulla, una monetina caduta e ritrovata anni dopo, un libro che cerchiamo disperatamente e che ci viene donato da un passante, la gomma dell'auto che si buca sempre con lo stesso passeggero a bordo, un padre ritrovato per un attimo sufficiente a farci vedere il mondo con occhi diversi, una lettera che ci torna indietro come mittenti senza che siamo mai stati noi a scriverla, una telefonata nel cuore della notte, una vita salvata senza che questa si sia mai resa conto di essere in pericolo.

Istanti, banalità che succedono nella vita di tutti i giorni cambiandola per sempre e di cui troppo spesso nemmeno ci accorgiamo. Auster invece si segna tutte queste causalità e le utilizza poi come espedienti, punti di partenza o anche solo piccoli intervalli per i suoi romanzi.
"Ho capito che i libri non sono mai finiti, che è possibile per alcune storie continuare a scriversi senza il loro autore. "
Dovremmo appuntarceli anche noi questi momenti, prendere  un taccuino rosso (o verde, o blu, o come più vi piace) e rileggerceli in futuro per trovare la giusta ispirazione, per scrivere un libro ma anche e soprattutto per essere felici di fronte ai piccoli casi della vita.
Perché la felicità è anche (o forse soprattutto?) nelle piccole cose.

Titolo: Il taccuino rosso
Autore: Paul Auster
Traduttore: Magiù Viardo
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Einaudi Quanti
Prezzo di copertina: 1,99€
Acquista su Amazon:
formato ebook:Il taccuino rosso

domenica 10 marzo 2013

TRILOGIA DI NEW YORK- Paul Auster

Pubblicati tra il 1985 e il 1987, i tre romanzi che compongono questa "Trilogia" sono raffinate detective stories in cui le strade di New York fanno da cornice e palcoscenico a una profonda inquietudine esistenziale. "Città di vetro" è la storia di uno scrittore di gialli che "accetta" l'errore del caso e fingendosi un'altra persona cerca di risolvere un mistero. "Fantasmi" narra la vicenda di un detective privato che viene assoldato per tenere sotto controllo una persona, ma a poco a poco i due ruoli si scambiano e colui che doveva spiare diventa colui che viene spiato. "La stanza chiusa" racconta di uno scrittore che abbandona la vita pubblica e cerca di distruggere le copie della sua ultima opera.

Sono qui davanti al computer e a questa pagina bianca a domandarmi come fare a recensire questo romanzo di Paul Auster. Davvero, mi risulta difficile tradurre in parole tutto quello che quest'opera mi ha trasmesso e lasciato. Sostanzialmente perché Paul Auster è un genio, e non so se si possa poi dire molto altro. E questo libro, così come tutti gli altri suoi, a partire da "Follie di Brooklyn", va assolutamente letto. 
Perché questo autore scrive in un modo incredibile e riesce a inventarsi delle trame sempre originali e che ti lasciano qualcosa.
Avevo sentito parlare tanto di questa trilogia. C'è chi mi diceva che non era riuscito a leggerla e a comprenderla. Chi che la sua lettura mi avrebbe turbata e confusa, ma che comunque meritava assolutamente di essere fatta. Chi ancora che è un libro stupendo. E io credo di condividere un po' tutte queste opinioni, perché sono davvero tante le cose che queste pagine mi hanno lasciato.

Si incomincia con "Città di vetro". Un inizio con il botto, che toglie il fiato fin dalle prime pagine, di fronte alla genialità dell'autore nel creare un espediente narrativo che non avevo mai visto prima e che ho trovato davvero incredibile (ma che non vi svelo, perché vi rovinerei la sorpresa). La trama è angosciante e sconvolgente: uno scrittore di romanzi polizieschi, Quinn, si ritrova suo malgrado assunto come investigatore privato da un uomo, Peter Stillman, per proteggerlo dall'arrivo in città del padre. Tanti anni fa, quest'uomo lo ha chiuso in uno sgabuzzino, isolato da tutti, per poter studiare l'evoluzione della lingua in un ambiente asettico e privo di influenze esterne. E' stato chiuso in quella stanza per parecchi anni ed è riuscito a fuggire solo grazie a un incendio, rimanendo però segnato per sempre da questo episodio, sia fisicamente sia psicologicamente. Il padre è stato arrestato ma ora, dopo anni di reclusione, sta per tornare in città, e l'uomo è convinto che voglia riprendere l'esperimento dove lo aveva lasciato. L'indagine però si rivelerà più tormentata del previsto e a pagarne le maggiori conseguenze sarà proprio Quinn.
Si continua con "Fantasmi", che forse dei tre è quello che ho preferito di più. Di nuovo una storia semplicemente geniale, seppur forse un tantino prevedibile. Il detective Blue viene assunto da un uomo misterioso, il signor White, chiaramente travestito per non farsi riconoscere, per seguire il signor Black. L'unico contatto con il committente saranno dei resoconti settimanali, che ben presto diventano tutti uguali perché la vita di Black è molto monotona: scrive, legge, ogni tanto esce. Blue è stanco di questa inazione e decide quindi di cercare di cambiare le carte in tavola... comprendendo forse troppo tardi quello che realmente sta succedendo.
E poi c'è "La stanza chiusa" a conclusione della trilogia. E' la storia di due scrittori, Fanshawe e il narratore stesso, di cui non sappiamo il nome, che erano amici ma le cui strade si sono poi divise per rincontrarsi per caso: Fanshawe, sparito di casa ormai da due mesi, aveva infatti lasciato detto alla moglie di contattare proprio quell'uomo nel caso nel caso gli fosse successo qualcosa perché decidesse della pubblicazione delle sue opere, scritte ma mai pubblicate. Opere che si rivelano dei veri e propri successi ma che trascinano l'uomo verso una sorta di crisi di identità, fino alla rivelazione finale.

