martedì 21 gennaio 2014

NORWEGIAN WOOD - Haruki Murakami

Ed eccomi qui, a recensire Norwegian Wood di Haruki Murakami. O a provarci almeno, perché in realtà non sono ancora così sicura di aver capito cosa mi abbia lasciato questo libro. Le aspettative, come sapete, erano tante. E tante era anche l’ansia che provavo per questo mio primo approccio con questo scrittore giapponese, che tutti hanno letto e che quasi tutti adorano.
Se avessi recensito immediatamente questo libro ieri sera, appena finito, probabilmente ne avrei parlato malissimo. Non perché sia un libro scritto male, difficile da leggere o con una trama troppo banale. Nulla di tutto questo. E’ che l’ho trovato troppo triste, troppo esagerato, troppo disperato. Un’ ecatombe dalla prima all'ultima pagina, con un numero di morti che può fare invidia al Trono di Spade di Martin.
Poi ci ho dormito su, ho lasciato che il libro riposasse un po’ nella mia mente, per cercare di smorzare l’impressione iniziale e capire bene se e cosa c’era dietro e cosa mi aveva lasciato. 
Il risultato però non è cambiato di molto.

Il protagonista è  Toru, un ragazzo di vent'anni, il cui migliore amico si è suicidato quando ne aveva diciassette, che si ritrova a frequentare Naoko, fidanzata di questo suo migliore amico, che ancora non si è ripresa da quello che è successo. Per questo, decide di andare in un centro di recupero, sperduto tra le montagne. I due continuano con la loro vita, scrivendosi ogni tanto. Lui si considera impegnato, e così anche si dichiara a Midori, una ragazza che frequenta un suo stesso corso all'Università, e con cui inizia a stringere un forte legame. Midori è un maschiaccio, sboccata, diretta, un po’ volgare, con sulle spalle una situazione famigliare dolorosa. Il protagonista si ritrova quindi combattuto tra queste due ragazze, innamorato di entrambe anche se in modo diverso. Finché una delle due, senza saperlo, decide per lui.

La sensazione di trovarsi di fronte a un libro troppo tragico è sempre molto forte, anche dopo averci riflettuto su qualche ora. Una tragicità esagerata, che ho trovato anche non necessaria, se devo essere sincera, e che secondo me è  ancor più esagerata se si pensa che i protagonisti hanno poco più di vent'anni. Non so, magari in Giappone è tutto più frenetico, più riflessivo e questo mal di vivere tra i ragazzi di quell'età è più normale e diffuso che qui. Però, leggendolo, ho provato un po’ di fastidio.
Così come mi ha infastidito quella certa volgarità dilagante, forse inserita per rendere ancora più netta la distinzione tra Naoko e Midori, le due ragazze tra cui il protagonista si ritrova in qualche modo a dover scegliere. Mi è sembrato un espediente per tener alta l’attenzione del lettore e non lasciare che si perdesse o si stufasse delle insicurezze e della fragilità emotiva dei veri protagonisti (oppure un modo per sottolinearla maggiormente, forse…).
Murakami scrive sicuramente molto bene e credevo che avrei avuto maggiori difficoltà ad andare avanti con la lettura. Invece ho letto questo libro d’un fiato, in poco tempo e con molta curiosità, senza intoppi. E ci sono sicuramente dei momenti davvero molto poetici all'interno di tutto il romanzo (le descrizioni del protagonista che legge, la sua passione per i libri, la scena all'ospedale). Però, boh? Mi aspettavo qualcosa di diverso. Sarà anche che non sono una grande amante dell’eccessiva tragicità, che non credo che per parlare del male di vivere dei ventenni (male di vivere che in modo più o meno forte ha colpito e colpisce un po’ tutti) si debba per forza parlare di suicidi, malattie e sesso. O almeno non in questo modo.

