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martedì 31 dicembre 2013

UN TIPO A POSTO - Miriam Toews

Non c'è niente di meglio che concludere l'anno con una bella lettura. E' sempre un po' un rischio, leggere un libro negli ultimi giorni del mese di dicembre, perché, se brutto, potrebbe rovinare un po' tutto il tuo percorso di letture annuali. Ma se è bello, oh se è bello, l'anno si chiude davvero bene.
Ci ho messo quindi un po' a decidere con quale romanzo chiudere questo 2013. Ne ho ricevuti parecchi, a Natale, e tutti che volevo leggere da un po'. Ma avevo bisogno di qualcosa in particolare, qualcosa di dolce, positivo e divertente. E alla fine la scelta è ricaduta su Un tipo a posto di Miriam Toews. Sentivo che poteva e doveva essere lui, ciò di cui avevo bisogno per chiudere in bellezza. D'altronde mi aveva attirato fin dall'inizio, per la sua copertina (io adoro le copertine marcos y marcos, sono tra le mie preferite in assoluto) e per la sua storia, che pareva essere proprio una di quelle storie che piacciono tanto a me.
E infatti, si è rivelato essere proprio il libro giusto.

Siamo in Canada, ad Algren, una delle cittadine più piccole dello Stato. Ma per essere dichiarata ufficialmente tale deve mantenersi sui 1500 abitanti. Non uno di più, non uno di meno. A tenere i conti c'è Hosea Funk, il sindaco, che vuole più di ogni altra cosa conquistare questo primato, per ricevere così la visita del primo ministro il giorno della festa nazionale. E quindi, sul suo bel quadernino dalla copertina arancione, annota ogni nuovo arrivato, ogni ritorno e ogni dipartita. Fa giri in ospedale per controllare la situazione di nascite e decessi, e per la città, alla ricerca di abitanti nuovi arrivati e altri da poter escludere, almeno momentaneamente. Non reagisce tanto bene quando Knute torna in città con la figlia Summer Feelin', anche se sa che sono tornate per dare una mano a Dory nel seguire Tom, amico d'infanzia di Hosea, colpito da infarto. E nemmeno è contento del ritorno di Max, il ragazzo che ha messo incinta Knute per poi scappare. E persino la proposta della sua compagna di andare finalmente a vivere insieme, lo mette in crisi. Ma poi, ovviamente, succede qualcosa, di bello e di triste al tempo stesso, che porta Hosea a riflettere su quello che sta succedendo in città.

A me, i libri come questo fanno letteralmente impazzire. I libri ambientati in paesini strampalati (non riesco a chiamare città un posto con 1500 abitanti), con personaggi altrettanto strampalati, che raccontano la normale vita di paese, fatta di pettegolezzi, di cose che tutti sanno ma nessuno dice, di ricordi del passato che nessuno dimentica. Mi piacciono quei libri che parlano d'amicizia e d'amore in modo magari non diretto ma altrettanto dolce ed efficace. Quelli che fanno ridere e sorridere ad ogni pagina, ma anche commuovere e sospirare. Quelli che arrivato all'ultima pagina, anche se magari avevi già intuito come sarebbe andata a finire (come in questo caso), ti fanno luccicare gli occhi, in un mix tra commozione e gioia. Quelli che ti lasciano un sorriso sulle labbra, che ricomparirà ogni volta che ci ripenserai.
In Un tipo a posto di Miriam Toews ho ritrovato tutto questo. Mi sembrava quasi di camminare per le vie di Algren, di seguire Hosea e condividere con lui la sua angoscia, di giocare con Summer Feelin' e di essere amica di Knute. 
Tanti bei personaggi, per una bella, bellissima storia. Perfetta per concludere un anno di letture bellissime.

Titolo: Un tipo a posto
Autore: Miriam Toews
Traduttore: Daniele Benati e Paola Lasagni
Pagine: 328
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: marcos y marcos
ISBN: 978-8871686691
Prezzo di copertina: 16,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Un tipo a posto

lunedì 30 dicembre 2013

I MIGLIORI 13 DEL 2013

Ed eccoci arrivati alla lista dei migliori. Lo so, avrebbero dovuto essere dieci, perché di solito si fanno le top ten e non le top numero che ti pare. Ma riuscire a sceglierne così pochi sarebbe stato davvero difficile. Lo è stato anche arrivare a tredici, considerando che partivo da una lista di 135, da cui ne avevo precedentemente selezionati diciannove (i 5 stelle su aNobii, per intenderci). 

E' stato un anno molto fortunato in fatto di libri. Poche letture brutte, molte, moltissime letture indimenticabili. Tra cui diversi autori italiani, che non conoscevo e ho scoperto quasi per caso, per poi innamorarmene perdutamente. Ho avuto poi tante conferme da scrittori che già conoscevo. 
L'unica pecca, a cui cercherò di porre rimedio, è che in questa classifica mancano quasi del tutto le scrittrici donne. Sebbene io non presti molta attenzione alle quote rosa quando scelgo un libro da leggere (onestamente, non mi fa molta differenza se sia scritto da un uomo o una donna, o da un italiano o uno straniero), mi spiace un po' che scarseggino in questa top 13. 

Procediamo quindi con la lista, in ordine del tutto casuale, e relativa non ai libri usciti nel 2013 ma a quelli che io ho letto quest'anno. Cliccando sul titolo si arriva alla recensione. E,come sempre, gusti personalissimi!

© Olimpia Zagnoli

QUESTO BACIO VADA AL MONDO INTERO di Colum McCann: questo era di quei libri di cui avevo sentito parlare a lungo, senza mai decidermi di leggerlo. Anche perché tutto gira intorno a un funambolo che decide di attraversare le Torri Gemelle... e io soffro di vertigini. Storie di vite, tristi, dolorose, che si intrecciano, creando un romanzo magnifico.

TRILOGIA DI NEW YORK di Paul Auster: beh, Paul Auster è sempre Paul Auster... lo adoro con tutta me stessa, e non credo serva aggiungere altro.

MOMENTI DI TRASCURABILE FELICITA' di Francesco Piccolo: non è tanto il libro in sé, comunque divertente e, a tratti, illuminante, quanto l'idea di base a piacermi tantissimo. La felicità è anche, o forse soprattutto, nelle piccole, piccolissime cose... di cui forse troppo spesso ci dimentichiamo. 

CHE NE E' STATO DI TE, BUZZ ALDRIN di Johan Harstad:  perché è bello anche essere secondi, anche essere anonimi. E Matias, il protagonista di questo libro, lo sa davvero bene.

IL SABOTATORE DI CAMPANE di Paolo Pasi: una bella, bellissima scoperta di quest'anno. Un libro che non riesci a smettere di leggere e che mette alla berlina tutte le manie della nostra società, dove l'apparire sta diventando sempre più importante dell'essere. Ma qualcuno che combatte ancora contro tutto questo c'è. Davvero una bella storia, che mi ha lasciata senza parole.

ORIENTARSI CON LE STELLE di Raymond Carver: di questo autore probabilmente amerei anche la lista della spesa... e il fatto che sia riuscito a farmi piacere la poesia, genere che solitamente non bazzico, è per me indice della sua incredibile bravura. E' un libro da tenere sul comodino, a portata di mano, e aprire di tanto in tanto...

LA BANDA DEGLI INVISIBILI di Fabio Bartolomei: qui dovrei in realtà segnalare l'opera omnia di questo autore: We are family e Giulia 1300 e altri miracoli. Bartolomei è un autore che ho scoperto quest'anno, quasi per caso, e che mi ha conquistata fin dalla prima pagina. La banda degli invisibili è il primo che ho letto. Bello, bello, bello.

STONER di John Williams: avrete probabilmente letto questo titolo in tutte le liste dei libri migliori dell'anno. Elogiato in tutte le salse, anche da me qui sul blog. Un gran bel libro, un gran bel personaggio soprattutto, che si lascia condurre dalla vita senza mai ribellarsi. Un elogio, incredibile, della mediocrità. Da leggere assolutamente.

LA COMMEDIA UMANA di  William Saroyan: un libricino piccolo, molto dolce e molto commuovente, su come la vita debba continuare, nonostante tutto. 

L'ULTIMO BALLO DI CHARLOT di Fabio Stassi: altra bellissima scoperta di quest'anno, ancora una volta avvenuta quasi per caso (ho conosciuto prima l'autore e poi il libro). La storia romanzata della vita di Charlie Chaplin, scritta in modo magistrale. 

