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giovedì 7 novembre 2013

Gli editori ai tempi dei social

"Ma restare seduti in sala a leggere i titoli di coda è proprio così figo?"
"Se dopo i titoli ci sono i contenuti extra sì. Alla faccia di chi si alza subito!"

La prima frase è di Diego De Silva, la seconda è la mia risposta. Uno scambio di battute, che non ha avuto alcun seguito, avvenuto poche ore fa su twitter. Come me, altri gli hanno risposto, dandogli torto o ragione, con battute più o meno argute.
E questa è una di quelle cose di cui non smetterò mai di stupirmi. Ai tempi di internet, di facebook, di twitter e di posta elettronica, la distanza tra lettori e scrittori si è ridotta notevolmente. Un tempo se volevo far sapere a un autore che un suo libro mi era piaciuto o mi aveva fatto arrabbiare, potevo provare a scrivere una lettera alla casa editrice che lo aveva pubblicato e sperare che succedesse qualcosa. O andare alle presentazioni, se riuscivo a sapere per tempo quando erano, e trovare il coraggio di parlargli (per me non semplice, perché ogni volta che mi trovo davanti a uno dei miei scrittori preferiti divento goffa, inizio a balbettare e a sudare). Adesso no. Accedo a twitter o a facebook, scrivo il mio pensiero più o meno lungo, taggo l'interessato et voilà! Sa cosa penso del suo libro.

Illustrazione di Jessixa Bagley
Una cosa che trovo molto bella per i lettori, un po' meno forse per gli scrittori che si ritrovano a dover fare i conti con una marea di persone, di ogni tipo e carattere, che vuole dire la sua e a cui la buona educazione direbbe di rispondere. Non tutti lo fanno, ovviamente. Qualcuno non ti considera proprio, qualcun altro ti mette un mi piace o ti aggiunge ai preferiti così, per farti contento, qualcun altro ti risponde a tono ma poi si dimentica completamente di te e qualcun altro ancora diventa quasi tuo amico da tutti gli scambi che avete. 
Come vi dicevo prima, io per queste cose mi emoziono ancora. Ogni volta che un autore mi scrive, o mi chiede l'amicizia su facebook, o diventa fan della mia pagina dopo aver letto una mia recensione, per qualche minuto mi sento stupidamente importante, così importante come solo le piccole cose belle che ti succedono possono farti sentire.

Oltre agli autori però, sulla rete ci sono anche gli editori, alcuni più attivi altri meno. Devo ammettere che il mio rapporto con loro è un po' incostante. Forse a fregarmi è il fatto di avere un blog e la maggior parte delle volte in cui mi scrivono è perché vorrebbero che pubblicizzassi un loro libro. Non tutti ovviamente. Ce ne sono molti che ti ritwittano, che interagiscono con te senza alcun secondo fine (o almeno non così evidente), che condividono la tua recensione o qualunque tuo pensiero lanciato nella rete. Tutte cose che mi fanno un piacere immenso (vedere una mia recensione di Carver sulla pagina Facebook della minimum fax è stata un'emozione incredibile), perché dimostrano che comunque ai lettori e al loro parere ci tengono eccome, che non pubblicano solo ed esclusivamente per fare soldi ma anche per fare cultura.
Credo che le case editrici di questi tempi debbano stare molto attente, perché l'essere a diretto contatto con i lettori, interagire (o scegliere di non farlo) con loro può condizionare in qualche modo il rapporto che con essi si crea. Magari non al punto di condizionare la scelta o meno di leggere un loro libro, quello no, ma comunque di vedersi appiccicare l'etichetta di editore "simpatico/antipatico/suscettibile/umano". Diciamo che Facebook e Twitter (la mail un po' meno, perché si può sempre scegliere di ignorarla, tanto nessun altro utente la legge) sono una sorta di costumer care pubblico, sempre aperto e alla vista di tutti, e quindi l'atteggiamento che si decide di tenere verso chi scrive in bacheca o twitta deve essere coerente e uguale per tutti. Non si può rispondere solo a chi fa elogi e ignorare chi fa segnalazioni o commenti negativi.

Di persona ho avuto modo di testare diverse reazioni di un editore di fronte a una mia recensione, a un mio tweet o a una mia richiesta via mail. Ecco le più frequenti:
  • case editrici che ritwittano tutto quello scrivi loro (di solito con l'account facebook e twitter collegato, così vedi le cose due volte), spesso a una distanza di tempo talmente ravvicinata che lascia facilmente pensare che non abbiano nemmeno letto ciò che ha pubblicato, ma che poi se scrivi loro una mail non ti rispondono.
  • case editrici che ti ringraziano ma ti condividono solo se la recensione o il tuo commento è positivo (basta un'obiezione sulla punteggiatura o sull'uso di una parola per perdere questo "diritto") o se il libro in quel momento è in promozione.
  • case editrici che condividono qualunque cosa tu pubblichi su un loro libro, risparmiando così sulle campagne di marketing. Questi sono quelle che mandano i loro libri in omaggio sempre alle stesse blogger o alle stesse persone, sicuri del risultato che otterranno ("Il libro di cui tutte le blogger parlano!" ma tutte chi?).
  • case editrici che dopo la tua recensione ti contattano anche in privato, per spiegarti i dubbi che magari hai avuto nella tua recensione o, entusiasti del tuo entusiasmo, per proporti altre letture simili a quelle del libro che tanto hai amato.
  • case editrici che ti ignorano completamente, a meno che tu non sia il critico di qualche giornale o sito web importante
  • case editrici che litigano con te se hai espresso qualche perplessità riguardo a un loro titolo o a un loro libro.
  • case editrici che ti propongono letture che nulla hanno a che vedere con i tuoi gusti e che quando provi a spiegarglielo non ti rispondono nemmeno più, perché tanto non gli servi.
  • case editrici che condividono le recensioni o i commenti negativi (questo è davvero, davvero raro).
Illustrazione di Emi
Credo che tutti, almeno una volta, abbiamo avuto a che fare con una di queste categorie, rimanendoci più o meno male (non male da rovinarci la giornata, sia chiaro, ma quel tanto che basta da portarti a rifletterci su... e magari a scriverci un post). E sicuramente, in qualche modo, il rapporto che abbiamo avuto con un determinato editore ci condiziona, anche solo leggermente, nel nostro prossimo approcciarci a lui.
Il contatto e il rapporto con i lettori, siano o meno blogger, è, a mio avviso, fondamentale per un editore. D'altronde sono i lettori che comprano i libri e che li leggono. I social network hanno il vantaggio di poter far arrivare alla conoscenza dei lettori quei romanzi che magari non sono accompagnati da altre campagne marketing (tipo le pubblicità in radio, sui giornali, tirature illimitate e piramidi di copie in ogni libreria). E quindi non va sottovalutato il potere che questi mezzi di comunicazione hanno. Case editrici che non sono su facebook, non sono su twitter, non interagiscono con i lettori in nessun modo (mi spiegate una cosa? Ma perché mettete l'indirizzo mail sul sito se poi non rispondete?) sicuramente un po' ci perdono a livello di immagine e, di conseguenza, di vendite.
Che ne pensate?

