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giovedì 28 luglio 2016

IL REVERENDO, LE ROSE E LE STRAVAGANZE DEL PROFESSORE - Ian Sansom


«È passato molto tempo.»

«Ha mai perso qualcuno, Sefton?»
«Sì.»
«Allora sa bene che non ne passa mai abbastanza.»



Ho adocchiato per la prima volta Il reverendo, le rose e le stravaganze del professore (un titolo alquanto bislacco, soprattutto in considerazione dell’originale, The Norfolk Mistery) di Ian Sansom, edito da TEA con la traduzione di Flavio Iannelli, poco dopo la sua uscita, quasi per caso, sullo scaffale di una libreria. Ero stata sul punto di acquistarlo, perché già conoscevo questo autore grazie ai suoi romanzi con protagonista il fantastico bibliobus di Tundrum (Il caso dei libri scomparsi, soprattutto) e mi ricordo che, più di tutto, avevo amato il suo stile molto british.
Poi però, come succede spesso quando entro in libreria, l’ho lasciato lì e, devo ammettere, quasi dimenticato. Fino all’altro giorno, a quella mega promozione sugli ebook del gruppo Mauri Spagnol che me lo ha fatto subito acquistare. E poi, complice una crisi di lettura molto forte, che solitamente mi passa leggendo sull’e-reader, incominciarlo quasi subito.

Ed è così che ho conosciuto il giovane Stephen Sefton, reduce dalla guerra civile spagnola e ora completamente incapace di decidere che cosa fare della sua vita, e, soprattutto, il grande, grandissimo professor Swanton Morley. I due entrano in contatto grazie a un annuncio di lavoro: il professor Morley sta cercando un assistente, che lo segue nel suo enorme progetto di scrivere la storia d’Inghilterra tramite delle guide sulle regioni che la compongono. Ha bisogno di qualcuno che lo segua, che lo aiuti e che stia al suo passo e il giovane e disilluso Sefton sembra proprio essere il tipo giusto. Le cose però prendono una piega strana già dalla prima tappa, nel Norfolk. Al loro arrivo, infatti, vengono accolti da una signora urlante che ha appena trovato il corpo del vicario del paese, impiccato all’interno della chiesa. Un’occasione incredibile per Swaton Morley di mettere in mostra tutto il suo enorme sapere. E, infatti, dopo molte chiacchiere con i compaesani, molte indagini e molti imbarazzi per Sefton di fronte allo strano comportamento del suo datore di lavoro, sarà proprio Morley a trovare la soluzione del caso.

Il reverendo, le rose e le stravaganze del professore è quindi un romanzo giallo, in cui però la storia è funzionale a mettere in risalto questo incredibile protagonista. Il professore Swaton Morley è un personaggio indimenticabile: sa tutto, parla per citazioni, è spesso indisponente e poco gli importa di mettere in imbarazzo chi gli sta attorno, ma è anche capace di grandi pensieri umanissimi. E Stephen Sefton, con questa sua disillusione verso il mondo e la vita, e questa confusione che a tratti prova accanto al suo datore di lavoro (ok, quasi sempre in realtà) è una spalla perfetta, grazie proprio alla grande contrapposizione che si crea in questa coppia. 
In più, c’è la campagna inglese sul finire degli anni ’30, in cui l’eco della guerra non è ancora arrivato e dove le cose del passato ritornano anche dopo parecchi anni.

È un bel romanzo questo di Ian Sansom, divertente e intelligente, e di nuovo molto inglese. Se siete amanti di quei posti, di quella letteratura, dei gialli e, soprattutto, dei personaggi bislacchi ma geniali, direi proprio che questo libro fa per voi. Per me è stato proprio una bella lettura.

