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giovedì 29 marzo 2012

LA SOLITUDINE DEL MANAGER - Manuel Vázquez Montalbán

Il detective privato Pepe Carvalho questa volta è alle prese con il mistero di un manager, da lui conosciuto per puro caso anni prima negli Stati Uniti, trovato morto nei dintorni di Barcellona. Nella tasca del cadavere l'assassino, in segno di sprezzo e per depistare le indagini, ha infilato un paio di slip da donna. Tanto basta alla polizia per etichettare il delitto come l'eliminazione del cliente molesto da parte del protettore di una prostituta infastidita. Ma l'arguto Carvalho, ingaggiato dalla vedova del manager perchè chiarisca il caso con la massima discrezione, scopre inevitabilmente un'altra verità... ben più scomoda.

Era un po' che avevo intenzione di leggere un romanzo di Vázquez Montalbán con protagonista l'investigatore Pepe Carvalho.
Ho sempre amato molto i gialli, a partire da Agatha Christie e Artur Conan Doyle per arrivare a Fred Vargas. Mi piacciono i gialli classici, dove c'è un omicidio, si indaga e si danno a tutti i mezzi per scoprire con un po' di intuito chi è l'assassino.
Amo molto anche gli investigatori: Miss Marple, Poirot, indubbiamente Sherlock Holmes, e anche Adamsberger. Mi piace il loro modo di indagare e di ragionare e mi piace molto come sono caratterizzati.
Da Manuel Vázquez Montalbán e dal suo Pepe Carvalho mi aspettavo, forse erroneamente, qualcosa di simile: un investigatore con qualche aiutante (e devo dire che Biscuit è all'altezza di altre più famose spalle), un giallo che insinua il dubbio e lascia con il fiato sospeso.
Purtroppo però non è stato esattamente così.
Forse ho iniziato io dal romanzo sbagliato (ho preso questo libro in biblioteca quasi a caso), ma non sono riuscita ad appassionarmi alla vicenda, nè tanto meno a capire se Pepe Carvalho mi piace oppure no.

"La solitudine del manager" sembra più un romanzo politico che un giallo vero e proprio. Ci sono due cadaveri, certo. Ci sono tentativi di depistaggio e c'è il colpo di scena finale. Ma se non ci fosse dietro la Barcellona post franchista, il romanzo non avrebbe senso di esistere. Perché alla fine il tutto si riduce a uno scontro tra destra e sinistra, tra amici rimasti fedeli alle proprie idee e amici che hanno dimenticato quel che sono stati per diventare quel che sono ora, tra passato e futuro, con lo spauracchio di Franco sempre e comunque presente, e sempre e comunque in grado di condizionare le scelte economiche e politiche sia delle grandi aziende (disposte a uccidere pur di non perdere soldi in un periodo di crisi) sia delle persone comuni.

Pepe Carvalho è un ex agente della CIA, un ex militante della sinistra antifranchista che è stato anche in galera e che ora si guadagna da vivere facendo l'investigatore privato. Ha una prostituta fissa, una passione smodata per l'alta cucina (riflesso della passione di Montalbán) e un rapporto non proprio idilliaco con le forze dell'ordine.
Le caratteristiche per essere un grande investigatore ci sono tutte quindi. Eppure a me personalmente non ha convinto molto. Ma forse appunto perché, come dicevo prima, non mi ha convinto molto la trama di questo giallo.

Darò sicuramente in futuro un'altra possibilità a Manuel Vázquez Montalbán, anche perchè scrive in modo molto particolare, omettendo spesso i verbi e fornendo descrizioni in forma di elenco che hanno un potere molto suggestivo.

Mi informerò su quale dei romanzi con protagonista Pepe Carvalho sia considerato il migliore e ritenterò.

Nota alla traduzione: le note per le parole e le espressioni catalane sono sicuramente indispensabili. Però qua e là si nota qualche ripetizione e qualche frase che suona un po' strana, ed è difficile capire se sia lo stile dell'autore o una scelta sbagliata del traduttore.

Per acquistare La solitudine del manager (Universale economica)

lunedì 26 marzo 2012

LEZIONI DI VOLO PER SONNAMBULI- Sion Scott-Wilson

Mikey Hough ha quindici anni e vuole volare. è per questo che adesso si trova in cima a un albero del suo giardino e sta per esibirsi in uno spericolato tuffo in una piscinetta di gomma. Mikey ha deciso di volare perché vuole cambiare la sua vita: i suoi aridi e perbenisti genitori lo ignorano e lui passa le sue giornate chiuso in casa a leggere fumetti e a inventare giochi solitari, senza amici, se si escludono Edmund, il vicino di casa pagato per lasciargli usare il computer, e Gerry, un bizzarro giardiniere tatuato da capo a piedi. Un attimo di esitazione... e poi Mikey si lancia. La tecnica è perfetta, ma la mira evidentemente lascia a desiderare, visto che il ragazzino si sveglia in un letto di ospedale. Qui scopre che il suo tentativo di volo non riuscito ha causato un altro, disastroso effetto collaterale: Mikey non potrà mai più dormire. I medici gli danno quindici giorni di vita. In accordo con la sua nuova amica e vicina di casa, la conturbante e pericolosa Livia, decide di vivere i suoi ultimi giorni alla grande, facendo tutto quello che vuole. E tutto ciò che vuole è rendere felici i suoi unici amici. Ecco perché deciderà di aiutare Livia a realizzare il suo più oscuro desiderio: uccidere il signor Coombs, il suo patrigno...

