Pagine

mercoledì 31 ottobre 2012

DUE TITOLI, UN SOLO LIBRO: ma perché? #7

Ed eccoci qui con un nuovo confronto tra titoli. Oggi mi occuperò del libro di cui avrei già voluto parlarvi la settimana scorsa, ma che poi ho rimandato per cause di forza maggiore. Ovvero, la casa editrice mi ha chiesto di aspettare ancora un attimo prima di scrivere questo post,  perché forse qualcuno avrebbe risposto alle mie richieste di spiegazione sul titolo. 
Purtroppo nemmeno stavolta è successo. Quindi io procedo con il mio confronto e se per caso in futuro cambiassero idea posso sempre riparlarne.

Volevo mostrarvi un libro che non fosse stato tradotto dall'inglese o dallo spagnolo (lingue che conosco molto bene e su cui mi sento un po' più sicura nell'esprimere le mie opinioni) per far vedere come questa pratica di stravolgimento sia diffusissima da qualunque lingua si parta. 
Ho scelto un libro francese di quest'anno, che ha avuto successo principalmente grazie al film che ne è stato tratto, che narra la storia vera del suo protagonista.
Sto parlando di:
LE SECOND SOUFFLE ovvero IL DIAVOLO CUSTODE di Philippe Pozzo di Borgo


Il libro è uscito in Francia nell'ottobre del 2011, quasi in contemporanea con l'uscita nelle sale cinematografiche. Lo stesso è successo in Italia, dove però si è dovuto attendere il 2012 perché la casa editrice Ponte alle Grazie lo pubblicasse con la traduzione di Donatella Brindisi, Tiziana Lo Porto e Marcella Uberti Bona, poche settimane prima dell'uscita del film sui nostri schermi.
Il titolo originale, Le Second Souffle, letteralmente significa "il secondo respiro" e fa riferimento alla nuova vita che Philippe Pozzo di Borgo è costretto a imparare a vivere dopo l'incidente che l'ha reso paralizzato dal collo in giù. Una vita difficile, ancor più dolorosa a causa dalla malattia della moglie dell'uomo, ma resa in qualche modo più sopportabile grazie all'aiuto del suo "badante", un immigrato algerino appena uscito di prigione che con la sua spontaneità e la sua vivacità conquista l'uomo diventando suo grande amico.

Il titolo italiano come si può vedere è completamente diverso. Si è scelto infatti di fare riferimento più al rapporto tra i due uomini, diversi tra loro per origine e classe sociale, piuttosto che alla vita di Philippe. In realtà questo titolo riprende una descrizione che Philippe stesso fa del suo assistente durante la narrazione, in cui dice "È insopportabile, vanitoso, orgoglioso, brutale, superficiale, umano. Senza di lui sarei morto di decomposizione. M’ha curato senza sosta come se fossi un neonato. Attento al minimo segnale, presente durante tutte le mie assenze, m’ha liberato quando ero prigioniero, protetto quando ero debole. M’ha fatto ridere quando ero a pezzi. È il mio diavolo custode."
La scelta del cambio di titolo, quindi, non è campata in aria ma fa riferimento a qualcosa che effettivamente viene pronunciato nel libro. 
A mio avviso però, avendo anche letto l'opera, il titolo italiano non rende molto giustizia al contenuto. Certo, si parla del rapporto tra i due e di come le vite di entrambi sono cambiate dopo il loro incontro, ma soprattutto si parla di Philippe e della sua vita sia prima sia dopo l'incidente, vita che un titolo così annulla completamente.

Un'altra cosa bizzarra da segnalare è a mio avviso la scelta delle copertine. Sia la versione francese sia quella italiana utilizzano una scena tratta dal film... che però, pur prendendo spunto dal libro, è in realtà un adattamento in cui si riscontrano parecchie differenze: la prima fra tutte, la più evidente, è che il ragazzo che segue Philippe nel film non è algerino ma di colore. 
E per finire, direi che merita una segnalazione anche il fatto che sia nella trasposizione francese sia in quella italiana c'è un ulteriore cambiamento di titolo,  INTOUCHABLES in francese ovvero QUASI AMICI in italiano:


Insomma, una stessa opera riesce ad avere 4 titoli diversi nel passaggio da una lingua all'altra e da libro a film.
E sarebbe  davvero bello riuscire a capire perché.

(Nonostante i titoli, vi consiglio caldamente se non l'avete già fatto di leggere il libro e di vedere il film. Tratta di un tema che mi tocca molto da vicino, non ero sicura di volerlo vedere né di voler leggere il libro per paura di starci troppo male... ma invece ne vale davvero la pena!)

domenica 28 ottobre 2012

UN LAVORO SPORCO - Christopher Moore

Charlie Asher è contento, felice, appagato. Una bella moglie in attesa di un figlio. Un negozio di roba usata. Amici con i quali scambiare le solite quattro chiacchiere. Un'esistenza tranquilla. Quando l'adorata Rachel perde la vita dando alla luce la dolce Sophie, la situazione prende decisamente una brutta, bruttissima piega. Charlie, distrutto, inizia a vedere persone e oggetti che non dovrebbero esserci. Che non dovrebbero esistere. Un uomo altissimo color verde menta che appare e scompare a proprio piacimento. Enormi volumi usciti dal nulla che luccicano e si aprono su pagine dense di segreti sull'aldilà. Messaggi misteriosi conditi da teschi e ossa. Corvi spettrali che svolazzano in ogni dove. Conoscenti, amici o perfetti sconosciuti che cominciano a morire. I casi sono due: o Charlie sta impazzendo o qualcosa, qualcuno, l'ha scelto per una missione neppure troppo piacevole. Qualcuna, più precisamente, con tanto di falce e sudario nero vuole essere sostituita o aiutata.

Dopo che hai letto e amato tanto un libro scritto da un autore, leggerne un altro è sempre difficile. Si generano aspettative altissime, in ogni pagina cerchi la genialità e tutte quelle caratteristiche che tanto ti hanno portato ad adorare il romanzo precedente. Non importa se la trama è completamente diversa, se magari sono passati anni tra un libro e l'altro. Si ricercano sempre le stesse sensazioni ed emozioni  che si erano provate la volta precedente.
A me succede con quasi tutti gli autori di romanzi che ho amato. E mi è successo quindi anche con Christopher Moore. 
Ho letto "Il vangelo secondo Biff" poco tempo fa, trovandolo splendido: la giusta via di mezzo tra ironia, comicità e serietà che lo hanno fatto finire dritto dritto nella lista dei miei libri preferiti. Ho deciso di leggere un altro romanzo di questo autore con estrema titubanza, perché sapevo che il discorso delle aspettative mi avrebbe condizionato molto. Ma dovevo comunque provare.

"Un lavoro sporco" non è Biff. Non ci si avvicina nemmeno lontanamente. C'è l'ironia, certo. Ci sono frasi che offrono spunti di riflessione, c'è quel misto di serio e faceto che a questo autore riesce tanto bene. Ma nulla di più. Al punto che ho fatto davvero fatica a proseguire nella lettura.

Il romanzo inizia con la morte della moglie di Charlie, poco dopo aver dato alla luce la loro prima figlia, Sophie. Charlie vedrà un uomo nella stanza della donna poco prima che muoia, un uomo che non dovrebbe vedere e che gli trasmetterà un ruolo, quello di recuperare le anime delle persone che stanno morendo per permettere il loro passaggio ad altre persone. E' un sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare. Anche perché se si sgarra, le tenebre e i mostri che le popolano sono pronti e sempre all'erta per poter conquistare la terra. Charlie inizialmente troverà difficoltà a svolgere questo suo compito: d'altronde ha anche una bambina piccola da crescere e un negozio di roba usata da mandare avanti. Ma ben presto si renderà conto dell'importanza di questo lavoro, anche per la sua sicurezza personale. Ad aiutarlo, oltre alla sorella lesbica Janet, e ai bizzarri dipendenti del suo negozio, ci sono un barbone, un poliziotto che crede nel soprannaturale, una serie di piccole creature misteriose a forma di scoiattoli e di altri animali, due vicine di casa impertinenti. E la piccola Sophie, che forse ha più poteri di quanti una bambina della sua età dovrebbe avere e che viaggia sempre accompagnata da due giganteschi cani infernali. Ma i loro sforzi saranno sufficienti per sconfiggere le tenebre?