Non lo so, anche adesso che ho messo nero su bianco i miei pensieri non riesco ancora a dare un giudizio definitivo su questo romanzo. “Mi è piaciuto, però…”. “Non mi è piaciuto, anche se…”. E’ raro che mi ritrovi di fronte a un’indecisione così totale di fronte a un libro. Forse ha bisogno di decantare ancora un po’ nella mia mente. Forse ho bisogno di leggere qualcos'altro di questo autore per poter dare un giudizio anche su questo libro (che pare essere, tra l’altro, diverso da tutti gli altri, meno surreale e onirico e più legato alla realtà… quindi il tasso di suicidi in Giappone tra i ventenni deve essere altissimo).
Al momento, per quanto scorrevole e scritto benissimo, non sono sicura che ne consiglierei la lettura.


Titolo: Norwegian Wood
Autore: Haurki Murakami
Traduttore: Giorgio Amitrano
Pagine: 399
Anno di pubblicazione: 2006
Editore: Einaudi
ISBN: 978-8806183158
Prezzo di copertina: 12,00€
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formato brossura: Norwegian wood. Tokyo blues
formato ebook: Norwegian Wood

34 commenti:

  1. Anch'io ho avuto lo stesso problema con questo libro, ma non sono stata brava quanto te e l'ho cominciato e mollato a poco più di metà per due volte. Ho fatto passare mesi prima di ricominciarlo, ma quello che provavo nei suoi confronti non cambiava: troppo di tutto. Non sono mai riuscita a entrare nell'ottica della letteratura e della cultura orientali e credo che questo mi limiti molto.
    Pensare che questo sia il meno onirico e surreale dei suoi romanzi mi ha fatto tenere alla larga da tutta la sua produzione, anche se un po' mi dispiace di non riuscire a capire quest'autore. Forse, come avevi scritto nel post di qualche giorno fa, è proprio questione di fascino che una cultura esercita su di noi.

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    1. Ammetto di non aver sentito molto la "giapponesità" in questo libro... o forse pensavo ce ne sarebbe stata molta di più e quindi quella qui presente non mi ha bloccata più di tanto (pur non essendo una grande amante di quella cultura). Lo avrei trovato troppo tragico anche se fosse stato ambientato da un'altra parte :)
      Però davvero in Giappone i ventenni sono davvero tutti così disperati?

      Comunque, pur non avendo avuto particolari problemi nel proseguire la lettura, capisco perfettamente la tua difficoltà e il tuo averlo abbandonato :)

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    2. Anch'io mi sono chiesta se vivere in Giappone sia così tragico :) spero di no :)

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    3. Su twitter mi hanno appena linkato un articolo in cui si rivela che effettivamente il tasso di suicidi tra i ventenni in Giappone è molto alto... Quindi boh, alla fine Murakami fa forse un vero e proprio ritratto della società. Però ecco, io almeno un personaggio che desse equilibrio un po' a tutto lo avrei inserito!

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  2. Ho avuto la tua stessa sensazione: troppi morti! Come hai scritto tu la scrittura per fortuna non c'entra, ma è il dramma dilagante di quella cultura che noi sembra inverosimile.
    Dopo questa esperienza non ho più ripreso in mano un Murakami. Anche io sono drammatica!

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    1. Ecco, io non ho ben presente come sia la cultura giapponese, devo ammetterlo. Però non pensavo che i ventenni fossero tutti davvero così. Se ci fai caso, non ce n'è uno nel libro che sia davvero in pace con se stesso e, nei limiti, felice. Sono tutti così? :S

      Non so se leggerò mai altro, devo essere onesta. Anche perché se questo è il più "realista", credo che con gli altri avrei davvero dei problemi

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    2. Brevemente: lui ha scelto, fra tutto ciò che il reale offre, di parlare di vecchi dolori e nuove malinconie. Magari avremmo preferito altro, o comunque che il sapore del libro variasse un po', ma pazienza.
      Io però, da sua lettrice appassionata, ti consiglio di non basarti sul discorso realismo-onirismo per decidere se leggere altro: per esempio Kafka è molto tosto, impegnativo, travolgente, ma lontanissimo da questa botta di vita (ahem :)