"Poi alzò la testa, la avvicinò alla mia e mi baciò sulla bocca.
Rimasi scioccato, ma ricambiai il bacio. Continuammo a baciarci per un po', con calma, senza furore, come amanti che si conoscono da sempre; poi qualcosa cambiò: sentii i suoi semi premere con insistenza contro il mio petto e le braccia stringermi con forza le spalle, e così facendo mi trascinò nel buio, lontano dalla vista di Ridley.
E poi... la sua schiena contro il muro, i baci, i nostri corpi che si muovevano febbrilmente all'unisono, i suoi gemiti, lei che metteva la mia mano sulla sua bocca mentre il suo corpo vibrava contro il mio.
Non era né il luogo né il momento giusto. Era tutto vero, ma allo stesso tempo era fatto della stessa sostanza dei sogni.
Semplicemente, accadde"

Titolo: Il reverendo, le rose e le stravaganze del professore
Autore: Ian Sansom
Traduttore: Flavio Iannelli
Pagine: 308
Editore: TEA
Prezzo di copertina: 16€
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lunedì 25 luglio 2016

AMORI IN VIAGGIO - Alexander McCall Smith

"D'altra parte, qualcuno ha mai riflettuto sul fatto che l'amore a prima vista potrebbe essere la regola e non l'eccezione? Quante persone si innamorano gradualmente e quante in realtà sono già innamorate fin da quel primo istante in cui hanno posato gli occhi sull'altro, o sull'altra?"


Mi piace tantissimo viaggiare in treno. Mi piaceva anche quando lo prendevo tutti i giorni, per andare all’università, e rimanevo spesso incastrata tra scioperi, ritardi, passaggi a livello che non si chiudevano e problemi non ben identificati. Mi piace stare lì seduta, a leggere, a guardare fuori dal finestrino o le altre persone intorno a me, senza che debba prestare attenzione a niente.

Ed è proprio durante due viaggi in treno, uno di andata e uno di ritorno, che ho letto la maggior parte di Amori in viaggio di Alexander McCall Smith, pubblicato in Italia da tre60 con la traduzione di Flavio Iannelli. Al mattino ero da sola in gruppo di sedili da quattro, su un treno quasi vuoto, complice l’estate e l’orario. Al ritorno, invece, seduto di fronte a me c’era un ragazzo che stava leggendo e che mi ha sorriso quando mi sono seduta, e accanto un bimbo che avrà avuto sì e no cinque anni in compagnia della madre e di una buffa motoretta di Spiderman che dopo cinque minuti ha iniziato a percorrermi il braccio. Avevo l'e-reader acceso davanti a me, e ogni tanto leggevo e ogni tanto guardavo fuori dal finestrino, assorta nei miei pensieri, incrociando spesso lo sguardo del ragazzo davanti a me che faceva esattamente la stessa cosa.

Amori in viaggio racconta quattro storie, che si incrociano proprio su un treno, da Edimburgo a Londra (una tratta che ho fatto una volta, ma in senso opposto). Quattro viaggiatori, tre uomini e una donna di età diverse, che si ritrovano seduti vicini e che, partendo da una considerazione banale, si ritrovano a raccontarsi le loro storie d’amore. Storie che hanno vissuto sulla propria pelle o di cui sono il frutto. Storie difficili, tormentate, incasinate, a volte dolorose, o anche solo non dichiarate. 
Ma piene, strapiene di amore.

Ammetto che quando ho terminato il libro, non sul treno ma a casa, il giorno successivo a quel viaggio, la prima impressione è stata che mi aspettavo qualcosa di più. Poi però ora che ne sto scrivendo mi sto rendendo conto di quanto effettivamente mi sia piaciuto. Non tanto per le storie d’amore raccontate, cioè sì, anche per quelle, perché non hanno nulla di banale, di stereotipato (come ci si potrebbe aspettare da un libro pubblicato da questa casa editrice). Mi è piaciuto soprattutto per l’atmosfera che Alexander McCall Smith è riuscito a creare, per questa cosa del raccontarsi a uno sconosciuto che si sa già che alla fine del viaggio non si vedrà più. 

A tutti è capitato, almeno una volta nella vita, di condividere un pezzetto di strada con qualcuno che non si conosce eppure raccontarsi come se invece ci si conoscesse da sempre, per non rivedersi più. Ed è bello, dolce e poetico. Soprattutto quando si parla d’amore.
Amori in viaggio è una lettura sicuramente leggera, che però una volta terminata lascia dentro una dolce sensazione. 


Titolo: Amori in viaggio
Autore: Alexander McCall Smith
Traduttore: Flavio Iannelli
Pagine: 213
Editore: tre60
Prezzo di copertina: 9€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Amori in viaggio

venerdì 22 luglio 2016

TINA - Alessio Torino


Tina, il nuovo libro di Alessio Torino da poco pubblicato da minimum fax, è un libro che va letto al mare. In spiaggia, magari, mentre si sta prendendo il sole sdraiati su uno scoglio o seduti sulla sdraio, sotto l’ombrellone, oppure nella penombra del primo pomeriggio, quando si aspetta che passino le ore più calde.

