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giovedì 4 aprile 2013

ESTASI CULINARIE - Muriel Barbery

Nel signorile palazzo di rue de Grenelle, già reso celebre dall'"Eleganza del riccio", monsieur Arthens, il più grande critico gastronomico del mondo, il genio della degustazione, è in punto di morte. Il despota cinico e tremendamente egocentrico, che dall'alto del suo potere smisurato decide le sorti degli chef più prestigiosi, nelle ultime ore di vita cerca di recuperare un sapore primordiale e sublime, un sapore provato e che ora gli sfugge, il Sapore per eccellenza, quello che vorrebbe assaggiare di nuovo, prima del trapasso. Ha così inizio un viaggio gustoso e ironico che ripercorre la carriera di Arthens dall'infanzia ai fasti della maturità, attraverso la celebrazione di piatti poveri e prelibatezze haute cuisine. A fare da contrappunto alla voce dell'arrogante critico c'è la nutrita galleria delle sue vittime (i familiari, l'amante, l'allievo, il gatto e anche la portinaia Renée), ciascuna delle quali prende la parola per esprimere il suo punto di vista su un uomo che, tra grandezze pubbliche e miserie private, sembra ispirare solo sentimenti estremi, dall'ammirazione incondizionata al terrore, dall'amore cieco all'odio feroce. 

Sono qui davanti al pc, che sgranocchio un pezzetto di Parmigiano in attesa che sia pronta la cena. Una premessa che può sembrare superflua (ed effettivamente lo è) ma che mi aiuta a entrare nello spirito giusto per scrivere questa recensione. Anche perché mangiare, secondo me uno dei più grandi piaceri della vita, mi aiuta a riflettere meglio e a cercare di fare un po' di ordine in mezzo ai pensieri intricati che questa lettura mi ha lasciato.

Se c'è una cosa che odio è quando non sono in grado di dire se un libro mi è piaciuto o meno. In questo caso, poi, partivo con qualche pregiudizio: della Barbery ho letto, come credo quasi tutti, "L'eleganza del riccio", apprezzandolo solo a metà: bellissima l'idea, molto intricato lo svolgimento e lo stile.
Uno stile che qui si ritrova uguale, sebbene si tratti di un'opera precedente e quindi, si presume, meno matura. Ed è uno stile che ritrovo sempre nei narratori francesi che incontro sulla mia strada. Frasi intricate, scritte con un tono aulico e molto cerimonioso, come se si volesse a tutti costi fare sfoggio di cultura e far faticare il lettore. Ripeto, non è una caratteristica solo della Barbery questa. 

In questo, di nuovo, le premesse per un libro che mi potesse piacere tantissimo c'erano tutte. Si parla di cibo e di ricordi ad esso associati. Un uomo, un famoso critico gastronomico, è in punto di morte e vorrebbe, prima di andarsene, gustare per un'ultima volta una pietanza, che però non riesce a rievocare. Si fa un viaggio nei suoi ricordi, alcuni molto belli (quello del cane, ad esempio, mi ha fatta impazzire), altri molto evocativi (vedi il sushi, di cui leggendo mi è venuta una voglia pazzesca) altri francamente quasi inutili. Fino a che per fortuna, proprio alla fine, riesce a ricordasi cosa fosse. Attorno a lui, ci sono altri personaggi, la portinaia, la moglie, i figli, l'amante, il gatto, che ne delineano il carattere, in un ritratto decisamente poco lusinghiero.

Il fatto è che secondo me tutto meritava un migliore approfondimento. Meno esercizi di stile e più concretezza. Ci sono tante cose in ballo, troppe, che avrebbero avuto bisogno di più di 130 pagine per poter essere spiegate e narrate bene. Non tanto per quanto riguarda i ricordi culinari dell'uomo, tutti comunque abbastanza efficaci, quanto nelle storie collaterali. Narrate così, per me, avrebbero anche potuto non esserci, perché quasi oscurano questo elogio al cibo, offrendo poco o nulla di più alla storia.
Penso che se non si è dei veri amanti del cibo, le difficoltà nell'apprezzare questo libro, per lo stile in cui è scritto e per le descrizioni tanto precise e dettagliate, siano ancora maggiori. 
Con questo non voglio assolutamente sconsigliarvene la lettura. Semplicemente avvisarvi a cosa andrete in contro.

Ah, poi ovviamente mi sono anche messa a pensare a quale sarebbe il cibo che vorrei mangiare un'ultima volta se fossi in punto di morte. E' una domanda davvero difficile, anche se penso che la scelta ricadrebbe sui gnocchi  con il pesto che fa la mia mamma (ma anche un tiramisù...)

Nota alla traduzione: il francese è una lingua che non conosco, quindi non sarei in grado di riconoscere calchi o errori di traduzione. Nella mia ignoranza posso quindi dire che mi sembra ben fatta.