Il libro inizia molto bene, raccontando la vita di Charlie nei primi tempi dalla morte della moglie e dal suo lavoro di "mercante di morte". E' ironico al punto giusto nel creare situazioni grottesche, anche nei momenti più tristi. Però a un certo punto si perde, introducendo troppi personaggi fantastici e sovrannaturali nella vicenda, al punto  a volte si fa fatica a capire cosa sia successo e come. E' un po' come se la storia gli sfuggisse di mano e per riprenderla dovesse fare uno sforzo enorme, che il lettore percepisce. Almeno, io ho avuto delle serie difficoltà a capire cosa stesse succedendo e perché e questo mi ha reso la lettura parecchio difficoltosa.
E' un po' un peccato, perché comunque i personaggi sono tutti ben caratterizzati e ben riusciti: la scena iniziale di Charlie che parla con la moglie che ha appena partorito è semplicemente geniale, così come il rapporto tra l'uomo e la sorella lesbica che ha il brutto vizio di rubarle i vestiti, o quello con Lily, sua dipendente un po' dark disposta a sacrificarsi per permettere all'uomo una scopata dopo tanti anni. E anche la bambina e le sue due tate, una cinese, l'altra russa, sono davvero buffe. Dei personaggi così si sarebbero forse meritati una storia migliore.

Ho il sospetto che Moore sia uno di quegli autori (e ce ne sono davvero tanti) in grado di scrivere un solo capolavoro nella loro vita e qualunque altro libro non potrà mai essere all'altezza. Certo, io ho letto "Il vangelo secondo Biff" e magari i prossimi romanzi mi faranno ricredere. Ma ho questa sensazione...
Non vi sto dicendo assolutamente di non leggerlo, anzi. Però se questo è il primo romanzo di questo autore che leggete e non vi è piaciuto, dategli una seconda possibilità, andando subito a cercare una copia de "Il Vangelo secondo Biff". Di sicuro cambierete idea.

Nota alla traduzione: direi che la traduttrice è stata abbastanza brava, non si riscontrano problemi particolari.

Titolo: Un lavoro sporco
Autore: Christopher Moore
Traduttore: Chiara Brovelli
Pagine: 382
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: LIT- libri in tasca
ISBN: 978-8865830383
Prezzo di copertina: 9,90€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Un lavoro sporco

mercoledì 24 ottobre 2012

DUE TITOLI, UN SOLO LIBRO: ma perché? #6

Dopo il post di festeggiamenti, riprendiamo con normale la routine del blog. Oggi è giornata di "Due titoli, un solo libro: ma perché?"

Nella puntata di oggi avevo in mente di parlarvi di un libro francese, così da farvi vedere che nessuna lingua è esente da questo particolare e, a volte inspiegabile, trattamento. Poi però la casa editrice che ha edito il romanzo in Italia mi ha scritto dicendomi che provava a inoltrare la mia domanda di spiegazioni a qualcuno della redazione che potesse darmi una risposta più esaustiva e quindi di portare pazienza ancora un po'. 
E quindi, ho ripiegato su un classico, che probabilmente avete letto e di cui conoscete già anche la storia del titolo. 
Sto parlando di: TO KILL A MOCKING BIRD ovvero IL BUIO OLTRE LA SIEPE di Harper Lee


Il romanzo, pubblicato per la prima volta negli USA nel 1960, ha come tematica principale quella della discriminazione e del razzismo nell'America degli anni '30, vista dagli occhi di due bambini, Scout e Jem, che vivono in una cittadina dell'Alabama.  Il successo del libro fu immediato, tanto che l'autrice ottenne quello stesso anno il premio Pulitzer. 
La prima edizione italiana è apparsa sempre nel 1960 per la casa editrice Feltrinelli (che ancora lo pubblica) con la traduzione di Amalia D'Agostino Schanzer.

Ma veniamo al titolo: il titolo originale "To Kill a Mockingbird" letteralmente significa "Uccidere un usignolo", un uccellino talmente innocuo la cui uccisione viene considerata un grave peccato. Un riferimento figurato a quanto avviene all'interno del romanzo: l'accusa di stupro nei confronti di un giovane solo perché di colore e l'invasione nella vita privata di un vicino di casa dei due ragazzi, Boo Radley,  un uomo schivo e timido e per questo considerato diverso. In italiano la traduzione letterale non avrebbe avuto molto senso, perché non sarebbe riuscita a trasmettere la stessa idea di innocenza e di purezza. Si è scelto quindi di optare per un'altra espressione, "Il buio oltre la siepe" appunto, che fa riferimento a qualcosa di sconosciuto pur essendo vicino. Anche in questo caso il romanzo rimanda a Boo Radley, temuto perché pur essendo sempre vicino non si sa nulla di lui.

Sebbene all'interno del romanzo in realtà non manchino i riferimenti all'usignolo che compare nel titolo originale, a mio avviso la scelta del titolo è del tutto condivisibile perché riesce nell'intento di trasmettere la sensazione di insicurezza e di paura legata alle cose che non conosciamo, che poi la maggior parte delle volte è ciò che è alla base del razzismo.

Che ne pensate?

3 anni di blog

Sono già passati tre anni da quel 24 ottobre 2009,  giorno in cui decisi di aprire un blog interamente dedicato ai libri. 
In realtà recensivo già da prima, nel mio blog personale ma anche con chi semplicemente faceva l'errore di chiedermi cosa stessi leggendo... Credo che sia una cosa che faccio da sempre. Se leggo un libro, devo assolutamente parlarne, anche se magari non sempre qualcuno ha voglia di ascoltarmi. Ma so che ci sono anche un sacco di persone, persone che magari non conosco, che vivono lontane da me, che vorrebbero anche loro poter parlare dei libri che leggono. 
E' così, tre anni fa, decisi di creare questa pagina. Mai più avrei pensato che sarebbe diventata così tanto importante per me.

C'è stata una grande evoluzione nel blog nel corso di questi tre anni. Se tornate indietro nel tempo, vedrete delle recensioni molto scarne, senza foto della copertina, senza riferimenti bibliografici ma soprattutto senza un commento approfondito. Penso che fosse dovuto a una mia mancanza di coraggio... paura di esporsi, paura di scrivere cavolate, paura che nessuno avesse voglia di leggere quello che avevo da dire.
Poi a poco a poco sono comparsi i primi commenti, i primi follower, le prime richieste di recensioni e mi sono buttata un po' di più. Ho iniziato a scrivere nuove rubriche, i libri "sul comodino", quelli che vorrei e, da poche settimane, anche il confronto tra titolo originale e titolo tradotto. Ho aperto una pagina associata su Facebook e ho visto crescere a poco a poco i fan, molti dei quali si sono poi aggiunti nella mia lista di amici.
E sono orgogliosa, davvero tanto orgogliosa, di tutto questo.  Credo di non esserlo mai stata così tanto in vita mia.
Amo poter parlare di libri, amo potermi confrontare con altri amanti della letteratura, sapendo che non mi prenderanno per pazza se consiglio caldamente un libro o ne massacro un altro. Amo addirittura beccarmi gli insulti quando qualcuno non condivide le mie recensioni.

E quindi vi ringrazio: ringrazio chi mi legge e chi commenta, ma anche chi mi legge e ancora non osa dire la sua. Ringrazio chi è diventato mio follower e chi mi dice che ritiene le mie recensioni appassionati e affidabili (mi commuovo un sacco quando succede) .
Insomma, ringrazio tutti, ma soprattutto ringrazio lui, il mio piccolo blog... che riesce ogni giorno a darmi un sacco di soddisfazioni.

BUON COMPLEANNO LETTRICE RAMPANTE!

