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giovedì 7 dicembre 2017

VESTIVAMO DA SUPERMAN - Bill Bryson

Non so come ci fossero riusciti, ma i responsabili degli anni Cinquanta avevano creato un mondo in cui ti faceva bene quasi tutto.  Gli aperitivi? Più ne bevevi meglio era! Il fumo? Ma certo! A giudicare dalle pubblicità, le sigarette ti facevano sentire addirittura meglio: calmavano i nervi tesi e rinvigorivano la mente stanca. «Proprio quelle che ha prescritto il dottore!» recitavano le pubblicità delle sigarette L&M anche sulle pagine del «Journal of the American Association», dove sarebbero state accettate fino agli anni Sessanta. I raggi X erano così benigni che i negozi di scarpe avevano installato macchine speciali che li usavano per prenderti le misure, spedendo raggi penetranti che ti entravano dalla pianta dei piedi e ti uscivano dalla testa.


“Nel dubbio, Bill Bryson”.
Potrebbe diventare il mio motto di vita, questo. O almeno di vita da lettrice, perché ho scoperto che non c’è nessuno scrittore che riesca a sbloccarmi nei momenti di crisi da “non ho voglia di leggere” come ci riesce lui.
È la seconda volta che mi succede, quest’anno, di non riuscire a trovare il libro giusto. Di aprire e chiudere dopo poche righe un romanzo perché “no, non mi va”, per poi farmi prendere dallo sconforto.  La prima crisi, avvenuta quest’estate, l’avevo superata con Una città o l’altra, libro in cui il buon vecchio Bill racconta dei suoi viaggi in Europa e che mi aveva divertito molto.
Ai primi accenni di seconda crisi, quindi, sapevo già come avrei potuto superarla: facendomi accompagnare da qualche parte da Bill Bryson.

Questa volta è stato un viaggio nel tempo, negli anni della sua infanzia, l’America degli anni ’50. In Vestivamo da superman, tradotto da Stefano Bortolussi e edito da Guanda editore, lo scrittore americano, infatti, ci racconta di come è stato nascere e crescere negli Stati Uniti del boom economico del secondo dopoguerra.

Crescere era facile. Non richiedeva alcun pensiero o sforzo da parte mia. Sarebbe accaduto comunque… Eppure quello è stato di gran lunga il periodo più spaventoso, emozionante, interessante, istruttivo, sbalorditivo, libidinoso, entusiasta, problematico, spensierato, confuso, sereno e snervante della mia vita. E guarda caso, lo è stato anche per l’America.

Nato nel 1951, Bill ha trascorso la sua infanzia e la sua adolescenza a Des Moines, la capitale dello stato dell’Iowa, persa nelle grandi pianure del Midwest. Una città tranquilla, da cui l’autore osserva e vive sulla propria pelle l’evoluzione dell’America, senza mai dimenticarsi, però, di essere un bambino. E quindi racconta degli esperimenti nucleari degli anni ’50, ma anche dei giochi per strada (a volte si veniva cacciati di casa al mattino e non si veniva riammessi fino a sera) con un milione di altri bambini e dell'arrivo della televisione; del fumo e del fatto che niente sembrava facesse male alla salute in quegli anni, ma anche dei dispetti ai negozianti e ai parenti; delle questioni razziali, ancora ben presenti in alcune parti degli Stati Uniti, ma anche di come lui e gli altri bambini  e adolescenti non vedessero alcuna differenza, se non quelle sportive.

Fortunatamente eravamo indistruttibili. Non si vedeva la necessità di cinture di sicurezza, di airbag, di dispositivi antifumo, di acqua in bottiglia o di manovre di Heimlich. I medicinali non dovevano avere chiusure di sicurezza per i bambini. Non avevamo bisogno di casco quando andavamo in moto o di ginocchiere e gomitiere quando pattinavamo. Sapevamo senza che ci fosse bisogno di scriverlo che la candeggina non era una bevanda rinfrescante e che la benzina, se accostata a un fiammifero, tendeva a prendere fuoco. Non dovevamo preoccuparci di quello che mangiavamo perché quasi tutti i cibi ci facevano bene: lo zucchero ci riempiva di energia, la carne rossa ci rendeva forti, il gelato ci dava ossa sane, il caffè ci teneva svegli, ronzanti e produttivi.

Il tutto, ovviamente, sempre con lo stile ironico, scanzonato, ma anche molto intelligente, che caratterizza tutte le opere di Bill Bryson (e di cui qui potete vedere un assaggio a inizio di ogni capitolo, nei buffi ritagli di giornale che l’autore ha scelto di inserire per introdurre l’argomento di cui sta per parlare).

Sprinfield, Illinois (AP) - Ieri il Senato dell'Illinois ha sciolto la Commissione efficienza ed economica «per motivi di efficienza ed economia».
Des Moines Tribune, 6 febbraio 1955

Quello che ne viene fuori è un ritratto fedele dell’America del periodo e di quello che gli anni ’50 e ’60 hanno rappresentato per il sogno americano. Ma è anche il ritratto di un bambino che adora mangiare schifezze e ha paura del dentista, che vorrebbe andare a Disney World e che sogna di riuscire finalmente a vedere una donna nuda.

Vestivamo da superman è un libro che tutti gli amanti degli Stati Uniti e della letteratura americana dovrebbero leggere, perché descrive benissimo il contesto di quegli anni e tutte le sue contraddizioni. Ed è un libro che, se state vivendo un blocco di lettura, dovreste procurarvi e lasciare che Bill, con i suoi superpoteri da Ragazzo Folgore, vi aiuti a superarlo.


TITOLO: Vestivamo da superman
AUTORE: Bill Bryson
TRADUTTORE: Stefano Bortolussi
PAGINE:315
EDITORE: Guanda /TEA
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formato cartaceo:Vestivamo da Superman
formato ebook: Vestivamo da superman

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