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venerdì 12 maggio 2017

LA FINE DEI VANDALISMI - Tom Drury

«Dammi la mano» le disse. Lei gliela diede. Le dita di Louise erano forti e calde. «Grazie» disse lui. Rimasero così, con le mani appoggiate sul tavolo.
«Non c'è di che» disse lei.

Immaginate di esservi trasferiti da poco in una cittadina. Non un paese minuscolo, ma della dimensione giusta perché tutti si conoscano tra loro e tutti sappiano, o pensino di sapere, qualcosa di tutti. 
Voi vivete lì da poco e avete appena iniziato ad avventurarvi all'esterno. Magari siete andati a comprare il pane nel negozietto vicino a casa, oppure avete già fatto la vostra prima fila in posta (non importa quanto piccolo sia il paese in cui vivete, la fila in posta la troverete sempre) o, un po’ intimiditi, avete preso parte al vostro primo consiglio comunale. Così, giusto per farvi un’idea di dove siete finiti.
Avete già iniziato a vedere gli altri e gli altri a vedere e farsi domande su di voi, ma non vi siete ancora del tutto integrati. Vi è capitato di sentire conversazioni di cui non siete sicuri di aver capito il senso, perché vi manca un contesto, o aver ascoltato riferimenti a persone che non avete idea di chi siano e, forse, mai l’avrete.
Ma una conversazione origliata qua e una conversazione origliata là, una chiacchierata oggi e una chiacchierata domani e a poco a poco anche voi inizierete a sentirvi parte di quel luogo, conoscendone le persone, magari anche solo di fama; cogliendo le caratteristiche degli abitanti, i conflitti, le simpatie, i pettegolezzi. Arrivando così, in un modo o nell'altro, a conoscere la vita di tutti, a farne parte e, soprattutto, a non volervene più andare.

Leggere le prime pagine di La fine dei vandalismi di Tom Drury, primo volume di una nuova trilogia pubblicata da NN editore con la traduzione di Gianni Pannofino ambientata a Grouse County, è un po’ come uscire di casa per la prima volta dopo che ci si è trasferiti in un posto nuovo e incontrare persone, magari mentre si è in coda a donare il sangue o si sta aspettando il proprio turno per ordinare un hamburger, che parlano tra di loro di cose che non capisci, o che capisci ma ti sembrano assurde e che, soprattutto, nella maggior parte dei casi non avranno un seguito.
 Poi man mano che si procede con la lettura, questi dialoghi a volte un po’ strampalati acquisiscono un senso che riesci a comprendere anche tu e di cui inizi a fare parte. E soprattutto, tutte insieme, queste conversazioni formano una piccola grande storia.

Come quella di Dan e Louise, sceriffo della contea lui e assistente fotografa lei, e della loro storia d’amore.  Sono loro il fulcro attorno a cui ruotano tutto il libro e tutti gli altri personaggi (sessantotto in tutto, tra fugaci apparizioni e ruoli un po’ più incisivi, come lo stesso Drury riepiloga alla fine del romanzo). Una storia d’amore senza troppo clamore, nata dalle ceneri del matrimonio di Louise con Tiny, e che vive senza altrettanto clamore tutte le piccole gioie ma anche le insicurezze e, purtroppo, a volte, le grandi tragedie che caratterizzano l’amore tra due persone.
«Cos’è che stavi scrivendo?» disse Dan mentre uscivano, e lei gli porse un foglietto su cui aveva scritto, quattro volte: dimostrami amore.
«Lo farò» disse lui.
Attorno a loro si sviluppano tante altre storie, più o meno grandi. C’è quella di Tiny, l’ex marito di Louise, che fatica ad accettare la fine del matrimonio, un po’ per orgoglio un po’ per amore, e che inizia a spostarsi, da una cittadina all’altra, da un lavoro strambo all’altro, fino a tornare a Grouse County. C’è quella di Quinn, il neonato trovato da Dan abbandonato in un carrello del supermercato e attorno a cui tutto il paese si stringe. C’è quella di Albert e del suo amore contrastato per Lu Chiang, la studentessa di Taiwan giunta a Grouse County con un programma di studi e ritrovatasi a badare ai polli. C’è quella di Carol e Kenneth Kennedy e dei pesci dello stagno del loro villaggio vacanze. Quella del fotografo Kleeborg, della spogliarellista Marnie e ancora tante, tante piccole altre storie.

Eppure, dopo un momento di smarrimento iniziale, tutte queste storie che si sfiorano e si intrecciano tra loro non generano confusione, ma servono a descrivere forse l’unico vero grande protagonista che nell’elenco dei sessantotto finali non è riportato: Grouse County stessa.

Ho amato moltissimo La fine dei vandalismi. Ho amato la dolcezza e la delicatezza della storia d’amore tra Dan e Louise, certo, che non si perde in troppe sdolcinatezze e smancerie ma è ricca di tanti piccoli gesti che la rendono indimenticabile. Ma ho amato praticamente anche tutti gli altri personaggi, persino quelli all'apparenza più antipatici (per esempio Tiny), e tutti i dialoghi e le situazioni buffe, strampalate e divertenti che si susseguono sulle pagine.
E ho amato, tantissimo, lo stile di Tom Drury. La scelta delle storie da raccontare e dei dettagli da descrivere e la semplicità con cui li ha descritti. Il suo soffermarsi su cose all'apparenza sceme e inutili, che però, messe tutte insieme, alla fine non lo sono, e il suo mettere in bocca a personaggi grandi verità in modo quasi inaspettato. Come quando un amore finisce e uno chiede all’altro:
«Louise?».
«Sì. Che cosa c'è?».
«Non dimenticarti delle cose belle».