      Devo anche dire che, a proposito del linguaggio sboccato, non so se lo usi anche per caratterizzare meglio certi personaggi; purtroppo però proprio pensando a Kafka ricordo che pure lì non ne mancava.
      Tanto che a volte mi chiedevo se certe descrizioni forti avessero qualche significato, qualche importanza cruciale. Invece, a posteriori, mi sa che semplicemente quello è il suo modo per trattare il sesso, onirico e simbolico o reale che sia.
      Temo sia... fatto così.

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  3. Ecco allora perché a me piace Murakami e i giappo in genere... per la tragicità! XD Grazie per avermi aperto gli occhi... Mi sa che è proprio così XD

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    1. Ahahahaha beh, lieta di esserti stata d'aiuto

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    2. Che poi sono tragico solo nelle storie, nel senso che nella vita non sono affatto tragico, anzi. Ma anche quando scrivo, mi rendo conto di preferire 'la brutta fine'! XD

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    3. "E morirono tutti felici e contenti" :P

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  4. Troppo tragico e troppo tutto, hai ragione. Sono ferma nella mia convinzione che Murakami sia molto bravo e che la sua capacità narrativa sia eccezionale (poi può piacere o meno, come per tutti gli autori), ma Norwegian Wood, per quanto si lasci leggere e presenti alcune sequenze bellissime, è stato il meno coinvolgente dei suoi romanzi fra quelli che ho letto finora. Sarà che mi ha colpito il Murakami visionario con i suoi "thriller onirici", ma, per me, quetso libro è distante miglia dagli altri... Magari dagli una seconda possibilità! :)

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    1. La sua bravura e la sua capacità narrativa l'ho notata anche io eccome! E ti dirò, leggendo ho pensato più volte "peccato che l'abbia gestita così". Si legge benissimo, l'ho divorato in poco tempo, ma lascia un po' di depressione totalmente fine a se stessa.
      Per una seconda possibilità lascio passare un po' di tempo va :P Ma prima o poi lo farò sicuramente :)

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    2. "Depressione fine a se stessa" mi sembra un'ottima definizione! Non che i testi surreali siano allegri, eh... ma non siamo a questi livelli! :P

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    3. Eh ma perché ci sono libri tristi, che affrontano argomenti tristi ma che alla fine comunque ti insegnano o ti lasciano qualcosa. Qui no, ci sono solo giovani che si suicidano! E che cavolo!
      Non dico che si debba essere allegri, ma magari un po' di speranza o di possibilità in più :P

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  5. Aspettavo la tua recensione con ansia! Come ho scritto anch'io nella mia (pseudo) recensione (https://www.goodreads.com/review/show/731042362?book_show_action=false), mi ha lasciato l'amaro in bocca... Eppure, non faccio che chiedermi "come mai ha avuto tutto questo successo?".

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    1. Secondo me il fattore autore un pochino a influito, però non avendo letto altro di suo rimane una personalissima opinione facilmente confutabile.
      Concordo molto con la tua recensione su goodreads, ho pensato esattamente le stesse cose riguardo ai genitori del protagonista e alle sue avventure. E anche sul personaggio secondario, sono un po' perplessa. Insomma, citandomi: Buh!

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  6. Apprezzo molto di più le storie tragiche a quelle comiche, non so perché. Norwegian Wood l'ho letto l'anno scorso, è stato anche per me il primo (finora unico) contatto con Murakami. Ricordo che all'inizio della lettura mi sembrasse troppo angosciante, ma anch'io, come te, nonostante tutti gli eventi tragici, sono andata spedita con la lettura e, alla fine, be' alla fine mi sembrava di aver letto una storia che non avrei mai dimenticato.
    E alla fine al libro ho dato un'interpretazione diversa dalla tua, ripromettendomi di leggere molto altro di Murakami. Cosa che poi ancora non ho fatto, perché in effetti mi sono accorta che mi è rimasto addosso un po' di timore. È capitato negli ultimi mesi che prendessi in mano suoi romanzi, per poi riposarli pensando che magari fossero altrettanto tragici, insomma ancora non ce l'ho fatta.
    Se ti va di leggerli, questi sono i miei pensieri sul libro, scritti dopo un po' di tempo dalla lettura però, lì per lì non riuscivo a riordinare le idee, mi ricordo. http://scarabocchidipensieri.blogspot.it/2013/03/norwegian-wood-murakami-haruki.html