Trovo che il titolo di questo libro sia bellissimo. Mi ricordo di averlo notato qualche anno fa su Il Libraio e averlo inserito subito in wish list. Poi però per un po' me ne sono dimenticata, fino all'altro giorno, quando l'ho visto per caso su uno scaffale della biblioteca e ho deciso che era finalmente giunta l'ora di leggerlo.
E per l'ennesima volta, la trama non è stata all'altezza del titolo. O forse solo di quello che io mi aspettavo.

Mickey ha 15 anni ed è un adolescente un po' strano e un po' incompreso, soprattutto dai suoi genitori, che ha il grande sogno di diventare un clavadista, ovvero uno di quei tuffatori (o pazzi, per me che soffro di vertigini) che si lanciano da cime altissime in pozze d'acqua. Ed è proprio mentre si sta allenando per realizzare questo suo desiderio che Mickey si sfracella per terra da un'altezza di sei metri, dopo aver miseramente mancato la piscinetta gonfiabile che avrebbe dovuto attutire la sua caduta. Il ragazzo resta in coma per due anni e quando si risveglia ha la faccia simile a un ferro da stiro e una condanna a morte praticamente certa: nell'incidente infatti ha danneggiato la parte di cervello che regola il sonno e ora che si è svegliato non potrà addormentarsi mai più. Gli restano insomma 2 settimane di vita circa.
E lui cosa fa? Si infila in un'avventura tanto pericolosa quanto irreale e incredibile in cui vecchini, medaglie al valore rubate, speculazioni edilizie, droga e segreti del passato che sarebbe meglio rimanessero tali si mischiano per incasinare le ultime ore di vita di questo ragazzo. Il tutto ovviamente è causato da una ragazza, Livia, una drogata, appena uscita dal riformatorio, con un padrino criminale e una madre in fin di vita, che entra nella vita di Mickey come un tornado e la sconvolge.
Ci saranno inseguimenti, sparatorie, momenti ad alta tensione ma anche amore e passione. Il tutto raccontato con uno stile buffo e scanzonato.

Il problema è che forse è un po' troppo. Certo, il messaggio che l'autore ci vuole dare è quello che non bisogna mai avere paura e che troppo spesso non ci rendiamo conto di quanto sia bello vivere finché non stiamo per morire. E' un inno a reagire, a cercare sempre e comunque di realizzare i nostri sogni e a non lasciarci invadere dall'inedia e dalla frustrazione.
Però boh, ho trovato le avventure che capitano a Mickey troppe e troppo intense, al punto che a volte ci si perde facilmente nella trama e si fa fatica a stare dietro a tutte le varie vicende. Così come ho trovato troppo irreale la sua assenza di paura davanti alla consapevolezza della sua imminente morte.
E anche il finale è purtroppo abbastanza prevedibile.

Insomma, un libro carino, che fa sorridere a volte, riflettere altre, ma che alla fine non ti lascia poi molto.

Nota alla traduzione: nulla da dire!

Per acquistare: Lezioni di volo per sonnambuli (Narratori moderni)

mercoledì 21 marzo 2012

FORREST GUMP - Winston Groom

Forrest Gump, ragazzone buono e forte ma con un quoziente di intelligenza molto al di sotto della media, emerge involontariamente in tutto quello che fa proprio in virtù della sua "diversità".



Sicuramente se arrivate a questo libro dopo aver visto l'omonimo film con Tom Hanks rimarrete in qualche modo delusi. Perché libro e film sono parecchio diversi, pur avendo la trama di fondo comune, ovvero narrano entrambi di questo ragazzone che "forse sarà anche un idiota ma almeno non è uno stupido" con un quoziente intellettivo decisamente inferiore alla media a cui succedono suo malgrado una serie impossibile di avventure.
Il film però inserisce di più il personaggio di Forrest Gump all'interno della storia americana, da Elvis alla guerra in Vietnam, dal rapporto con la Cina all'Aids, mostrandoci come una persona semplice e ingenua come Forrest riesca comunque a trarre sempre il bene e il meglio da tutto questo.
Nel libro il rapporto con la storia, seppur presente, è molto meno evidente e tutto si incentra esclusivamente sul personaggio di Forrest: Forrest che va al college e inizia a giocare a rugby, Forrest che viene mandato in Vietnam e si trova ad affrontare la morte senza nemmeno sapere bene perché, Forrest che viene mandato nello spazio grazie alle sue incredibili capacità matematiche e poi si ritrova costretto a vivere per quattro anni con una tribù di cannibali, Forrest che gioca a scacchi e fa l'attore, Forrest che fa il wresteler e che ha come migliore amico l'orango Sue. Forrest che si innamora e rimane innamorato tutta la vita della stessa donna, rovinando suo malgrado sempre tutto.
Forrest che sbaglia ogni volta che segue un consiglio che gli viene dato da qualcun altro e che sa di essere un idiota anche se non sempre si sente tale.
L'effetto finale è assolutamente comico. Come è possibile che a un solo uomo, che non è esattamente una cima tra l'altro, possano succedere tutte queste cose? Eppure sembra che a Forrest non possa succedere altrimenti, perché anche nella sua idiozia si racchiude una genialità incredibile e soprattutto la capacità di affrontare senza patemi tutto quello che gli succede, purché possa sempre fare pipì quando gli scappa.

