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lunedì 20 luglio 2015

Piccoli traumi da lettore: quando un autore cambia editore.

Qualche giorno fa è uscito su La Repubblica un trafiletto che annunciava che a febbraio del 2016 uscirà in Italia il nuovo romanzo di Elizabeth Strout, la scrittrice statunitense autrice tra gli altri di quel capolavoro di Olive Kitteridge. E annunciava che non sarà più pubblicato da Fazi ma da Einaudi. Bella la notizia dell’uscita del nuovo romanzo, sconcertante, almeno per me, quella del cambio di editore.

Non so se avete presente quanto belle siano le edizioni Fazi dei libri di Elizabeth Strout. Sì, quelle con i quadri di Hopper. Ne adoro la grafica, la scelta del carattere, l’oggetto libro in sé insomma, e il modo in cui stanno bene uno accanto all'altro sullo scaffale, con le diverse sfumature di colore che te li rendono riconoscibili anche a distanza. 


E mi volete dire che adesso quello nuovo uscirà con il classico dorso giallo Einaudi? O in quel formato cartonato con gli angoli tondi, solitamente con un prezzo esorbitante? Ecco, da lettrice, tutto questo un po’ mi sconcerta.
Non ho nulla contro Einaudi, sia chiaro, pur non amando molto le loro copertine. Ho tantissimi libri pubblicati da loro (in ogni formato possibile, tra l’altro, dai tascabili ai supertascabili, agli Stile libero all'altra collana che non so come si chiama) e pubblicano davvero dei grandi autori. Però, boh, una delle cose belle dei libri della Strout era anche il formato, la forma con cui venivano pubblicati (e tanto di cappello alla Fazi per il grande lavoro che ha fatto per portare questa scrittrice da noi).

Ho presupposto che la motivazione sia prettamente economica. Einaudi ha offerto di più per i diritti dei libri e la Strout o la sua agente ha accettato, incurante di cosa questo cambiamento possa significare per i suoi lettori. Le motivazioni, però, potrebbero essere anche altre. Tipo che per quanto bello fosse il "prodotto finale" Fazi, l'autrice con loro non ci si trovava,  o hanno avuto qualche discussione, etc etc... In ogni caso, la motivazione è sì importante, ma non ai fini di questo mio post. (Comunque se qualcuno sa qualcosa in più e vuole condividere, ben venga!)

E sorvolo sull'implicazione più profonda che questo cambiamento ha, ovvero che i grandi editori e i grandi gruppi editoriali appena possibile si "mangiano" quelli piccoli. È un fenomeno forse normale: faccio rischiare un piccolo, aspetto di vedere se il suo rischio ha ripagato o meno, e poi entro in gioco io con il mio portafoglio rigonfio. 
E’ il mondo dell’editoria di oggi, e c’è davvero poco da fare.

Ma veniamo a noi lettori, mio vero ambito di “competenza”. Le motivazioni dietro a questi cambiamenti ai lettori importano poco. Magari si fanno qualche domanda, un po' di curiosità nasce, ma poi finisce lì e il pensiero vola subito alla propria libreria.
Sì, lo sappiamo, un libro è un libro e poco dovrebbe importare in che formato ci arriva. Però chi dice di non notare le stonature tra un edizione e l’altra, o di non provare un lieve (o enorme, a seconda) nervosismo quando libri dello stesso autore arrivano in formati o editori diversi, secondo me un pochino mente. (O magari no, magari è una fisima tutta mia, nel caso, sopportate). 
Tra i primi esempi simili a questo che mi vengono in mente ci sono Carofiglio e il suo avvocato Guerrieri che hanno esordito con Sellerio e poi sono passati a Einaudi; Stefania Bertola, pubblicata da Salani e Tea, e poi arrivata a Einaudi; Carver, portato in Italia da minimumfax e ora ripubblicato interamente da Einaudi. (Riuscita a farmi venire in mente qualche altro esempio che non termini con “ e ora passato/pubblicato/arrivato a Einaudi”?)