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    1. Ma infatti penso che sia un discorso anche di "impostazione mentale", come dicevo anche nel post precedente. C'è chi adora leggere storie tragiche, chi preferisce quelle un po' più comiche. Io credo di far parte più della seconda e quindi un libro come questo, per riconoscendone l'incredibile stile, proprio non riesco a farmelo andare giù. Che poi forse se me lo chiedi tra una settimana la mia opinione sarà ancora diversa!
      Ora vado a leggere la tua recensione! :)

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  7. gli autori asiatici hanno questa peculiarità, entrare nelle viscere.

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    1. Ecco sì, su questo concordo, pur nella mia limitatissima esperienza di letteratura giapponese. Credo siano molto più introspettivi, fin troppo forse a volte.

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  8. Beh, sì: oggettivamente il tasso di suicidi in Giappone è molto alto (in generale, e non di meno fra i giovani). E a voler raccontare determinate personalità, come quella di Naoko, o ci si decide per addentrarsi nel loro dolore o si lascia perdere del tutto, e ciao. Per questo non ho trovato eccessivi i singoli personaggi, le singole vicende, però...
    ... ho trovato pensantissimo l'insieme. Proprio come te: ma ho voluto leggere cosa ne pensavi prima di scriverlo in un commento. Sarà che con certe atmosfere, che persone mai state depresse non possono - volenti o nolenti - comprendere, ho purtroppo dimistichezza; mi sono sentita, devo dire, rispettata dal modo in cui i temi sono stati trattati.
    Epperò, ho avuto come la sensazione che una persona che pure li capisce, ma ne è uscito, vorrebbe poterne leggere prendendo un po' le distanze. In questo romanzo non c'è alcuna distanza, c'è un punto di vista completamente immerso nella sofferenza. Meraviglioso, ma difficile averne davvero voglia.

    (Vado a leggere gli altri commenti e vedo se mi viene in mente altro).

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    1. Eppure la personalità di Naoko io non l'ho trovata poi così approfondita...e forse è per quello che mi ha irritata parecchio. Di lei sappiamo solo le cose, poche, dette dalla sua compagna di stanza. Non lo so, forse se avessi capito di più lei avrei apprezzato anche di più il libro.
      Sul fatto che il proprio vissuto influisca sulla percezione della lettura sono completamente d'accordo. Io effettivamente ho avuto poco a che fare con persone depresse e le volte (una in realtà) in cui è successo, non si trattava di un mal di vivere generalizzato ma qualcosa di più preciso, specifico (e non in un ventenne, ecco). Forse è anche questo.

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    2. Uhm, ora che mi ci fai pensare c'è anche questo: che, passato del tempo, non saprei più con certezza attribuire sentimenti precisi ai personaggi, c'è solo questo magma abbastanza indistinto di blues.
      La depressione clinica, il male di vivere del semplice essere al mondo, la malinconia, lo strazio adolescenziale, la nostalgia; non c'è un vero e proprio confine tra tutte queste cose. Tranne forse quest'ultima, la nostalgia che comincia sul volo; che permette il racconto. Mah.