Come era impossibile non affezionarsi al Forrest protagonista del film, altrettanto difficile è non affezionarsi a quello del libro, al suo modo di vedere il mondo oltre le apparenze e i pregiudizi, che lo portano a stringere amicizia con persone che la società ignorerebbe.

L'ideale sarebbe leggere il libro prima del film o pensarli come entità separare (diciamo che il film è "liberamente ispirato da..."), per poter apprezzare al meglio entrambi. Se non ci si riesce, purtroppo il libro perde un po', proprio a causa delle aspettative che il capolavoro di Zemeckins genera.
Comunque merita!

Nota alla traduzione: troppi refusi!!!

Per acquistare Forrest Gump

lunedì 19 marzo 2012

UN AMORE DI ZITELLA - Andrea Vitali

Iole Vergara è la zitella del paese. Lavora come dattilografa presso il Comune, abita in un condominio affacciato sul lago e la sera cena con una tazza di caffellatte. È un'esistenza fatta di abitudini, grigia e monotona, se non fosse per le chiacchiere con la collega Iride sulla prostata del segretario comunale, o per i mille pettegolezzi che s'inseguono in paese. Ma persino la timida e solitaria Iole ha un segreto, come scoprirà Iride nel ricevere il regalo di nozze della collega: si chiama Dante, e per qualche tempo al centro dei pettegolezzi ci sarà proprio il misterioso amico della dattilografa comunale.


Leggendo il mio secondo romanzo di Andrea Vitali (il primo era stato "Zia Antonia sapeva di menta) ho scoperto che, almeno per il momento, questo autore mi piace un sacco.
Mi piace perché inizi e finisci la storia senza quasi accorgertene. Mi piace perché è leggero, semplice e spensierato. Perché in quello che racconta si può riconoscere la quotidianità di ogni paese, non solo di Bellano dove sono ambientati. Mi piace perché la loro banalità è un riflesso fedele della banalità della vita di paese, che però per chi la vive non è mai banale.

In questo caso, viene narrato un periodo della vita di Iole, zitella quasi quarantenne che lavora in comune. La sua vita è scandita da abitudini, dal suo lavoro come impiegata comunale al caffelatte che beve tutte le sere prima di chiudere le persiane al suono delle campane. Iole non ha moltissime amiche, e quelle che ha sono tutte sposate, ma ha una zia, Ortensia, che le piomba in casa di solito all'improvviso. E ha i suoi colleghi del comune: il segretario comunale, ossessionato dalle elezioni e malato di prostata, e Iride, impiegata come lei, nonchè peppia, arpia, rancorosa e pettegola. E sarà proprio Iride, a causa della sua ignoranza, a mettere in giro pettegolezzi sulla vita amorosa di Iole e a metterla ancor più in difficoltà in un momento già triste della sua vita.

Come dicevo, la storia è sicuramente banale ma è un ritratto fedele di quello che succedeva (perché il romanzo è ambientato negli anni '60) e ancora succede oggi in certi paesi e soprattutto in certi uffici (comunali e no): ci sono i pettegolezzi, quasi sempre infondati e messi in giro quasi sempre dalla stessa persona che per un motivo o per l'altro non è contenta se non rompe le scatole agli altri. C'è la dolcezza e le persone che ti aiuterebbero sempre e comunque, forse perché anche loro vittime ingiustificate di pettegolezzi. Ci sono i momenti di maggior lavoro e di stress, le invidie e le mezze giornate libere.
E Vitali riesce a descrivere questa quotidianità in modo perfetto, al punto che ti sembra di vivere a Bellano insieme a tutti i suoi personaggi, ad affacciarti alla finestra e vedere il lago e a riconoscere e riconoscerti in certi comportamenti del paese (sarà che vivo in un paesino di 1200 anime).
Insomma, un libro leggero leggero per trascorrere due ore in cui non pensare assolutamente a niente.

Per acquistare: Un amore di zitella (Narratori moderni)

domenica 18 marzo 2012

C'ERA UNA VOLTA IN EGITTO - Origone

Nilus è una raffigurazione satirica a strisce dell'antico Egitto. Infatti il fumetto riflette, nelle più svariate situazioni e nei suoi personaggi, tutti i problemi e i difetti della nostra società moderna. Si può perciò facilmente trovare il Faraone intento a trovare soluzioni per risollevare l'economia del suo regno o in lite con la figlia Titi a causa del suo modo di vestirsi un po' troppo spigliato, lo schiavo che si lamenta cercando di ottenere diritti pari a quelli degli altri personaggi o che organizza scioperi (subito sedati dalle guardie regali o dal gestore degli schiavi Cleo), il sacerdote Zoth alle prese con problemi religiosi o l'inventore Nilus a caccia dei giusti riconoscimenti.