Come si può vedere, sono tre romanzi complessi, non sempre facili da seguire e che lasciano un senso di angoscia e confusione davvero forte. I punti oscuri sono tanti, ma credo siano volutamente così, proprio perché il lettore li possa interpretare come meglio crede e soprattutto perché lascino storditi e confusi, chi legge ma anche e soprattutto chi li vive sulle pagine.

Uno dei motivi per cui amo tantissimo questo autore è perché da ogni singola riga che scrive traspare il suo amore per la letteratura. C'era in quel capolavoro di "Follie di Brooklyn", c'era in "Moon Palace" e in "Sunset park". E c'è qui, in tutte e tre le parti, e svolge sempre un ruolo fondamentale per lo sviluppo della trama. Non tutti gli autori sono in grado di giocare con se stessi e con la loro "passione-lavoro" come lo fa Paul Auster, con la stessa bravura e la stessa logica che non si risolve mai in un banale inno all'amore per i libri.

Perdonate se questa recensione non è perfetta. Ma è davvero difficile riuscire a parlare di un'opera come questa, perché troppe sono le sue sfaccettature, troppe le cose da dire e sempre e comunque troppe quelle che rimarrebbero non dette. Quindi, quello che posso dirvi è di prendere questo libro e di leggerlo. Di non spaventarvi quando non capite, di non lasciarvi bloccare da pezzi troppo oscuri e angoscianti, di non lasciarvi sopraffare da quel senso di confusione che inevitabilmente si forma nella vostra testa e di arrivare fino in fondo. 
Perché merita, merita davvero tanto.

Nota alla traduzione/edizione: ho notato un uso un po' particolare dei congiuntivi in "Città di vetro", che però poi sparisce nelle altre due parti. Verosimilmente si tratta quindi di una caratterizzazione data a un determinato personaggio per compensare in qualche modo una caratterizzazione originale impossibile da tradurre (diamo al traduttore il beneficio del dubbio). Nel complesso direi ben fatta comunque!

Titolo: Trilogia di New York
Autore: Paul Auster
Traduttore: Massimo Bocchiola
Pagine: 314
Anno di pubblicazione: 2005
Editore: Einaudi
ISBN: 978-8806173883
Prezzo di copertina: 12,00 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Trilogia di New York

venerdì 15 giugno 2012

SUNSET PARK -Paul Auster

Miles Heller ha ventotto anni e vive in Florida. Ha poco, eppure ha tutto: l'amore di un'adorabile ragazza di origini cubane, la passione trasmessagli dal padre per il baseball con le sue storie fatte di destino e casualità, e i libri, "una malattia da cui non vuole essere curato". Il lavoro non è un granché, d'accordo, ma lui sembra farlo come se in quell'attività intuisse un misterioso legame con la sua esistenza: affinché le banche possano rimetterle in vendita, deve entrare nelle abitazioni abbandonate e fotografare gli oggetti che gli inquilini vi hanno lasciato. Ma Miles ha una vita precedente da cui negli ultimi sette anni è fuggito. E continuerebbe a farlo se il destino (o il caso) non si mettesse in mezzo: Pilar, la sua ragazza, è orfana e vive con le sorelle maggiori. Ed è minorenne. Così quando decide di trasferirsi da Miles, lui deve avere il loro consenso che ottiene corrompendo la più grande. Ma dopo qualche mese, Angela Sanchez inizia a ricattarlo. A Miles non resta che cambiare aria per un po': in fondo Pilar sarà presto maggiorenne e nulla potrà separarli. Si rivolge all'unico amico con cui è rimasto in contatto, Bing, che insieme ad altri tre ragazzi vive a Brooklyn, in una casa occupata in una zona chiamata Sunset Park. Tornare a New York, la sua città natale, significa fare i conti con i motivi che l'hanno spinto ad andarsene di casa, significa chiarire definitivamente i motivi che hanno determinato la morte del fratello Bobby. 

