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martedì 28 giugno 2011

LE ETA' DI LULU'- Almudena Grandes

Per Lulù, protagonista di questa opera prima, l'erotismo ha i caratteri di un'ossessione, di una condanna da scontare, di un richiamo che la spinge a sperimentare le estreme, più offensive forme di trasgressione: conseguenza paradossale di una prima, violenta e tenera esperienza avuta a quindici anni con Pablo, amico di famiglia di dodici anni più vecchio di lei, e del rapporto che i due hanno coltivato nella lontananza e nel desiderio fino a ritrovarsi e a sposarsi. Ma è un rapporto fondato sulla pratica del libertinaggio. La prossima età di Lulù sarà quella della fuga da Pablo e del tentativo di costruire un'esistenza autonoma: rimane però, irresistibile, l'attrazione per la sessualità più torbida e sfrenata, incarnata nella intensa figura di Ely.


Recensire un libro come questo è per me un'impresa difficile. Mi dimentico sempre, quando leggo romanzi come questo (ma anche come quelli di Lucía Extebarria) di quanto sia diverso il rapporto che gli autori e le autrici spagnole abbiano con il sesso. Ne parlano facilmente, lo descrivono in maniera diretta e impudica, facendoti entrare a pieno nelle scene descritte. E questo romanzo parla solo ed esclusivamente di sesso, per quanto nella quarta di copertina si sia tentato di mettere in mezzo una descrizione della societ' post franchista.
Si parla di sesso, non di sesso come amore, ma di sesso come possesso, come perversione, come qualcosa che ci impedisce di pensare e che ci trascina nei punti piú bassi di noi stessi. E di solito non ci arriviamo da soli, ma c'è qualcuno che ci trascina giú. Lulú si fa trascinare dal suo amore per Pablo, un uomo più grande di lei che vorrebbe impedirle di crescere, che la vede sempre bambina e che la usa a suo piacimento, nascondendosi dietro all'amore. E forse la ama davvero, perché alla fine nemmeno lui riesce a stare senza di lei.

Non lo so, non so bene che dire. Sono ancora un po' sconvolta dalla durezza e dall'esplicita' di questo romanzo. E anche da quanto in basso, seppur in un romanzo, si possa arrivare per seguire le proprie pulsioni. Non lo so

Di certo non lo consiglierò a nessuno.

Nota alla traduzione> ben fatta direi

domenica 26 giugno 2011

LA SPIAGGIA RUBATA- Joanne Harris

Siamo in un salotto delle coste della Bretagna, Le Devin. Sull'isola ci sono due villaggi: Les Salants, che la giovane Mado, ritornando sull'isola dopo dieci anni passati a Parigi, trova ancora più povero di quando l'aveva lasciato; e Les Houssinières, che grazie allo spirito imprenditoriale di Claude Brismand è diventato una località turistica di grande richiamo. Mado capisce che la miseria di Les Salants è dovuta all'avanzamento del mare, mentre l'altro villaggio prospera grazie alle barriere spartiacque costruite dall'avido Brismand. Quando cerca di spiegarlo ai suoi amici, Mado incontra solo scetticismo e rassegnazione. Ma non demorde: per ridare prosperità al villaggio dovrà addirittura inscenare un miracolo.


Ok, lo so, certi autori sono in grado di scrivere solo un capolavoro e la Harris con Chocolat e La Scuola dei Desideri aveva già strafato scrivendo ben due romanzi che vanno assolutamente letti. E tutto sommato anche "Vino Patate e Mele ROsse" e "Cinque Quarti d'Arancia", sebbene non così all'altezza degli altri due, sono romanzi piacevoli da leggere. Quindi in realtà non dovrei nemmeno lamentarmi più di tanto se questo libro è stato una delusione pazzesca. Però, che cavolo! Poteva anche impegnarsi un pochino di più!
Le prime 300 pagine sono di una noia mortale, con gli abitanti di Les Salants che litigano tra di loro, si piangono addosso, vivono nel passato e credono nei miracoli di una santa che riuscirà con una sua apparizione a convincerli che forse forse il proprio destino si può cambiare. E c'è la protagonista, Mado, che va avanti e indietro per l'isola, cercando di svegliarla dal suo torpore e allo stesso tempo cercando di risolvere i problemi con suo padre, sua sorella e tutto il parentato, oltre che innamorarsi del misterioso Rosso, Fynn, arrivato per caso a risolvere i problemi del paese.
Nelle ultime 130 pagine l'azione di movimenta un po', un po' troppo, con talmente tanti colpi di scena (alcuni un po' prevedibili, altri un po' forzati) che si arriva alla fine pensando "si però ora basta". Figli scomparsi e ricomparsi, innamoramenti e tradimenti, suicidi d'amore e sensi di colpa. Misteri passati vengono riportati in luce e risolti, il lieto fine tra i due innamorati sembra compromesso ma poi grazie al cielo il tutto si risolve. E per finire arriva il petrolio che minaccia di distruggere tutta l'isola (ma come?? dopo tutta sta fatica???)
Insomma, la Harris avrebbe potuto scrivere un bel romanzo, non troppo impegnativo, certo, ma molto più godibile. Ma stavolta non gli è riuscito.