Ieri sono tornata in biblioteca dopo mesi e mesi che non andavo. Ad accompagnarmi c'era il mio ragazzo, che era la prima volta che veniva in quello che per me è il luogo di perdizione per eccellenza. Io starei lì dentro due ore, ogni volta entro con una lista di due o tre libri ed esco con una pila di sei o sette, solitamente presi a caso dagli scaffali mentre cerco altro.
Mi rendo conto che chi mi accompagna lì dentro possa stufarsi in fretta. Lui è stato bravo, è riuscito a resistere 5 minuti prima di mostrare i primi segni di insofferenza. E per farlo stare buono è bastato dirgli che c'era un reparto fumetti. L'ho lasciato lì, mentre continuavo a girare tra una sala e l'altra. Quando ci siamo ritrovati, aveva in mano quattro libri di due fumetti: Andy Capp, che già conosco e già amo, e questo, che invece non avevo mai sentito. Ma è bastato vedere i disegni in copertina e aprire uno dei due libri su una pagina a caso per sapere che mi sarebbe piaciuto un sacco.Io adoro i fumetti in formato striscia, dai Peanuts a Mafalda, da Calvin a Andy Capp. Ho scoperto poi di adorare molto anche i fumetti in qualche modo storici: le Sturmtruppen, i Coloniali, BC.
E quindi come poteva non piacermi un fumetto ambientato nell'antico Egitto? Soprattutto se tra i protagonisti c'è un Faraone in sovrappeso, odiato dal popolo e succube della figlia che lo obbliga sempre a fare i lavori domestici, ci sono sacerdoti, ministri e giullari dalla battuta facile, soldati che si ritrovano a fronteggiare le invasioni romane, servi della gleba che costruiscono piramidi su piramidi che sicuramente violano il piano regolatore, prigionieri in gabbia che cercano in ogni modo di passare il tempo e mummie che mettono annunci sul giornale per cercare compagnia.

L'eco di fumetti come BC e I Coloniali (e a tratti anche le Sturmtruppen, soprattutto nelle strisce "culinarie) è parecchio evidente. Ma i fratelli Origone, che hanno inventato questo fumetto nel 1976, sono riusciti comunque a personalizzarlo parecchio, grazie ai sempre presenti riferimenti storici e alla capacità di mescolare passato e presente, creando situazioni talmente incredibili e inverosimili da sembrare vere.

A questo si somma il fatto che il fumetto non sia in traduzione, permettendo così di non perdere giochi di parole o riferimenti culturali (ormai lo sapete che sono pignola su ste cose).E ora cercherò sicuramente di procurarmi altre raccolte!
E mi farò sempre accompagnare in biblioteca dal mio ragazzo.

Per leggere le strisce se sono troppo piccole, cliccateci sopra con il mouse

Per acquistare: Nilus. C'era una volta in Egitto (Bur illustrati)

sabato 17 marzo 2012

THE WONDERFUL WIZARD OF OZ - L. Frank Baum

Dalla grigia prateria del Kansas, un poderoso ciclone trasporta la piccola Dorothy con tutta la sua casa fino al meraviglioso regno di Oz: questo è l'inizio di uno dei classici della letteratura per ragazzi più letti e amati di tutti i tempi. Tra streghe cattive e streghe buone, in compagnia dell'allegro cagnolino Toto, Dorothy si incamminerà verso il terribile e potentissimo mago, il solo che possa esaudire il suo desiderio di tornare a casa. Al suo fianco, memorabili personaggi come lo Spaventapasseri, alla ricerca di un cervello, il Boscaiolo di Latta, senza cuore, il Leone Codardo, alla ricerca del coraggio. Tra incontri straordinari e divertenti avventure, Dorothy arriverà alla splendida Città di Smeraldo, al termine di un viaggio che riserva ancora incredibili sorprese.

Lo so, lo so... arrivare a quasi 27 anni senza aver mai letto Il Mago di Oz non è proprio una cosa di cui andare fieri, ancor più che è considerato un grande classico per bambini. Ho visto il film parecchie volte, canticchio spesso "Somewhere over the rainbow", e due anni fa quando sono andata a Londra sono andata a vedere il musical "Wicked", una specie di "spin off" di questo romanzo (e di nuovo durante la lettura mi sono ritrovata a canticchiare tutte le canzoni)
E ora finalmente sono riuscita a leggere il libro originale.

Un libricino carino, destinato a un pubblico bambino ma che comunque fa riflettere anche gli adulti, e che trasmette un sacco di valori: l'amicizia, il dover credere in se stessi, la bontà e la gentilezza. Ovviamente ci insegna tutto questo in modo allegorico: c'è un leone fifone, uno spaventapasseri che sogna di avere un cervello, un uomo di latta che altro non desidera che un cuore per amare ed essere amato. Ci sono quattro streghe, due buone e due cattive, un mago che adora il verde e animali e creature del bosco che interagiscono con i vari personaggi.
E poi c'è Dorothy, finita in questo paese incantato trasportata da un tornado, e che cerca in ogni modo di tornare in Kansas, suo paese natale. L'unico modo per riuscirci è quello di andare a trovare il Mago di Oz, un mago potentissimo. Inizia così un viaggio, in compagnia dello spaventapasseri, del leone e dell'uomo di latta, che hanno deciso di andare a chiedere al mago quel che loro manca di più.
In questo loro tragitto incontreranno molti personaggi, affronteranno pericoli e avventure, e a poco a poco acquisteranno da soli quel coraggio, quel cuore e quel cervello che tanto gli mancano.

E' una storiella che si legge veloce e che probabilmente senza il famoso film con Judy Garland non si sarebbe convertita in un classico. E sarebbe stato proprio un peccato.

Un appunto e un consiglio. L'appunto: il film è abbastanza fedele al romanzo, anche se qualche episodio è stato tagliato. La cosa che non riesco a capire è perché nel romanzo le famose scarpe della strega cattiva dell'est sono argento mentre nel film diventano rosse.
Il consiglio: se passate da Londra, andate all'Apollo Victoria Theatre a vedere il musical "Wicked". Prima dell'inizio dello spettacolo forse vi domanderete se spendere 70 £ non sia stato un po' troppo, ma appena si spegneranno le luci in sala vi accorgerete quanto ne sia valsa la pena!