PS: Sto pensando a qualche novità per festeggiare. Ho in mente un paio di nuove rubriche, di cui devo ancora valutare la fattibilità, e soprattutto un restyling grafico... il blog sta invecchiando e non c'è niente di meglio di qualche cambiamento per mantenersi giovane. Devo solo trovare la soluzione che mi piace di più.
Ma vi accorgerete presto di tutti i cambiamenti!

martedì 23 ottobre 2012

LA RAGAZZA DALLE NOVE DITA - Laia Fàbregas


Laura ha trentaquattro anni, un ottimo lavoro all'Iberia, un ragazzo che la ama e nove dita. Sul suo mignolo mancante e sulla sua infanzia, nella Barcellona degli anni Settanta, aleggia l'ombra di un mistero. Per svelarlo Laura decide di scrivere un diario "con valore retroattivo", in modo da mettere nero su bianco un passato di cui curiosamente non le resta nessuna fotografia: i suoi genitori, infatti, ex militanti del fronte antifranchista, sono sempre stati convinti che i ricordi autentici non abbiano bisogno di essere immortalati, perché basta registrarli nella mente come ritratti immaginari. Eppure, quando sua sorella Moira trova per caso in un mercatino delle pulci la fotografia di due bambine che assomigliano come gocce d'acqua a loro da piccole, Laura si convince che le abbiano tenuto nascosto qualcosa. E se il mondo fosse come una moneta, in cui "su una faccia c'è una bugia e sull'altra tutte le verità possibili"? Così, nel suo romanzo d'esordio, Laia Fàbregas, muovendosi con maestria sulla labile linea di confine tra realtà e immaginazione, ricostruisce le vicende di una famiglia sullo sfondo della travagliata transizione dalla Spagna franchista alla democrazia e racconta la storia commovente di una donna alla conquista della propria identità.


Fin dai tempi delle elementari mi porto dietro una passione per la Spagna di cui non riesco, nemmeno sforzandomi, a capire bene l'origine. Amo la lingua, amo il cibo, amo la letteratura e le persone al punto che se potessi andrei a stare là definitivamente. Quindi leggo sempre con molto piacere e molto interesse i libri di autori spagnoli, passati ma anche e soprattutto contemporanei, perché mi permettono di scoprire aspetti nuovi di una cultura e una società che adoro. Se poi questi romanzi parlano di guerra civile, franchismo e antifranchismo ne sono ancora più attratta.

Il romanzo di Laia Fàbregas (secondo me l'accento va girato dall'altra parte, ma sulla copertina lo hanno messo così...) aveva quindi tutti i presupposti per piacermi: una bellissima copertina, un ambientazione barcellonese ai giorni nostri e dei flash back nel passato, ai tempi degli ultimi anni e mesi della dittatura di Franco, in una società indecisa tra il piangere e il festeggiare.
La protagonista è Laura, una donna di trentaquattro anni che lavora per l'Iberia e che ha solo nove dita. I suoi genitori le hanno detto che è nata così, senza mignolo, e non ci sono foto della sua infanzia a testimoniare il contrario. I genitori hanno infatti deciso di non scattarne, né a lei né alla sorella Moira, per allenarle a ricordare con la mente e a vivere nella realtà, sempre. Moira però un giorno trova una foto in un mercatino delle pulci: due bambine, una più grande l'altra più piccola, in una foto sfocata, con le quali c'è un'incredibile somiglianza. Venuta a conoscenza della foto, Laura decide che vuole saperne di più, perché non è possibile che non ci sia nessun ritratto della loro infanzia. I ricordi pian piano riaffiorano. Uno in particolare, quello di un pomeriggio con il cielo blu, quando il padre ha scattato loro una foto di nascosto dalla madre. Le due sorelle cominceranno a far domande ai genitori, per cercare di capire. Fino a che non verrà fuori la verità.

Alla narrazione in terza persona incentrata su Laura e la sorella ambientata ai giorni nostri, si alternano pagine di diario, che racchiudono in parte i ricordi di Laura sulla sua infanzia e in parte dei sogni, in cui la donna perde ogni volta un dito diverso della mano, fino a rimanere senza. Un espediente questo usato credo per far capire quanto questa condizione, ma soprattutto il non conoscerne l'origine, siano per la donna una fonte di tormento che la porta a inventare i motivi più diversi e disparati.


Il libro ha sicuramente del gran potenziale ed è scritto molto bene. Però lo sviluppo della trama è a mio avviso un po' troppo superficiale. Non ci sono grandi colpi di scena, non si crea quella curiosità che una storia così avrebbe dovuto far nascere e la risoluzione finale lascia un po' di amaro in bocca. E il confine tra realtà e finzione, dato dalla contrapposizione tra presente, ricordi e sogni, a tratti risulta un po' troppo confuso.

E' un libro che si legge molto bene, piacevole. Ma che alla fine, soprattutto considerando l'argomento che tratta, non è stato in grado di lasciarmi o trasmettermi molto.

Nota alla traduzione: l'autrice è spagnola ma poi si è trasferita in Olanda e ha scritto questo suo romanzo d'esordio in olandese. E' stato poi tradotto in spagnolo e in tutte le altre lingue. Tutti questi passaggi, se devo essere onesta mi lasciano un po' perplessa. La traduttrice (che ha tradotto dall'originale olandese) comunque mi sembra abbia fatto un buon lavoro.

Titolo: La ragazza dalle nove dita
Autore: Laia Fàbregas
Traduttore: Laura Pignatti
Pagine: 162
Anno di pubblicazione: 2009
Editore: Guanda
ISBN: 978-8860888730
Prezzo di copertina: 14,00 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: La ragazza dalle nove dita

lunedì 22 ottobre 2012

Libri che vorrei #3

Nuovo appuntamento con i "libri che vorrei" leggere, perché incuriosita dalla trama o da recensioni e commenti positivi. Ricordo che in questi post potranno comparire libri non ancora usciti o usciti da poco ma anche libri più vecchi che, per un motivo o per l'altro, non avevo mai scoperto prima.
Ecco qui i romanzi entrati negli ultimi giorni nella mia wish list:

SOFIA SI VESTE SEMPRE DI NERO, Paolo Cognetti (Minimum Fax, 2012)
Trama: "Sofia si veste sempre di nero" è la nuova prova narrativa di Paolo Cognetti, autore di "Manuale per ragazze di successo" e "Una cosa piccola che sta per esplodere". Nei suoi racconti, cesellati con la finezza di Carver e Salinger, Cognetti ha saputo rappresentare con sorprendente intensità l'universo femminile. Ed è ancora una donna la protagonista del suo nuovo libro, un romanzo composto da dieci racconti autonomi che la accompagnano lungo trent'anni di storia: dall'infanzia in una famiglia borghese apparentemente normale, ma percorsa da sotterranee tensioni, all'adolescenza tormentata da disturbi psicologici, alla liberatoria scoperta del sesso e della passione per il teatro, al momento della maturità e dei bilanci. Con la sua scrittura precisa e intensa, Cognetti ci regala il ritratto di una donna torbida e inquieta, capace di sopravvivere alle proprie nevrosi e di sfruttare improvvisi attimi di illuminazione fino a trovare, faticosamente, la propria strada.

Ho sentito parlare molto di questo autore e di questo suo libro e ne sono attratta come una calamita, anche se non saprei bene spiegarvi il motivo. Un po' perché gli autori italiani contemporanei si stanno rivelando sempre una piacevole scoperta, un po' perché mi piace molto questa casa editrice e le sue copertine. Fatto sta che voglio leggere questo libro.


E POI, PAULETTE... , Barbara Constantine (Einaudi, 2012)
Trama: Ferdinand è un signore sui settanta che vive tutto solo nella sua enorme cascina in campagna. Figli e nipoti hanno troppi impegni... A lui resta il cane, un bicchierino ogni tanto, e un sacco di tempo libero. Un giorno Ferdinand, facendo visita alla vicina, scopre che il suo tetto è stato devastato da un nubifragio. Non ci dorme tutta la notte. Ma il mattino successivo si fa coraggio e invita Madame Marceline a trasferirsi da lui. Lei e tutti i suoi animali, ben inteso. A poco a poco la fattoria si riempie di fermento, agitazione, nuova vita. Perché dopo Marceline arrivano anche un amico di infanzia di Ferdinand rimasto vedovo di recente, due vecchine un po' smemorate, uno studente di Agraria che rimette in sesto l'orto, e alla fine anche Paulette...