Tina ha otto anni ed è in vacanza al mare a Pantelleria, insieme con sua madre e sua sorella gemella, Bea. Due gemelle completamente opposte, fin troppo femminile e zuccherosa Bea per l’età che ha, ancora bambina e spesso scambiata per un maschio Tina, che allo stare seduta a prendere il sole preferisce pescare meduse. Manca il padre, rimasto a Urbino con la sua giovane amante. Le due bambine sanno che c’è qualcosa che non va, sanno che il padre non è lì quando invece dovrebbe esserci, ma forse non capiscono fino in fondo e quindi vivono comunque quell’estate come la vivrebbe qualunque bambino di otto anni.
Attorno a loro, a Tina soprattutto, ma anche alla sorella e alla madre, ruotano tutta una serie di personaggi a cui queste tre donne si aggrappano: la bellissima nuotatrice francese, di cui Tina cerca disperatamente le attenzioni; il fidanzato della ragazza, verso cui Bea ha una terribile cotta; quello strano uomo che vive da solo in una casetta sperduta e che attira invece le attenzioni della madre. Un’estate all’apparenza normale, che però in realtà non lo è per nessuna di quelle persone che si trovano lì.

Quando ho terminato di leggere Tina, in spiaggia sotto il sole, ho avuto l’impressione che mancasse qualcosa. Non saprei dirvi nemmeno adesso che cosa, in realtà, ma l’ho chiuso pensato “tutti qui?”. Tina non è un romanzo, è più un racconto lungo, una storia di un’estate qualsiasi che per chi la vive sicuramente è qualcosa di più.

Alessio Torino tiene tutto un po’ in sospeso, gioca molto sul non detto, sul lasciare intendere qualcosa che il lettore deve essere in grado di capire. Il lettore, insieme con Tina, questa bambina adorabile che sta cercando disperatamente di non diventare adulta. E lei è sicuramente un grande personaggio, come lo erano stati i protagonisti di Tetano, il primo romanzo di Alessio Torino a essere pubblicato da minimum fax, e anche quelli di Urbino, Nebraska. È stato il contorno, però, a non convincermi del tutto.

Sebbene sia passata quasi una settima da quando l’ho chiuso, fatico ancora a capire se mi sia piaciuto o meno. È bella l’atmosfera, è bello lo stile dell’autore (ed è bella, bellissima la copertina), ma forse avrei voluto qualcosa di più.

Titolo: Tina
Autore: Alessio Torino
Pagine: 145
Anno di pubblicazione: 2016
Editore: minimum fax
Prezzo di copertina: 14,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura:Tina
formato ebook: Tina

martedì 19 luglio 2016

7-7-2007 - Antonio Manzini

Aspettavo il nuovo romanzo di Antonio Manzini con protagonista il vicequestore Rocco Schiavone fin da quando ho girato l’ultima pagina di quello precedente, Era di maggio, più o meno un anno fa.

L’incredibile differenza che esiste tra il tempo che ci va a scrivere un libro e quello che ci mette un lettore per leggerlo è una di quelle cose che più di tutte turba la mia vita di lettrice. Tu aspetti un anno, ma anche di più in altri casi, per avere tra le mani qualcosa che poi finisci in pochi giorni, ma anche di meno, e via, riparte l'attesa.

7-7-2007, da poco pubblicato da Sellerio, è un esempio lampante. Rocco Schiavone mi mancava terribilmente, al punto da correre in libreria a prendere questa sua nuova avventura praticamente lo stesso giorno in cui è uscita.
E, all'attesa dovuta al mio personalissimo innamoramento per questo burbero poliziotto e per lo stile di Manzini, si aggiungeva quella per le spiegazioni che sapevo già che in questo libro sarebbero arrivate.