L'UOMO CHE MANGIO' IL 747 di Ben Sherwood: mi spiace che questi libro sia finito fuori catalogo e che sia quindi difficile da reperire, perché è uno di quei romanzi che tutti dovrebbero leggere. Buonista, molto buonista, ma di quel buonismo che serve nella vita e di cui forse troppo spesso ci dimentichiamo. E con un bel lieto fine, di cui tutti abbiamo bisogno ogni tanto.

BUON COMPLEANNO MALCOLM di David Whitehouse: un libro sulle scelte, su quello che il mondo si aspetta da noi e sulla paura e l'impossibilità di riuscire a mantenere le aspettative. Meglio forse sdraiarsi a letto, allora, e non pensarci più. Bello.

NEMICO, AMICO, AMANTE di Alice Munro: unica donna in classifica, ma ragazzi... che donna! L'ho scoperta grazie al Nobel, lo ammetto senza vergogna. Ed è davvero un peccato che non l'avessi mai letta prima, considerando anche il mio grande amore per i racconti. Storie di donne normali, comuni, banali, che diventano protagoniste con la loro vita normale, comune, banale di racconti stupendi. 


In ogni caso, per tutti gli altri libri che mi sono piaciuti quest'anno ma che alla fine non hanno trovato spazio in questa breve lista, potete consultare la pagina degli Imperdibili. 

Quali sono state le vostre letture più belle di quest'anno?

domenica 29 dicembre 2013

I PEGGIORI 10 DEL 2013

E anche questo 2013 sta per finire... E, come ogni anno, qui sul blog è tempo di classifiche di gradimento. 
Si incomincia con quella dei libri peggiori che ho letto in questi dodici mesi, per poi chiudere in bellezza con quella dei migliori.
Il bilancio di quest'anno mi fa un po' paura: ho letto 135 libri, stando ad aNobii. Venti in più dell'anno scorso, ma qualche migliaio di pagina totale in meno (sì, lo so, queste statistiche non significano nulla... e non è importante tanto la quantità quanto la qualità... ma permettetemi comunque di rimanere un po' sbigottita).

Eppure, nonostante questi alti numeri,  devo ammettere che sono un po' in difficoltà nello stilare un elenco di dieci titoli peggiori. Nel senso che di libri, per me, proprio brutti brutti credo di averne letti solo tre o quattro, non di più. Sarà che i miei gusti si sono un po' affinati, che sto molto più attenta a che libri leggere, a che consigli seguire, a fidarmi molto di più dell'istinto senza lasciarmi abbindolare da titoli e copertine. Fatto sta che arrivare a dieci è stato difficile e ho incluso anche romanzi che non sono proprio brutti brutti, ma che per un motivo o per l'altro non mi sono piaciuti.

La classifica è, ovviamente, del tutto personale. L'ordine è del tutto casuale e cliccando sul titolo di ogni singola opera si arriva alla mia recensione.



LIBRI BRUTTI BRUTTI

IL TUTTOMIO  di Andrea Camilleri: niente da fare, io con Camilleri proprio non riesco ad andarci d'accordo. I romanzi di Montalbano non riesco a leggerli perché non riesco a capire il linguaggio utilizzato (ho delle difficoltà con tutti i dialetti, non solo con il siculo) e quelli che invece non parlano di Montalbano non riesco a leggerli perché proprio non mi piace la storia. Che sia ora di lasciar definitivamente perdere?

UN ATTIMO, UN MATTINO di Sarah Rayner: qui mi sono lasciata fregare dalla copertina tazzosa, molto molto bella e d'impatto. Peccato che poi la storia all'interno fosse molto scialba, banale ed talmente eccessiva nella sua tragicità da infastidire, più che commuovere.

MIRTILLI A COLAZIONE di Meg Mitchell Moore: questa, invece, me la sono andata a cercare. Sapevo del cambio di titolo effettuato dalla casa editrice (chissà quale, eh?), ma speravo che almeno un mirtillo nelle 312 pagine che compongono il libro ci fosse. E invece niente. Niente mirtilli, ma soprattutto niente spessore nella storia né nei personaggi, molto, molto insulsi. Cosa ho imparato? Non leggere più libri con faccioni in copertina.

AMORI IMPREVISTI DI UN RISPETTABILE BIOGRAFO di Penelope Lively: noia, noia, noia, noia... oh sì, e anche noia.

RICOMINCIO DA TE ( El bolígrafo de gel verde) di Eloy Moreno: ho apprezzato abbastanza la prima parte del romanzo, quest'uomo in crisi che si confronta con il mondo circostante, a cui si alternano flashback sul suo passato bambino. Mi è paciuta molto, molto meno la seconda parte, un po' troppo mistica e, secondo me, anche un po' confusa. Forse con un editing più attento (il romanzo si è diffuso tramite autopubblicazione e poi dopo pubblicato con una casa editrice), il risultato sarebbe stato diverso.


LIBRI CHE NON MI HANNO CONVINTA DEL TUTTO (più spiegazione del perché non mi hanno convinta del tutto)

I BACI NON SONO MAI TROPPI (Los besos no se gastan) di Raquel Martos: una storia di amicizia tra due donne, amiche d'infanzia e allontanatesi per un periodo a causa di un uomo, che si ritrovano improvvisamente e sembra che il tempo non sia mai passato. Peccato che poi tutta una serie di tragedie, una peggiore dell'altra, si accanisca su una delle due protagoniste con l'unico scopo di far piangere il lettore. A metà già si sa come andrà a finire. Peccato.

ISTRUZIONI PER RENDERSI INFELICI di Paul Watzlawick: è una sorta di manuale di autoaiuto in chiave molto ironica, che mostra qual è il modo migliore per essere e apparire patetici. Dovrebbe essere un monito per chi vive così davvero, perché apra gli occhi. Ma in alcuni tratti l'ho trovato un po' troppo superficiale (fosse davvero così semplice, di persone infelici non ce ne sarebbero).

ALTA DEFINIZIONE di Adam Wilson: questo non è assolutamente un libro brutto, ma è uno di quelli da cui mi aspettavo tanto, tantissimo e che invece mi ha lasciato, una volta conclusa la lettura, un sapore amarissimo in bocca. Una forte delusione, insomma, causata forse più dalle mie aspettative che non dal romanzo in sé. E quindi finisce qui in mezzo. 

TUTTI MI DANNO DEL BASTARDO di Nick Hornby: Nick, non sai quanto mi dispiaccia infilarti in questa lista. Ma non posso evitarlo, anche se, forse, non è nemmeno del tutto colpa tua, ma della casa editrice che ha cercato di vendere questo racconto breve come un nuovo romanzo, con un'impaginazione imbarazzante per farlo sembrare più lungo. In lingua originale era uscito solo ed esclusivamente in ebook, e un motivo ci doveva pur essere. Un racconto che avrebbe tutto il potenziale per diventare un grande romanzo, uno di quelli a cui Hornby, anni fa, ci aveva abituato. E invece arrivi alla fine che nemmeno capisci come e perché sia finito. Peccato, davvero.

COCAINA di Massimo Carlotto, Giancardo De Cataldo, Gianrico Carofiglio: non ci fosse stato Carofiglio, questo libro (una raccolta di tre lunghi racconti, in realtà), sarebbe finito tra i libri brutti brutti. Per fortuna c'è lui, con un racconto meraviglioso, a salvare la baracca.


E i vostri libri peggiori quali sono?

sabato 28 dicembre 2013

ARINGHE ROSSE SENZA MOSTARDA - Alan Bradley

Era da un po' di tempo che non mi capitava di sdraiarmi sul letto con un libro in mano e non rialzarmi più finché non è arrivata la fine. Di solito mi succede con i gialli (tipo che una volta, ho letto in un pomeriggio tutta la trilogia di Adamsberg di Fred Vargas in un pomeriggio), quelli tradizionali, dove c'è un omicidio, qualcuno che indaga e la ricerca della soluzione ti coinvolge tanto quanto coinvolge il suo protagonista. Sono gli unici libri per cui sacrifico qualunque altra necessità, che sia mangiare o andare in bagno. Anche perché di solito sono brevi, rapidi, veloci e talmente intriganti che quasi non mi accorgo del sacrificio che sto facendo.

Ci voleva quindi un libro quasi sconosciuto per farmi di nuovo questo effetto così totale. Non avevo mai sentito nominare Aringhe rosse senza mostarda fino a qualche settimana fa, quando è comparso in offerta in formato ebook e, letta velocemente la trama, ho deciso di acquistarlo. Certo, una volta arrivato sul mio e-reader, ho fatto qualche ricerca approfondita e ho scoperto essere il terzo di una serie, che ha come protagonista Flavia, una bambina di undici anni appassionata di chimica. Ma di solito i gialli possono vivere anche di vita propria, e aver o meno letto i precedenti non è poi così necessario.
Ho iniziato questo libro in un periodo strano, quello delle feste, in cui si ha sempre la casa piena di gente e poco tempo (e anche poca voglia, diciamo la verità) di libri pesanti. E, come dicevo all'inizio, l'ho iniziato e finito senza quasi accorgermene.