Di questa autrice avevo già letto e apprezzato molto "Tom, piccolo Tom". Ho scoperto per caso, grazie a uno dei tanti blog letterari come il mio, questo secondo romanzo. La trama mi affascina molto, come succede quasi sempre nel caso di libri che parlano di anziani in situazioni che si preannunciano buffe ma anche molto profonde.


IL MIO REGALO SEI TU, Sarah Spinazzola (Marcos y Marcos, data prevista di uscita 25 ottobre 2012)
Trama: Oggi vede suo padre per la prima volta. Sono diciotto anni che aspetta questo momento. Una settimana fa l'ha visto in televisione, l'ha cercato e ora eccola lì, che sposta il peso da un piede all'altro nella portineria di uno studio televisivo. Lui ha qualcosa da finire, le chiede soltanto un attimo; diciotto anni e un attimo.
"Hai fatto bene a cercarmi tu, perché io non l'avrei mai fatto" le dice poi. Non ci sono abbracci. Gelido freddo invernale, dentro e fuori di lì. Ha un bel salire e scendere da autobus e tram, Lidia, per andarlo a trovare. Passano i mesi e non c'è disgelo.
Ma il destino è disegnato nel cielo, ha un cappello bianco da cowboy, è da anni che la cerca dappertutto e ancora non l'ha trovata.
Aspettami, non ti muovere, gli dice Lidia, ti troverò io.
Va a cercarlo lontano, su una montagna a duemila metri, dove il lavoro principale è sorridere, e non fermarsi mai.
E proprio lì, di colpo, una pioggia di sms cambia tutto.

Amo la Marcos y Marcos. Amo le sue incredibili copertine e, almeno per ora, non ho mai avuto nessuna delusione dai suoi romanzi. La prima volta che ho letto questo titolo, pur piacendomi molto, mi ha fatto pensare che il libro raccontasse di una storia d'amore. La trama ha smentito il mio sospetto... sebbene anche quello tra padre e figlia sia una forma di amore. O di amore negato, come in questo caso.



IL TALENTO DEL CUOCO, Martin Suter (Sellerio, 2012)

Trama: nelle cucine di un ristorante di lusso a Zurigo lavora Maravan, un giovane tamil che viene dallo Sri Lanka. Come molti suoi connazionali è fuggito dalla guerra per giungere in Europa, sperando nell'asilo politico e con la responsabilità di aiutare la famiglia rimasta in patria. Nel ristorante gli vengono assegnati solo i compiti più umili e noiosi, ma lui non se la prende. Ha un carattere amabile e ottimista, possiede una fede devota, e soprattutto è un cuoco dall'olfatto e dalle qualità straordinari. La prima a scoprirlo è Andrea, una cameriera dello stesso locale. Per lei Maravan cucina il vero curry, ispirato alla tradizione culinaria di famiglia con qualche personale innovazione. La ragazza, nel corso di una cena indimenticabile, avrà un'idea che cambierà il loro futuro: dovranno mettersi in proprio e aprire una ditta. Si chiamerà "Love Food" e proporrà un Love Menu, consegna a domicilio di raffinati manicaretti afrodisiaci capaci di stimolare il desiderio delle coppie annoiate. I primi clienti arrivano grazie a una terapista specializzata, ma la voce si sparge rapidamente. Le sensuali ed efficaci ricette di Maravan sanno restituire gusto ed emozione alle serate di coppie abbienti, a personalità della politica, a uomini d'affari in cerca di sensazioni forti. Ma attraggono anche figure ambigue, che vivono ai margini del potere e della ricchezza...

Amo molto i romanzi che parlano di cibo (sarà che mi piace mangiare...) e di passioni che permettono di riscattarsi e riprendere in mano la propria vita. Se mi fossi fermata alla copertina, questo libro non mi avrebbe attratto nemmeno un po'. Poi però ho letto la trama e mi è venuta voglia di leggerlo (e anche un po' di mangiare a dir la verità)

Qualcuno di voi li ha già letti?

sabato 20 ottobre 2012

Sul comodino #8

Fino a che non ho iniziato a scrivere questa "rubrica" sul blog, non mi ero mai resa conto di quanto libri entrassero in casa mia. Sì, so di leggere tantissimo, ma non pensavo davvero che ogni settimana almeno due nuovi libri (quando sono pochi) approdassero sul mio comodino. E invece, sono di nuovo qui, a distanza di circa una settimana dall'ultima volta, a raccontarvi i nuovi arrivi.

Solo due questa settimana (ma è sabato oggi e magari nel pomeriggio un salto il libreria ci sta), che però si vanno ad aggiungere alla pila dei "da leggere".
Eccoli qui:


"Un lavoro sporco" di Christopher Moore: arrivato in prestito da una mia amica lettrice, a cui io avevo fatto conoscere "Il vangelo secondo Biff", piccolo capolavoro di questo autore. Sono molto curiosa di leggere anche un'altra opera, per sapere se questo autore si conferma un genio o se quella di Biff è solo una parentesi di bravura. La trama sicuramente mi ispira parecchio...

"Spicchi di Cuore" di Daniela Quadri: questo libro mi è arrivato direttamente dall'autrice, un'emergente, che mi ha chiesto se avevo voglia di leggerlo e commentarlo. Adoro queste cose. Adoro ricevere i libri per posta e adoro quegli scrittori che si mettono in gioco così: non mi ha chiesto una segnalazione, mi ha chiesto di leggerlo e di darle il mio parere (e mi lusinga davvero tanto sapere che venga tenuto così in considerazione). anche in questo caso comunque la trama m'ispira abbastanza: un gruppo di donne e le loro avventure sentimentali ai tempi di internet. 

Vi farò sapere!

giovedì 18 ottobre 2012

AMERICA OGGI - Raymond Carver

Questo volume raccoglie i nove racconti e la poesia di Carver cui Robert Altman si è ispirato per la sceneggiatura di "America Oggi", il film che gli è valso il Leone d'Oro al Festival di Venezia nel 1993. Sullo sfondo di un'America di provincia si svolgono dieci piccoli e grandi drammi privati che hanno per protagonisti cameriere di fast-food e rappresentanti di commercio, ragionieri e segretarie, medici e pittrici, quasi sempre colti in un momento di crisi - nella vita di coppia o familiare, nei rapporti di lavoro o di amicizia - da cui tentano ostinatamente di riemergere. 

In una recente intervista lo scrittore inglese Ian McEwan ha detto che secondo lui "la forma suprema della letteratura è il racconto". Questo deve però essere perfetto: non troppo lungo, scritto in una lingua precisa, densa e rigorosa. Questa dichiarazione inizialmente mi ha fatto un po' storcere il naso, perché non sono mai stata una grande amante dei racconti: troppo poco tempo per affezionarsi ai personaggi, troppo poco tempo per immergersi nella trama. Troppo poco da leggere. 
Poi però mi è venuto in mente Raymond Carver, di cui avevo già letto in passato la raccolta di racconti "Cattedrale". E ho capito cosa volesse dire Ian McEwan.

Anche in questa seconda raccolta, i racconti di Carver sono tutti semplicemente perfetti. Riesce in poche pagine (non sono racconti brevissimi ma nemmeno lunghissimi) ad arrivare dritto al punto della questione, a raccontare senza perdersi per strada quel senso di fastidio, insofferenza, tristezza e delusione che rappresenta la vita per la maggior parte dei suoi protagonisti. In "America oggi", da cui è stato tratto l'omonimo film di Robert Altman che ha vinto il Leone d'Oro a Venezia nel 1993, l'autore ci offre appunto uno spaccato della società americana di adesso. E poco importa se tutti questi racconti sono stati scritti negli anni '80 perché da allora la società è cambiata davvero poco.