7-7-2007 inizia in Valle d’Aosta, pochi giorni dopo la fine del romanzo precedente. C’è un Rocco Schiavone incazzato e tormentato, da quanto successo nel romanzo precedente e, soprattutto, dal suo passato e dal suo amore per la moglie Marina. Inizia in Valle d’Aosta, dicevamo, e poi si sposta a Roma, all’estate del 2007 appunto, quella in cui tutto è incominciato. È più giovane, Rocco, ma è sempre un po’ burbero, sempre un po’ al limite tra il rispetto della legge che la divisa gli impone e quello che invece gli fa fare la sua ragione. Ed è innamorato, follemente, di sua moglie, che però questa suo scarso rispetto per le regole non sa se riesce ad accettarlo.
Di sfondo c’è un’indagine di droga e spaccio, una cosa all'apparenza banale, ma che segnerà per sempre la sua vita.

Della trama non vi dico nient’altro, anche perché chi conosce Rocco Schiavone sa benissimo che cosa scoprirà in questo nuovo libro e chi invece ancora non lo conosce sarebbe meglio non partisse da qui.
Quello che posso dire però è che una cotta letteraria così forte non me la prendevo da un bel po’. Forse dai tempi dell’avvocato Guerrieri di Gianrico Carofiglio, verso cui però la passione è scemata in fretta. Rocco Schiavone è un figo, non saprei in che altro modo dirlo. Nel suo modo di essere, così burbero, a volte persino stronzo, eppure con una certa sua etica e una sua dolcezza nascosta, che riserva davvero solo a chi se la merita.

Antonio Manzini è riuscito a creare un grandissimo personaggio e a non rovinarlo nemmeno dopo cinque romanzi. Certo, dopo Era di maggio qualche dubbio ho iniziato ad averlo, ma in 7-7-2007 si riprende alla stragrande, creando un giallo davvero ben riuscito (e facendomi pure versare qualche lacrimuccia).

L'unico vero problema è che ora bisogna aspettare, di nuovo, il prossimo.


Titolo: 7-7-2007
Autore: Antonio Manzini
Pagine: 370
Editore: Sellerio
Anno: 2016
Acquista su Amazon:
formato brossura: 7-7-2007

mercoledì 13 luglio 2016

HO SEMPRE AMATO QUESTO POSTO - Annie Proulx

Una giovinezza, la sua, senza rumori, eccetto il suono naturale del vento, lo scalpiccio degli zoccoli, lo schiocco delle vecchie travi che si incrinavano nel gelo dell'inverno, le strida degli aironi che scendevano lungo il fiume. A quel tempo uomini e donne stavano in silenzio, affidandosi alla loro capacità di osservazione. Certi giorni, vedendo muoversi qualche baffo di nuvola, gli sembrava di sentirne il rumore, come quello di una piuma trascinata lungo un cavo. Poi il vento portava via tutto, e il cielo rimaneva solo.


Ho dovuto cercare una mappa degli Stati Uniti per riuscire a localizzare precisamente dove si trovi il Wyoming. È uno di quegli stati che sai che esiste, che qualche volta hai sentito nominare, ma di cui fatichi a ricordare la giusta posizione geografica.
Anche perché è nel mezzo, un po’ a nord, lontano dalle coste e dalle grandi città turistiche. Vaste pianure circondate da alte montagne, dove di inverno si muore di freddo e d’estate ci si scioglie dal caldo.

È lì che sono ambientati tutti i racconti di Ho sempre amato questo posto, raccolta di Annie Proulx pubblicata in Italia da Mondadori con la traduzione di Silvia Pareschi. È lì che i personaggi di queste storie vivono la loro vita, quasi tutti con il sogno di possedere un ranch, di lavorare la terra, di fare i cowboy e quasi tutti costretti poi a fare i conti con la realtà, che spesso non lascia scampo.

E quindi è lì che troviamo un anziano in una casa di riposo che racconta a sua nipote il giorno della morte del padre e la scoperta di una terribile quanto incredibile verità (Un padre di famiglia). È lì che conosciamo Archie e Rose e il loro sogno d’amore, infranto dalla ricerca del lavoro e da un terribile inverno di solitudine (Quelle vecchie canzoni d’amore). È lì che cresce il Bambino di Artemisia, una pianta curata come se fosse un figlio da una coppia che di bambini non ne può avere (Il bambino di Artemisia). È lì che Hi e Helen cercano di farsi una vita che nel corso degli anni diventa sempre più difficile, soprattutto se si ha una tempra morale come quella di Hi (Il Great Divide). E ancora, è sempre in quel Wyoming sperduto che ci viene raccontata la vecchia abitudine della caccia ai bisonti (Grande- Ciotola-Unta- con Sangue) e dove Caitlin cresce come donna emancipata e robusta, che non litiga mai con il suo Marc, fino al giorno in cui si riversano contro tutto quello che per anni non si sono detti (Il testamento dell’asino). Ed è ancora lì che Dakotah vive la sua vita da figlia abbandonata e non voluta, e dove poi fa ritorno dalla guerra (A gambe all’aria nel fosso).