Tra tutti gli autori americani contemporanei di un certo spessore che ho letto, Paul Auster è sicuramente quello che mi piace di più. Per carità, McCarthy con "La Strada" o Raymond Carver con "Cattedrale" hanno lasciato una traccia indelebile dentro di me e meritano davvero di essere letti (con DeLillo ho invece qualche problema, lo trovo troppo difficile da capire... o forse sono io troppo poco intelligente), però Paul Auster è quello con cui simpatizzo di più, quello di cui segno sempre almeno una citazione e che riesce sempre a trasmettermi qualcosa, anche quando magari un suo romanzo non mi è del tutto piaciuto. Credo che buona parte di questa mia simpatia derivi dal fatto che nei suoi libri ci sono sempre libri. A volte svolgono un ruolo fondamentale, come in "Follie di Brooklyn", a mio avviso un capolavoro imprescindibile, altre sono presenti sullo sfondo in modo quasi silenzioso ma che comunque influenza anche la trama, come in Moon Palace (bellissima la prima parte, noiosa e difficile la seconda) e come, appunto, in questo suo ultimo lavoro Sunset Park.

Una presenza quella dei libri che compare già dalle prime pagine, quando, descrivendo il protagonista Miles Heller, viene detta questa frase: "... ma alla fine i libri non sono tanto un lusso quanto una necessità, e leggere è una malattia da cui non vuole essere curato...". Basterebbe già solo questo per farmi amare un libro. E ovviamente qui, non c'è solo questo.
Il protagonista è un ventottenne in fuga dal passato e dai sensi di colpa, dopo che il fratellastro è morto investito da un'auto, sotto la quale è finito dopo una sua spinta. Da quel momento Miles Heller perde se stesso, perde il suo scopo nella vita e trova nella fuga, un perigrinare da uno stato all'altro degli USA, la sua unica salvezza. Taglia i ponti con la sua famiglia, la madre attrice che lo ha abbandonato da piccolo e il padre, editore, in crisi con la moglie, madre del ragazzo investito. Miles rimane in contatto solo con Bing Nathan, suo compagno dell'Università, che ora vive da squatter in una casa di Sunset Park a New York insieme ad altre due ragazze. 
E sarà proprio lì che Miles andrà a vivere, dopo che è costretto a lasciare la Florida e l'amore della sua vita, la giovane Pilar, perché lei ancora minorenne. Una volta tornato a New York, oltre a sviluppare i suoi rapporti con i suoi coinquilini, l'insicura Ellen, la studiosa Alice e appunto il suo amico Bing, deciderà che è giunta l'ora di riallacciare i contatti con il passato e di prendersi quelle responsabilità da cui è fuggito per anni. Fino all'inesorabile finale.

"Sunset Park" è un libro molto intenso, scritto con uno stile freddo e asciutto, e che analizza i diversi rapporti umani che possono crearsi nella vita: le coppie in crisi che rimandano il più possibile la resa dei conti, il bisogno di sicurezza e stabilità e come questo sia troppe volte difficile da trovare, soprattutto se il passato è troppo pesante da sopportare, la necessità di scoprire sé stessi perché il senso di smarrimento che si prova a un certo punto non ti fa più vivere, il dover prendersi le proprie responsabilità anche quando si vorrebbe solo fuggire, la forza dell'amore nonostante l'età e l'inesorabilità del nostro destino. E lo fa grazie a tanti fantastici personaggi, ognuno ben caratterizzato e ognuno con una sua particolarità, un tratto peculiare della personalità in cui chiunque potrebbe specchiarsi.
Molto bello, anche se non me ne intendo assolutamente, è il filo conduttore del baseball, un legame indissolubile tra padre e figlio che nemmeno sette anni di lontananza potrà spezzare. Così come ho apprezzato molto l'apparizione quasi casuale nella vita di tutti, in momenti e situazioni diverse, del film "I migliori anni della nostra vita", un altro piccolo legame tra questi personaggi tanto diversi tra loro.

Certo, almeno per quanto mi riguarda, non è all'altezza di "Follie di Brooklyn", che come dicevo già prima, considero un grandissimo capolavoro (da cui è tratta anche la frase che fa da sottotitolo a questo blog). Ma è comunque un romanzo molto bello e molto intenso, che ti conquista e che ti fa anche riflettere.
Consigliatissimo!

Nota alla traduzione: si trova spesso qualche termine un po' particolare, non di uso comune, ma credo siano scelte dello stesso Auster. Nulla da dire quindi!