C'erano allora e ci sono adesso vicini di casa impiccioni e morbosamente curiosi, come tanto bene l'autore li descrive nel racconto d'esordio dell'opera. C'erano e ci sono mariti che si vergognano dell'aspetto delle proprie mogli, al punto da farne diventare un'ossessione, come in "Loro non sono mica tuo marito". Ci sono mariti infedeli che tradirebbero la propria moglie con una loro amica e donne disperate da accettare qualunque cosa pur di ricevere dei soldi, come in "Vitamine". Mariti gelosi che non sanno perdonare un tradimento ma che non sanno nemmeno troncare di netto ("Vuoi star zitta, per favore?"). Ci sono mariti violenti che pur di non ammettere di avere torto, negano e fanno del male ("Con tanta di quell'acqua a due passi da casa"). Ci sono persone che sembrano cattive ma che alla fine sono solo disperate come noi ("Una piccola cosa da nulla").  C'erano e ci sono famiglie allo sfascio, che non si riescono a sopportare, solo per poi rendersi conto quando è ormai troppo tardi che sono perfette così come sono ("Jerry, Molly e Sam"). Ci sono disoccupati senza un soldo che devono imparare a diffidare di tutti, anche di chi vende semplicemente aspirapolveri ("Creditori"). Ci sono uomini insoddisfatti, violenti, che manifestano questi sentimento sempre e solo contro chi non c'entra nulla e che non sanno accettare che il loro ego venga calpestato con tanta facilità ("Di' alle donne che andiamo"). E poi c'era, c'è e ci sarà il dolore, quello grande, quello che ti toglie il fiato e che sai che mai riuscirai a superare, quel dolore fatto di sensi di colpa stupidi e inutili, che non ti fanno dormire ma non ti fanno neanche vivere ("Limonata")

C'è tutto questo nei racconti (l'ultimo in realtà è una poesia) di Carver ed è davvero incredibile la capacità con cui questo autore riesce a ritrarre tutte le debolezze umane.
La raccolta comprende in realtà due racconti che erano già presenti in Cattedrale, "Vitamine" e "Una piccola cosa da nulla", ma questo non disturba troppo perché si rileggono sempre volentieri, in quanto riescono sempre a trasmettere qualcosa.

Se non avete mai letto nulla di Carver dovete assolutamente rimediare. Anche se il racconto non è il vostro genere preferito e pensate che solo i romanzi riescano a trasmettere qualcosa. Sono sicura che questo autore vi farà cambiare immediatamente idea.

Nota alla traduzione: nulla da segnalare!

Titolo: America oggi
Autore: Raymond Carver
Traduttore: Riccardo Duranti
Pagine: 156
Anno di pubblicazione: 2009
Editore: Minimum fax
ISBN: 978-8875214098
Prezzo di copertina: 8,00€
Acquista su Amazon:
formato brossuraAmerica oggi

mercoledì 17 ottobre 2012

DUE TITOLI, UN SOLO LIBRO: ma perché? #5

La protagonista di questa settimana della rubrica che confronta i titoli originali e quelli tradotti è un'autrice meravigliosa, che io amo davvero tantissimo. Sto parlando di Fannie Flagg, scrittrice, sceneggiatrice e attrice americana conosciuta soprattutto grazie al suo capolavoro, letterario e cinematografico,"Pomodori verdi fritti al caffé di Whistle Stop".

In realtà Fannie Flagg ha scritto diversi romanzi, tutti nello stesso stile della sua opera più famosa e quindi tutti molto belli e piacevoli da leggere. In Italia sono stati inizialmente pubblicati dalla casa editrice Sonzogno, per poi passare di recente a Rizzoli. Nessuna delle due case editrici al momento ha risposto alla mia mail, quindi fornirò la solita interpretazione personale sulla scelta dei titoli. Su buona parte dei quali, lasciatemelo dire, è stato fatto un vero scempio.

Ho deciso di cominciare proprio da "Pomodori verdi fritti", perché, pur non essendo il primo scritto dall'autrice, è stato il primo ad essere tradotto e pubblicato in Italia.
FRIED GREEN TOMATOES AT THE WHISTLE STOP CAFE' ovvero POMODORI VERDI FRITTI AL CAFFE' DI WHISTLE STOP
Uscito negli Stati Uniti nel 1987 e in Italia nel 1992, questo libro è un piccolo capolavoro. La storia ruota attorno alla vita di diversi personaggi degli anni trenta abitanti nel Sud degli Stati Uniti d'America, affrontando temi quali l'amicizia e l'amore e cerca di essere una cura contro le insidie dell'esistere moderno. In parallelo si sviluppa poi una storia ambientata nei tempi moderni. Le protagoniste principali sono quattro donne che rappresentano due generazioni a confronto in epoche diverse. E' impossibile non amare la storia narrata e le sue protagoniste.
Come si può vedere, in questo caso titolo originale e titolo italiano sono identici. Non avrebbe avuto nessun senso cambiarlo e rischiare magari di perdere quell'incredibile potere evocativo generato da questi pomodori verdi fritti. 
Qualche piccolo cambiamento c'è stato nella trasposizione cinematografica, diventata semplicemente "Fried green tomatoes" in lingua originale e "Pomodori verdi fritti alla fermata del treno" in italiano. Il perché non si sa.

Visto il successo di libro e film, è stato poi tradotto in italiano anche il romanzo precedente DAISY FAY AND THE MIRACLE MAN ovvero HAMBURGER E MIRACOLI SULLE RIVE DI SHELL BEACH

Negli USA era uscito nel 1983 ma in Italia è arrivato solo dieci anni dopo. Come si può vedere, in questo il titolo è stato parecchio stravolto. Il primo motivo che viene in mente è quello che si è cercato di mantenere un'assonanza di titolo con "Pomdori verdi fritti al caffè di Whistle Stop": stesso numero di parole, stessa struttura (quindi esisteva già allora questa politica tornata in auge di recente di assegnate tutti titoli uguali!). Di buono c'è che almeno viene mantenuto il riferimento a "miracle", miracolo, anche se l'assenza del nome della protagonista, una bambina logorroica che sogna di diventare Miss America, e la sua sostituzione con "hamburger" suona decisamente bislacca.

Dopo queste due prime opere, i romanzi della Flagg sono stati poi tradotti in ordine cronologico. Con titoli più o meno fedeli.
Nel 1998 è uscito WELCOME TO THE WORLD, BABY GIRL ovvero PANE, COSE E CAPPUCCINO DAL FORNAIO DI ELWOOD SPRINGS

Anche questa volta, si è deciso per un titolo italiano che rimandasse in qualche modo a quelli precedenti: stessa struttura della frase, più o meno stesso numero di parole, nome di un luogo specificato al fondo. Ma nessuna attinenza con il titolo originale (che in traduzione sarebbe qualcosa come "Benvenuta al mondo, bambina!"). In più, a mio avviso, la presenza di quel generico "cose" stona davvero tanto.

Quattro anni dopo, nel 2002, è arrivato un nuovo romanzo: STANDING ON THE RAINBOW ovvero IN PIEDI SULL'ARCOBALENO

In questo caso la traduzione è fedelissima all'originale (e non avrebbe potuto davvero essere altrimenti).

Il romanzo successivo esce negli USA nel 2004 e in Italia due anni dopo: A REDBIRD CHRISTMAS ovvero MR ZUPPA CAMPBELL, IL PETTIROSSO E LA BAMBINA


E di nuovo siamo di fronte a un cambio davvero drastico nel titolo. Tuttavia in questo caso si potrebbe anche giustificare.  Il "redbird" è un uccellino, il cardinale rosso, molto simile al pettirosso anche se non del tutto uguale, (il primo è TUTTO rosso, il secondo ha solo il petto). Questo animale viene spesso associato alla neve e, come in questo caso, al Natale. Sicuramente non si poteva intitolare un libro "Un cardinale rosso" perché nessuno avrebbe capito di cosa si stesse parlando e non avrebbe, almeno nel mio caso, suscitato alcuna curiosità. Si è scelto quindi un uccellino più comune, accompagnato dai personaggi fondamentali che compaiono nel libro: un orfano che era stato abbandonato insieme a una scatola della celebre zuppa e la bambina che diventa sua amica quando l'uomo è costretto a trasferisci da Chicago all'Alabama per problemi di salute.
Difficile dire se la scelta sia stata o meno azzardata in questo caso.