A questi racconti, tutti incredibilmente belli, a livello di stile, per la lucidità e la crudezza delle immagini e delle situazioni che Annie Proulx riesce a creare, e a livello di trama, se ne aggiungono due che hanno come protagonista il diavolo, che su questo Wyoming butta spesso il suo occhio. Due racconti, Ho sempre amato questo posto e Lo scherzetto della palude, che devo ammettere sembrano piazzati qui un po’ a sproposito, rovinando lo stile e l’atmosfera di tutti gli altri.
Nel complesso, comunque, Ho sempre amato questo posto è un gran bel libro, una gran bella raccolta di racconti che riesce a portare il lettore proprio là, tra quelle montagne e quelle terre desolate, in quel vecchio West che, dal punto di vista di chi lo vive e non ha soldi per sopravvivere, non ha niente di mitico e di leggendario. È solo vita e lotta per sopravvivere, per realizzare i propri sogni, o anche solo per non permettere che il mondo li infranga troppo.
Un libro consigliatissimo.


Titolo: Ho sempre amato questo posto
Autore: Annie Proulx
Traduttore: Silvia Pareschi
Pagine: 220
Editore: Mondadori
Prezzo di copertina: 18€
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lunedì 11 luglio 2016

FRATELLO JOHN, SORELLA MARY - Marco Ehlardo

Migrante. Parola politically correct (finché non ne troveranno uno più correct) che non mi piace.
Viaggi per migliaia di chilometri in condizioni al limite, e spesso oltre il limite, della sopravvivenza. Alla fine approdi in un nuovo paese e magari speri di ricostruirti una vita lì. Ossia fermarti. Invece no, resti sempre un migrante. Participio presente. Colui che migra. Condannato sull’altare del politically correct a farlo per sempre.
Quando arrivano qui, e intendono restarci, preferisco il termine immigrato. Sarà meno fico ma rende meglio l’idea e soprattutto il progetto di vita di queste persone.

Vorrei davvero riuscire a scrivere qualcosa di sensato su Fratello John, sorella Mary di Marco Ehlardo, da poco pubblicato da edizioni Spartaco, e soprattutto sul tema dell’immigrazione, ma credo di non esserne in grado. E mi rendo conto che non sia un grande incipit per una recensione, soprattutto considerando quanto questo libro mi sia piaciuto.
È che lo stavo leggendo proprio quando si è sentita per la prima volta la notizia di Emmanuel, quel ragazzo di colore rimasto ucciso dopo un alterco iniziato per difendere la sua compagna dagli insulti razzisti di un italiano. A cui poi sono seguite altre notizie: la reazione di Salvini, il tentativo degli avvocati di dire che si è trattata di legittima difesa (e magari lo è anche stata, ma certo è che se tu non avessi chiamato una persona “scimmia” non avresti dovuto difenderti da niente), il dolore della comunità che lo aveva accolto e lo stava seguendo in questi giorni e quello della compagna che, nonostante tutto, ha accettato di donare gli organi.  

È quindi il mio pensiero va lì, a questo episodio che è solo uno dei tanti, e all'ennesimo barcone di disperati che è approdato sulle nostre coste in questi giorni (non mi riferisco a uno specifico, perché ne approdano ogni giorno), e mi rende difficile parlare del libro.


Marco Ehlardo con Fratello John, Sorella Mary, da poco uscito per edizioni spartaco, ci parla di accoglienza, proprio quella che Emmanuel e sua moglie avevano ricevuto da un’associazione di Fermo. Ci parla di quanto è difficile essere un operatore sociale, soprattutto se a Napoli come nel suo caso, e avere a che fare con le situazioni più complesse e disperate. 
A raccontare è Mauro, l’operatore sociale precario alter ego dell’autore che avevamo già conosciuto in Terzo settore in fondo. Lavora sempre per il terzo settore e si occupa sempre di immigrati: della loro accoglienza e del tentativo di inserirli nel mondo del lavoro.