Raccontare la trama di un giallo non è cosa semplice, se non si vuole rischiare di fare spoiler. E quindi mi limiterò a dire che il fulcro di tutto è Flavia, la bambina di cui parlavo prima. Rimasta orfana di madre quando era piccolina, Flavia vive nella vecchia tenuta materna, nella campagna inglese degli anni '50, insieme al padre, appassionato di filatelia, e le due sorelle, che con le quali più che affetto scambia continui e anche un po' crudeli dispetti. C'è anche un simpatico maggiordomo e una domestica chiacchierona, a completare il quadro. Proprio su una loro proprietà, a distanza di poche ore l'uno dall'altro, viene trovata gravemente ferita una donna, la Zingara del paese, e un morto appeso a una statua un uomo, da tutti conosciuto per la sua fama di poco di buono. Flavia si ritrova suo malgrado coinvolta in entrambi i ritrovamenti, al punto che i poliziotti potrebbero persino sospettare di lei, se non fosse che sanno che ha undici anni e che è affetta semplicemente da una curiosità che rasenta il patologico. Flavia si mette a indagare, a fare domande in giro per il paese, scoprendo storie passate mai dimenticate e arrivando, alla fine, alla soluzione.

Come dicevo tutto ruota intorno a questa buffa bambina. Un po' improbabile che esista nella vita reale, ma perfetta ed efficace per un romanzo giallo di questo tipo, dove tensione e curiosità si alternano a situazioni comiche, che solo una bambina di quest'età e con queste caratteristiche può generare. Il libro si legge che è un piacere, scorre veloce veloce e tiene incollato alle sue pagine. Forse qualche passaggio delle indagini della bambina è un po' frettoloso, e quindi non proprio immediato da cogliere, ma nel complesso è un romanzo che decisamente consiglio!


Titolo: Aringhe rosse senza mostarda
Autore: Alan Bradley
Traduttore: Alfonso Geraci
Pagine: 440
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Sellerio
ISBN: 978-8838930164
Prezzo di copertina: 14,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Aringhe rosse senza mostarda

martedì 24 dicembre 2013

Caro Babbo Natale...

Caro Babbo Natale,
sì, lo so, sono un po' in ritardo con questa letterina e so che difficilmente riuscirai a leggerla in tempo per questa notte. Ma so anche che ci proverai, ad esaudire le richieste dell'ultimo minuto. Anche perché di materiale non ti chiedo niente, che i libri me li portano già parenti, fidanzato e amici.
E non ti chiederò nemmeno cose come la pace nel mondo, la fine delle guerre, delle carestie, delle epidemie e della povertà in generale. Sarebbe bello, bellissimo, se tu riuscissi a farle smettere, ma so anche che è impossibile per un uomo solo. Se ci mettessimo tutti di impegno, forse sì, ci potremmo riuscire.

Quello che voglio chiederti è qualcosa di molto più piccolo, anche se forse gli sforzi richiesti per realizzarlo per te saranno enormi. 

Caro Babbo Natale per Natale quest'anno vorrei che diffondessi di più il mondo dei libri, della letteratura e della cultura nel mio paese. Vorrei che riuscissi a convincere tutti che leggere è bello, che leggere può aiutare a sentire e a sentirsi meglio. Che i libri possono aiutare ad affrontare la vita di tutti i giorni, o anche solo aiutare a non pensare a quanto di brutto tutti i giorni ci succede. Che riuscissi a convincere anche le teste più dure che i soldi spesi per i libri e per la cultura in generale sono soldi ben spesi, che le parole rimangono, rimangono eccome. Rimangono dentro di chi le legge, e non solo a prendere polvere su una mensola. E rimangono anche in eredità, più di un smartphone che dopo tre anni si rompe, più di un gioco della playstation che dopo qualche tempo potrebbe rigarsi e più di una borsa o di un cappello firmato che dopo qualche anno diventerà liso. I libri rimangono e si tramandano. Magari un po' di polvere per qualche tempo la prenderanno, ma poi arriverà qualcuno (perché qualcuno arriva sempre) che li troverà, li sistemerà e darà loro nuova vita e nuove avventure.

Vorrei che riuscissi a convincere la gente che con la cultura si può mangiare. Magari non subito, magari i primi tempi il pasto sarà un po' scarno, ma poi, se tutti ci crediamo, diventerà ricco, ricco e ancora più ricco. Di soldi, che comunque è ovvio che servono, ma anche di pensieri, di idee, di novità, di futuro, di vita e cose belle.

Vorrei che riuscissi a convincere la gente che uno dei nostri mali peggiori è l'ignoranza. Il non farsi domande, l'accettare tutto quello che ci viene messo davanti, per pigrizia o per comodità. Una pigrizia che sarebbe facile da combattere, se solo si volesse. (E sulla comodità, vuoi mettere leggere sdraiati nel letto, al caldo, sotto il piumone?)

E ancora, vorrei che riuscissi a convincere la gente a entrare nelle librerie, e non solo sotto Natale o come ultima spiaggia, nelle biblioteche, nei teatri, nei cinema (magari diminuendo un po' il costo del biglietto). Ad andare a mostre, musei, festival e incontro con gli autori. A leggere i giornali, tanti, non solo uno. Ad ascoltare sempre tutti i pareri, prima di decidere. A leggere (questo ma anche altri) blog e ad andare a cercarsi quella cultura che il nostro Stato ancora non è riuscito a rendere accessibile e, soprattutto, appetibile a tutti.

Insomma, caro Babbo Natale, quello che ti chiedo in parole povere è un piccolo miracolo. Lo so, me ne rendo conto. Eppure, se solo lo si volesse, non sarebbe poi così difficile, no? Basterebbe forse infondere nelle persone un po' di curiosità, di voglia di fare, sapere e di capire, e tutto il resto verrebbe da sé.
Se tutto questo ti sembra troppo difficile, ti posso capire. E accetto in cambio anche tutti i libri che riesci a procurarti con così poco preavviso (non Fabio Volo, la D'Urso e simili... anzi, sarebbe un regalo altrettanto gradito se riuscissi a farli sparire definitivamente dalle librerie).

Se il gatto dei vicini non li mangia, troverai latte, biscotti e "Orientarsi con le stelle" di Raymond Carver, sul davanzale, per te (ho pensato che potesse esserti utile un po' di poesia, da leggere in viaggio).

Mi raccomando, stai attento alla nebbia e ai caminetti accesi.
A presto e buon Natale, caro Babbo
Tua
Elisa

lunedì 23 dicembre 2013

URBINO, NEBRASKA - Alessio Torino

I fatti di cronaca sopravvivono nella vita dei paesi o delle città in cui si sono verificati molto più a lungo di quanto la notizia non sia rimasta sulle prime pagine dei giornali. Colpiscono un po' tutti gli abitanti, chi più chi meno, in modo più o meno forte, rimanendo impressi nella memoria anche dopo molti anni, anche in chi non li ha vissuti direttamente. Provate a pensare a qualcosa successo nella vostra città quando eravate bambini o a chiedere ai vostri genitori... sicuramente sapranno raccontavi qualche tragedia che ha colpito il luogo in cui vivete, dirvi chi era coinvolto, le voci che erano girate e quanto tutti avevano in qualche modo preso parte alla disgrazia.

C'è questo sentimento collettivo alla base di Urbino, Nebraska di Alessio Torino. Il ricordo di due ragazze, Ester e Bianca, trovate morte per overdose nel 1987 in un parco pubblico di Urbino. Un espediente, sconvolgente, che fa da filo conduttore ai quattro episodi che compongo il libro. Nel 2010, ad esempio, c'è Zena Mancini, una giovane universitaria che ancora non ha deciso cosa fare della sua vita, che vive proprio accanto a Dorina, la madre delle due ragazze morte. Nell'euforia e nell'emozione della sua età, Zena non riesce a prendere decisioni, dalle più difficili, quelle che riguardano il suo percorso di studi e la sua vita, alle più semplici, come mettere in chiaro la storia con Marco o suonare un campanello e portare un po' di conforto a una donna che non si è mai ripresa. Nel 1994, invece, c'è Nicola Chimenti, che ha deciso di prendere i voti, provocando lo sconcerto dei genitori, degli amici, della sua band e, probabilmente, anche quello di sua zia Dorina, se solo trovasse il coraggio di rivelarglielo. Nel 2013 c'è Mattia Volpini, che lavora in Olanda dopo essere fuggito da Urbino, da un padre tipografo che ora è un ubriacone e da una vita di provincia che gli stava un po' stretta. Ha una bella vita, ora, e del passato non rimpiange nulla, se non fosse per quel senso di colpa che lo obbliga a tornare. C'è suo padre, a Urbino, c'è sua sorella e ci sono gli amici, tra cui Jacopo Martelli, aspirante scrittore che colleziona i rifiuti delle case editrici e che si è imbarcato in una sorta di reportage su quel vecchio fatto di cronaca, sulla morte di Ester e Bianca. E poi, nelle pagine finali, c'è un bambino, Federico, che aspetta con ansia la neve per non dover andare a scuola e poter fare le olimpiadi invernali di bob con gli amici. E guarda caso, era stato proprio suo nonno a trovare Ester e Bianca sulla panchina: un shock enorme, difficile da dimenticare.