Due anni dopo, Fannie Flagg ci delizia con un altro strepitoso romanzo, al momento il suo penultimo.
CAN'T WAIT TO GO TO HEAVEN ovvero TORTA AL CARAMELLO IN PARADISO

Anche in questo caso, difficile capire cosa sia successo nel passaggio da inglese a italiano. Forse si è pensato che la traduzione "Non vedo l'ora di andare in Paradiso" avrebbe suscitato un effetto un po' strano nel potenziale lettore. Si è scelta quindi un'immagine un po' meno diretta, mantenendo però sempre il riferimento al paradiso. E poi della torta al caramello all'interno del romanzo si parla spesso. In questo caso quindi il titolo è sì diverso, ma trasmette bene quelli che saranno i contenuti del libro.

Ed eccoci arrivati all'ultimo romanzo, uscito negli USA nel 2010 e tradotto l'anno dopo in italiano. Devo ammettere che rispetto agli altri, tutti splendidi, quest'ultimo è stata un po' una delusione... ma di solito è quello che succede quando si attende tanto qualcosa e si hanno tante aspettative, che finiscono per non farti apprezzare del tutto quello che stai leggendo.
I STILL DREAM ABOUT YOU ovvero MISS ALABAMA E LA CASA DEI SOGNI

Anche in questo caso, nel passaggio da originale a italiano c'è stato un cambio nel titolo. La traduzione letterale sarebbe stata "Ti sogno ancora", non il massimo forse per il titolo di un libro. Ancora una volta si è scelto di mantenere in qualche modo un riferimento all'originale (i sogni), aggiungendoci qualche riferimento alla trama (la protagonista del romanzo è stata Miss Alabama in gioventù e ora fa l'agente immobiliare).

Come si è visto quindi i titoli mantenuti originali sono soltanto due ("Pomodori verdi fritti al caffé di Whistle Stop" e "In piedi sull'arcobaleno"). Negli altri casi si assiste a dei cambi, a volte giustificabili o comunque comprensibili (ad esempio " Mr Zuppa Campbell il pettirosso e la bambina"), altre un po' meno (quel "Pane, cose e cappuccino dal fornaio di Elwood Springs" a mio avviso e davvero tremendo). In ogni caso bisogna ammettere che praticamente in tutti i casi il senso del libro viene rispettato, il titolo non genera false aspettative e probabilmente se uno non leggesse l'originale non si renderebbe conto della differenza.

In ogni caso, titolo cambiati o meno, con un senso o meno, vi consiglio di leggere qualcosa di questa incredibile autrice. "Pomodori verdi fritti" è uno di quei romanzi imprescindibili che tutti, almeno una volta nella vita devono leggere. E gli altri, se si esclude l'ultimo, non sono assolutamente da meno.

lunedì 15 ottobre 2012

PESCI POETI E CARI RICORDI - Sherwood Kiraly

Rollie Zerbs è sempre stato un personaggio fuori dagli schemi, come tutti gli Zerbs di LaPorte. I suoi concittadini lo hanno eletto l'uomo più bizzarro del Missouri. Scapolo per scelta, Rollie ha dedicato la sua vita a un'unica ossessione: controllare una macchina da scrivere fissata al pontile davanti casa, con una lenza legata a ogni tasto, in attesa che la parola poetica dei pesci si riveli dalle acque del Mississippi. Negli ultimi tempi, però, la situazione è peggiorata. Colpito dal morbo di Alzheimer, senza un soldo e incapace di badare a sé stesso, rischia di finire in un istituto. Ma Rollie Zerbs non ci sta ad abbandonare il suo "lavoro", e chiama in soccorso il nipote, Cooper, un redattore di fumetti di Chicago affetto da vuoti di memoria a causa di un trauma cranico. I due hanno un asso nella manica: una vecchia figurina dei Cubs del 1909, che può valere una fortuna tra gli appassionati di baseball. E così la strana coppia di "smemorati", in compagnia di un'ex fiamma di Cooper e una galleria di alcolisti, antiquari e spogliarelliste, intraprende un viaggio picaresco per difendere la libertà di zio Rollie.

E poi ti capitano tra le mani libri di autori fino ad ora sconosciuti, editi da case editrici altrettanto sconosciute (almeno per me, ovviamente) e ti domandi come sia possibile che delle storie così belle siano state lette da così poche persone.
E' più o meno questa ciò che si prova non appena si chiude "Pesci poeti e cari ricordi" di Sherwood Kiraly. Anche se in realtà, la sensazione di stare leggendo qualcosa di bello si ha già dalle prime pagine e poi prosegue per tutta la lettura, che scorre via veloce, talmente ti conquista.

In questo si trova una galleria di personaggi più o meno bislacchi che si ritrovano tutti uniti in un'avventura che ha del picaresco, il cui obiettivo finale è quello di vendere una vecchia figurina di un grande campione di baseball del passato. Quello è l'unico modo per permettere allo zio Rollie di non venire rinchiuso nell'istituto in cui sua cognata lo vuole ricoverare per via della sua sempre più marcata mancanza di memoria e per la sua distrazione. Per lui sarebbe una vera tragedia però, perché non potrebbe più continuare con il suo lavoro di editor per i pesci scrittori, un'occupazione che però non gli sta fruttando molto, non tanto perché i pesci non collaborano quanto perché nessuno è disposto a prendere sul serio le loro composizioni. Insomma, tutti in paese lo considerano un po' suonato.
Verrà in suo aiuto il nipote Cooper, che ha lasciato il paese per andare in cerca di soddisfazioni lavorative in quel di Chicago, dove però, a seguito di una rissa  e di relativa botta in testa, anche lui ha perso un po' di memoria e soprattutto sé stesso. Lo zio Rollie convincerà Cooper a cercare di vendere per lui la figurina a Chicago, salvo poi decidere di accompagnarlo in questo viaggio. Offrirà loro un passaggio in città Charlotte, ex fiamma di Cooper che si è appena separata dal marito, e il figlio Dillon.
E una volta arrivati a Chicago, al gruppetto succederà tutta una serie di rocambolesche avventure con conseguenze più o meno gravi, fino all'immancabile quanto combattuto lieto fine.

E' un libro molto divertente e piacevole da leggere, soprattutto grazie ai due personaggi maschili: lo zio Rollie, un vecchino simpatico che fatica ad ammettere di aver bisogno di qualcuno accanto ma che allo stesso tempo quando vuole è molto, molto indipendente, e il nipote Cooper, che ha sempre visto lo zio come "il donatore di figurine che ammiravo da bambino" e che riuscirà proprio grazie all'aiuto dell'uomo a rimettere in sesto la sua vita andata un po' troppo alla deriva.

Bisogna ammettere che certi situazioni descritte a volte rasentano l'assurdo e l'incredibile, ma questo è assolutamente voluto e funzionale alla storia, perché fa capire che non sempre le soluzioni più sensate sono quelle più giuste. A volte bisogna semplicemente credere e lasciarsi andare.
Perché non solo i pesci possono scrivere poesie, ma se vogliono possono addirittura copiarle.

Una piacevolissima scoperta, una leggera e spensierata ma con una certa poesia che consiglio davvero a tutti!

Nota alla traduzione: a parte qualche stonatura nella traduzione dei proverbi e il cambi drastico nel titolo (l'originale è "Diminished capacity") direi che è fatta abbastanza bene.


Titolo: Pesci poeti e cari ricordi
Autore: Sherwood Kiraly
Traduttore: Ilaria Tarasconi
Pagine: 250
Anno di pubblicazione: 2011
Editore: 66thand2nd
ISBN: 978-8896538197
Prezzo di copertina: 16,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Pesci poeti e cari ricordi

sabato 13 ottobre 2012

Sul comodino #8

L'altra sera sono uscita con delle mie amiche. Sono delle mie vecchie compagne di università (dico vecchie perché, cavolo, sono già passati tre anni dalla laurea!!!) che vedo abbastanza spesso e con cui passo sempre dei momenti divertenti (per dirvi abbiamo parlato di lavoro, di libri, di futuro e di... X-factor)
Con una di loro, già ai tempi dell'università, avevamo iniziato uno prestito di libri che ci portava spesso ad arrivare a lezione cariche come muli. Grazie a lei ho scoperto autori che non conoscevo (Coe, McEwan, Saramago) e gliene ho fatti conoscere altrettanti.
Questa abitudine continua ancora oggi. Ogni volta, prima di incontrarci, ci chiediamo a vicenda "ti porto qualche libro?". Allora si va su aNobii, si guardano le rispettive librerie e poi si parte con l'elenco.
L'altra sera quindi sono uscita di casa con quattro romanzi da portarle e sono rientrata con altri tre. Questi:


PESCI, POETI E CARI RICORDI di Sherwood Kiraly: questo libro ha un titolo magnifico (anche se non c'entra assolutamente nulla con l'originale) e la mia amica me ne ha parlato benissimo. L'ho preso quindi a scatola quasi chiusa, senza sapere bene di che cosa parli, ma abbastanza sicura che mi possa piacere.