Mauro cerca di aiutare tutti, anche quelli con le situazioni più difficili. Come John e Mary, per esempio, lei con un permesso di soggiorno umanitario che sta per scadere, lui senza nemmeno quello, ed entrambi con un figlio in arrivo. O come Flower, una giovane nigeriana fuggita da una situazione disperata con una figlia e che proprio non capisce perché deve sottostare a quelle ridicole regole che gli operatori sociali le hanno imposto per poter conservare un tetto sulla testa.


Ma, oltre che contro la diffidenza e la testardaggine delle persone che cerca di aiutare, Mauro spesso si ritrova a combattere anche contro la sua stessa associazione e alcuni dei personaggi che ci lavorano, contro altre associazioni simili alla sua e contro uno stato che una mano, almeno lì a Napoli, non la sta dando. Contro chi, come lui, dovrebbe aiutare gli altri e invece fa cose senza alcun senso, più per mostrarsi che per effettivamente aiutare. (Beh, un bel corso di tarantella secondo me è molto utile per un immigrato che cerca lavoro). 

Come già era successo con Terzo settore in fondo, in Fratello John, Sorella Mary Marco Ehlardo mescola saggio e romanzo, con una narrazione piena di ironia ma che non fa sconti a nessuno e che mette in luce tutte le problematiche, ma anche la profonda ignoranza, che esistono a livello di accoglienza e gestione degli immigrati. 
E, di nuovo proprio come già era successo con Terzo settore in fondo, questo libro mi è piaciuto molto. Per lo stile dell’autore, per la scelta di raccontare con ironia una situazione che sarebbe in realtà tragica e, soprattutto, per l’incredibile umanità che Mauro/Marco, e penso anche tante altre persone come loro, ci mettono per cercare di aiutare gli altri. 
E poi mi ha permesso di scoprire cose che ignoravo e che spesso sui giornali e in tv ci vengono raccontate in modo completamente distorto.

Facciamo il caso che arrivi sulle coste italiane un barcone con trecento somali ed eritrei, come succede spesso. Somalia ed Eritrea sono riconosciuti, persino dal nostro governo, come Paesi altamente insicuri. Dunque scontata la richiesta di asilo e scontata la concessione di una protezione.
I titoli che leggeremo?
«Trecento clandestini sbarcati a Lampedusa».
«Ennesimo sbarco di clandestini».
«Invasione di clandestini grazie alla sinistra».

Un libro da leggere assolutamente, per aprire un po’ gli occhi e piantarla di farsi abbindolare da semplici slogan politici e scoprire davvero come funziona quel mondo, dalle parole di chi lo vive tutti i giorni.


Titolo: Fratello John, sorella Mary
Autore: Marco Ehlardo
Pagine: 180
Editore: Edizioni Spartaco
Anno: 2016
Acquista su Amazon:

mercoledì 6 luglio 2016

UNA PERFETTA GEOMETRIA - Giorgio Serafini Prosperi

Basta così.
Chiude la pagina e si illude di cancellare, come ha fatto con la scritta sullo specchio, tutto quello che prova. Poi rivede il suo sorriso e i buoni propositi vanno a farsi benedire.
Del resto, i sintomi dell'altra malattia ci sono tutti: uno dei più eclatanti è che ogni canzone d'amore trasmessa alla radio gli fa venire il magone. Oltre al fatto di controllare ogni trenta secondi se lei gli ha mandato un sms

Capitano a tutti, anche ai lettori più incalliti, dei periodi in cui non si ha voglia di leggere. O meglio, in cui qualunque libro si tenti di aprire, dopo poche pagine, si riveli quello sbagliato. Personalmente trovo questi periodi molto irritanti, perché se da un lato mi sembra di essere infastidita dal leggere, dall'altro mi manca non avere un libro tra le mani.

Per uscire da periodi così, di solito mi basta leggere un romanzo giallo. Se non riesce a sbloccarmi il racconto di un omicidio, di un’indagine, tenuta magari da un qualche investigatore figo, con una certa personalità e un certo fascino, vuol dire che la situazione è molto grave.