Titolo: Estasi culinarie
Autore: Muriel Barbery
Traduttore: Emanuelle Caillat e Cinzia Poli
Pagine: 139
Anno di pubblicazione: 2008
Editore: e/o
ISBN: 978-8876418921
Prezzo di copertina: 4,90 €
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formato brossura: Estasi culinarie

12 commenti:

  1. Non concordo sul discorso dello stile troppo aulico, perché salvo nel caso l'autore tiri fuori un lessico palesemente al di sopra delle sue possibilità, che non sa gestire, per me uno stile ricco e ricercato - se al contempo comprensibile - è solo un pregio in più.
    Non per nulla quando qualcuno cerca di offendermi sfoderando il classico "Parla come mangi!" io rispondo che già lo faccio, proprio con i termini che a tanti sembrano eccessivamente alti ;)

    (Il pesto SUI gnocchi? ;)

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    1. Probabilmente sono io che ho difficoltà con questo stile eh! Però è una cosa che ho notato già con altri autori francesi (tipo Laurence Cossé, per esempio) e che non sempre trovo adeguato alla storia che raccontano e che me la rendono troppo artificiosa...

      (Forse si dice GLI gnocchi... ma il mio è un piemontesismo, dai :P)

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    2. Senza forse, anche se gli gnocchi non lo sanno e restano buonissimi ugualmente :)

      Laurence Cossé, un nome del tutto nuovo per me.
      (Non sono un'appassionata di letteratura francese in verità, ma questo nome non l'ho neppure sentito nominare).
      Scateno la mia curiosità e vado a vedere cos'ha scritto, per caso hai recensito qualcosa di suo?

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    3. Io anche sono piuttosto digiuna di letteratura francese eh, però nei pochi che ho letto ho trovato proprio lo stesso stile della Barbery.
      Cossé ha scritto "La libreria del buon romanzo", trovi la recensione qui se vuoi: http://lalettricerampante.blogspot.it/2012/03/la-libreria-del-buon-romanzo-laurence.html

      Forse ho dato un po' per scontato che fosse un libro conosciuto da tutti(è una cosa bruttissima che faccio spesso questa :/)

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    4. Ci mancherebbe, con tutti i titoli che vengono pubblicati è impossibile non perdersene la metà!
      E poi io al momento frequento poco scaffali e librerie, sto "smaltendo" di buzzo buono (con qualche sporadica eccezione) i cumuli di libri che già ho in casa, magari acquistati anni fa...
      ... perciò è del tutto normale che non lo conosca :)

      Grazie della dritta comunque, ora mi leggo la rece e mi faccio un'idea se potrebbe piacermi o meno.

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  2. Anche io non sono riuscita ad apprezzare del tutto questo libro - l'ho letto molti anni fa, quindi non ricordo bene, ma rammento di aver pensato che poteva "dare di più", ecco :)

    P.S. personalmente, io dico "gli gnocchi", ma ho sentito molti dire "i gnocchi"; bisognerebbe consultare la Crusca :D
    In ogni caso, il concetto è lo stesso: gnocchi e pesto sono un'accoppiata fenomenale!

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    1. Esatto sì, a me sembra che gli manchi qualcosa, che certe cose non siano state approfondite come avrebbero dovuto e che quindi, messe così, non abbiano poi tutto sto senso.

      Sono abbastanza sicura si dica GLI gnocchi... ma prima di pubblicarla l'ho fatta leggere a due amici superpiemontesi a cui non è nemmeno sorto il dubbio, quindi mi sa che è una cosa nostra :P

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  3. L'avevo letto qualche mese fa, una delle prime recensioni sul mio blog!
    I primi capitoli ero incuriosita... alla conclusione irritatissima. L'ho trovato ampolloso ma soprattutto ridondante. Non c'è un odore, un sapore, un niente che sia sgradevole. E' tutto meraviglioso, stupendo, indimenticabile. Tutto.
    Alla fine è un po' tutto uguale, quindi... ;)

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    1. Ecco, ampolloso! Quel maledetto aggettivo che ieri sera proprio non ne voleva sapere di venirmi!
      A me alcuni ricordi sono piaciuti, però effettivamente, pensandoci con calma, è un po' come dici tu... il tutto si ripete e ridonda.

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  4. Ciao e scusa l’off-topic. Mi sono trovato a dover nominare 15 blog ai quali assegnare il prestigiosissimo “Versatile Blogger Award” e il tuo blog è tra i miei prescelti. Spero non ti dispiaccia. Sul mio blog troverai tutte le indicazioni, nel caso volessi passare a ritirarlo. Ciao.

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    1. Ti ringrazio davvero tantissimo! E certo che non mi dispiace! Ora vengo a dare un'occhiata!

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  5. Io avevo letto L'eleganza del riccio ed ero rimasta colpita dall'idea rovesciata della protagonista, che fa di tutto per non far notare la propria intelligenza e i propri gusti non da portinaia. In alcuni casi, i suoi gusti mi sembravano davvero un po' troppo d'élite...tant'è che un giapponese è praticamente l'unico ad accompagnarla in questo. Di Estasi culinarie mi aveva colpito il tono sarcastico di fondo, e la capacità di descrivere in modo altisonante persino il sapore dei pomodori coltivati dalla zia. Per lo stile ampolloso...sembra appartenere allo scrivere francese. Vi sembrerà azzardato, ma in certi passi mi ritornava in mente Balzac, e il suo uso elaborato di parole, quasi a raffica. I francesi amano parlare, parlare...

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