Quattro racconti, ambienti in quattro periodi diversi, accomunati da Urbino, sempre uguale, da quel terribile fatto di cronaca, sempre presente nonostante gli anni, dalla voglia di fuggire e di dimenticare ma anche dall'impossibilità di farlo. 
Dei quattro racconti, i miei preferiti sono sicuramente il primo e l'ultimo. Sono quelli che ho trovato più completi, in cui sono riuscita a identificarmi di più, forse perché sono vicina all'età di Zena Mancini e ne capisco i dubbi, le paure e le angosce, e perché anche io da bambina, proprio come Federico, aspettavo con ansia la neve, per poter tirare fuori il bob e lanciarmi dalle discese. Sono forse quelli che più si avvicinano alla storia di Ester e Bianca, trasmettendo meglio quel senso di tragedia mai dimenticata, di dolore che non per tutti passa, sebbene gli altri continuino la loro vita.
Anche gli altri due racconti sono molto efficaci, per descrivere quelle sensazioni di cui parlavo prima, quella voglia di fuggire da una vita di provincia che sembra sempre troppo stretta ma che, inevitabilmente, dopo un po' richiama a sé, anche se non si vorrebbe.
Mi piace il modo di scrivere di Alessio Torino. Un modo di scrivere molto particolare, che richiede un po' di pagine per abituarsi, un po' di pazienza (e me ne mi ero già accorta con Tetano), ma che poi  alla fine conquista il lettore e lo tiene lì, incollato alle sue pagine.
Una lettura decisamente consigliata!

Titolo: Urbino, Nebraska
Autore: Alessio Torino
Pagine: 237
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: minimumfax
ISBN: 978-8875215163
Prezzo di copertina: 14,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura:Urbino, Nebraska
formato ebook:Urbino, Nebraska

venerdì 20 dicembre 2013

TRILOGIA SPORCA DELL' AVANA - Pedro Juan Gutiérrez

Era dai tempi dell'Università che volevo leggere questo libro. Lo avevo scoperto durante uno dei corsi di lingua e letteratura ispanoamericana che ho frequentato come esame a scelta (sia in triennale, sia in specialistica... e se potessi ne frequenterei ancora ora), poi avevo chiesto a un mio parente che era solito fare viaggi a Cuba se, la prima volta che fosse andato là, poteva procurarmelo. E' tornato dicendomi che ci aveva provato, ma il libraio lo ha guardato malissimo, dicendogli che non poteva venderglielo. Sarà stato il 2006 o il 2007. E alla fine, quest'estate, finalmente l'ho comprato.

La Trilogia sporca dell'Avana (che io ho letto in lingua originale, Trilogía sucia en la Habana, faticando un po') non ha nulla a che vedere con il realismo magico a cui la letteratura sudamericana ci ha abituato. C'è solo il realismo, o meglio, la realtà, che di magico non ha assolutamente nulla. Il protagonista di questi brevi racconti è, nella maggior parte dei casi, l'autore stesso. Pedro Juan Gutiérrez, giornalista che vive nel pieno della dittatura di Castro, fatta di tessere annonarie, di mercato nero, di prigione per dissidenti, di povertà e di sesso come unica valvola di sfogo.

E il sesso è infatti l'argomento comune che si ripete in ogni storia, quello "sporco" del titolo che si ripete in ogni pagina. A volte in modo davvero eccessivo, bisogna ammetterlo. Ma è un espediente, sia per superare la disperazione che aleggiava nell'aria all'Avana di quel periodo, soprattutto tra le classi più povere, sia soprattutto per raccontarne le mille sfaccettature, le incongruenze e le ingiustizie. Pedro Juan Gutiérrez si arrabatta come può per sopravvivere: si fa mantenere da donne che vendono il proprio corpo, lavora come spazzino, come idraulico, come epuratore di vagabondi dalle strade (ma solo per una notte), come insegnante di tamburo cubano o vendendo qualunque cosa gli capiti a tiro.

Sicuramente non è un libro per tutti. Non è un libro da leggere alla leggera, per passare il tempo. I racconti sono molto forti, diretti e molto espliciti. Bisogna essere interessati al periodo e al contesto che viene raccontato. Se lo si è, è un libro imprescindibile. L'autore è stato bravo, molto, molto bravo, nel mascherare così, con sesso e promiscuità, tutta la critica che vuole rivolgere verso le condizioni in cui le classi più misere erano (o sono ancora?) costrette a vivere sotto il regime di Fidel. 

Sarei davvero curiosa di sapere se ancora oggi, a distanza di sei o sette anni, questo libro a Cuba sia ancora irreperibile perché sovversivo.
Anche se temo proprio di sì.



Titolo: Trilogia sporca dell'Avana
Titolo originale: Trilogía sucia de la Habana
Autore: Pedro Juan Gutiérrez
Traduttore: Stefania Cherchi ;Tiziana Gibilisco
Pagine: 501
Anno di pubblicazione: 2011
Editore: e/o
ISBN :9788876419942
Prezzo di copertina: 11,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Trilogia sporca dell'Avana

mercoledì 18 dicembre 2013

Due titoli, un solo libro: ma perché?#62

Ultima puntata dell'anno della rubrica di confronto tra titolo originale e titolo tradotto! Eh sì, perché mercoledì prossimo è Natale e quello ancora dopo è il primo gennaio... e tra pranzi da preparare e bagordi da smaltire, non posso assicurare di trovare il tempo per fare ricerche e pubblicare il post. E poi un po' di pausa credo ci stia anche bene, per decidere se e come continuare con questa rubrica, per cercare nuovi titoli e nuovi spunti.

Il confronto di oggi sarà molto semplice e molto natalizio, visto che, come vi accennavo già ieri, quest'anno ho delle difficoltà a entrare nello spirito del periodo e sto cercando in ogni modo di risolvere il problema. E cosa c'è di meglio di un libro per tentare di farlo?
E' arrivato in libreria a fine ottobre, per la casa editrice Giunti e con la traduzione di Annalisa Di Liddo, il nuovo romanzo di W. Bruce Cameron CINQUE CUCCIOLI SOTTO L'ALBERO



Il romanzo racconta la storia di un uomo, Josh, rimasto da poco solo, che si vede affidati dal suo vicino di casa una cagnolina, Lucy. Nel retro del suo pick-up trova poi per caso uno scatolone abbandonato, da cui spuntano cinque cagnolini infreddoliti. Josh, con l'aiuto di Lucy e del canile locale, si prenderà cura di loro in attesa che qualcuno li adotti.

In romanzo in lingua originale ha però un titolo leggermente diverso, ovvero THE DOGS OF CHRISTMAS


La traduzione letterale del titolo sarebbe "I cani di Natale". Effettivamente, un titolo così non sarebbe suonato tanto bene in italiano, almeno per me. E tutto sommato credo che il titolo scelto nella lingua, visto anche il periodo natalizio e l'attrazione per quei piccoli animaletti pelosi, soprattutto quando cuccioli, sia abbastanza azzeccato e rispetti l'originale: "dogs" al plurale reso con "cinque cuccioli" (anche se in inglese non viene specificato che siano cuccioli) e il Natale reso con "sotto l'albero".

E poi, quei due cuccioli nelle due copertine sono semplicemente adorabili! (Ve l'ho mai detto che ho un debole per i libri che parlano di animali, soprattutto se questi sono buffi e morbidosi?)

martedì 17 dicembre 2013

Regalare libri a Natale

© Marie Flusin
Forse sarebbe ora di dare a questo blog un tocco natalizio. E' che, non so perché, quest'anno il Natale non lo sto sentendo molto. Non credo sia per via della crisi che, nonostante i duecento lavori che devo fare per arrivare ad avere uno stipendio mensile decente e il contratto farlocco che mi ritrovo, tutto sommato (e per fortuna) non mi sta toccando più di tanto. E' che proprio non ho voglia. Sarà che sta finendo l'anno e sono stanca (e, come avete notato, anche le letture stanno proseguendo moooolto più a rilento del solito). Sarà che avrei una voglia matta di novità che invece, per il momento, non arrivano. Non saprei, onestamente. Fatto sta che quest'anno lo spirito del Natale non mi ha ancora conquistata del tutto.