Per acquistare il libro in lingua originale: The Wonderful Wizard of Oz (PENG.POPULAR CL)

Per acquistare il libro in traduzione italiana: Il mago di Oz (Classici)

mercoledì 14 marzo 2012

LA LIBRERIA DEL BUON ROMANZO - Laurence Cossé

Un misantropo appassionato di Stendhal, nascosto in un villaggio della Savoia, viene misteriosamente rapito e abbandonato in una foresta. Una bella signora bionda, esperta guidatrice, perde il controllo dell'auto e finisce fuori strada. Intanto in Bretagna un uomo che ogni giorno faceva la sua passeggiata in riva al mare incontra due sconosciuti che lo terrorizzano. Ma il lettore capisce presto che questo non è un classico romanzo poliziesco. Gli aggressori non sono né agenti segreti né trafficanti. Non aggrediscono dei duri ma delle persone miti. Ce l'hanno in particolare con un libraio ribelle, con una malinconica ereditiera e con la libreria che i due hanno creato senza mai pensare che potesse suscitare tanto odio. Chi, tra gli appassionati della letteratura, non ha mai sognato di aprire una libreria ideale dove si vendessero solo i libri più amati? Lanciandosi nell'avventura, Francesca e Ivan, i due librai, sapevano che non sarebbe stato facile. Come scegliere i libri? Come far quadrare i conti? Ma ciò che non avevano previsto era il successo. Un successo che però scatena una sorprendente sfilza di invidie e aggressioni.

Puntavo questo romanzo da un po', dopo averne sentito parlare parecchio su aNobii e dopo essermi sentita chiedere diverse volte se lo avevo letto.
E quindi, un giorno in cui mi ero ripromessa di non comprare niente, sono entrata in un centro commerciale, l'ho visto e l'ho comprato. E finalmente ho capito perché diverse persone mi hanno chiesto che cosa ne pensassi.

L'idea del romanzo è quella espressa dal titolo. Due amanti della letteratura, Van e Francesca, stufi di trovarsi davanti i soliti Moccia, Fabio Volo e Kinsella francesi (scusate, mi è scappato), decidono di aprire una libreria dove vendono solo buoni romanzi. Quei romanzi che vanno assolutamente letti, che arricchiscono e trasmettono qualcosa, che lasciano un segno sia in chi li scrive sia in chi li legge e che non sono vittima delle spietate leggi di mercato. A selezionare questi romanzi, un comitato di lettori-letterati, scrittori che hanno dato un importante contributo alla letteratura, e che dovranno fornire alla libreria una lista con i libri che meritano di essere venduti. Tutto è ovviamente in forma anonima, affinchè il comitato non venga in qualche modo condizionato o corrotto.
La libreria al suo debutto ha un successo strepitoso. Che ovviamente fa allarmare gli editori dei romanzi brutti. Ai primi commenti e articoli positivi, seguono attacchi verso l'idea di base della libreria, attacchi personali verso i suoi proprietari e verso questa logica di vendita, che si trasformano in veri e propri attentati una volta scoperti i membri del comitato, al punto che i due proprietari saranno costretti a rivolgersi alla giustizia per cercare di fermare questa situazione.

Il libro è sicuramente un inno alla letteratura, ai libri belli che rischiano troppo spesso di rimanere sommersi e oscurati dai best seller scritti apposta per piacere e per fare soldi. A questo si somma il filone del giallo, con gli attacchi anonimi, i primi sospetti e le indagini che non portano a nulla, la paura che coinvolge i due proprietari, colpevoli semplicemente di vendere libri buoni.
Non posso dire che non mi sia piaciuto, perché l'ho letto bene, in fretta e mi ha coinvolto molto (sebbene la parte "poliziesca" poteva essere a mio avviso sviluppata meglio). E lo stile, un tantino aulico a volte, rispecchia esattamente il livello culturale dei due protagonisti (anche se a volte risulta un po' eccessivo).

E allora dove sta il problema?
Beh, credo non sia difficile da capire. Il problema sta sull'effettiva legittimità di una libreria del genere.
Certo, anche a me irrita un sacco vedere per settimane primi nella classifica dei romanzi più venduti romanzi che non so come si facciano a definire tali, scritti da persone che sono tutto fuorchè scrittori. Mi irrita sapere che esistono persone che leggono solo ed esclusivamente bestseller, scritti in fretta e furia e tutti uguali tra loro, e che credono così di leggere vera letteratura. Mi irritano le politiche di lancio di certe case editrici (ultimamente ce l'ho con la Newton Compton, perché pubblica libri rilegati a prezzi stracciati assicurandosi così una cerchia di lettori che forse nemmeno si rende bene conto di quello che sta leggendo) che pubblicizzano come capolavori degli insulti all'intelligenza di chi legge. Così come mi danno un po' fastidio quei calciatori, attori, cantanti, nuotatori, motociclisti, etc etc che ci regalano la storia della loro vita (e almeno ammettetelo che avete un ghost writer!) senza che nessuno gliel'abbia chiesta.
Però, ognuno deve essere libero di leggere quello che crede. E io stessa molte volte leggo e apprezzo romanzi che sicuramente non verrebbero mai e poi mai venduti in questa libreria del buon romanzo.
Semplicemente perché non si possono sempre e solo leggere grandi capolavori della letteratura mondiale e ignorare chi, magari in forma meno aulica o stilisticamente meno valida, può offrire comunque qualcosa a chi legge.