LA RAGAZZA DALLE NOVE DITA di Laia Fabregas: trovo titolo e copertina molto accattivanti, e poi parla della Spagna nel passaggio da franchismo a democrazia (e io amo molto la storia spagnola).

AMERICA OGGI di Raymond Carver: io che non sono una grandissima amante dei racconti amo incredibilmente questo autore. Avevo già letto "Cattedrale", sempre prestatomi da questa mia amica, e ne ero rimasta affascinata. Non potevo non leggerne altri.

Ovviamente ringrazio le mie due fantastiche amiche per la bellissima serata e in particolare Thais (che leggendo si commuoverà) per essere da sempre una delle mie fornitrici ufficiali di libri stupendi!

venerdì 12 ottobre 2012

NEL NOME DELLO ZIO - Stefano Piedimonte

Lo Zio è uno spietato boss della camorra. Ha però una fatale debolezza: "il Grande Fratello", di cui non si perde una puntata. Nemmeno se costretto a vivere in latitanza, braccato dall'agente di polizia Woody Alien, soprannominato così per la "bruttezza intellettualoide", che potrebbe incastrarlo grazie a un misterioso informatore. Allora i "guaglioni" dello Zio, scoperta l'identità del traditore, arruolano il pusher Anthony ­ ventenne incensurato, ma in compenso lampadato e depilato ­ per mandargli un messaggio dalla Casa. Dopo un estenuante addestramento, Anthony riesce a superare il provino ed entra nel cast...

Credo che parlare e scrivere di Camorra sia una delle cose più difficili che si possano fare. C'è un velo di segretezza, di omertà, di paura che avvolge questo mondo, un mondo che troppo spesso qui al nord (e sto facendo un mea culpa) tendiamo ad ignorare. C'è stata una svolta qualche anno fa, con l'uscita di "Gomorra" di Roberto Saviano. Un libro difficile da leggere, difficile da capire e ancor più difficile da digerire, soprattutto per chi, come me appunto, sapeva della Camorra solo quelle notizie che vengono detto ogni tanto al tg o che compaiono sui giornali e che si ascoltano e si leggono di sfuggita.

Però non c'è solo Roberto Saviano. Ci sono altri giornalisti, ci sono magistrati, ci sono persone comuni che nel loro grande e nel loro piccolo cercano di contrastare come possono questo sistema, cercano in qualche modo di ribellarsi o, almeno, di raccontare.
E tra questi c'è anche Stefano Piedimonte, che, con il suo "Nel nome dello zio",  ci racconta la camorra da un punto di vista diverso, forse mai utilizzato prima e forse ancor più difficile. Un romanzo, un romanzo comico, a tratti grottesco e surreale, in cui il male viene in qualche modo combattuto ridicolizzandolo.

Lo Zio è uno spietato e potente boss della Camorra, appassionato di Grande Fratello. Niente e nessuno può disturbarlo durante le ore della trasmissione. Un giorno però, qualcuno lo tradisce ed è costretto a fuggire. Nessuno dei suoi sa dove sia andato e, dato che non ha portato con sé il cellulare, non sanno nemmeno come fare a contattarlo. Sanno solo che è in pericolo.
Poi però hanno un'idea: perché non utilizzare questa sua grande passione per la famosa casa per inviargli in diretta un messaggio? Bisogna solo trovare la persona adatta: fedele al loro clan ma incensurato, così che nessuno possa direttamente collegarlo a lui. E chi meglio di Antony? Un pusher ventenne, lampadato e "frizzantino", con la passione per le canzoni neomelodiche e il sogno di diventare una star.
Antony verrà istruito a dovere da Peppino il Fetente su  cosa dovrà fare per essere selezionato ed entrare nella casa e su cosa dovrà dire e non dire una volta dentro. La salvezza dello Zio è nelle sue mani.
Tutto andrà come previsto, Antony riuscirà ad entrare e si scontrerà con delle persone ancor più strambe di lui. Ma anche con qualcuno che forse lo capisce più di quanto pensasse e che lo porterà a ribellarsi.

L'idea alla base del romanzo è semplicemente geniale e non riesco davvero a immaginare come abbia fatto l'autore ad inventarsela. Dietro alla comicità del personaggio di Antony, veramente ben riuscito (anche io voglio essere "frizzantina"!), e al ridicolo in cui lo Zio e il suo clan vengono in qualche modo gettati mettendo in luce le loro debolezze e le loro manie(e si vede già dai soprannomi che vengono loro attribuiti), rimane la denuncia, pesante e potente verso un mondo che trova nel terrore, nelle minacce e nella vendetta le sue uniche armi per dominare tutto. E sono armi potenti, contro le quali sembra quasi impossibile ribellarsi.
Stefano Piedimonte analizza tutti i principali aspetti della fortuna e dei fallimenti dei clan camorristi: la struttura gerarchica di ogni gruppo, la divisione del potere, le talpe nella polizia e i rapporti con la politica, i pentimenti e i tradimenti interni che avvengono di solito per motivi banali, la violenze come unica forma di vendetta, la gente che pur sapendo tace. 

Alla fine il romanzo riesce a lasciarti due cose: un briciolo di speranza, incarnata proprio da Antony, che nella sua semplicità e nella sua "stramberia" riesce a ribellarsi in qualche modo al potere del clan.  Una speranza che però si trasforma quasi subito in amarezza, perché ovunque tu vada a un certo punto ti ritroverai di nuovo dentro a un sistema, magari diverso, magari con un altro nome, magari meno violento e meno radicato, ma con gli stessi principi.

Merita!


Titolo: Nel nome dello zio
Autore: Stefano Piedimonte
Pagine: 249
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: Guanda
ISBN:978-8860889416
Prezzo di copertina:16,00 €
Acquista su Amazon:
formato brossuraNel nome dello zio

mercoledì 10 ottobre 2012

DUE TITOLI, UN SOLO LIBRO: ma perché? #4

Ed eccoci arrivati ad un nuovo appuntamento della rubrica "Due titoli, un solo libro: ma perché?". Sono stata indecisa per tutta la settimana sull'autore o l'autrice a cui dedicare questo post. Ho cambiato idea un paio di volte, scritto prima a una poi a un'altra casa editrice, e dal momento che nessuna delle due, per il momento, mi ha risposto, ho deciso tirando una monetina.

L'autrice che ho scelto per questa settimana è la scrittrice spagnola Clara Sánchez, conosciuta in Italia solo da un paio di anni, ma che in patria vanta una carriera ventennale. Così  vedremo anche che i titoli non cambiano solo nelle traduzioni dall'inglese ma che anche le altre lingue sono spesso vittima di cambi incomprensibili.

Clara Sánchez è edita in Italia dalla casa editrice Garzanti, che ha lanciato il suo ultimo romanzo nel 2011 e  il precedente quest'anno (la pubblicazione non cronologia delle opere è un'altra cosa che mi fa un po' inalberare nelle politiche editoriali italiane).

Iniziamo allora con il primo romanzo apparso in Italia:

LO QUE ESCONDE TU NOMBRE ovvero IL PROFUMO DELLE FOGLIE DI LIMONE

Uscito in Spagna nel 2009, il romanzo è arrivato in Italia l'anno successivo, grazie anche all'interesse che aveva suscitato a livello internazionale dopo aver vinto il Premio Nadal, un premio letterario commerciale  viene conferito alla migliore opera inedita eletta dalle edizioni Destino (una delle case editrici spagnole più famose).
Tradotto in italiano da Enrica Budetta, il romanzo è stato in classifica per diverso tempo, a mio avviso più per  l'operazione commerciale che l'ha accompagnato che non per la qualità del libro.
In questo caso, la scelta del titolo è davvero sconvolgente. La traduzione letterale sarebbe stata "Quel che nasconde il tuo nome"... come abbia fatto a diventare "Il profumo delle foglie di limone" è una cosa che mi sto chiedendo da quando l'ho letto. Anche perché non ci sono limoni nella storia! Nemmeno uno (ok, forse la protagonista a un certo punto si fa un the). E poi non c'entra assolutamente nulla con la trama, che parla di criminali nazisti e fanciulle in pericolo. Una scelta incredibile e totalmente incomprensibile.