Un modo per portare un po' di Natale qui sul blog potrebbe essere quello di stilare una lista di libri da regalare. Liste che in questi giorni popolano giornali, pagine e blog e che sono degli indicatori davvero utili per chi è a corto di idee (vi consiglio di guardare "Natale in libreria" di Cronache dalla libreria, "All I want for Christmas is... book" della La Leggivendola, e quella stilata dal Club 33 giri... tutte molto belle e ricche di spunti originali, che non si limitano ai best seller). 

Io personalmente non penso di essere in grado di compilare una mia lista. Nel senso che quando regalo un libro, solitamente, o seguo precise indicazioni ricevute dal destinatario (nelle settimane prima di Natale e compleanni vari c'è sempre uno scambio di wish list con le amiche) o vado ad istinto, sperando di azzeccarci, regalando libri che a me sono piaciuti molto e che credo possano piacere anche a chi li riceverà. Ci sto attenta, ovvio. Non regalo mai libri a caso. E infatti è importante conoscere la persona a cui si regalerà il libro. Solo voi infatti potete sapere se gli potrà piacere o se finirà a far da supporto a un tavolo traballante. Solo voi sapete il genere che potrebbe piacere o meno. E solo voi potete decidere se sia o meno il caso di provare ad ampliare gli orizzonti del destinatario o di assecondare le sue abitudini letterarie.
Quindi, il consiglio più grande è quello di seguire il vostro istinto, e di regalare un libro che possa piacere a chi lo riceve, ma che piaccia anche a voi (io non riuscirei mai a regalare libri di Fabio Volo, ad esempio), che vi lasci soddisfatti, anche se magari non lo leggerete mai. Piuttosto chiedete, informatevi, fate domande trabocchetto per scoprire i gusti del destinatario, chiedete a un amico, uno zio, la mamma o affidatevi, semplicemente, al vostro buon senso. Prendetevi un pomeriggio libero, entrare in una libreria e pensate. Uscirete sicuramente con almeno tre libri per voi, ma sono sicura anche con il regalo che dovevate acquistare.

Questi consigli (non che ne abbia dati chissà quanti, in realtà) ovviamente valgono solo se voi siete amanti dei libri e se, come me, adorate regalarli. Se usate i libri come ultima spiaggia, se non vi ricordate quanto tempo è passato da quando ne avete aperto uno per l'ultima volta, vi consiglio di ripiegare su altro. Un doccia-schiuma, un cestino, dei cioccolatini. Non regalate libri a caso, se voi stessi non ne vorreste ricevere. Rischiate seriamente di buttare via i soldi. Sia se l'altro legge come voi, sia soprattutto se legge molto di più. Rischierete di venire ricordati per sempre come "quello che mi ha regalato quel libro idiota/il libro più brutto che abbia mai letto/il libro che sta tenendo in equilibrio il tavolo" (ormai si sa, noi lettori accaniti siamo un po' tanto snob... e che queste cose ce le ricordiamo).

©Maija Laaksonen
Per quanto mi riguarda, da accanita lettrice, i libri, oltre che essere un regalo da me molto gradito se fatto con coscienza (torniamo alle wish list di prima o alle richieste esplicite), sono l'unica cosa che non mi stancherei mai di regalare: mi piace associare un libro alla persona a cui sarà destinato, mi piace assecondare la passione di altri aiutandoli a svuotare le loro liste desideri, così come mi piace far cambiare idea ai più scettici che di libri invece solitamente non ne vogliono proprio sapere (o che magari qualcosina ne sanno, ma si fermano ai libri da classifica, ai best seller... e poi quando regali loro un romanzo di Vargas Llosa, lo divorano, vengono da te e ti dicono "Ma lo sai che il libro che mi hai regalato è proprio bello?"). Ovviamente non sempre ci riesco. Anche perché alcuni casi sono davvero disperati. Però ecco, quando regalo un libro mi sento in pace con me stessa e con il mondo. Mi sento in qualche modo soddisfatta, indipendentemente dalla reazione di chi lo riceve.

Comunque, se proprio proprio devo dare qualche consiglio, direi tutti quelli presenti nella mia lista degli Imperdibili. Quelli sono i libri più belli che ho letto finora. Sono i libri che regalo più spesso, che consiglio sempre e comunque e di cui potrei parlare per ore, ore, ore e ancora ore senza stufarmi mai (io non mi stufo, chi mi ascolta probabilmente sì). Con quei libri lì ho sempre ottenuto buoni risultati e, almeno per ora, non mi sono mai stati rinfacciati.

Ok, la magia del Natale non mi ha invaso nemmeno dopo questo post che, pensandoci bene, forse è anche un po' inutile... ma forse perché sotto il mio albero ancora non ci sono libri per me in regalo e questo mi mette parecchio di cattivo umore. 

lunedì 16 dicembre 2013

Interviste rampanti: conclusioni a colori

Le risposte che stavo aspettando ancora non sono arrivate. E dato che non posso andare avanti tutte le settimane a riportare riassunti delle risposte passate, perché se no si rischia di diventare ripetitivi, ho deciso che oggi è, almeno per il momento, l'ultimo lunedì dedicato alle interviste rampanti. In futuro spero di ripetere l'esperienza, perché per me è stata molto bella e divertente. E' stato bello cercare di formulare le domande. sperando non fossero troppo banali e/o sceme (lo erano?). E' stato bello cercare gli indirizzi degli autori, trovare il coraggio di approcciarsi a loro, scrivere le email e ricevere a poco a poco le risposte (molte di più di quanto immaginassi... devo essere sincera!). Ancor più bello è stato leggere le loro risposte in anteprima e poi pubblicarle qui per tutti. Insomma, se non si fosse capito, sono molto, molto soddisfatta per come sono andate le cose... e spero vivamente di scoprire in futuro tanti altri scrittori e scrittrici italiane per ripetere l'esperienza.

Trovate tutte le interviste rampanti, in ordine cronologico, nell'apposito menù qui in alto, così, se vi va, potete rileggerle quando volete.

La domanda di cui farò un riepilogo delle risposte oggi è l'unica che non c'entrava niente né con i libri né con le esperienze degli autori intervistati con editori/altri scrittori. E' forse quella più scema, ancor di più che quella sulle Sfumature, ma è stata anche, lo ammetto, la prima che mi è venuta in mente. Ovvero: qual è il tuo colore preferito?
Sì, lo so, è una domanda da bambini delle scuole elementari... ed è nata perché, parlando con un mio amico riguardo all'idea di fare queste interviste, lui mi ha detto qualcosa tipo "secondo me puoi chiedere quello che vuoi, magari non il colore preferito". Et voilà, ecco fatto.
Anche perché poi secondo me tutti abbiamo un colore preferito, un colore verso cui siamo più inclini, magari anche inconsciamente, è che dice parecchio sulla nostra personalità e i nostri gusti. Il mio credo sia il viola, anche se non disdegno nemmeno l'arancione o un bel verde.

Vediamo cosa hanno risposto gli scrittori e le scrittrici a questa domanda:


Marco Missiroli
Da piccolo era il verde. Ora è il blu.

Stefano Piedimonte
Il nero. Ma che domanda è?

Marco Malvaldi (in questo caso ho fatto pasticcio io con la domanda... inviandogli attaccate la domanda "Hai letto le Sfumature" con quella "Qual è il tuo colore preferito?")
No, non l’ho letto: siccome faccio lo scrittore di lavoro, e trombo solo per divertimento, non mi piace mischiare le due cose. Scherzi a parte, no. Delle varie colorazioni proposte, le più plausibili mi sembrano quelle del rosso: certe parti, a usarle smodatamente, si infiammano...

Paolo Pasi
Ahi, domanda difficilissima, da non porre a un indeciso che vorrebbe tanti colori… Tra i preferiti ci sono sicuramente il verde e il rosso, guarda caso i colori delle copertine dei miei ultimi due romanzi con Spartaco. 

Fabio Bartolomei
Il verde. Non troppo scuro, non troppo acceso. Un verdino.

Simona Baldelli
Il rosso. Ma proprio rosso, senza sfumature… 

Paolo Cognetti
Il verde.

Stefania Bertola
Cinquanta sfumature di blu

Sandro Bonvissuto
Quello bene illuminato dal sole. 