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  9. Diciamo che come primo approccio a Murakami questo non è forse il libro più adatto, proprio perché come dici tu è molto pesante e poco realistico Il fatto è che sono tratti distintivi della scrittura di Murakami che tende molto a ingigantire le cose, se è il realismo che cerchi non leggere assolutamente altri suoi libri, perché hanno tutti questo tono un po' esagerato, un po' trasognante (e purtroppo Norvegian wood è uno dei romanzi in cui il tono trasognante e l'elemento onirico si sentono meno). Il fatto è che a lui piace davvero un sacco stare a cavallo tra sogno e realtà, così da confondere il lettore, bisogna prenderlo con le pinze quando lo si legge perché non vuole essere realistico al 100%, ma semmai al 50%, l'altra metà devi interpretarla come un surplus, un qualcosa pensato per coinvolgere il lettore. È ridondante con l'intento di esserlo, non so se riesco a spiegarmi.
    Purtroppo capisco che questo libro nello specifico non riesca a coinvolgere e non piaccia, tra tutti è uno di quelli che mi son piaciuti meno, ma non arrenderti! Riprova perché davvero lui è tanto bravo! Dal mio punto di vista ti posso consigliare i miei preferiti che sono L'uccello che girava le viti del mondo e La ragazza dello sputnik, ma anche 1Q84, quello è stupendo, davvero eccezionale. Non sono tristi, ma non sono nemmeno allegri, almeno non ci sono così tanti morti :3
    Però davvero ti consiglio di riprovarci più avanti e spero che il prossimo tentativo porti più soddisfazione!

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    1. Non sapevo da quale cominciare e questo me l'hanno prestato... è così che ho scelto! :P

      Sicuramente prima o poi riproverò a leggere qualcosa di suo... La ragazza dello Sputnik è quello che mi ispira di più!

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  10. Elisa, credo dipenda da moltissimi fattori... io la depressione o comunque i disagi mentali li conosco fin troppo bene, però la prima volta che ho letto questo romanzo ero più giovane e anche a me aveva infastidito l'alto tasso di suicidi in tutto il romanzo e anche a me sembrava che i protagonisti e i loro disagi non fossero per niente approfonditi.
    Invece l'ho riletto un anno fa esatto e ho adorato ogni singola parola e ogni singola virgola: mi è sembrato tutto perfetto. E mi è anche sembrato di capirlo molto, ma molto di più!

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  11. ti capisco, il libro è scritto molto bene ma è davvero un'ecatombe, come dici, giustamente. Però, non so perché, non mi ha lasciato un senso di morte e tragicità ma di speranza. Il libro che ho amato di più è "l'uccello che girava le viti del mondo" mentre "19Q4" non mi ha convinto. caio
    Francesca

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    1. Sì, effettivamente alla fine un po' di speranza c'è... dopo che son morti tutti :P

      Prima o poi proverò qualche altro suo libro, sicuramente. Giusto il tempo di riprendermi un po' :)

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  12. Devo dire che rimango diffidente di fronte a questo autore perché lui e in generale tutta la letteratura giapponese mi danno un'idea di una certzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz

    :-)

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    1. No in questo caso non è successo (ma con la Yoshimoto, ad esempio, sì :P). E' proprio solo troppo tragico -.-'

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  13. Mi sento sempre più a mio agio in questo blog! A volte si sente quasi il dovere di farsi piacere un libro, un autore... Ho letto più libri di M perché un amico me ne decantava le lodi. È un altro mondo, un'altra sensibilità , qualcosa mi è rimasto dentro: le immagini della natura, il pozzo dove un protagonista si nasconde e percepisce se stesso, un amore più forte delle avversità, ma al di lá di questo...bah.
    Anche la Yoshimoto è lontana da noi. Si sa che la vita in Giappone è 'estrema' fin da piccoli con la disperata corsa al riconoscimento e all'emergere, profondamente diversa nelle città e nelle periferie. Se pensate a 1q84 e l'uccello... C'è ricerca di calma e normalità all'interno di in mondo assurdo.
    Forse il problema è che nella nostra vita di assurdità c'è n'è sono già troppe e aggiungere quelle iper di Murakami è davvero troppo. Nobel?

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