Ecco, a me questi cambiamenti un pochino irritano: non li puoi mettere vicini sulla libreria (dipende da come l’hai suddivisa, certo, nella mia, che è suddivisa per case editrici, per esempio non posso), non ritrovi più quella famigliarità con la grafica, con l’impaginazione, con lo stile, quell'uniformità nelle copertine che te li rende riconoscibili anche a distanza. Sono cavolate, lo so. E sicuramente comprerò lo stesso il nuovo romanzo della Strout (così come i Carver che mi mancano, e i libri della Bertola… con Carofiglio ho un po’ lasciato perdere invece), però lo faccio con un po’ di disappunto e, negli anni, o almeno fino a che quelli pubblicati con il secondo editore non superano quelli pubblicati con il primo, penserò sempre un po’ “peccato che abbia cambiato”. 
(Questo non vuol dire necessariamente che il secondo editore farà peggio del primo. Ci mancherebbe. È più che altro una difficoltà innata, mia ma forse anche di altri, di adattarmi a certi cambiamenti che non mi sembrano del tutto necessari. Mi rendo conto che ad esempio le nuove copertine di Carver di Einaudi con il progetto grafico di Fabrizio Farina siano bellissime, ma per me Carver rimarrà minimumfax ancora per un po’).


A giugno a Ivrea c’è stata la Grande Invasione. Gli ospiti presenti erano perlopiù autori che hanno pubblicato con piccoli editori. E tutti hanno sottolineato quanto è stato bello lavorare ed essere pubblicato con uno di loro. Quello più significativo è stato forse Bjorn Larsson, pubblicato in Italia da Iperborea, che ha detto che, sebbene lui abbia ricevuto molte altre offerte, anche più cospicue, da altri editori molto più grossi, lui non ha nessuna intenzione di abbandonare la sua casa editrice. Si sente come a casa, lì (e si vedeva, nel dialogo con la sua editrice durante la presentazione) e non ha nessun motivo di cambiarla.

Non so, onestamente. Credo che questi cambiamenti, qualunque sia la motivazione che li spinge, debbano essere ben ponderati da parte dell'autore/agente (o chi per esso). Perché comunque secondo me il rapporto con i lettori, il modo in cui il libro arriva loro, un po' dipende anche dalle sue vicissitudini, dalla sua storia, e da questi cambiamenti. O almeno, dipende un po' per quei lettori, come me, che un occhio alla casa editrice che li pubblica lo butta sempre, nel bene e nel male.
Per cui probabilmente quando uscirà il nuovo romanzo di Elizabeth Strout cercherò un altro quadro di Hopper e stamperò una sovracopertina.

14 commenti:

  1. >>E sorvolo sull'implicazione più profonda che questo cambiamento ha, ovvero che i grandi editori e i grandi gruppi editoriali appena possibile si "mangiano" quelli piccoli. È un fenomeno forse normale: faccio rischiare un piccolo, aspetto di vedere se il suo rischio ha ripagato o meno, e poi entro in gioco io con il mio portafoglio rigonfio.

    E' una questione più che logica, e che tuttavia mi irrita da morire, il modo in cui i grandi editori, quelli che si possono permettere di investire, si portano a casa il raccolto degli editori indipendenti, che quando rischiano, rischiano davvero. Non che Fazi sia piccolo o fragile, però irrita ugualmente.

    Io in realtà non amo la Strout. Ho letto Olive Kitteridge e capisco perché piaccia, però... non so, non mi ha entusiasmata. Però il cambio di editore ha stupito perfino me, quindi immagino la reazione dei fan con la bibliografia Fazi.
    Mah. Proprio mah.

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    1. Eh sì, irrita parecchio anche me che i grandi non si prendano i rischi che possono permettersi e lo facciano fare ai medio-piccoli per poi "fregare" loro tutto il lavoro fatto. Ma funziona così da un bel po' temo, e non ci sono possiamo fare nulla. (Poi magari in questo caso le motivazioni sono altre eh, ma da quanto ci ha investito Fazi negli anni dubito...)

      Questo cambio mi ha lasciata davvero basita -.-

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  2. Il problema in questo caso non è di forma ma di sostanza. La Strout avrà lo stesso traduttore (o traduttrice)? Per lo scrittore fantasy Robert Jordan (buon'anima) il transito da Mondadori a Fanucci non fu indolore: tralasciando i nomi diversi e la preoccupante quantità di refusi, il tono subì un drastico abbassamento. Purtroppo però c'è poco da fare; il mercato editoriale è un mercato, dopotutto, e i diritti possono passare di mano in mano per ragioni economiche. Non ricordo chi sosteneva che le big facessero da sempre "scouting" fra le piccole case editrici... immagino che la "promozione" della Strout risponda al suo successo commerciale. Ma al di là di tutto, la cosa non mi irrita particolarmente, purché venga fatto lo stesso un buon lavoro editoriale.