Fabio Stassi
Il verde.

Alessio Torino
Potrei dirtene uno diverso ogni giorno. Però ti dico che mi ha sempre colpito un colore che non sono mai riuscito a definire. È quello di un cardo che cresce sui monti dell’Appennino. Il nome scientifico è Eryngium campestre, ma i mulari lo chiamano ‘gli spini dei somari’ perché ha dei petali così rigidi che infilzano. Non si capisce se sia blu o viola. Mi fa pensare alla musica dei Cure, spero non sia troppo grave. Scelgo questo, oggi almeno.


C'è una certa predilezione per il verde direi! E il vostro, qual è? (Dai su, coloriamo un po' questa giornata!)

venerdì 13 dicembre 2013

LA MAMMA DEL SOLE - Andrea Vitali

Io con Andrea Vitali ho un rapporto strano. Nel senso che ultimamente dico di lui peste e corna, per questa sua, per me terrificante, abitudine di pubblicare almeno 5 libri all'anno. Sono troppi, secondo me. Anche perché poi, leggendoli, si ha come l'impressione che li abbia scritti di fretta, senza rifletterci troppo: come se fossero un abbozzo di storia, che avrebbe bisogno di essere ampliata, ma che lui non abbia voglia di ampliare. Per cui, dai romanzi nuovi di Andrea Vitali, cerco di tenermi lontana (ne ho letti solo due "Galeotto fu il collier", lunghissimo ma comunque estremamente superficiale, e "Regalo di Nozze"). 
Però ogni tanto ho voglia delle sue storie leggere leggere. Ne avevo bisogno, ad esempio, dopo Libertà di Franzen, per riposare la mente e leggere qualcosa che non mi desse molto da pensare. Quando è così, cerco tra i suoi romanzi più vecchi e trovo esattamente quello di cui ho bisogno.

La mamma del sole è in realtà poi solo del 2010, eppure non ci ho ritrovato quella sensazione di superficialità dei romanzi più recenti.
Siamo sempre a Bellano (e non riesco a immaginare che Vitali ambienti un suo romanzo da qualche altra parte) e c'è sempre tutta una galleria di personaggi bislacchi, pittoreschi, quelli tipici di un paesone degli anni '20. C'è una donna che scompare da una casa di riposo, un carabiniere con la passione dell'aeronautica che da una vecchia radio sgangherata segue i gloriosi trasvolatori della Seconda Crociera Atlantica, c'è una perpetua un po' bisbetica e un sacrestano nervoso che ogni tanto suona un'ora in più. C'è il capo della sede del partito fascista, a cui del partito fascista non potrebbe fregar di meno, e una donna dai facili costumi, con una quindicina di figli tra legittimi e illegittimi. E poi il maresciallo dei carabinieri, che si trova, ovviamente, in mezzo a tutto questo.

La trama di questo romanzo, che si basa su due misteri, quello della donna scomparsa e quello dell'interessamento del partito fascista nei confronti della donna di facili costumi, è in realtà solo un pretesto. E' semplice, quasi banale, ma permette ai personaggi di muoversi, di mostrarsi, di agire e di dare vita a un ritratto perfetto dell'epoca. Non succede mai nulla di troppo tragico, nei romanzi di Vitali. E anche quando succede è affrontato con una giusta proporzione tra ironia e rispetto. Si ride e si sorridere, a volte un pochino ci si commuove anche. E soprattutto non si pensa. Si legge e basta. Le pagine scorrono, scorrono e arrivi alla fine senza quasi accorgertene (merito anche dei capitoli brevi).

I romanzi di Andrea Vitali, insomma, vanno presi così. Non sono capolavori e non hanno alcuna pretesa di esserlo. Puro e  semplice intrattenimento. Ottimi da leggere uno ogni tanto, quando si ha bisogno di qualcosa di leggero leggero, per far passare il tempo e riposare la mente.  Certo, bisogna riuscire a scordarsi di quanti libri pubblica all'anno o l'effetto viene un po' rovinato. Ma se fate come dicevo all'inizio, e prendete le opere più vecchiotte, non vi infastidirete più di tanto... e vi ritroverete immersi in questi buffissimi ed soprattutto estremamente realistici pettegolezzi di paese. Con un bel lieto fine.

Titolo: La mamma del sole
Autore: Andrea Vitali
Pagine: 286
Anno di pubblicazione: 2010
Editore: Garzanti
ISBN : 978-8811686323
Prezzo di copertina: 10,90€
Acquista su Amazon:
formato brossura: La mamma del sole

mercoledì 11 dicembre 2013

Due titoli, un solo libro: ma perché?#61

Dopo il viaggio a New York della settimana scorsa, nella puntata di oggi della rubrica di confronto tra titolo originale e titolo tradotto non andiamo da nessuna parte. Rimaniamo fermi qua, meglio se seduti, perché il confronto di oggi, per chi ancora non avesse visto in giro i libri di cui parlerò, potrebbe essere un po' scioccante.
Ammetto che, da quando l'ho notato, mi è sembrato sempre talmente tanto assurdo che ero perfino restia a parlarne. Mi sembrava un po' di sparare sulla croce rossa, mettendo in evidenza come questa maledetta moda dei titoli tutti uguali potesse davvero raggiungere livelli imbarazzanti. Però non ho avuto tempo di cercare altri libri, di fare ricerche più approfondite e quindi ho deciso di parlarne. Anche perché, diciamo la verità, voglio essere sicura che questo incredibile autogol arrivi a più persone possibile.

Qualche mese fa è uscito, per la casa editrice Garzanti, un romanzo dal titolo L'AMORE IN UN GIORNO DI PIOGGIA, scritto da Sarah Butler e tradotto da E. Budetta:


Sempre qualche mese fa è uscito, per la casa editrice Sperling & Kupfer, un romanzo dal titolo L'AMORE IN UN GIORNO DI PIOGGIA, scritto da Gwen Cooper e tradotto da G. Balducci:


Ovviamente, non ci potevo credere. Ho voluto anche dare il beneficio del dubbio alle due case editrici, andando a controllare i rispettivi titoli originali. E indovinate un po'? Nessuno dei due titoli originali corrisponde ai due titoli italiani.
Quello di Sarah Butler in originale si intitola, infatti, TEN THINGS I'VE LEARNED ABOUT LOVE

Tradotto letteralmente: Dieci cose che ho imparato sull'amore.

Quello di Gwen Cooper, invece, si intitola LOVE SAVES THE DAY

Tradotto letteralmente: L'amore salva la giornata.

Com'è possibile quindi che due libri che in originale hanno due titoli completamente diversi (l'unica cosa in comune è la parola amore sulla copertina), si siano ritrovati ad avere in italiano un titolo identico? 
Anche guardando la data di pubblicazione, è difficile capire di chi sia la disattenzione: entrambi sono usciti a settembre di quest'anno (il primo il 12 e il secondo il 10)... si tratta quindi di un'incredibile casualità? (in realtà pare che quello della Garzanti circolasse già qualche mese prima in ebook... ma per il momento non sono riuscita a trovare riscontri in proposito).
Può darsi quindi che sia una coincidenza, di quelle che fanno sorridere qualcuno ma sudare freddo altri, però ci terrei a sottolineare ancora una volta che se fossero stati mantenuti i titoli originali, questo non sarebbe mai successo.

E poi, porca misera, ma perché non hanno mantenuto le due bellissime copertine originali?

martedì 10 dicembre 2013

LIBERTA' - Jonathan Franzen

Caro Jonathan Franzen,
scusami se ti disturbo con questa mia lettera sotto forma di post, so che non ami molto queste cose.  E' che ho da poco girato l'ultima pagina del tuo Libertà e avevo bisogno di parlarti, di chiederti, o forse anche solo di sfogarmi un po' con qualcuno. D'altronde non sarebbe bellissimo se ogni lettore potesse chiedere all'autore del libro che ha appena letto qualunque cosa? Ok, forse per voi scrittori no.

Ho appena chiuso il tuo Libertà, ti dicevo, e ammetto di essere ancora un po' frastornata. Non so come fare a parlarne, non so come scrivere una recensione che riesca a dire tutto quello che ho nella testa in questo momento. Ci ho messo parecchio tempo prima di decidermi di leggerlo: il libro è rimasto lì, sul mio comodino, per circa un anno. Avevo paura. Di cosa, bene, non lo so. Avevo fatto la stessa cosa con Le Correzioni, per poi pentirmi amaramente di aver aspettato così tanto. Comunque, qualche giorno fa ho sentito che era giunto il momento di leggerlo. L'ho iniziato e mi sono ritrovata immersa in questa saga familiare. 
Ancora una volta ci parli di una famiglia appartenente al ceto medio americano. Una famiglia che è tutto fuorché perfetta, specchio di una società fatta di illusioni, di contraddizioni, di abbagli, di pregiudizi e di ipocrisia. A drammi e incomprensioni familiari, si mescolano temi etici e globali: la guerra in Iraq, la salvaguardia dell'ambiente.