La mia libreria del buon romanzo avrebbe autori come Jonathan Coe, Nick Hornby, José Saramago, Mario Vargas Llosa, Gabriel García Márquez, David Trueba, Grossman, Stefania Bertola, Fannie Flagg, J.K Rowling e qualcosina della Harris, una miriade di fumetti e qualche romanzo qua e là di autori più o meno conosciuti. E anche qualche best seller che comunque a volte leggo e a volte anche apprezzo.
E una libreria deve potermi offrire tutte queste possibilità, e devo essere io lettore a scegliere cosa leggere e cosa no.

Poi certo, se alla cassa arriva uno con in mano solo Moccia, Cussler, Fabio Volo e Kinsella, magari lo sconto non glielo faccio...

Nota alla traduzione: un po' di note forse non sempre necessarie. Ma per il resto nulla da dire.

Per acquistare La libreria del buon romanzo (Tascabili e/o)

sabato 10 marzo 2012

THE HELP- Kathryn Stockett

È l'estate del 1962 quando Eugenia "Skeeter" Phelan torna a vivere in famiglia a Jackson, in Mississippi, dopo aver frequentato l'università lontano da casa. Skeeter è molto diversa dalle sue amiche di un tempo, già sposate e perfettamente inserite in un modello di vita borghese, e sogna in segreto di diventare scrittrice. Aibileen è una domestica di colore. Saggia e materna, ha allevato amorevolmente uno dopo l'altro diciassette bambini bianchi, facendo le veci delle loro madri spesso assenti. Ma il destino è stato crudele con lei, portandole via il suo unico figlio. Minny è la sua migliore amica. Bassa, grassa, con un marito violento e una piccola tribù di figli, è con ogni probabilità la donna più sfacciata e insolente di tutto il Mississippi. Cuoca straordinaria, non sa però tenere a freno la lingua e viene licenziata di continuo. Sono gli anni in cui Bob Dylan inizia a testimoniare con le sue canzoni la protesta nascente, e il colore della pelle è ancora un ostacolo insormontabile. Nonostante ciò, Skeeter, Aibileen e Minny si ritrovano a lavorare segretamente a un progetto comune che le esporrà a gravi rischi. Il profondo Sud degli Stati Uniti fa da cornice a questa opera prima che ruota intorno ai sentimenti, all'amicizia e alla forza che può scaturire dal sostegno reciproco. Kathryn Stockett racconta personaggi a tutto tondo che fanno ridere, pensare e commuovere con la loro intelligenza, il loro coraggio e la loro capacità di uscire dagli schemi alla ricerca di un mondo migliore.

Una volta ero solita dirmi che prima di vedere un film tratto da un libro dovevo assolutamente aver letto prima il libro. Se no poi mi succede di leggere e dare ai personaggi il volto degli attori che li interpretano nei film o di aspettarmi una trama diversa rispetto a quella che sto leggendo.
E ancora una volta (l'ennesima direi) sono andata contro a questo mio "principio" e ho acquistato questo libro solo dopo aver visto l'omonimo film.
Un film che ho trovato semplicemente incredibile, candidato meritatamente a diversi premi oscar, con un cast di "sconosciuti" altrettanto bravi, che mi ha fatto sorridere, piangere, riflettere e pensare.
E vista l'opinione positiva, non potevo non leggere il romanzo (che in realtà era già uscito in Italia un paio di anni fa, con il titolo "L'aiuto" e una copertina completamente diversa).

Come temevo, non fare un paragone con il film è stato difficile. E anche se l'ho finito ieri e ci ho meditato su un po', ancora non riesco a decidere quale dei due mi sia piaciuto di più (perché sì, ogni tanto capita anche che il film sia più riuscito).
La storia è ovviamente la stessa. La vita di alcune domestiche di colore in una cittadina del Mississippi negli anni '60. In vento di integrazione razziale stava già iniziando a soffiare in molti altri stati degli USA, mentre in quella cittadina tutto era abbastanza fermo: le donne di colore erano solo domestiche, vittime di angherie e razzismo, persone bianche e persone nere non potevano condividere lo stesso bus, lo stesso ospedale, la stessa scuola. E nemmeno lo stesso bagno.
Aibileen e Minnie sono due di queste domestiche. La prima lavora per una signora in depressione post-parto, che non considera quasi la figlia e la cui unica preoccupazione è quella di non sfigurare davanti alle sue amiche, nonostante abbia molti soldi in meno. E' la domestica a crescere la bambina, così come ha cresciuto tutti gli altri in precedenza, e a infonderle la fiducia in sè stessa necessaria a sopravvivere nel mondo. Minnie invece è famosa per la sua lingua lunga, una caratteristica per nulla positiva per una domestica che deve sottostare ai capricci di un bianco. E' appena stata licenziata e, dopo essersi vendicata per questo, fatica a ritrovare lavoro a causa delle voci messe in giro per punirla. Finirà a lavorare per una forestiera svampita che vive alle porte della città e che non riesce a integrarsi nella comunità a causa di pregiudizi e rancori del passato.
Le due donne sono abituate a stare al loro posto, all'idea che le cose non si possano cambiare, che debbano sopportare tutto.
Ma poi arriva Skeeter, una ragazza bianca appena laureata e un po' esclusa dalle sue amiche bianche per la mancanza di marito. Lei vorrebbe diventare scrittrice, ma per farlo ha bisogno di un'idea originale, innovativa, qualcosa di cui non si è mai parlato. Ed ecco quindi l'idea: parlare della vita delle domestiche di colore nelle famiglie bianche del Mississippi.
Dopo un po' di titubanza riesce a convincere Aibileen. E dopo innumerevoli fatti spiacevoli che accandono alle persone di colore in città, anche le altre domestiche decidono di collaborare. Tutto in forma anonima, cambiando nomi e città, per sicurezza. Ma non è detto che questo basti.