Quest'anno è uscito poi il "nuovo" romanzo che, come vi dicevo già prima, in realtà in Spagna è stato pubblicato nel 2008.

PRESENTIMIENTOS ovvero LA VOCE INVISIBILE DEL VENTO

 Non ho letto questo secondo romanzo, un po' perché non ne ho ancora avuto l'occasione, un po' perché comunque il primo era stata una delusione. Ero però curiosissima di sapere cosa sarebbe successo al titolo originale questa volta.
E ancora una volta lo stupore è stato enorme. Era così difficile tradurre letteralmente l'originale? Sarebbe davvero suonato così male il titolo "Presentimenti"? Non so dire se in questo caso il titolo italiano abbia una qualche attinenza con la trama, se ci sia un qualche riferimento (ditemelo voi, se lo avete letto). Io penso che si sia scelto semplicemente un titolo che rispettasse lo schema del precedente, lungo più o meno uguale, formato più o meno dallo stesso numero di sostantivi e aggettivi... seguendo quella moda che ha afflitto l'editoria negli ultimi due anni di utilizzare titoli tutti uguali.

Insomma, la scelta del titolo italiano in entrambi i casi è a mio avviso abbastanza insensata: si poteva mantenere una traduzione letterale dell'originale, che avrebbe avuto più attinenza con la trama senza creare aspettative sbagliate nel lettore.

Rimango sempre nell'attesa, fiduciosa, di una risposta della Garzanti (anche perché sarà spesso protagonista di questa rubrica, essendo una delle case editrici che cambia più spesso i titoli)


Alla prossima settimana!

martedì 9 ottobre 2012

HO UCCISO BAMBI - Carla Cucchiarelli

Silvia e Debora sono due studentesse come tante. Amano molto la musica e il fumo, poco la scuola e le regole. Un giorno entrano in classe, nel loro liceo nel cuore di Roma, e iniziano a sparare contro i compagni. La prima a cadere è Eleonora, punita perché considerata la più bella e la più brava. Altri giovani moriranno con lei, secondo una lista ben precisa che Silvia e Debora hanno preparato da tempo. Una vera e propria strage come quelle che si ripetono nei college americani o in nord Europa. Solo che, per la prima volta, a sparare sono due ragazze. "Ho ucciso Bambi" è la storia di questo drammatico episodio di bullismo al femminile, ma è anche un viaggio dentro la mente di un'adolescente, combattuta tra ansia di crescere e rabbia, senza riferimenti e prospettive per il futuro, come molti giovani della sua generazione. Un romanzo unico nel suo genere, un romanzo che “inizia dalla fine”...

Ogni volta che sui giornali compare la notizia di una strage avvenuta in un college americano per mano di uno studente che per qualche inspiegabile motivo ha deciso di uccidere dei suoi coetanei, vengo assalita da due emozioni contrastanti.
Da un lato c'è l'orrore e l'incredulità per la facilità e la frequenza con cui queste cose succedono, lo stupore di fronte alla decisione di un ragazzo di uccidere per rabbia o per follia e lo sdegno per la facilità con cui è facile procurarsi un'arma in un paese che dovrebbe essere un esempio di civiltà.
Dall'altro, però, c'è anche un sospiro di sollievo, di cui non vado certo fiera, legato alla lontananza di questi fatti e al pensiero "sì ma in Italia non potrà mai succedere". Eppure adolescenti difficili, arrabbiati con il mondo per aver vissuto qualcosa che non sono stati in grado di affrontare, adolescenti che non studiano, che si drogano, che vedono nei loro compagni una minaccia, ci sono anche in Italia. Ci sono ovunque. Però boh, vivo con la certezza (o l'autoconvincimento) che nel mio paese cose così non possano succedere.

Leggere quindi questo romanzo di Carla Cucchiarelli, che racconta di una di quelle stragi americane compiuta però in un liceo romano è stato un vero choc. E' stato un vero choc leggere i pensieri e i gesti di queste due ragazzine, Silvia e Debora, che da semplici bulle, con alle spalle un passato difficile, si sono trasformate in assassine, spinte dalla rabbia ma anche dalla solitudine, dall'abbandono e da quel senso di inadeguatezza che almeno una volta nella vita ha colto tutti gli adolescenti.
Tutti a quell'età abbiamo avuto simpatia e antipatie più o meno marcate. Tutti siamo stati vittime o carnefici di prese in giro, scherzi di pessimo gusto e maltrattamenti, più o meno fisici, da parte o verso i nostri coetanei. Perché quella è un'età bastarda, in cui perdersi a volte è veramente facile. 

E Silvia si perde. Si perde quando la madre l'abbandona e il padre la trascura. Si perde quando si fa la prima canna, quando fa sesso per la prima volta, quando si ritrova a chattare con gente (s)conosciuta su internet, quando passa il pomeriggio a sparare davanti al computer. Si perde quando in classe arriva una ragazzina nuova, studiosa, ai suoi occhi perfetta, troppo perfetta. 
Insieme a lei c'è la sua migliore amica, Debora, sua compagna di avventure con cui condivide (e a volte forse impone) lo stesso odio per il mondo, la stessa rabbia.
E poi ci sono tutti gli altri compagni di classe: quelli che ridono e le assecondano per evitare problemi, quelli che cercano il più possibile di ignorarle per evitare di essere vittime delle loro angherie, e quelli che pur non facendo nulla di male vittime lo diventano davvero.
Silvia è la mente di tutto. Lei ha le pistole, lei ha stilato la lista di chi deve morire e chi deve salvarsi, lei ha preparato il video da caricare su youtube. Lei ha una rabbia incredibile dentro, una rabbia comprensibile e giustificabile, che la guida nelle sue azioni. A volta mostrarsi forte e crudele è l'unico modo per non fare vedere le debolezze. A volte, eliminare chi vorremmo essere è più facile che diventarlo.

E' un libro davvero sconvolgente, che trasmette un senso di angoscia e di impotenza ad ogni pagina. Di chi è la colpa? Di una ragazzina di 16 anni? Di una madre che l'ha abbandonata? Di un padre che cerca di compensare le sue mancanze chiudendo gli occhi? Di una ragazzina di Milano che si trasferisce in un'altra città?  Di altri ragazzini che non denunciano per non avere problemi? Degli insegnanti? Della società? Della vita?
La risposta a queste domande non si trova nel libro (e da nessun altra parte credo). Al punto che a volte si riesce a provare pena per Silvia, di cui leggiamo i pensieri, le paure e le insicurezze, dovute alla solitudine e all'abbandono. 
Si prova ovviamente pena anche per gli altri, i ragazzi uccisi in questo raptus di follia, i ragazzi sopravvissuti che si porteranno sempre dietro il ricordo e il dolore di quello che è successo. Si prova pena per i genitori, che non sono stati in grado di comprendere. E si prova per gli insegnati, gli adulti, chiunque abbia avuto in qualche modo a che fare con quanto è successo.

Mi è piaciuto molto lo stile dell'autrice, l'idea che ogni capitolo abbia come tema una canzone e l'idea di sentire di Silvia nel letto d'ospedale. Per quanto sconvolgente e difficile, ho divorato questo libro in due giorni, proprio perché ti scuote, ti spinge a porti delle domande, a riflettere. Perché alla fine davvero adolescenti difficili, arrabbiati con il mondo perché lasciati da soli ci sono stati e ci sono ovunque. Anche qui.

Titolo: Ho ucciso Bambi
Autore: Carla Cucchiarelli
Pagine: 154
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: 0111 Edizioni
ISBN:978 8863074505
Prezzo di copertina:14,50
Acquista su Amazon:
formato brossura: Ho ucciso bambi.