Walter e Patty, attorno a cui ruota tutta la storia, sono due personaggi molto strani. Si amano, ma non sempre se lo dimostrano. Troppo accondiscendente e innamorato il primo, troppo fredda la seconda. E in più, hanno un amico ingombrante nel mezzo, Richard, che tutti e due un po' amano e un po' odiano. Ci sono i loro figli, l'equilibrata Jessica e il viziatissimo Joey, che passano la loro vita a essere i preferiti ora dell'uno ora dell'altra, a schierarsi ma anche a ribellarsi. Ci sono i genitori, i fratelli, gli zii, i vicini di casa e le affascinanti colleghe di lavoro. E' c'è il mondo, appunto,quello in cui tutti questi personaggi si ritrovano a vivere e a dover affrontare. Sembra quasi che nessuno di loro riesca mai a fare la cosa giusta ma che si accorga troppo tardi, senza sapere se riuscirà a rimediare. E noi lettori siam lì a leggere e a non capire per chi tifare, con chi schierarci, chi sostenere e chi, invece, condannare. 
Credo stia proprio in questo la tua forza maggiore, sai? Creare questi personaggi imperfetti, che sbagliano, rimediano, risbagliano e rimediano ancora una volta.

Devo ammettere, però, che questa volta ho faticato un po' a seguirti per tutte queste 600 pagine. Intorno a pagina 450 ero parecchio provata. Più che altro dalle parti etiche, dalle strane battaglie personali di Walter e da quella benedetta dendroica cerulea che si trova in copertina, tanto fondamentale per l'uomo nonché simbolo di come ogni piccola cosa vada protetta e difesa.
Eppure, non sono per nulla pentita di averti letto ancora una volta. Certo, mi è piaciuto meno de Le Correzioni e probabilmente non sarà un libro che consiglierò a tutti. Perché bisogna essere preparati, prima di leggere un tuo libro. Preparati a vedere una realtà senza sconti, ad affrontare drammi e crisi familiari profonde, che possono colpire anche le famiglie che all'apparenza non potrebbero che essere felici. E a fare anche i conti con se stessi e con l'apporto che si sta dando al mondo.

Ecco, mi rendo conto rileggendo che questa pseudo-lettera non ha molto senso. Che non ti sto chiedendo nulla né ti sto dicendo qualcosa che tu non sappia già. Anzi. Ma come dicevo all'inizio, avevo bisogno di indirizzare questi pensieri a qualcuno, di non limitarmi a parlarne come se fosse un libro qualsiasi. Perché nessuno dei tuoi romanzi è mai un romanzo qualsiasi.

Ci rincontreremo ancora, sono sicura. Tra un anno o due, però. Perché ho bisogno di riprendermi un attimo.
In ogni caso, grazie
Elisa


Titolo: Libertà
Autore: Jonathan Franzen
Traduttore: Silvia Pareschi
Pagine: 622
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: Einaudi
ISBN :978-8866213192
Prezzo di copertina: 14,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Libertà
formato ebook: Libertà (Supercoralli)

lunedì 9 dicembre 2013

Interviste rampanti: cartacei o ebook?

Lo so, lo so, dovrei rassegnarmi all'idea che l'esperienza delle interviste rampanti, almeno per il momento, è finita. Ma sto ancora aspettando un paio di risposte, che spero davvero arriveranno presto, e proprio non me la sento di occupare il lunedì con un post diverso.
Quindi, continuo con questi "riassunti" per domanda. Se ci avete fatto caso (o meglio, spero che si sia notato perché il mio intento era quello), molte delle domande che ho posto ai vari scrittori sono domande che spopolano spesso tra i lettori, quelle che danno più adito a dibattiti, discussioni e, perché no, qualche litigata. Ho chiesto delle copertine, di come si è arrivati a farsi scoprire dalle case editrici (ok, questa interessa più gli aspiranti scrittori), se hanno letto le Sfumature e cosa ne pensano dell'editoria a pagamento. E ovviamente ho chiesto anche le preferenze sui modi di lettura, ovvero: ebook o cartacei?

Come vi ho già raccontato più volte, fino a che a non mi hanno regalato l'e-reader, ero una "purista della carta": solo ed esclusivamente cartacei, che son più belli da vedere, da sfogliare, profumano, etc etc... Ora, sebbene a livello estetico preferisca sicuramente i buoni e vecchi libroni rilegati, non posso negare di adorare anche la comodità degli e-reader e degli ebook. E sono anche convinta che il libro non sparirà mai, non verrà mai completamente sostituito dal formato elettronico, perché sono diversi gli usi che se ne fanno.


Fermo restando che, secondo me, la cosa principale è in assoluto il contenuto, vediamo cosa ne pensano a riguardo tutti gli autori intervistati finora:

Marco Missiroli
Carta, sempre.

Stefano Piedimonte
Li compro entrambi. Diciamo che quando c’è un bel romanzo che voglio leggere, lo compro su carta. Quando vedo super offerte su buoni titoli, compro in ebook. Sarebbe bello se gli editori dessero a chi compra un libro cartaceo un codice per scaricarne la versione ebook. Questo incentiverebbe la gente a comprare gli ereader e a leggere gli ebook. Alla fin dei conti, è della stessa opera che stiamo parlando.

Marco Malvaldi
Ho letto il mio primo ebook giusto da tre giorni. L’isola dei cacciatori di uccelli, di Peter May. Troppo presto per dare un giudizio, ma ho la sensazione che me lo sarei goduto di più su carta. Bel libro, comunque.

Paolo Pasi
Entrambi, anche se io propendo per i cartacei. Per me il libro è ancora un oggetto dotato di  fascino e magia, di suggestioni perfino olfattive e tattili. Le pagine segnate, fitte di note, i brani sottolineati rappresentano la mappa di un viaggio. Va detto però che quando affrontiamo un viaggio reale,  l’e-book ci apre meravigliose possibilità. Possiamo portarci dietro un mucchio di libri senza appesantire il bagaglio. Credo perciò che le due facce del libro, quella cartacea e quella elettronica, siano destinate a convivere anche in futuro. 

Fabio Bartolomei
Io cartacei. Passo già troppe ore davanti a schermi vari (computer, tv, tablet, smartphone), mi pare sano cogliere ogni occasione per staccare un po'. 

Simona Baldelli
Personalmente preferisco i cartacei. Ma la lettura è una cosa talmente personale ed intima, che credo ognuno debba poter scegliere il suo “mezzo di comunicazione” ideale.

Paolo Cognetti
Ultimamente non ho più abitato in una casa sola, e il vecchio amore per i libri di carta ne ha risentito. Per avere una libreria bisogna essere sedentari, l'ebook è la fortuna del nomade. Sono sicuro che a Chatwin e Kerouac il digitale sarebbe piaciuto molto.

Stefania Bertola
Uso diverso. Carta per i libri a cui teniamo, per un qualunque motivo. Ebook per le cavolate da leggere e dimenticare, per i libri da portare in viaggio, per le opere di consultazione. Io frequento sia gli uni che gli altri, ma non terrei mai un libro a cui voglio bene nel limbo elettronico del mio Kindle. Lo voglio hic et nunc, solido, con un perimetro, uno spessore, un peso in etti o chili.

Sandro Bonvissuto
Direi ebook e cartacei, piuttosto che o l’uno o l’altro; sono manifestazioni diverse della stessa cosa, quindi non le ritengo un’alternativa

Fabio Stassi
Io non li vedo in alternativa, e non ho paure che il libro scompaia. Ho paura che si smetta di leggere, semmai.  Sono i lettori che devono esistere sempre. Senza lettore non c’è libro, di nessuna forma. Aggiungerei anche gli audiolibri, per i quali ho un debole. Ne sento uno ogni volta che devo fare un viaggio in macchina e non posso aprire un libro di carta.

Alessio Torino
C’è una marea di libri che invecchia così velocemente – manuali, certa pseudosaggistica – che mi fa pensare che se riusciamo a risparmiare qualche albero, è una cosa buona e giusta. 


La risposta in cui mi riconosco di più in assoluto è quella di Fabio Stassi: visti i desolanti dati sulla lettura e sui lettori in Italia, non importa con che mezzo, purché si legga!