Mi è piaciuto molto anche il libro, anche perché tratta ulteriori aspetti che nel film non vengono menzionati. La trasposizione cinematografica vuole essere probabilmente più un film di "denuncia", e taglia le parti delle domestiche che hanno un buonissimo rapporto con le loro datrici di lavoro. Ma posso capire la scelta, il film supera già le due ore e sarebbe diventato troppo lungo.
Il film però lo trovo un pochino più lineare nella trama, con episodi che si susseguono con un filo logico ben chiaro e definito. Il romanzo alterna invece la narrazione tra le varie protagoniste, facendo però a volte degli sbalzi temporali non sempre facili da comprendere.
I personaggi sono "trasposti" sullo schermo abbastanza bene invece, anche se Skeeter nel romanzo a tratti risulta antipatica, come se non si capisse bene da che parte sta.
Meritano sia libro sia film comunque!

Nota alla traduzione: nulla da dire!

Per acquistare The help (Omnibus)

martedì 6 marzo 2012

IL SEGRETO DELLE VIOLE ANDALUSE - Julia Montejo

Madelaine, giovane medico, torna nella casa di famiglia in seguito alla morte della zia Rosario. Madelaine non ha mai amato quel luogo, simbolo della storia della famiglia Martínez Durango, la più ricca e potente della zona, ma sulla quale sembra pesare un oscuro destino di dolore e infelicità. Ora Madelaine si trova costretta a fronteggiare la zia Clara, una donna egocentrica e autoritaria, rimasta legata a un mondo che non esiste più. Ma soprattutto dovrà misurarsi con il passato dei Martínez Durango, pieno di interrogativi rimasti senza risposta: cos'è successo alla nonna Olivia, anima ribelle della famiglia? Perché sua madre Inmaculada è scomparsa? E cosa la legava alle due zie? Una saga familiare, tra misteri che si svelano a poco a poco e passioni destinate a durare per sempre.

La prima cosa che mi ha attratto di questo libro è la copertina, che trovo semplicemente stupenda.
La seconda cosa è il titolo, ma lo sapete già che appena io vedo qualcosa che ha a che fare con la Spagna quasi impazzisco.
La terza è la trama riportata sul retro, che lascia presagire una granda saga famigliare. E io amo le saghe famigliari (non per niente due dei miei romanzi preferiti in assoluto sono saghe famigliari, "Cent'anni di solitudine" di Márquez, che oggi compie gli anni, e "La valle dell'Eden" di Steinbeck).
Di fronte a tutte queste premesse, il rischio di rimanere delusa era veramente ma veramente alto. La copertina poteva non c'entrare niente (quanto spesso capita!), il titolo poteva essere fuorviante (vedi parentesi precedente) e la saga famigliare poteva essere banale e scontata.
Ma per fortuna non è stato così.

Chiariamolo subito, non ci troviamo di fronte a una "Casa degli Spiriti ambientata in Spagna" come recita la copertina, nè ci avviciniamo lontanamente a Macondo. Però il romanzo nel suo piccolo a mio avviso si difende bene.
Madeleine torna nel suo paese natale dopo la morte di una delle sue zie, per aiutare l'unica rimasta, Clara, a gestire le questioni economiche di tutta la fortuna ereditata negli anni. La zia appare come una persona rude, fredda, meschina e calcolatrice che cerca di obbligare in tutti i modi la nipote a sposarsi, per chiudere il cerchio della sua famiglia prima di morire e riportare ordine in un passato oscuro e pieno di segreti e tristezza.
Un passato veramente tremendo quello della famiglia, con ogni membro legato a un destino da cui non potrà fuggire, vittima di passioni e di amori tristi e infelici. Lo sa bene nonna Olivia, che ha abbandonato i suoi tre figli da giovane per non morire dentro la sua prigione domestica. Lo sanno bene i suoi tre figli: Rodrigo, Clara e Rosario, tutti e tre destinati ad amori tragici e infelici. Lo scopre sulla sua pelle Inmaculada, sposando Rodrigo per nascondersi dalla sua vera natura.
E allo stesso destino sembra destinata Madaleine appena nata, fino all'abbandono della madre, quando viene crescitua da zia Clara e zia Rosario senza che possa avere contatti con il mondo. Un destino da cui riesce però ad allontarnarsi ma che inesorabilmente la richiama quando ritorna in paese nella casa della sua infanzia. Una casa che ha un'anima, fatta di presenze e di spettri, che sono in realtà solo ricordi del passato che non riescono ad andarsene.

La narrazione alterna passato e presente, per offrire una panoramica di tutte le vicende e i personaggi coinvolti. Un passato e presente che a volte si mischiano, che a volte gli stessi protagonisti stentano a distinguere. In questo modo il lettore conosce sia quello che è stato, sia quello che è e che potrebbe ripetersi se l'incantesimo della casa non si rompe.
Il romanzo è un mix di molte cose. Un piccolo giallo, misterioso e a tratti inquietante, con un colpo di scena finale spiazzante (seppur riflettendoci potesse essere prevedibile). Ma anche tante piccole diverse storie d'amore: quelle ambientate nel passato, quelle proibite, quelle per il lieto fine del presente.