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    1. Confido che mantengano la stessa traduttrice (nei quattro libri, solo in Amy e Isabelle, il primo, è Martina Testa, poi gli altri tre sono tutti di Silvia Castoldi) e che Einaudi non faccia pasticci a livello di lavoro editoriale (ma non dovrebbe, dai).

      Sì, anche io sapevo di questa cosa dello "scouting"... ed è una cosa logica, effettivamente, che però a me un po' fa incavolare. Non fosse altro perché ho tutti i libri in un formato :/

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    2. Meno male che non collezioni fumetti, allora! Lì avresti già avuto un esaurimento... :(

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  3. Ho sempre amato l'Einaudi e lo farò sempre, ma devo ancora digerire il cambio di carattere (in copertina e sul dorso). Se posso accettarlo per gli autori di cui ancora non ho alcun libro, è più difficile per quelli di cui li ho quasi tutti... mi toccherà prendere un Ishiguro diverso dagli altri? :(
    Per quelli già pubblicati è invece iniziata la caccia al Libraccio o altri negozi che vendono usato.
    Della Fazi amo la collana "Campo dei fiori", questa non ce l'ho molto presente...

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    1. Sì, anche a me un po' destabilizzano i cambiamenti di grafica o di carattere. Odio avere i libri di uno stesso autore tutti diversi tra loro :/
      Non ho nulla contro Einaudi nemmeno io, eh, ci mancherebbe :) Però, ecco, per me la Strout è e rimarrà sempre Fazi

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  4. NOOOOOOOOO, non lo sapevo ed è un duro colpo anche per me! La Fazi edita sempre cose speciali e lo fa con un occhio di riguardo per l'estetica. Tutte le copertine Fazi sono carismatiche, ma quelle dei libri della Strout (Hopper <3) lo erano in modo particolare. Che peccato :(
    Einaudi non mi dispiace come casa editrice, tutt'altro, però i Fazi sono stilosissimi!

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    1. No, ma infatti non ho nulla contro Einaudi nemmeno io (a parte che i libri nuovi a volte costano un po' troppo, ecco). Però, cavolo, Strout e Fazi per me erano quasi sinonimi! Dubito che Einaudi metterà di nuovo Hopper... o anche se lo farà, non avrà mai lo stesso effetto.
      Sigh.

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  5. Ti capisco, io vado in crisi per molto meno: odio quando una stessa casa editrice cambia il formato delle edizioni, tipo Feltrinelli, che ha ristampato i classici in formato più grande ed Einaudi (ho 5 Murakami in 3 formati) e io che ordino la libreria per collane vado in paranoia.

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    1. O la minimum fax, che di colpo è diventata più alta (e lo so, perché avevo uno scaffale su misura per loro e non ci entrano più) -.-'

      Comunque mi consola sapere che non sono l'unica pazza :P

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    2. Come, anche la minimum fax?? Anch'io avevo uno spazio per loro, i Beat e i Sellerio... E adesso come faccio a mettere la Bender vicino a Torino?? Sob, che vita grama quella dei maniaci dell'ordine sugli scaffali... XD

      (io, comunque, le fisse di questo genere le ho tutte)

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    3. Non so se tutte le collane, ma i sotterranei sì, gli ultimi sono più alti (almeno Cognetti e Vonnegut lo sono) -.-'

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  6. In effetti queste copertine hanno davvero fascino, poi essendo io una storica d'arte, non potevo non apprezzarle. Anche a me dà molto fastidio quando improvvisamente si cambia stile ad una serie di libri.
    Ad esempio non riuscivo proprio ad accettare che il nuovo lavoro della Flagg fosse stato pubblicato da Rizzoli e non da BUR. Per fortuna ultimamente è stato ripubblicato con la tipica cover vintage, per la mia gioia.
    L'idea della sovracopertina non è male, sempre meglio di niente,

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