Titolo: Sunset Park
Autore: Paul Auster
Traduttore: Massimo Bocchiola
Pagine: 222
Prezzo di copertina: 12 euro
Editore: Einaudi

Acquista su Amazon: Sunset park (Super ET)

giovedì 30 dicembre 2010

FOLLIE DI BROOKLYN- Paul Auster

Nathan Glass è un assicuratore in pensione in cattivi rapporti con la ex moglie e la figlia. Dopo una pesante operazione chirurgica, e senza una lunga prospettiva di vita, decide di finire i suoi giorni a Brooklyn, nel quartiere dove è nato. Qui ritrova il nipote Tom, ormai ingrigito commesso di libreria, Lucy, la figlioletta della sorella di Tom, e, mentre è in viaggio per il Vermont, anche la donna della sua vita... Tutti e quattro tornano a Brooklyn e le cose si mettono bene, finché non arriva un fatidico 11 settembre...

Dopo aver letto "Moon Palace" mi ero quasi convinta a non leggere più nulla di questo autore, talmente mi aveva annoiata e delusa quel romanzo (o meglio, era fantastica la prima parte e terribile la seconda).
Poi però una mia amica mi ha parlato di questo, descrivendolo come un capolavoro, e, dato che abbiamo gusti molto simili, me lo sono fatta prestare.E ho fatto proprio bene. Un libro semplicemente stupendo.
I personaggi sono tutti incredibili. A partire da Nathan, il nostro narratore, che si trasferisce a Brooklyn per morire in santa pace e che lì ritrova suo nipote Tom e tutta una serie di altri fantastici personaggi (il libraio-falsario Harry Brightman, la piccola Lucy e la signora Joyce e la figlia) le cui vite si intersecheranno alla sua, animandola e rendendola più degna di essere vissuta. Nel mentre, porta avanti il suo progetto di scrivere un romanzo che raccolga tutte le follie che le persone comuni fanno ogni giorno, e che le accomunano a tutte le altre.
Un libro geniale, narrato in modo esemplare (bella l'idea di anticipare qualche elemento dicendo poi "ma ne parleremo più avanti"), che elogia le persone più comuni e fa capire che anche quelle che sembrano migliori di altre, in realtà sono fragili come tutti.
Bellissimo il finale!
Da leggere assolutamente!

Nota alla traduzione: complimenti al traduttore, che è riuscito a destreggiarsi in modo egregio tra tutti i doppi significati dei termini inglesi, senza appesantire troppo la versione italiana. Ben fatto!

"Sei proprio sicura di te, per la miseria"
"Devo esserlo, Tom. Se non lo fossi non sarei qui. Non avrei le mie valigie che mi aspettano in macchina. Non saprei che tu sei l'uomo della mia vita."

"La gente prova quello che prova. Chi sono io per dire che hanno torto?"

"Mai sottovalutare il potere dei libri"

mercoledì 24 febbraio 2010

MOON PALACE- Paul Auster

Un moderno Tom Sawyer cerca la propria identità nella storia di tre generazioni di americani. Orfano, solo, Marco Stanley Fogg è un figlio degli anni '60 che decide di intraprendere un viaggio alla ricerca delle proprie origini a cominciare da un padre mai conosciuto. E' un viaggio nel tempo e nello spazio, condotto con l'incoscienza di un moderno picaro e con la tenacia di un detective. Tra coincidenze, episodi comici e tragedie esorcizzate con l'ironia, Fogg procede lungo l'arco di tre generazioni, dall'inizio del secolo alle imprese spaziali.



Ho fatto una fatica incredibile a finire questo libro. Inizia bene, molto bene. Con questo ragazzo un po' sfigato a cui sembrano capitargliene di tutti i colori e che si abbandona stoicamente al suo destino (un po' troppo stoicamente forse...). Il problema viene dopo, quando il ragazzo va a fare il badante a un anziano signore che, per scrivere il suo necrologio, decide di raccontare al giovane la storia della sua vita. E' stato difficile non saltare delle pagine. Come se non bastasse poi, si aggiunge anche un terzo personaggi, figlio dell'anziano signore e, in modo fin troppo paradossale, incredibilmente imparentato anche con il ragazzo. Già di per se, questo legame è bastato a scoraggiarmi. Se poi si aggiungono le 5 pagine di riassunto del libro che questo signore ha scritto da giovane, qualche riga allora sono stata costretta a saltarla. Lo so che non si fa, ma è stato più forte di me, perchè abbandonare i libri non mi piace.

Peccato, perchè l'inizio era molto promettente.


Nota alla traduzione: note sui giochi di parole (e ci possono stare) e qualche termine un po' strano di tanto in tanto.