Leggere La fine dei vandalismi, anche le pagine più tristi (e ce ne sono, e anche queste sono descritte con una delicatezza che non avevo mai trovato in altri libri), è stato in qualche modo rassicurante. Lo è stato passeggiare per le vie di Grouse County e prendere parte a dialoghi su erba cattiva che non fa bene ai cavalli, ma anche assistere a una riunione del consiglio, preparare le lasagne insieme a Helena Plum, fare il tifo per le elezioni del nuovo sceriffo o chiedersi come sia possibile che dei pesci abbiano scacciato altri pesci e non si riesca più a farli tornare.

Ho letto il libro con un sorriso e l'ho chiuso con un po' di tristezza. Come quella tristezza che provi quando sei arrivato in un posto in cui stai bene, in cui ti sei ambientato, che senti come casa e che devi abbandonare.
Per fortuna a Grouse County Tom Drury ha dedicato una trilogia, perché io non vedo proprio l'ora di tornarci.


TITOLO: La fine dei vandalismi
AUTORE: Tom Drury
TRADUTTORE: Gianni Pannofino
PAGINE: 240
EDITORE: NN editore
ANNO: 2017
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formato cartaceo: La fine dei vandalismi
formato ebook: La fine dei vandalismi

14 commenti:

  1. Questa è una delle pubblicazioni NN che aspettavo da maggior tempo e, sfortutamente, dovrò aspettare ancora perché presso la libreria di fiducia non è ancora arrivato. Ti ho letta a spizzichi e bocconi per farmene un'idea, una volta terminato passerò di nuovo,. Sono contenta che ti sia piaciuto 😊
    P.S. Hai letto Bull Mountain di Panowich?

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    1. Mi è piaciuto davvero tantissimo, sì! :) Aspetto poi di sapere cosa ne pensi tu!

      Bull Mountain non l'ho ancora letto, perché, se devo dire la verità, non mi ispira tanto... temo non sia molto il mio genere :/ Ma prima o poi ci provo comunquen

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  2. Avevo letto su Facebook dei tuoi timori per questa recensione. Penso di poter dire che erano infondati o se non altro che li hai superati alla grande. Che dire? Speravo quasi che almeno un libro del catalogo NN non mi interessasse poi granché, e invece no, accidenti, come faccio a far correre dopo tutte le parole splendide che hai speso per raccontarlo?
    Caro Tom Drury, dopo Haruf me la vedrò anche con te.

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    1. Quando leggo libri che mi piacciono tantissimo, mi viene sempre un po' paura di non riuscire a trasmettere agli altri i veri motivi per cui il libro mi è piaciuto. Nel caso di Drury sono andata proprio un po' nel panico perché è uno dei libri più belli che ho letto quest'anno, senza ombra di dubbio, ma forse forse anche dell'anno scorso :) Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensi tu! :)

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    2. Oddio, questa è una rivelazione! Hai ragione, ecco cosa è difficile raccontare e prima ancora riuscire a realizzare nel proprio cervello: i "veri motivi" per cui un libro ti fa dire "sì", con entusiasmo, come fossi sotto shock.

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  3. Mi hai veramente convinta. Concordo con rosa: i tuoi timori erano infondati.
    Un saluto da Lea

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  4. La NNE è stata una sorpresa graditissima per quanto mi riguarda perché pubblica romanzi di una bellezza sorprendente; mi sono innamorata di Haruf e dopo di lui ho in progetto di fare la stessa cosa con Drudy perché questa nuova trilogia mi ispira tantissimo!

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    1. Non voglio fare il paragone con Haruf (che ho amato tantissimo anche io), proprio per non offuscare questa nuova trilogia, che si merita uno spazio tutto suo.
      Però sì, sono sicura che te ne innamorerai :)

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  5. Se non ti insulto per la bella recensione e per un altro libro da volere è perché ho anticipato le tue mosse, insieme a Chiara della NN, e questo ce l'ho già. Aspetto il momento giusto. :)

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    1. Ma come insultarmi? Dovresti essermi grato per tutti i bei libri che ti faccio leggere :P

      Hai fatto bene a esserti procurato già il libro... e sono davvero sicura che non ti deluderà :)

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  6. Wow, sono ancora più curiosa di leggerlo! Mi sto sempre più appassionando alle atmosfere di queste cittadine americane, ai loro personaggi, ai loro nomi... :)

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    1. Sì, sono davvero bellissime queste atmosfere :) Curiosissima di scoprire se anche a te piacerà! :)

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  7. Anche in questa trilogia, pubblicata non a caso da NN, Elisa, la città è un personaggio; che è un po' la scelta che, da Faulkner in poi, forse, fanno gli scrittori che vogliono scrivere grandi storie.
    Un esempio ritornato di moda è Twin Peaks; tutto, nella serie di David Lynch e Mark Frost, ruota attorno alla piccola cittadina delle due vette (i personaggi bevono caffé in tazze che recano lo stemma comunale). Mi chiedo io, e chiedo anche a tutti i lettori di questo blog, oltre a Andrea Vitale, quali sono gli scrittori italiani che fanno maggior uso della città, o del paese, come personaggio?

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