E voi? C'è ancora qualche purista della carta o a poco a poco vi state convertendo all'utilizzo di entrambi?

venerdì 6 dicembre 2013

Del perché compro su Amazon, nonostante tutto...

Oggi vi voglio parlare di Amazon. E so che è un argomento un po' delicato. Mi sono resa conto, però, di aver fatto finta di niente per un po' troppo tempo e non aver mai espresso una mia opinione precisa verso tutte le accuse che vengono mosse nei suoi confronti. Certo, lì sulla colonna di destra c'è un banner e faccio un ordine almeno una volta al mese, quindi penso non sia poi così difficile indovinare come la penso e come mi pongo nei suoi confronti. Però, credo sia giusto parlare chiaro e provare a spiegare le ragioni, giuste o sbagliate che siano ovviamente, per cui non vedo amazon come il male assoluto, per cui non lo boicotto e anzi lo consiglio a chiunque voglia fare acquisti online.

Il maggiore risalto alla storia, ciò che ha aperto gli occhi agli acquirenti italiani insomma, è stata la puntata di Report andata in onda su Rai3 il 16 dicembre del 2012 (questa, per intenderci), che metteva in evidenza il fatto che Amazon Italia, pur avendo il giro d'affari nel nostro paese, paga le tasse in Lussemburgo, sede della casa madre. A questo, legale o non legale non credo di avere le competenze per dirlo, si aggiunge il fatto che non vogliano divulgare dati riguardo alle vendite, riguardo a dove vengono effettuati gli acquisti, riguardo a qualunque dato che possa essere in qualche modo usato contro di loro.

Pochi mesi dopo la puntata di Report, è uscito sui giornali nazionali un reportage fatto in uno dei magazzini amazon tedeschi: questo.  Accuse gravissime, pesantissime e davvero preoccupanti sulle condizioni di lavoro dei dipendenti. Stipendi pagati senza contributi (tipo il mio, ma io non lavoro per amazon), turni di lavoro lunghissimi, ammonimenti in caso di errori... una vera e propria conduzione "nazista". Ovviamente amazon si difende dicendo che la gestione del magazzino è affidata a un'agenzia presente sul territorio tedesco, con cui hanno tagliato i contatti una volta scoperto tutto quello che succedeva nel magazzino.

Poi, il mese scorso, è uscito un articolo più o meno simile ma questa volta in Francia. Un giornalista si è infiltrato in un magazzino, ha indagato e il risultato si può leggere in questo articolo. Qui si parla di nuova alienazione del lavoro: turni che iniziano alle 21 di sera e finisco alle 5 (otto ore, direi), 20 km percorsi per notte in magazzino, dipendenti continuamente controllati e scansionati, condizioni psicologiche devastanti.

Poi c'è la legge Levi, definita dai più legge "antiAmazon", che ha lo scopo di controllare e regolamentare gli sconti per cercare di favorire le librerie fisiche. C'è stato lo scandalo delle recensioni fasulle ai prodotti e quello delle autopubblicazioni di libri con sfondo pedofilo, su cui amazon non ha vigilato (ma prontamente tolto dal mercato una volta ricevuta la segnalazione).

Di motivi per avercela con Amazon, per boiocottarla, ce ne sono eccome. Eppure, nonostante tutto questo, non lo faccio. E cercherò di spiegarvi perché. 

Credo che Amazon faccia paura. Che sia un bersaglio quasi facile per evitare di pensare a tutti gli altri, ben più grossi, problemi che abbiamo. Problemi per quanto riguarda il mercato del libro e delle vendite online, se vogliamo restare nel piccolo. Problemi riguardo agli sconti selvaggi che venivano e vengono ancora fatti dagli editori e che si risolverebbero molto facilmente imponendo un prezzo unico sul libro, come viene fatto in Francia, ad esempio. Problemi riguardo all'autopubblicazione, a cui tutti, dai più intelligenti ai più invasati hanno accesso (basterebbe inserire una figura nel mezzo, che legga tutto... che so, un editore!). Ma anche problemi più grandi, sui ricchi evasori fiscali, sulle condizioni disagiate di lavoro dei giovani e meno giovani, o proprio su chi il lavoro non ce l'ha.
Il magazzino di Amazon a Rugeley, nel Regno Unito.
Amazon, ribadisco, è il bersaglio più facile per evitare di affrontare davvero i problemi "nostri".
I problemi di lavoro, innanzitutto: la disoccupazione giovanile a livelli altissimi, l'abuso dei contratti di stage, di quelli a progetto senza contributi, le aziende italiane che multano i dipendenti se fanno un errore, quelle che non pagano gli stipendi ai dipendenti ma poi si comprano a spese dell'azienda le finestre di casa, i capi che fanno mobbing se le donne dipendenti rimangono incinte o, semplicemente, non rispettano i loro standard di bellezza, le case editrici miliardarie che chiedono indietro i soldi ai propri distributori, i call center che ti pagano a chiamate e che ti sgridano se stai al telefono per più di cinque minuti... per arrivare poi alla cronaca di oggi, alle fabbriche che sono anche case che sono anche luoghi di morte.
E io, scusate, di fronte a tutto questo, devo boicottare Amazon? Abbiamo dei politici che evadono, che si fanno le leggi ad personam e ad aziendam, che usano le mie tasse per pagarsi le cene e le mutande verdi, e il mio problema più grande è Amazon?

Amazon offre uno dei servizi assistenza migliori che abbia mai visto. A quali condizioni, onestamente, non lo so. Nel senso che le due o tre volte che ho contattato l'assistenza non ho chiesto quanto ricevono di paga, che turni fanno, se vengono cazziati se li tengo impegnati due minuti in più. Così come non l'ho mai chiesto al ragazzo della telecom che cerca quasi ogni giorno di farmi tornare da loro, a quello di Sky o a quello dell'Enel, di cui mai nessuno parla, se non per lamentarsi di quanto rompano le scatole quando chiamano all'ora di cena.
E poi, siamo mai entrati in un magazzino, che so, FIAT (è un esempio eh, non sto accusando alcun magazzino FIAT di nulla!) o in quello di qualunque altro colosso? Sappiamo quanti km al giorno percorrono i magazzinieri che lavorano lì? O ancora, quanto può essere alienante lavorare, che so, come data entry o quanta fatica si faccia a fare il cameriere ai matrimoni con più di duecento invitati, in cui non devi rompere nemmeno un bicchiere perché altrimenti te lo tolgono dalla paga giornaliera?

E' questo che mi fa arrabbiare. E' giusto indignarsi, è giusto rimanere basiti di fronte alle condizioni di lavoro se risultano alienanti o se sono troppo faticose, così come è giusto arrabbiarsi se chi dovrebbe pagare le tasse in Italia non le paga. Però, perché allora solo contro Amazon? Onestamente, mi sembra il minore dei nostri problemi. Da qualche parte bisogna iniziare, certo, ed è giusto. Ma forse inizierei da qualcosa di più piccolo, più vicino a noi, forse più facile. Qualcosa che abbiamo davvero il potere di cambiare.
Ma torniamo un attimo al discorso libri. Hanno introdotto la legge Levi per evitare gli sconti selvaggi. E il risultato è stato che TUTTI gli store online (non solo Amazon, anche Mondadori, anche Feltrinelli e IBS... che però non vengono mai tirati in ballo, chissà perché) hanno messo il 15% di sconto fisso. E' servito ad aiutare le librerie, questo? Perché non imporre un prezzo fisso, come dicevo prima, valido per tutti? Perché non controllare di più le campagne sconto che vengono fatte (ne ho approfittato anche io eh, sia chiaro, però Einaudi è stata in sconto praticamente tutto l'anno)? Perché non dare aiuti diversi alle librerie indipendenti meritevoli? Perché viene sempre più facile criticare gli altri anziché guardare un attimo a se stessi?.

I miei sono sicuramente ragionamenti semplicistici, di una semplice lettrice (e acquirente di amazon, ma anche nelle librerie fisiche) che si è fatta un'idea, che può essere anche totalmente sbagliata e che non vuole imporre a nessuno, sulla situazione (e vi assicuro che non sono pagata da Amazon per difenderlo, se a qualcuno venisse il dubbio). So che la questione è molto più profonda di così, però non riesco a fare a meno di chiedermi: perché si boicotta amazon, che comunque siamo onesti, lavoro ne dà eccome, e non si fa niente per combattere tutte le realtà tristi, squallide, alienanti che si vivono ogni giorno direttamente, che si conoscono benissimo (mi volete dire che a Prato NESSUNO sapesse dei cinesi nello scantinato? O che nessuno sapesse che gli estintori della Thyssen non funzionavano? Così, per fare solo due esempi supertragici) ma che si finge sempre di non sapere?