6 commenti:

  1. Comunque rimanere fino alla fine dei titoli di coda può essere vantaggioso anche perché:

    - dove devi andare tanto di fretta?
    - puoi evitare la calca dell'uscita
    - (mi capita spesso) puoi vedere il titolo di una canzone del film che ti è piaciuta, e l'elenco lo mettono sempre alla fine

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    1. Concordo! A me danno un fastidio incredibile quelle persone che si alzano non appena finisce, manco si vincesse qualcosa ad arrivare per primi alla porta!

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  2. Beh il mondo è bello perché è vario! ;) Ma non dobbiamo dimenticare che l'editore è un lavoro e si ha da guadagnare. Se sei una grossa casa editrice e pubblichi letteratura seriale probabilmente non ti serve il piccolo commento di un blog medio-piccolo, indipendentemente dalla sua qualità o dal giudizio sul libro. E' il numero di lettori e mi piace che conta. Credo che una buona parte di pubblicità a libracci pessimi sia stata fatta da grossi blog o personaggi che scrivevano articoli (molto facili e veloci) su quanto faccia schifo la punteggiatura di Cinquanta sfumature di grigio o del Codice Da Vinci o di chissà cos'altro. Una piccola casa editrice è più invogliata a cercare di instaurare un rapporto con una clientela affezionata, che compra e apprezza ogni libro in catalogo. Aldilà dell'esperienza umana e dell'educazione, credo sia anche una questione di marketing.

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    1. Il mio era un discorso più in generale, sul rapporto con il lettore, anche non blogger (anche se mi rendo conto che comunque la mia visione sia forse un po' di parte).
      Certo che il commento del piccolo blog, soprattutto come dici tu se sei una grande casa editrice, ti serve a poco a livello di marketing. Ma comunque il modo in cui rispondi a un tweet, il mondo in cui ti comporti di fronte a una critica (che può muoverla un blog ma anche un lettore che non ne possiede uno) inevitabilmente condiziona il modo in cui in futuro quel blogger o quel lettore si approcceranno a te. Non tanto da non farti comprare i suoi libri, certo, ma comunque passerai per "editore antipatico" o "editore attento ai lettori" (per farti un esempio, ho scritto tre volte a una casa editrice per chiedere un contatto di un autore, non mi ha mai risposto in un mese, ho scritto a quella che lo pubblicava prima e in due ore avevo la risposta).
      Secondo me nel momento in cui sei su un social network alla vista di tutti i lettori, devi cercare il più possibile di instaurare un rapporto con loro.

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  3. Sicuramente nessun settore d'impresa può ignorare l'importanza dei nuovi mezzi di comunicazione, soprattutto i social: in una società ad alto bisogno di partecipazione e riconoscimento è fondamentale lasciare uno spazio al consumatore (per quanto, parlando di libri, suoni male un simile termine), perché proprio questo canale può far crescere e conoscere il prodotto e stimolare un dibattito che, comunque, interessa l'editoria in genere e può quindi dare spunti di lavoro e promozione. L'ideale sarebbe, come in ogni scambio che si rispetti, una interazione reale, con risposte educate e posate ai tweet o ai post fb, indipendentemente dal loro contenuto. Sono quindi pienamente d'accordo quando scrivi che non si può gestire questa comunicazione sui social con i lettori o con i blogger stessi elogiando i fan e gli interventi positivi e stigmatizzando quelli contrari. Non diversamente dalla linea editoriale, bisogna dunque adottare anche una linea coerente di comunicazione sull'edtoria.

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    1. Esattamente sì!
      Ignorare un commento negativo, se espresso in modo educato ovviamente, o rispondere male a una critica secondo me un po' compromette il rapporto tra la casa editrice e il lettore che l'ha mossa (e anche quelli che hanno assistito in modo passivo).
      Mi rendo conto che, a livello di marketing, condividere o ritwittare un commento negativo non sia molto furbo, ma anche ignorarlo del tutto non lo è.

      Forse ci va ancora tempo, forse certe case editrici ancora non si sentono a loro agio nei social network o pensano di non averne bisogno. Non so. Io personalmente, pur "boicottando" apertamente solo pochissime case editrici indipendentemente dalla loro presenza sui social, ho sicuramente più in simpatia quelle più attive, quelle che rispondono e parlano ai lettori.

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