Questa volta il compito è toccato a Una perfetta geometria, romanzo d’esordio di Giorgio Serafini Prosperi, uscito il 30 giugno per NN Editore.

Protagonista è Adriano Panatta, ex commissario cacciato dall'arma a causa di uno scandalo non ben definito ma che riguarda una donna, che un giorno viene ricontattato da Olivia, uno dei grandi amori della sua vita, che gli chiede un aiuto. Non per se stessa, ma per la figlia Vera, che non riesce a riprendersi dalla morte della sua migliore amica, Alice, perché convinta non si sia trattato di suicidio. Adriano Panatta non riesce a resistere al richiamo delle indagini, un po' per orgoglio personale un po' per l'attrazione che prova per Vera, e si ritrova invischiato in un caso molto più grande di quanto non sembrasse all'inizio, che coinvolge sette religiose, esponenti della Roma bene e anche il mondo politico.

La trama del romanzo funziona, è fuor dubbio. Lo si intuisce già da quanto incollato ti tiene alle sue pagine. Così come funziona il personaggio di Adriano Panatta, che si porta dietro il nome del celebre tennista e un passato da mangiatore compulsivo che ancora oggi influenza il suo modo di essere.
Un po' meno riusciti sono forse i personaggi di contorno, non tanto per la loro caratterizzazione, ma per il loro numero eccessivo: a un certo punto, quando ci si avvicina alla fine, mi sono ritrovata a pensare "oddio, ora ne arriva un altro" e a perdermici un po'.
Tutti hanno un loro scopo preciso, assolutamente, ma forse il tutto avrebbe funzionato lo stesso anche con tre o quattro persone in meno. E lo stesso vale un po' per il finale, che sì è tutto coerente e incastrato alla perfezione, ma forse un pochino troppo macchinoso.

Una perfetta geometria è il classico giallo, alla Manzini mi verrebbe da dire visti tutti gli elementi comuni che ci sono (e non per niente di Manzini è la citazione sulla quarta di copertina, oltre che il cognome di uno dei personaggi coinvolti).
C'è un investigatore tormentato dal passato misterioso, un amore difficile e alcune spalle che lo aiutano nel risolvere il caso e con cui si crea un legame che va oltre il professionale. Elementi che si ritrovano spesso in questo genere di libri, e che fanno intendere che anche 
Giorgio Serafini Prosperi, prima di scriverne uno, di gialli ne ha letti molti.

Insomma, Una perfetta geometria è un buon giallo d'esordio, con sicuramente qualche imperfezione, ma che comunque riesce a coinvolgere il lettore fino all'ultima pagina. 
Certo, Adriano Panatta rimarrà sicuramente più famoso come tennista, ma anche questo investigatore, bisogna dire, non se la cava per niente male.


Titolo: Una perfetta geometria
Autore: Giorgio Serafini Prosperi
Pagine: 328
Editore: NN Editore
Prezzo di copertina: 17,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura:Una perfetta geometria
formato ebook: Una perfetta geometria

venerdì 1 luglio 2016

Cronaca di un giugno rampante

Ed è già finito anche giugno. Cavolo, quest’anno sta volando e io tra pochi giorni compio 31 anni. Non so come sia possibile, visto che ne avevo 18 l’altro giorno, ma vabbè.
Anche Giugno è stato un mese ricco di libri e di eventi. A partire dalla Grande Invasione a Ivrea, dal 2 al 5, a cui quest'anno, non so bene perché, ho partecipato con un po’ meno entusiasmo del solito. Forse perché ci vado dalla prima edizione e certe cose non mi è piaciuto come si sono evolute, forse perché è stato anche il culmine di un periodo davvero ricco di festival, incontri ed eventi che mi hanno un po’ spossata (avevo esaurito le scorte di entusiasmo, insomma). In ogni caso è stato bello partecipare all’incontro con Jenny Offill e a quello con parte degli autori della serie ViceVersa di NN, è stato bello andare a teatro a sentire il reading di Vinicio Marchioni e poi conoscere, l’ultimo giorno, Jon Stefansson. E poi beh, è stato bello incontrare di nuovo persone che riesco a vedere solo in queste occasioni.
Poi, c’è stato l’incontro con Angelo Calvisi alla libreria Sulla Parola di Caluso, dove presentava il suo Adieu Mon Coer. Anche se il libro non mi aveva proprio entusiasmata (scusa di nuovo, Angelo), lui è sicuramente un gran personaggio e uno che sa raccontare, su carta ma anche a voce.