Nota alla traduzione: nulla da dire direi!

lunedì 20 giugno 2011

NADA- Carmen Laforet

La guerra civile è appena terminata quando Andrea arriva a Barcellona per iscriversi all'università. Le sue illusioni si scontrano però da subito con una realtà dura e difficile da dominare. Orfana e in condizioni economiche disagiate, la giovane viene ospitata in casa della nonna materna, dove si trova a convivere con alcuni personaggi (zii, domestica ecc.) che la guerra civile ha profondamente segnato, fino a condurli sull'orlo della pazzia. La casa di calle Aribau diventa così per Andrea un mondo dentro il mondo, in cui dietro la facciata borghese di perbenismo e armonia si cela un'esistenza insensata fondata su sopraffazione e menzogna. L'ambiente dei benestanti si rivela torbido, quasi infernale, votato a "nada", al nulla che dà titolo al romanzo. A salvare dal baratro Andrea è Ena, compagna di studi e amica, ricca e bellissima, che le offre l'opportunità di sfuggire a quella tragica realtà.


Non lo so, sono un po' perplessa da sto libro. Si legge bene, almeno in lingua originale (il fatto che ci abbia messo quasi due settimane è dovuto solo al fatto che ho avuto mille altre cose da fare nel mentre, perché poi solo di oggi ho letto più di 80 pagine). Ed è bella l'ambientazione barcellonese, città che adoro (e dove ho giusto comprato questo romanzo). Ma la storia non è poi una vera storia, o meglio, non ti appassiona forse come dovrebbe. La protagonista, Andrea, dopo essere rimasta orfana va a Barcellona da dei parenti per studiare e si ritrova in questa famiglia difficile, con una zia bigotta che non la lascia uscire, due zii, Ramon e Juan che da giovani si sono contesi l'amore di Gloria, ora sposata con Juan, e che sono due personaggi inquieti e affascinanti, ma anche oscuri e violenti. Andrea sperava di conoscere il mondo, di sentirsi libera e si ritrova prigioniera nella sua stessa casa. Conosce poi Ena all'università, senza sospettare, almeno all'inizio, del passato della madre dell'amica e soprattutto delle intenzioni della ragazza. Andrea imparerà ad affrontare le avversità, a diventare più forte ed emancipata, riuscendo alla fine a raggiungere il suo sogno.
Ripeto, non lo so. E' scritto molto bene, i personaggi sono ben caratterizzati. Ma trovo che manchi qualcosa. Cosa, non lo so.

Nota alla traduzione: letto in originale!

giovedì 9 giugno 2011

LA BOTTEGA DEI DESIDERI- Karen Weinreb

Bedford, New York. Nella villa a due piani regna il silenzio. È mattina, tutti dormono, tranne Nora. È presto, troppo presto, perché qualcuno suoni alla porta. Eppure quel campanello sta squillando insistentemente già da un paio di minuti. Nora non crede ai suoi occhi: all'ingresso ci sono gli uomini dell'FBI. Sono venuti ad arrestare suo marito, Evan, che lavora in finanza. Si è arricchito con operazioni illecite e ora, con la crisi economica, non può più farla franca. Basta un istante e il mondo di Nora crolla: non c'è più fiducia, né amore, né felicità, né soldi. Non le restano altro che dolore e rabbia. E tre bambini da mantenere, cosa quasi impossibile con tutti i beni pignorati e circondata dall'ostilità di quelle che un tempo credeva amiche. Ma in lei è rimasto qualcosa di prezioso, un dono che coltiva da anni, trasmesso di generazione in generazione dalle donne della sua famiglia. Fare dolci e pasticcini. Tutto ha inizio nella panetteria dove Nora lavora la notte. Nora apre "La bottega dei desideri". È un luogo un po' speciale, dove non si gusta solo un dolce e del buon caffè, ma si assaporano ricordi e si coltivano speranze, si dimentica il passato e forse si può anche amare di nuovo. Perché, a volte, basta la giusta dose di ingredienti per far tornare un sorriso e accendere un desiderio.