Non avrà sicuramente tutto il successo della Allende o di Márquez o di Steibeck, a cui nemmeno lontanamente può essere paragonato, per certi difetti narrativi e tratti della storia a volte un pochino confusi, soprattutto nella caratterizzazione di Olivia, così come nel passato di José Luis, quasi inutile ai fini della storia, soprattutto perché non viene minimamente approfondito.
Ma è comunque una lettura piacevole, che cattura e ti tiene incollata alle sue pagine per sapere cosa succederà dopo,
per sapere se si può sfuggire dal proprio destino, se si può perdonare e amare nonostante tutto.
Lo consiglio!

Nota alla traduzione: qualche nota qua e là per tradurre i testi delle canzoni in spagnolo, ma non danno minimamente nessun fastidio. Così come il cambiamento nel titolo, che da "Violetas para Olivias" diventa "Il segreto delle viole andaluse"... è diverso sì, ma rimane comunque un bel titolo.

Per acquistare Il segreto delle viole andaluse (Oscar bestsellers emozioni)

domenica 4 marzo 2012

L'ALBERGO DELLE DONNE TRISTI - Marcela Serrano

Attraverso l'esperienza della protagonista Floreana, l'autrice ci introduce in un insolito rifugio per donne emotivamente ferite, situato in un'isola nel Sud del Cile. L'albergo è gestito da Elena, personaggio tanto più fiero e credibile quanto più porta incisi sul viso i segni di una guerra vinta con il dolore. Per un periodo di tre mesi, le ospiti dell'albergo hanno la possibilità di trovare conforto attraverso la conoscenza di persone affini per vulnerabilità, lontano dal mondo dei giudizi e dei rimproveri, da amori autolesionistici. La varietà dei casi umani che emerge dalla narrazione è un invito alla spontaneità, alla sincerità anche a costo della sofferenza, alla voglia di vivere mettendosi sempre in gioco.

Non c'è niente da fare, io e i libri che parlano alle donne di donne non andiamo d'accordo.
Ho sempre diffidato un po' da quei romanzi che dicono di descrivere l'animo femminile e passano in rassegna i sentimenti che le donne loro protagoniste provano di fronte a certe situazioni. Perché è facile cadere nelle generalizzazioni, nelle banalità e nei luoghi comuni.
E a mio avviso, nemmeno "L'albergo delle donne tristi" riesce a scampare a questi pericoli.

La storia è principalmente quella di Floreana,una storiografa con scarsa fiducia di sé che arriva in questo albergo-clinica per donne sfortunate, perché sua sorella ha pensato che stesse perdendo se stessa e che non fosse in grado di gestire tutto il dolore che la vita le ha messo davanti. Lì troverà altre donne, alcune famose altre no, fuggite anche loro dalla loro vita in cerca di pace e tempo per sé stesse, con cui Floreana stringerà amicizia. L'albergo ha delle regole stabilite, che prevedono ore di lavoro manuale, ore di terapia di gruppo, no alcool in camera e pranzi e cene in comune. Ovviamente non poteva mancare un uomo in tutta questa storia. Floreana conoscerà presto Flavián, il medico del paese, anch'egli in fuga da un passato tormentato e triste, e con lui instaurerà un rapporto di "vorrei ma non posso" che va avanti fino alla fine. Una situazione che si ripeterà quasi uguale anche con Pedro, nipote di Flavián e grande appassionato delle opere di Floreana, che ha preso una sbandata per la donna pur essendo omosessuale.

Non so dirvi perché non mi sia piaciuto. Forse perché è troppo riflessivo e le paturnie che si fanno queste donne sono troppe per essere reali. Forse perché nella vita vera se hai un problema non puoi fuggire su un'isola sperduta ma devi affrontare quello che ti capita. Forse perché tutte e tutti abbiamo almeno una volta nella vita sofferto per amore e non per questo abbiamo fatto un voto di castità. Forse perché le donne ne escono ritratte come esseri instabili, che pensano troppo e che a causa di questo pensare rimangono schiacciate dal mondo. Forse perché credo che l'amore nella vita ci deve essere, perché a un certo punto essere ricchi e famosi non ci basterà, se non abbiamo qualcuno con cui condividerlo. E questo non vuol dire essere deboli o non saper camminare da sole quando ce n'è bisogno.
E forse perché non tutti gli uomini sono degli stronzi come si potrebbe pensare dalle vicende capitate a TUTTI i personaggi femmini del romanzo (ce n'è solo una sposata, ovviamente non felicemente). Certo c'è chi tradisce, chi se ne sbatte, chi non ama come dovrebbe, chi non è disposto a fare qualcosa per paura delle conseguenze. Ma questo vale per entrambi i sessi.

Certo, c'è da dire che il libro della Serrano è stato scritto nel 1997 e, sebbene siano passati appena 15 anni, le cose da allora sono cambiate molto. Quando è uscito io avevo 12 anni e sicuramente non mi rendevo conto di come fosse la vita delle donne intorno a me. Mi ci stavo appena affacciando a quel mondo.
Però ora, questo romanzo, seppur scritto bene e veloce da leggere, non riesce più a fare un vero ritratto dell'animo femminile
Forse perché anche se siamo donne, siamo comunque tutte diverse.

PS: scusate, forse più che un commento questo è una specie di sfogo. O forse, se vogliamo rimanere in tema di luoghi comuni, è solo sindrome premestruale.

Nota alla traduzione: nulla da dire!

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