Il 18 giugno s’è poi tenuto l’ultimo appuntamento di Una valigia di libri, il ciclo di incontri che Claudia di Il giro del mondo attraverso i libri e io abbiamo organizzato insieme con Stefania della Libreria Sulla Parola. In questa ultima tappa siamo andati in Africa e Oceania, e i consigli arrivati sono stati proprio tanti. E, cavolo, un po’ mi mancheranno questi sabato pomeriggio (ma magari ci inventiamo qualcosa per la prossima stagione).

Ma passiamo ai libri. Non sono proprio tanti questo mese, perché sto attraversando uno di quegli antipaticissimi periodo in cui la voglia di leggere scarseggia (sarà che sto traducendo e passo già parecchio tempo su un libro?). In ogni caso è stato un mese di quasi tutte belle letture, con un’unica sola piccola delusione.



QUESTA COSA BIZZARRA CHE SI CHIAMA AMORE di Elke Heidenreich e Bernd Schroeder, pubblicato da Astoria con la traduzione di Margherita Belardetti: un libro sulla vita di coppia e sull’amore, che supera le difficoltà degli anni che passano, che a volte un po’ si perde per strada, ma che alla fine rimane vivo. Proprio bello.


IL RUMORE DELLE COSE CHE INIZIANO di Evita Greco, edito da Rizzoli: un libro che probabilmente, se l’autrice non fosse stata così gentile da inviarmi, non avrei mai letto. E mi sarei persa tanto, perché il libro mi è proprio piaciuto. Per l’idea che racchiude il titolo, per la sua protagonista e per la sensazione che mi ha lasciato alla fine.


CREPUSCOLO di Kent Haruf, edito da NN editore con la traduzione di Fabio Cremonesi: non credo che serva che dica altro su questo libro e su questo autore. Anche perché se ci provo mi sa che mi commuovo di nuovo. Leggetelo, ecco.

PIÙ PICCOLO È IL PAESE, PIÙ GRANDI SONO I PECCATI di Davide Bacchilega, pubblicato da Las Vegas edizioni: altro grandissimo libro di questo mese, un giallo un po’ particolare, soprattutto per lo stile dell’autore, che è riuscito a divertirmi e, soprattutto, a fregarmi. Cavolo, io mica l’avevo capito chi fosse il colpevole. Se vi piacere il genere, assolutamente da leggere!

TUMBAS Tombe di poeti e pensatori di Cees Nooteboom, pubblicato da Iperborea con la traduzione di Fulvio Ferrari: questa è stata la delusione del mese, ma forse perché mi ci sono avvicinata con aspettative completamente diverse. L’idea del pellegrinaggio dell’autore a visitare le tombe dei suoi scrittori e poeti preferiti è molto bella, meno per me il modo in cui poi è stata messa su carta. Ma forse perché ci sono esperienze che non si possono raccontare e si devono solo vivere.

PANZEROTTA E CROCCHETTO di Ana Oncina, edito da Bao publishing e tradotto da Francesca Della Rocca: una graphic novel che racconta di una Panzerotta e di un Crocchetto di patate che vanno a convivere. Semplicemente adorabile!

LAST DAYS OF CALIFORNIA di Mary Miller, pubblicato da Edizioni Clichy con la traduzione di Sara Reggiani: un libro sulla fine del mondo ma soprattutto sulla fine dell’innocenza di una ragazzina di quindici anni. Un viaggio on the road in cui, tra le altre cose, si mangia un sacco.


Nella foto c’è anche LA FIGLIA SBAGLIATA di Raffaella Romagnolo, edito da Frassinelli ed entrato nella dozzina del Premio Strega (ma ahimè, non nella cinquina). In realtà il libro l’ho letto a maggio, ma la recensione su Ultima pagina, e poi qui sul blog, è uscita qualche giorno fa e quindi l’ho fatto rientrare nelle letture di questo mese.

E il vostro giugno come è andato?