Ma che bel libro insulso che ho appena finito di leggere! No sul serio, credo sia al livello dell'unico della Kinsella che ho letto. Peccato, perché mi sono lasciata ingannare dal titolo e dalla quarta di copertina, dove si parlava di cibo come di mezzo per riscoprire sè stessi e riprendere in mano la propria vita. E io solitamente adoro i romanzi che parlano di cibo.
Ma questo è semplicemente irritante. La protagonista, Nora, è una ricca snob che non riesce ad accettare di dover rinunciare alle sue ricchezze, dopo che il marito è finito il galera per frode. Ma piano piano scoprirà che non è il denaro a fare la felicità e che le altre donne del suo quartiere che prima ammirava tanto non sono che delle povere sfigate che non sanno cos'è la felicità e il vero ammmmmore (però lei a farsi fregare dall'avvocato marpione ci è riuscita praticamente subito). Così come a perdonare il marito alla fine, perché in fondo oh, è una brava persona, le ha solo nascosto di essere in fallimento e a causa dello stress che questo le ha provocato le ha anche fatto perdere il bambino che aspettava. Meno male che c'è la tata, che grazie al suo passato altrettanto disastrato, non abbandona Nora nel momento del bisogno, diventando per lei una seconda famiglia.
Non lo so perché sono irritata con questo libro. Forse mi è sembrato un po' un insulto alla mia intelligenza e a quella di tutti i lettori che come me (e scema io qui) si sono fatti ingannare dal titolo, dalla copertina e da tutti i riferimenti al cibo. Una completa perdita di tempo, non vale la pena di leggerlo nemmeno come libro da spiaggia...

Nota alla Traduzione: discutibile la scelta del titolo (ma non è colpa del traduttore). E qualche parte poco scorrevole qua e là. Ma già il libro di suo comunque non era un granchè...

martedì 7 giugno 2011

A UN CERBIATTO SOMIGLIA IL MIO AMORE- David Grossman

Israele, guerra dei Sei Giorni. Avram, Orah e Ilan, sedicenni, sono ricoverati nel reparto di isolamento di un ospedale di Gerusalemme. I tre ragazzi si uniscono in un'amicizia che si trasformerà, molto tempo dopo, nell'amore e nel matrimonio tra Orah e Ilan. Dopo trentasei anni, Orah è una donna separata, madre di due figli, Adam e Ofer. Quest'ultimo, militare di leva, accetta di partecipare a un'incursione in Cisgiordania. Preda di un oscuro presentimento, Orah decide di abbandonare tutto e partire, per non essere presente quando gli ufficiali dell'esercito verranno a darle la notizia della morte del figlio. Ad accompagnare la donna c'è Avram, ricomparso nella sua vita dopo più di un ventennio. Il loro viaggio diventa occasione di riflessione e di rimpianto, ma anche di gioia e tenera rievocazione. Fino a che arriverà il momento di tornare a fare i conti con il presente che, tutt'intorno, preme inesorabile.

C'è stato un momento, intorno a pagina 75, in cui ho pensato seriamente di abbandonare questo libro. Se ci metto due giorni a leggere 75 pagine, quanto mi ci vorrà a leggerne 780? Poi per fortuna ho deciso di andare avanti e superato il capitolo iniziale, funzionale alla storia perché spiega da dove nasce il legame tra i tre protagonisti, ma di cui avrei fatto volentieri a meno, il romanzo scorre abbastanza bene. Certo rimangono 780 pagine in stile Grossman, tanto bello e coinvolgente quanto difficile da leggere, e due settimane buone per leggerlo mi ci sono volute. Ma devo ammettere che mi è piaciuto. Parla di guerra e lo fa in modo diretto e senza sconti, parla di violenza, di torture e di morte. E parla anche di come sopravvive chi resta o chi riesce a tornare. Parla della guerra del passato, con il triangolo amoroso di Orah, Ilan e Avram che si trascinerà nel tempo, anche quando Avram tornato dopo aver subito le peggiori torture avrà perso tutta la sua voglia di vivere. E parla della guerra attuale, in cui combatte il figlio di Orah (e in cui ha perso la vita il figlio di Grossman). Il tutto durante un viaggio che Orah fa per non essere in casa se e quando arriveranno gli ufficiali a comunicarle la morte del figlio, e nel quale si trascina dietro quasi per caso Avram. Un viaggio che fa i conti con un passato incancellabile e che lascia un'incognita gigantesca sul futuro.
Ho letto diversi commenti che "criticavano" il finale non finale scelto da Grossman. E in parte potrei anche essere d'accordo (ma come? Mi sorbisco 780 pagine e alla fine rimane tutto così sospeso?). Però forse è l'unico finale possibile.

Insomma, un altro bellissimo romanzo di Grossman, che trasmette emozioni e fa aprire gli occhi su tante cose. Ma che ha almeno un centinaio di pagine di troppo. Però non fatevi scoraggiare, rassegnatevi al fatto che non lo divorerete ma che vi richiederà parecchio tempo, e leggetelo.

Nota alla traduzione: un po' di note per certi termini ebraici credo intraducibili. Per il resto non c'è male.